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14 settembre 2016

Marcia per la famiglia? Per il Corriere sei un carro armato di Piazza Tienanmen


di Giuliano Guzzo

Che al Corriere della Sera siano esemplarmente allineati alle istanze LGBT non è un mistero. Da anni infatti costoro operano, da un lato enfatizzando o storpiando gli esiti di ricerche che sdoganerebbero le adozioni gay, e dall’altro presentando la cosiddetta famiglia tradizionale comunque un’infernale camera della tortura («La famiglia uccide più dei criminali», sono arrivati a scrivere il 23 agosto 2012), all’insegna di un giornalismo arcobaleno distante anni luce da un barlume di imparzialità. Ciò nonostante, ammetto di essere rimasto abbastanza sorpreso dall’accostamento ardito, per usare un eufemismo, che gli ex domiciliati in Via Solferino hanno scelto di fare presentando la protesta di un ragazzino messicano contro La marcia del Frente nacional por la familia, organizzata dopo le dichiarazioni del presidente Nieto il quale vorrebbe aprire alle nozze gay, nientemeno – tenetevi forte – che come una riedizione 2.0 di quella del Rivoltoso Sconosciuto, che a Piazza Tienanmen, il 5 giugno 1989, sfidò una colonna di carri armati, bloccando ad essi la strada.

Il paragone, anzi il messaggio è chiarissimo: sei contro le nozze omosessuali? Fiancheggiatore di regimi sanguinari. Osi, per qualche oscura ragione, ritenere ancora che la famiglia sia quella composta da uomo e donna? Vergognati, servo del regime. Manifesti per il matrimonio così com’è stato sempre conosciuto in ogni civiltà? Carro armato assassino. Ora, credo che anche tra i favorevoli al matrimonio gay un simile accostamento suonerà leggermente esagerato; anche perché non si conoscono violenze o pestaggi perpetrarti da manifestanti pro-family contro persone dalle tendenze omosessuali, mentre invece le aggressioni ai manifestanti per la famiglia, si pensi alle Sentinelle in Piedi, non solo vi sono state ma sono ampiamente documentate da testimonianze, filmati, financo ricoveri ospedalieri. Di più: anche se può sembrare strano se non inverosimile, non esiste neppure un legame diretto tra la diffusione della cosiddetta omofobia e la regolamentazione delle unioni omosessuali; non è cioè che la seconda scoraggi la prima.
Lo prova la Global Attitudes Survey on LGBTI, maxi indagine planetaria effettuata prima dell’approvazione delle unioni civili dall’ILGA – acronimo che sta per International Lesbian and Gay Association, non esattamente un’associazione tacciabile di omofobia – dalla quale è emerso come l’Italia – dei dodici Paesi europei considerati – figura costantemente fra quelli i cui cittadini manifestano più apertura mentale; maggiore, per capirci di quella manifestata dagli spagnoli, dagli inglesi e dai francesi, che pur ci hanno notoriamente preceduti nell’agenda arcobaleno. Tutto ciò, evitando di incensarne le gesta attribuendovi un eroismo alla Pietro Micca (1677-1706), il militare che saltò in aria pur di fermare le truppe nemiche, andrebbe spiegato al dodicenne messicano, il quale ha liberamente (?) manifestato contro il corteo pro-family credendo, nella sua ingenuità, esista un legame appunto tra omofobia e mancato riconoscimento delle nozze gay («Ho uno zio gay e non voglio che venga odiato») che però, statistiche ILGA alla mano, come si è detto, non poggia su riscontro alcuno.

Ma torniamo ai redattori del Corriere della Sera, i quali – oltre ad aver dato prova di un giornalismo di faziosità difficilmente eguagliabile – sono, loro malgrado, caduti in un penoso cortocircuito. Infatti nel momento in cui hanno più o meno esplicitamente messo in chiaro che, per loro, condividere posizioni a favore del matrimonio tra uomo e donna sarebbe “omofobo”, se non persino totalitario, hanno lasciato intendere che considerano Beppe Severgnini, una delle loro firme di punta, un individuo pericolosissimo. E’ stato infatti proprio lo stimato editorialista lombardo, affrontando il tema, a spiegare: «Che ci posso fare? Non sono favorevole all’adozione e, prima ancora, al matrimonio, che è per definizione l’unione di un uomo e di una donna» (9 febbraio 2011). Dunque? Pure Severgnini era contro il Rivoltoso Sconosciuto di Piazza Tienanmen? Oppure al Corriere dovranno onestamente riconoscere che certi accostamenti, che avrebbero piena dignità in una testata diretta da Vladimir Luxuria, non sono da primo quotidiano d’Italia? Staremo a vedere. Intanto, se permettete, scenderei un secondo dal carro armato per prendere i pop-corn.

https://giulianoguzzo.com/2016/09/14/marci-per-la-famiglia-per-il-corriere-sei-un-carro-armato-di-piazza-tienanmen/

 

20 agosto 2013

Maschio, femmina e X. Il terzo sesso come nuova frontiera del «progresso»

di Alessandro Rico

«Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
dal risorto pensier segnato innanti
abbandonasti, e, vòlti addietro i passi,
del ritornar ti vanti, e procedere il chiami».
(G. Leopardi, La ginestra)

Di fronte alla dilagante idiozia del nostro tempo, l’invettiva che il Leopardi rivolgeva al «progressismo» dei positivisti è tristemente attuale. E nella lotta trionfale del politicamente corretto e intellettivamente demenziale, la Germania guadagna parecchie posizioni, con la riforma che da novembre consentirà ai genitori degli «intersessuali» (individui con caratteristiche sessuali cromosomiche e fenotipiche contradditorie o non chiaramente distinguibili), di inserire all’anagrafe una bella X alla voce «sesso», lasciando l’incombenza di specificare il genere agli stessi figli, una volta cresciuti. Perché l’ermafroditismo è uno stile di vita, mica un’anomalia – che merita rispetto e sensibilità, ma pur sempre un’anomalia. In questo tripudio di perversa, velleitaria e patetica abiura dell’antropologia più elementare, per cui esistono solo due sessi e una serie di disfunzioni, il buon senso è affondato dalle filippiche sull’inesistente diritto di inventarsi per decreto quello che non può esistere per natura.

Come prevedibile, la notizia ha avuto ampia risonanza anche sulla stampa nostrana. Anche sul Corriere della Sera, a dir meglio sul blog La 27esima ora, già infelicemente noto a noi bigotti sostenitori di ovvietà millenarie. I sacerdoti della nuova religione di stato, allora, ci ricordano come Veronesi ritenga che «la polarizzazione dei sessi si stia attenuando»: pian piano, finalmente, l’umanità si rende conto che un qualsiasi Parlamento può mettere nero su bianco ciò che non sta né in cielo né in terra. Sarà il ddl «sesso degli angeli», quello su cui è meglio non discutere.

Nella climax delirante non possono mancare la «filosofa» Nicla Vassalli e l’«onorevole» Paola Concia. L’una che mescola questa stravagante antropologia con il principio di universalità della legge: per evitare la «ghettizzazione», l’opzione X, l’«Area grigia» tra i due sessi, dev’essere concessa a tutti, pure a me che ho inequivocabili attributi maschili. L’altra che celebra le radici culturali della Germania, che essendo «un paese protestante» non ha tutti i tabù dei papisti, ovvero il banale senso della realtà, che tipicamente manca a chi rinuncia alla ragione per l’ideologia; a chi, come diceva Chesterton, inizia a combattere la Chiesa per la libertà e l’umanità, ma finisce col combattere la libertà e l’umanità pur di fare dispetto alla Chiesa. Se la verità contraddice l’utopia, basta un tratto di penna sulla verità. Chi pensa che la natura sia un dato di cui prendere atto serenamente, chi pensa che la nostra costituzione antropologica sia un capolavoro e non la prigione dei nostri capricci, ha ormai i giorni contati. Sta per scoccare l’ora del sesso X, La 27esima ora, ad «archiviare» la Genesi, col suo limitatissimo «maschio e femmina li creò». Nella leopardiana involuzione scambiata per glorioso «procedere», si vede quanto buon senso c’è in un libro che ha migliaia di anni, e quante scempiaggini affollano un quotidiano del 2013. 
 

27 maggio 2013

Un paese malato di aborto (II parte)

di Ilaria Pisa - leggi qui la prima parte

Torniamo a Lea Melandri e ai suoi voli pindarici: “Ma se sono madri snaturate, donne capaci di dare la vita così come la morte, non si ammette implicitamente che la violenza che subiscono se la sono in qualche modo meritata?”. La logica scricchiola: il ragionamento reggerebbe soltanto se tra donna-che-sta-per-abortire (o ha abortito) e donna-oggetto-di-violenza (non solo sessuale) ci fosse una significativa sovrapposizione. Dove sono le prove di ciò?
 

26 maggio 2013

Un paese malato di aborto (I parte)

di Ilaria Pisa

Ci informa Lea Melandri, giornalista voce de La ventisettesima ora con lunga esperienza in pedagogia e pubblicistica, di vivere in un Paese “malato”. La diagnosi è condivisibile, ma il prosieguo del titolo fa aggrottare la fronte: “...in cui l’aborto legittima la violenza sulle donne”. Prego?
 

17 maggio 2013

Se c'è di mezzo il prete, sul Corriere ricompare la pedofilia


di Emidio Iorio
In un contributo di qualche giorno fa abbiamo osservato che il Corriere della Sera, dovendo dare la notizia di un politico dichiaratamente gay accusato di abusi sessuali su maschi giovani e forse minorenni all’epoca dei fatti, l'ha fatto in un modo omissivo e reticente. Seguivano pensieri malpensanti sui perché e percome di questa disparità di trattamento.
Siamo cattivi noi a malpensare? Forse. Magari ci abbiamo preso, però intanto abbiamo peccato. Non sta bene. Cartellino giallo. Chiniamo il capo in silenzio. 
 

08 maggio 2013

"Non ho l'età": quando dal Corriere scompare la pedofilia


di Emidio Iorio
Premessa: chi scrive trova detestabile il diffuso bamboccionismo lessicale per cui giovani esseri umani fino ai trent’anni e passa sono abitualmente definiti “ragazzi” anziché “uomini”. Si potrebbe fare un bel po’ di sociologismo spicciolo su questa orribile abitudine, e la decadenza dell’occidente, la post-adolescenza consumistica, la sindrome di Peter Pan, o tempora o mores, ma skippiamo a pie’ pari tutto questo e andiamo al dunque. 
 

05 aprile 2013

C’era una volta il Corriere della Sera

di Marco Mancini


C’era una volta il Corriere della Sera. La più autorevole testata italiana, quella di Luigi Albertini, Mario Missiroli, Giovanni Spadolini, Piero Ottone. Il quotidiano della borghesia liberale, lombarda in particolare, di un establishment economico-sociale che voleva essere classe dirigente a tutto tondo e dare, per così dire, il tono all’opinione pubblica del Paese.