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01 settembre 2020

Il Warntag, per controllare i crucchi



di Giovanni Barbieri

In Germania si preparano a vivere la Giornata di avvertimento, Warntag, con tanto di hashtag #warntag2020. In che consiste?

“Si svolgerà per la prima volta il 10 settembre 2020 e verrà poi svolta ogni anno ogni secondo giovedì di settembre.  Nella giornata di azione congiunta dei governi federale e statale , tutti i dispositivi di allarme saranno testati in tutta la Germania. Precisamente alle 11:00, dispositivi di allarme come le sirene vengono attivati contemporaneamente nelle contee e nei comuni di tutti i paesi con un allarme di prova..”

Quindi l’intera popolazione sarà stordita da un cumulo di allarmi, sirene, trombe, segnali antiguerra – con buona pace di bambini, anziani soli, persone depresse e altri soggetti a rischio spavento. Ci sarebbero da menzionare anche i cani, la cui difesa lascio agli animalisti.

Al sentire questa notizia, è subito tornato alla mente il capolavoro di M. E. Jones, Libido Dominandi, studio corposo che indaga lo sviluppo del potere nell’era moderna. Jones individua alcuni semplici elementi che avrebbero permesso a Governi e Banche di accrescere in modo esponenziale l’influenza e il controllo sulle masse nel trascorrere degli ultimi tre secoli. Tra di essi uno richiama terribilmente l’esercitazione tedesca su menzionata.

Dal 1919 [John B. Watson] tornò al lavoro nel suo laboratorio al Johns Hopkins... Gli esperimenti questa volta coinvolsero esseri umani, nella fattispecie un infante che nella storia della psicologia sarebbe stato ricordato come il piccolo Albert. Watson espose il piccolo Albert a animali quali ratti o al fuoco, e osservò la sua reazione, che non ci fu per nulla. Poi Watson espose il piccolo Albert agli stessi stimoli e simultaneamente colpì una barra metallica dietro la testa dell’infante. Il piccolo Albert reagì immediatamente al rumore e scoppiò in lacrime. Ciò che più conta è che la memoria del rumore tornava ogniqualvolta venivano mostrati al piccolo Albert i precedenti stimoli visivi, causandogli ora la medesima risposta di paura e lacrime che gli aveva provocato la barra metallica, ma ora senza che fosse fatto alcun rumore. Watson trasse l’idea da Pavlov, ma la reclamò come propria, dicendo di avere ora scoperto l’equivalente psicologico dell’atomo, il tassello base della costruzione – stimolo/risposta – di cui era fatta la personalità dell’uomo. Era la scoperta del riflesso condizionato che ora avrebbe permesso a Watson di spostare il comportamentismo da psicologia predittiva a psicologia del controllo. Oltre a ciò, Watson sostenne che gli esperimenti del piccolo Albert avevano provato che la natura umana è completamente malleabile” (Libido Dominandi, S. Augustine’s Press, p. 189, tr. it. nostra).

L’idea in sé risulta tanto elementare da essere universale e da funzionare sempre: stordite le persone con un rumore, associatelo a un’immagine e avrete messo in ginocchio le loro emozioni dinanzi a quella immagine. Il rumore che spaventa un infante è quello di una barra di metallo, ma per spaventare una popolazione adulta servono tutte le sirene e gli allarmi antiguerra del Paese. L’immagine è quella dei morti per Covid-19. L’esito è fatto. La popolazione tedesca rischia di svegliarsi dall’esercitazione del terribilmente indebolita, suscettibile e fragile. Il controllo è assicurato. 

Ora, siccome chi scrive non è complottista, non sosterrò che la manovra sia voluta al fine di controllare la popolazione in questa stagione di emergenze sanitarie sempre più contestate e indifendibili. Mi limiterò all’alternativa: un branco di idioti sta per sottoporre la propria Nazione a un fenomeno psicologicamente deleterio e socialmente distruttivo. Sì, è sicuramente così. O forse no? Forse in certi casi è da stupidi non essere complottisti.



 

03 maggio 2018

L'invenzione della Santa Croce e la Chiesa tedesca

di Roberto de Albentiis
Il 3 maggio, nel calendario antico, si celebra la festa dell’Invenzione della Croce, in cui si commemora il ritrovamento delle reliquie della Croce e del Santo Sepolcro da parte di Sant’Elena, madre di Costantino; con questa festa si voleva celebrare non solo il primario trionfo della Croce di Cristo sul paganesimo e sul giudaismo, ma anche il secondario e derivato trionfo secolare e sociale della fede, che da allora, lentamente ma progressivamente, avrebbe fondato e ispirato l’Impero e, poi, la Cristianità europea. Questa festa, cassata dalle solite riforme degli anni ’60, che non tolleravano le feste doppie e, in generale, le feste “trionfaliste”, è ancora viva in Oriente (anche se in altra data, al 6 marzo) e perfino nei calendari anglicano e luterano (!). E proprio di luterani andremo incidentalmente a parlare.

Recentemente, il governo federale bavarese (si ricordi che la Baviera è sempre stata terra cattolica, prima come regno autonomo e poi come Land, e al governo vi è costantemente andata la CSU, variante locale esplicitamente cattolica e più muscolare della CDU), guidato da un luterano, Markus Soder, ha deciso di esporre in tutti gli uffici pubblici, scolastici come politici e giudiziari, il crocifisso; certamente, in un’Europa dove dominano il secolarismo e il laicismo, dove il primo diritto è quello alle nozze gay e la CEDU stabilisce la libertà di blasfemia, non si tratta di un passo decisivo, ma fa comunque piacere sapere che qualche governo non permette l’estromissione pubblica della fede. Ribadiamo, il presidente è luterano, e sapendo sia la storia che soprattutto le abiezioni moderne del luteranesimo (l’approvazione di eutanasia, nozze gay, pasto resse lesbiche, tutte cose che farebbero storcere il naso anche a Lutero), ma chi gli si è opposto? La solita CEDU, la variante tedesca dell’UAAR, una o più obbedienze massoniche? No, niente di tutto questo; ad opporsi è stata la Conferenza Episcopale Tedesca, cattolica (almeno nominalmente).

La ricchissima Conferenza Episcopale Tedesca, tanto forte e potente quanto sostanzialmente atea, priva di fedeli, piena di idee balzane al riguardo di intercomunione, comunione ai peccatori impenitenti, aperture all’aborto e all’omosessualismo, negazione della Trinità o della Divinità di Cristo, la Conferenza Episcopale Tedesca della chiusura di centinaia di parrocchie e conventi, dei seminaristi a livello storico negativo (uno, uno!, in un anno a Treviri, città del cardinal Marx, suo capo), dalla sua forza, dai suoi magnifici risultati, osa protestare contro l’esposizione pubblica del crocifisso! Leggiamo allibiti qui : tale decisione darebbe luogo a “divisione” e “metterebbe le persone le une contro le altre”; strano, fu proprio Gesù a dire di essere venuto a portare la spada, a dividere le famiglie, a dividere le pecore dai capri, a dividere i giudei e il cattivo ladrone dalla Madonna, San Giovanni, le Pie Donne, il Buon Ladrone, così come leggiamo in San Paolo che è la Croce, il Crocifisso ad essere giudicato stoltezza e anatema dai pagani e dagli ebrei. E ricordiamo peraltro che si tratta non della croce cattolica, con la raffigurazione di Cristo Crocifisso, ma della croce luterana, vuota.

Ancora, secondo il cardinal Marx “Se la croce è solo vista come un simbolo culturale, allora non è stata capita”, ha detto. La croce è “un segno di opposizione alla violenza, all’ingiustizia, al peccato e alla morte, ma non un segno [di esclusione] contro gli altri”; è vero, la croce non è un mero simbolo culturale, è il segno del trionfo di Cristo, e proprio per questo deve essere esposta, ma, come insegnava San Giovanni Paolo II, una fede che non si fa cultura è una fede morta. No, eminenza, no, eccellenza, non vi crediamo più! La vostra non è la giusta critica ad un rendere il cristianesimo una mera cultura a scapito del suo aspetto di verità, la vostra è una resa al mondo, è un rinnegamento di Cristo; conosciamo, da anni, da decenni, le vostre malefatte, le vostre opinioni, i vostri risultati, che non più del cattolicesimo, ma manco del generico cristianesimo, hanno l’aspetto, e non possiamo, né dobbiamo né vogliamo credervi più!
Per Markus Soder, ripetiamo, luterano, la sua politica rispecchia “l’identità culturale dello Stato e l’influenza cristiano-occidentale”; Naturalmente, la croce è soprattutto un simbolo religioso“, ha detto Soder ai media tedeschi. Tuttavia, il premier ha continuato, la croce, nel senso più ampio, porta con sé anche le basi fondamentali di uno stato secolare. Interessante anche l’opinione del commentatore cattolico Birgit Kelle in un editoriale per il quotidiano “Die Welt”: “Ogni musulmano, ogni ateo e ogni altro credente può sentirsi al sicuro sotto questa croce, che non costituisce una pretesa di potere, ma un impegno a trattare ogni persona in modo uguale e dignitoso, indipendentemente dalla sua formazione, fede, capacità o sesso“; La sua presenza pubblica – che nella Baviera tradizionalmente cattolica è quasi onnipresente – va vista come tale, accolta ed apprezzata, ha affermato.

Si segnalano, tuttavia, da parte dell’episcopato, due posizioni a favore: il vescovo Rudolf Voderholzer di Ratisbona ha accolto con favore la decisione, affermando che: “La croce è il simbolo della cultura occidentale. È l’espressione di una cultura dell’amore, della compassione e dell’affermazione della vita. Appartiene alle fondamenta dell’Europa“. Parole forti, soprattutto dopo il terribile caso di Alfie Evans. Ancora, sempre l’eccellenza Voderholzer: per questo motivo, ha aggiunto, i bavaresi hanno tradizionalmente posto croci piuttosto che altri simboli in cima alle loro montagne. “Non la bandiera nazionale o altri simboli del governo umano, come altri avrebbero voluto vedere in altri momenti, ma la croce. Dovrebbe essere ampiamente visibile, la croce, segno di salvezza e di vita in cui Cristo è cielo e terra, Dio e persone riconciliate, vittime e colpevoli“.
Interessante, poi, il commento, con tanto di video, del nunzio austriaco (e anche qui, sappiamo come è messa male la Chiesa della fu cattolica Austria), che si può vedere qui  : “Come nunzio e rappresentante del Santo Padre, mi rattrista e mi vergogno che – quando si erigono croci in un paese vicino – siano proprio i vescovi e i sacerdoti a criticare questa decisione. Che vergogna! Questo non è accettabile.”

Due anni fa, su questo sito, parlavo sempre delle feste della Santa Croce, soprattutto della festa odierna dell’Invenzione e di un santo, San Ciriaco di Ancona, che si festeggia il giorno avanti, che contribuì alla scoperta e che morì infine martire; ogni epoca ha i vescovi e i santi (o non ha i santi) che si merita: San Ciriaco, e tanti altri, morirono per la Croce, Marx, i vescovi tedeschi, e pensiamo molti altri, per “dialogo” e quieto vivere, per sostanziale ateismo, la rinnegano. Ognuno segua chi più lo rappresenta, ma si badi: solo una è la via cristiana, non ne esistono più. E questa via è appunto quella della Croce.

 

21 febbraio 2018

Kasper, la Chiesa tedesca e la crisi religiosa

di Enrico Maria Romano
Da decenni ormai la Chiesa cattolica tedesca risulta essere una delle comunità ecclesiali più progressiste, più liberal e più ammodernate del pianeta.
Basta ricordare i nomi di alcuni dei suoi eminentissimi rappresentanti per associarli immediatamente all’apertura della teologia teutonica di secondo Novecento a tutto ciò che prima era comunemente aborrito dai cattolici: il protestantesimo e la figura-simbolo di Martin Lutero, la laica modernità e lo stesso spirito libertario.

Tra questi nomi, spicca oggi quello del teologo di lungo corso Walter Kasper (1933). Ovviamente egli non è l’unico rappresentante del partito progressista al potere, e vi sono altre figure vecchie e nuove che vanno assolutamente nello stesso senso, come Karl Lehman (1936) o Reinhard Marx (1953). Esiste anche una teologia germanica di segno diverso, i cui nomi di prestigio sono i prelati Joseph Ratzinger, Gerhard Ludwig Müller, Joachim Meisner o Walter Brandmüller.

Kasper però è l’uomo sintesi, l’uomo giusto al momento giusto (nella logica del progressismo). E’ l’unico ad esempio, ad essere stato più volte esaltato con termini a dir poco aulici da Papa Francesco. Nel 2014, il Pontefice disse così in occasione del Concistoro straordinario sulla famiglia: “Ieri, prima di dormire, ma non per addormentarmi ho letto, ho ri-letto, il lavoro del cardinale Kasper [si tratta di Misericordia, Queriniana, 2013]. Vorrei ringraziarlo perché ho trovato profonda teologia, e anche un pensiero sereno nella teologia. È piacevole leggere teologia serena. E ho trovato quello che Sant’Ignazio ci diceva, quel sensus ecclesiae, l’amore alla Madre Chiesa, lì. Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea, ma mi scusi eminenza se la faccio vergognare, ma l’idea è: questo si chiama fare teologia in ginocchio. Grazie. Grazie”…

Ma già nel primo Angelus da Papa il 17 marzo 2013 disse in una piazza s. Pietro colma di curiosi: “In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un Cardinale – il Cardinale Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo – sulla misericordia. E mi ha fatto tanto bene, quel libro, ma non crediate che faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali! Non è così! Ma mi ha fatto tanto bene, tanto bene … Il Cardinale Kasper diceva che sentire misericordia, questa parola cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo”. Tutto ciò appare assai sorprendente, tanto più che i papi sono sempre stati sobri negli elogi pubblici a prelati e teologi vari.

Vescovo, cardinale, presule con mille incarichi, il Nostro è stato ex assistente universitario di Hans Küng. Il quale è unanimemente considerato un arci-eretico, negatore esplicito del dogma dell’universalità salvifica della Chiesa (Extra Ecclesia nulla salus), ribadito sotto Giovanni Paolo II nell’istruzione Dominus Iesus (2000). E questa discepolanza il Kasper tende oggi a farla dimenticare, così come i suoi proverbiali scontri col teologo Ratzinger sulla missione e la natura della Chiesa.

Come se nulla fosse, nel 2014, Kasper viene nominato relatore ufficiale al Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia. E la sua relazione è di fatto più che possibilista verso il divorzio e il secondo matrimonio tra battezzati. Ancor più recentemente, per i 5 secoli di quella Riforma che scisse in due l’Europa, il Nostro ha dato alle stampe un libro assai benevolo sull’eretico per antonomasia (cf. Martin Lutero. Una prospettiva ecumenica, Queriniana, 2016).

Abbiamo reperito però, un interessante documento che mostra che solo pochi anni fa, e malgrado la già diffusa “ermeneutica della rottura” denunciata da Benedetto XVI, in Germania la dottrina cattolica teneva. E teneva proprio su quei temi etici in cui oggi tra un tedesco cattolico e un tedesco protestante la differenza, se c’è, è ridotta al lumicino.

Siamo nel 1985, in piena era post-conciliare segnata da abusi di ogni genere, ma anche dalla figura sintesi di Giovanni Paolo II. E la Conferenza Episcopale Tedesca pubblica un Catechismo cattolico degli adulti, il quale ottiene grande seguito di vendite e molte traduzioni all’estero (in Italia fu pubblicato nel 1989 dalle Paoline).

Nella introduzione al Catechismo, un giovane professor Kasper scriveva che se “L’Europa è il continente in cui il cristianesimo, per volere della divina provvidenza (At 16,9) ha preso piede”, a causa dell’illuminismo, vi si “è innescato un processo di erosione” che sta portando all’apostasia. “Nella nostra società moderna la fede cristiana è quasi spenta” (p. 4).
Parole pesanti come macigni, divenute purtroppo inudibili, e che dovrebbero mettere i brividi pensando all’oggi. L’illuminismo infatti, proprio come il protestantesimo, è divenuto di recente una sorta di neo-dogma intangibile su cui non si può più sollevar questione.

In ogni caso, il Catechismo dell’Episcopato tedesco di allora, contrariamente ai teologi kasperiani di oggi, insegnava in modo chiarissimo, “il valore dell’indissolubilità” del matrimonio, e il fatto che i cattolici “risposati civilmente vivono obiettivamente in contraddizione dell’ordine divino” (p. 429). “Un amore che sia degno di questo nome è sempre definitivo (…). Si aggiunge anche il bene dei figli che richiede la fedeltà incondizionata dei genitori tra loro” (p. 428). Più o meno l’opposto di quanto Kasper e i suoi sodali sostengono oggi. Addirittura, il testo biblico scelto tra molti per illustrare la dottrina cristiana del matrimonio è la Lettera agli Efesini, in cui è detto: “Le donne siano soggette ai mariti come al Signore”.

Perfino a livello politico si era assai più neutrali e corretti di oggi. Sulle difficoltà poste dal male nel mondo, i vescovi guidati dal professor Kasper scrivevano: “Come possiamo, dopo Hiroshima, Auschwitz, i gulag (…) lodare Dio e la sua onnipotenza?” (p. 142). In riflessioni più recenti, Hiroshima e i gulag sono spariti…
Il futuro del cristianesimo in Europa è molto legato alla tenuta della fede nel mondo germanico (che comprende anche Austria, Svizzera e varie minoranze, come quelle altoatesine). Ma se nel 2013 ci furono 98 nuovi sacerdoti in tutta la Germania cattolica, nel 2015 le ordinazioni presbiterali sono state solo 58, mentre ancora negli anni 90 sfioravano le 300 l’anno. Senza preti, niente messe né confessioni. Senza messe né confessioni, niente parrocchie, chiese, cappelle, basiliche o cattedrali.
Si vedano in tal senso i dati impressionanti raccolti da Giulio Meotti (cf. La fine dell’Europa. Nuove moschee e chiese abbandonate, Cantagalli, 2016).
Se l’albero si riconosce dai frutti, è anche vero che i fatti sono testardi… Segno evidente che il dilagante modernismo non giova al gregge dei fedeli, né alla Chiesa, né all’Europa stessa la quale, piaccia o meno, si è edificata sui valori del Vangelo.


 

29 aprile 2016

Dopo Colonia, la Germania riforma la legge sullo stupro. Deludendo



di Giuliano Guzzo

La notizia da noi circola, sì, ma non troppo. Strano, perché è abbastanza esplosiva: in breve, la Germania, dopo i fatti di Colonia, pare intenzionata a rivedere la legge sui reati sessuali; non però per inasprirla – come ci si aspetterebbe – bensì per lasciare troppe cose come stanno. Lo denunciano in particolare diverse associazioni, riunite ora nell’iniziativa «No significa no», che fanno presente come anche in futuro, dopo tutto quel è accaduto, da un lato non basterà ancora il chiaro «no» pronunciato da una vittima di abusi sessuali per far condannare uno stupratore e, dall’altro, i palpeggiamenti contro la volontà della donna resteranno privi di conseguenze gravi.
Strano davvero, questo atteggiamento da parte del governo tedesco. L’impressione è infatti che non si voglia andare fino in fondo nella condanna contro lo stupro e chi se ne rende responsabile. Una impressione che, per la verità, circola da mesi, dopo che sugli ormai noti fatti Colonia – città dove, a Capodanno, decine e decine di donne sono state molestate da aggressori in gran parte stranieri, per un totale di oltre 1.000 denunce per l’accaduto – si sono addensati non pochi gialli, sia a livello nazionale che internazionale. Per quanto riguarda la Germania, una stranezza sulla quale non si è mai fatta piena luce riguarda il tentativo istituzionale di minimizzare quei fatti.
Nello specifico, il Ministero degli interni della Renania Settentrionale-Vestfalia è stato accusato d’aver tentato di far sparire parola ‘stupro’ nei rapporti sulle molestie del Capodanno di Colonia: un’accusa pesantissima, mossa da un agente che ha raccontato d’aver subìto strane pressioni mentre stilava il rapporto che, appunto, descriveva i fatti. Curiosamente, la stampa italiana non ha però riservato ampio spazio alla cosa. Il che non stupisce se si pensa – secondo enigma, questa volta internazionale – che le notizie dello stupro di massa avvenuto la notte di Capodanno, a dispetto della loro assoluta gravità, hanno iniziato a circolare non con ore bensì con giorni di ritardo. Non ci credete?
Eppure potete verificare voi stessi: Corriere, La Repubblica e La Stampa hanno iniziato a raccontare l’accaduto – come provano i loro portali web – a quattro, cinque giorni di distanza. Nell’era di internet e della comunicazione istantanea, converrete, è un fatterello curioso, no? La sensazione, al di là della riforma della legge sui reati sessuali e dei fatti di Colonia stessi, è che tutto ciò si inquadri in un tentativo mediatico e politico ben preciso, che è quello – allorquando di mezzo vi sono fatti gravi imputabili a immigrati o migranti che dir si voglia – di edulcorare il più possibile la realtà, arrivando perfino ad occultarne degli aspetti; e per chi osa dissentire, subito l’accusa è di allarmismo, xenofobia e populismo: è il politicamente corretto, bellezza.

https://giulianoguzzo.com/2016/04/28/dopo-colonia-la-germania-riforma-la-legge-sullo-stupro-deludendo/
 

15 marzo 2016

Sorpresa. In Germania crescono i patrioti prolife

di Francesco Filipazzi
Alternativa Per La Germania (Alternative fuer Deutschland, da qui in avanti AFD), partito di destra tedesco, ha avuto una notevole affermazione ad una tornata di elezioni locali svoltasi nello scorso weekend.
La crescita di questo partito sta da qualche tempo mettendo seriamente in difficoltà Angela Merkel e la sua CDU, fino ad ora collettore di tutti i voti di destra e centro. La donna che esulta è invece Frauke Petry, leader dell'Alternativa, che si candida ora ad essere l'anti-cancelliera e per alcuni la Le Pen tedesca.
Il parallelo non è peregrino, poiché l'AFD sull'immigrazione propone la stessa agenda del Front National in contrasto con il "tutti dentro" attuato dalla Merkel, ben poco popolare in una nazione ancora traumatizzata dal fantasmagorico capodanno di Colonia. La retorica immigrazionista (ve la ricordate?) dei tedeschi che andavano ad accogliere i siriani è durata pochi mesi. Poi la realtà ha fatto irruzione nella storia.

Va però sottolineato che un altro tratto distintivo dell'AFD è la posizione conservatrice sui temi etici. Contraria alla diffusione dell'ideologia gender e ai matrimoni gay, Frauke Petry si è espressa anche contro l'aborto, posizionandosi quindi in modo ben più netto rispetto alla CDU, partito che fa parte del relativista PPE che sui temi etici ormai non ha nulla a che vedere con la tradizione Popolare ma è ormai spostato su posizioni totalmente liberal.
La Petry ha inoltre auspicato che ogni famiglia tedesca si impegni per mettere al mondo tre figli il che è ciò che ci vorrebbe per contrastare la sciocca retorica del "siamo un paese che non fa figli". E ci credo.

E' sintomatico quindi che, in una Germania che fino ad oggi ha dormito sonni tranquilli, qualcosa si stia svegliando e che il popolo inizi a dare fiducia ad un partito che propone qualcosa di diverso dal pensiero unico, che non ha alcun tratto estremista. Nonostante i giornali italiani ed europei ne parlino come se fosse la solita estremadestrarazzistaxenofobomofoba, AFD è un normale partito nazional liberale, che propone un'economia snella e la difesa dei sacri confini, oltre all'uscita dall'Euro e la difesa della famiglia tradizionale.

Forse è dalla normalità e dalla compostezza tedesca, che potrà rinascere l'Europa?
 

17 luglio 2015

Accordo di Vienna: la vittoria (a scoppio ritardato) del buonsenso



di Fabio Petrucci


Martedì 14 luglio a Vienna è stato siglato l'accordo tra l'Iran ed il 5+1 sulla tanto discussa questione nucleare. Giunta dopo trattative estenuanti e durevoli contrasti, la firma dell'accordo è stata accolta dai media occidentali come un evento di portata storica, nonché come un successo personale del presidente statunitense Barack Obama. In realtà, avendo presente l'estrema fluidità della situazione, risulta prematuro emettere giudizi definitivi sull'accordo raggiunto: il rischio è quello di trovarsi ad essere smentiti dal corso degli eventi. L'accordo dovrà essere ratificato dai rispettivi parlamenti, e nulla è ancora certo né sulla sua effettiva implementazione né sul suo carattere definitivo. Potrebbe certamente rappresentare un elemento di grande novità nello scacchiere mediorientale, così come rivelarsi scarsamente efficace.

In sintesi, a partire da gennaio 2016, l'accordo dovrebbe condurre alla completa abolizione delle sanzioni economiche e finanziarie imposte dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, nonché di quelle multilaterali (USA+UE) e nazionali, legate al programma nucleare iraniano. Questo in cambio di una limitazione del piano di proliferazione nucleare di Teheran e di controlli più stringenti da parte dell'AIEA, al fine di rendere materialmente impossibile la costruzione di armi atomiche (intento sempre smentito dalle autorità iraniane). In caso di violazione dell'accordo da parte di Teheran è previsto il ripristino per almeno 10 anni delle sanzioni ONU, con la possibilità di estendere la loro efficacia per altri 5 anni. Anche Stati Uniti ed Unione Europa godrebbero della facoltà di reintrodurre le loro sanzioni a tempo indeterminato. La ratifica parlamentare da parte del Congresso statunitense e del Majles iraniano rappresenterà un passaggio fondamentale per gli esiti dell'accordo. Anche se è probabile un'approvazione del testo da parte delle due assemblee legislative, non si può non notare la presenza di cospicue componenti ostili all'accordo in seno al Congresso statunitense (non solo tra la maggioranza repubblicana, ma anche tra i democratici), così come non si può ignorare il parere che la Guida Suprema Ali Khamenei potrebbe esprimere in merito ai contenuti dell'accordo o tacere delle reazioni critiche dei settori conservatori legati all'ex presidente Ahmadinejad.

Sul piano mediatico l'accordo è stato presentato come un grande successo diplomatico degli Stati Uniti e di Barack Obama. Per il presidente statunitense l'accordo con l'Iran ha rappresentato un banco di prova molto importante poiché, insieme al disgelo con Cuba, consente all'inquilino della Casa Bianca di vantare un bilancio meno fallimentare del previsto nell'ambito della politica estera. Per un presidente che rischia di essere ricordato come l'iniziatore di una nuova guerra fredda con il risorto orso russo, l'accordo con l'Iran si configura come una grande boccata d'ossigeno. Tuttavia il successo personale di Obama non rappresenta una vittoria per l'amministrazione statunitense, ma semmai una sconfessione della strategia adottata in Medio Oriente in questi anni, o meglio l'implicita ammissione del suo fallimento. L'accordo con l'Iran poteva essere concluso già diversi anni fa, ma Washington per lungo tempo ha rimandato la ricerca di una soluzione alla questione, nascondendosi dietro le paure di Israele. Ora alla Casa Bianca sembrano aver compreso che, a maggior ragione dopo il fallimento delle “primavere arabe”, il progetto del “Grande Medio Oriente” a guida USA è un’insostenibile chimera politica. Inoltre, l'amministrazione statunitense pare essere giunta alla conclusione che appoggiare sempre e comunque Israele e petromonarchie come quella saudita e quella qatarina non coincide con i propri interessi strategici. Non stupisce quindi il disappunto espresso da Tel Aviv e Riyad in seguito all'accordo di Vienna.

Decenni di ostilità occidentale nei confronti dell'Iran, passati anche attraverso la guerra tra l'Iraq di Saddam a quel tempo sostenuto dagli USA e la Repubblica Islamica, non hanno condotto al tracollo politico ed economico dello Stato sorto dalla rivoluzione del 1979. In questi anni l'influenza di Teheran nella regione non è stata arrestata, così come non è stato bloccato lo sviluppo militare e tecnologico iraniano. Ragion per cui una parte dell'establishment statunitense è giunta a considerare inutile e controproducente l'ostilità verso l'Iran, che peraltro ha condotto ad una crescente sinergia politica ed economica di quest'ultimo con Russia e Cina. Nel recente summit dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è stato annunciato il prossimo allargamento della stessa all'India ed al Pakistan. La SCO va così assumendo un carattere sempre più “pan-asiatico”, tanto che non è da escludere che nei prossimi anni anche l'Iran, attualmente membro osservatore, possa aderire pienamente all'organizzazione. La costituzione di un solido blocco asiatico composto dalle maggiori potenze regionali del continente indebolirebbe in maniera sostanziale la presenza statunitense in Asia. E forse la nuova strategia della Casa Bianca verso l'Iran va letta anche alla luce di preoccupazioni di questo tipo.

Nell’atmosfera di entusiasmo seguita all'accordo di Vienna Obama ha anche elogiato il lavoro di mediazione svolto dalla Russia nel corso delle trattative. Nel clima di guerra fredda fra Casa Bianca e Cremlino le parole di Obama hanno rappresentato una sorpresa inaspettata, anche se è probabile che si tratti di una mera frase di circostanza che non condurrà a reali cambi di strategia degli USA verso la Russia. Appena un mese fa Vladimir Putin aveva detto di non aspettarsi alcun mutamento nell'atteggiamento ostile degli USA e le sue parole sembrano essere state confermate dal rapporto statunitense “National Military Strategy” 2015, in cui si fa riferimento a «basse, ma crescenti» probabilità di conflitto con grandi potenze (Russia e Cina). Peraltro la firma dell'accordo di Vienna toglie agli USA qualsiasi alibi circa il progetto di scudo antimissile da impiantare in Europa: per molto tempo esso è stato presentato come una difesa da possibili minacce atomiche iraniane, ma adesso che con l'Iran è stata raggiunta un'intesa gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare il progetto oppure ammettere ciò che tutti già sanno, ossia che il vero obiettivo dello scudo è la Russia. Non a caso dopo l'accordo di Vienna il ministro degli esteri russo Lavrov, con l'astuzia che lo caratterizza, ha ricordato quanto affermato da Barack Obama a Praga nel 2009, ossia che in caso di intesa con Teheran non ci sarebbe più stata la necessità di costruire uno “scudo antimissile europeo”.


Eppure a fare da contorno all'accordo di Vienna non c'è soltanto il clima di guerra fredda che si respira in Europa, ma anche il pantano che coinvolge il Medio Oriente dalla Libia all'Iraq. Nel contesto di ridefinizione degli equilibri regionali seguito alle “primavere arabe” l'Iran sta giocando un ruolo molto importante, essendo in prima linea nella lotta all'ISIS in Iraq, nonché impegnato a sostenere la Siria di Assad e le milizie libanesi di Hezbollah nella lotta contro il fondamentalismo sunnita foraggiato da Arabia Saudita, Qatar e Turchia. In questo senso il tanto vituperato Iran sciita sta rappresentando un attore di fondamentale importanza nella difesa della civiltà minacciata dai tagliagole salafiti, takfiri e kharigiti. Del resto l'Iran degli ayatollah sciiti - a fronte di forti limitazioni imposte al proselitismo – ha sempre garantito la sicurezza e la libertà di culto delle antiche comunità cristiane (soprattutto armene) presenti sul suo territorio, ha rappresentato un rifugio per molti cristiani assiri fuggiti dall'Iraq e ha più volte dimostrato un'apertura al dialogo con la Chiesa cattolica inesistente in molti paesi sunniti: ne sono prova la traduzione del Catechismo della Chiesa cattolica in farsi e persino l'atteggiamento di moderazione espresso dall'ex presidente Ahmadinejad all'epoca del discorso pronunciato da Benedetto XVI a Ratisbona. Per tutte queste ragioni, a dispetto delle ansie di Israele, la fine della demonizzazione della Repubblica Islamica dell'Iran non può che essere accolta come una buona notizia.

 

25 settembre 2013

La Merkel straccia tutti, ma l'Italia sta a guardare

di Marco Mancini

Angela Merkel ha vinto le elezioni tedesche. L’esito del voto è innanzitutto un successo personale della cancelliera uscente, del rigore con cui ha gestito in questi anni la crisi europea difendendo l’interesse nazionale del suo Paese, della fermezza con cui ha tenuto la barra diritta, navigando tra le pressioni della sinistra per un maggiore impegno della Germania a favore degli Stati più deboli e l’insofferenza degli ambienti conservatori più riottosi nei confronti della moneta unica.
 

20 agosto 2013

Maschio, femmina e X. Il terzo sesso come nuova frontiera del «progresso»

di Alessandro Rico

«Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
dal risorto pensier segnato innanti
abbandonasti, e, vòlti addietro i passi,
del ritornar ti vanti, e procedere il chiami».
(G. Leopardi, La ginestra)

Di fronte alla dilagante idiozia del nostro tempo, l’invettiva che il Leopardi rivolgeva al «progressismo» dei positivisti è tristemente attuale. E nella lotta trionfale del politicamente corretto e intellettivamente demenziale, la Germania guadagna parecchie posizioni, con la riforma che da novembre consentirà ai genitori degli «intersessuali» (individui con caratteristiche sessuali cromosomiche e fenotipiche contradditorie o non chiaramente distinguibili), di inserire all’anagrafe una bella X alla voce «sesso», lasciando l’incombenza di specificare il genere agli stessi figli, una volta cresciuti. Perché l’ermafroditismo è uno stile di vita, mica un’anomalia – che merita rispetto e sensibilità, ma pur sempre un’anomalia. In questo tripudio di perversa, velleitaria e patetica abiura dell’antropologia più elementare, per cui esistono solo due sessi e una serie di disfunzioni, il buon senso è affondato dalle filippiche sull’inesistente diritto di inventarsi per decreto quello che non può esistere per natura.

Come prevedibile, la notizia ha avuto ampia risonanza anche sulla stampa nostrana. Anche sul Corriere della Sera, a dir meglio sul blog La 27esima ora, già infelicemente noto a noi bigotti sostenitori di ovvietà millenarie. I sacerdoti della nuova religione di stato, allora, ci ricordano come Veronesi ritenga che «la polarizzazione dei sessi si stia attenuando»: pian piano, finalmente, l’umanità si rende conto che un qualsiasi Parlamento può mettere nero su bianco ciò che non sta né in cielo né in terra. Sarà il ddl «sesso degli angeli», quello su cui è meglio non discutere.

Nella climax delirante non possono mancare la «filosofa» Nicla Vassalli e l’«onorevole» Paola Concia. L’una che mescola questa stravagante antropologia con il principio di universalità della legge: per evitare la «ghettizzazione», l’opzione X, l’«Area grigia» tra i due sessi, dev’essere concessa a tutti, pure a me che ho inequivocabili attributi maschili. L’altra che celebra le radici culturali della Germania, che essendo «un paese protestante» non ha tutti i tabù dei papisti, ovvero il banale senso della realtà, che tipicamente manca a chi rinuncia alla ragione per l’ideologia; a chi, come diceva Chesterton, inizia a combattere la Chiesa per la libertà e l’umanità, ma finisce col combattere la libertà e l’umanità pur di fare dispetto alla Chiesa. Se la verità contraddice l’utopia, basta un tratto di penna sulla verità. Chi pensa che la natura sia un dato di cui prendere atto serenamente, chi pensa che la nostra costituzione antropologica sia un capolavoro e non la prigione dei nostri capricci, ha ormai i giorni contati. Sta per scoccare l’ora del sesso X, La 27esima ora, ad «archiviare» la Genesi, col suo limitatissimo «maschio e femmina li creò». Nella leopardiana involuzione scambiata per glorioso «procedere», si vede quanto buon senso c’è in un libro che ha migliaia di anni, e quante scempiaggini affollano un quotidiano del 2013. 
 

21 giugno 2012

"La Merkel ha ragione"... ma anche no!


di Marco Mancini
Ieri il nostro Luca Gili ha detto la sua sulla crisi dell’euro, presentandoci il nuovo libro di Thilo Sarrazin e difendendo la posizione della Germania, restia a pagare per salvare le spendaccione cicale del Sud Europa, di cui – ovviamente – facciamo parte anche noi.
 

20 giugno 2012

Un libro di Thilo Sarrazin e alcuni vescovi che non sanno più che pesci pigliare


di Luca Gili
Tempo fa mi ero ripromesso di presentare al lettore di Campari e De Maistre l'ultimo libro di Thilo Sarrazin, L'Europa non ha bisogno dell'Euro. In che modo un sogno politico ci ha condotti alla crisi. Il libro è già uscito un mese fa e mi recai a comprarlo qui a Bruxelles il primo giorno in cui era disponibile. Poi, preso dagli impegni, ho trascurato questo mio proposito. Ci ritorno ora per una notizia di attualità.