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27 settembre 2016

Pro fidei propagatione


di Amicizia San Benedetto Brixia

La sera del 20 settembre l’Amicizia San Benedetto Brixia si è ritrovata in via straordinaria per celebrare una Sancta Missa. L’occasione è stata data dall’evento di Assisi in favore della pace.
Abbiamo ritenuto di rispondere agli appelli di Papa Francesco celebrando una Messa votiva Pro Fidei Propagatione, aggiungendo l’orazione Pro Papa
. Perché tale scelta? Non sarebbe stato più conveniente celebrare la Messa votiva Pro Pace?
In realtà è notorio che le assise di Assisi sono occasioni sommamente ambigue, quantomeno per la lettura che ne danno i giornali e le masse; che pure l’odierna convocazione non sfugga a polemiche è dimostrato, tra l’altro, dalla sua sovrapposizione-contrapposizione al Congresso eucaristico nazionale di Genova. D’altra parte la richiesta di pregare per la pace sembra opportuna più che mai e ne offro tre ragioni urgenti: 1) l’accordo firmato tra Francesco e Kirill, se ben ricordate, fu giustificato dal Patriarca russo a scongiura di conflitti imminenti; 2) Padre Amorth, celeberrimo esorcista da poco deceduto, non ha mai smesso di ricordare come le terribili profezie di Fatima siano lungi dall’essersi esaurite; 3) le ultime mosse di Obama, tra bombardamenti di siriani e pubbliche accuse ai danni di Putin (in merito si legga il parere ex parte Orientis di Dugin), non lasciano presagire nulla di buono.
Come fare dunque a unirci nella preghiera per la pace, evitando le ambiguità insite nella formula assisiana? Il formulario della Missa succitata ci è parso adatto all’uopo:

"Oratio - Deus, eus, qui omnes hómines vis salvos fíeri et ad agnitiónem veritátis veníre : mitte, quaésumus, operários in messem tuam, et da eis cum omni fidúcia loqui verbum tuum; ut sermo tuus currat et clarificétur, et omnes gentes cognóscant te solum Deum verum, et quem misísti Jesum Christum, Fílium  tuum, Dóminum nostrum : Qui tecum.

Secreta - Protéctor noster, áspice, Deus, et réspice in fáciem Christi tui, qui dedit redemptiónem semetípsum pro omnibus : et fac; ut ab ortu solis usque ad occásum magnificétur nomen tuum in géntibus, ac in omni loco sacrificétur et offerátur nómini tuo oblátio munda.
"

L’orazione ribadisce che il vero Dio è solo uno ed Egli ci ha inviato Gesù Cristo, e di qui viene la salvezza e la conoscenza della verità; la secreta chiede che sia celebrato un unico sacrificio in tutto il mondo, quello di Cristo nella Divina eucaristia. Quale augurio più bello? L’eliminazione dei sacrifici, eccetto quello del nostro Redentore, e l’affermazione dell’unico Dio, contro ogni tentazione di sincretismo. Così riconosciamo che la pace è dono che viene dall’alto e che, onorando la Trinità, ci rendiamo oggettivamente disponibili a ricevere con frutto tale dono. Altre strade non si vedono.
 

07 settembre 2016

Nazarà 2016 non mi è piaciuta


di Amicizia San Benedetto Brixia

La Veglia di preghiera per la pace "Nazarà 2016" organizzata dall'Ufficio per l'Impegno sociale della Diocesi di Brescia non mi è piaciuta. Con tutta la stima e il rispetto per la chiesa locale in cui ho la grazia di vivere giorno dopo giorno da cristiano, mi permetto di indicare i tre motivi principali di disappunto.

Che fine hanno fatto i cristiani perseguitati?

La Veglia ha lasciato in totale penombra la dimensione della persecuzione anti-cristiana, dedicando ai fratelli perseguitati in Siria tre righe in diciotto pagine di verbosità.
Da questo mi dissocio e rimando invece alla campagna di ACS, #DefiniamoloGenocidio.
 
Che fine ha fatto la Liturgia?

La Veglia ha seguito uno schema obiettivamente liturgico - sacerdote, paramenti, candele, etc. -, ma elaborato secondo una sequenza confusa:

Introduzione giornalistica composta in versi litanici;
canto e segno di croce;
dialogo sacerdote-assemblea;
canto iniziale;
prima lettura (nel frattempo un secondo sacerdote parato gira per la navata distribuendo libretti);
salmo responsoriale, che però non è un salmo ma un concento di brani franceschiani;
Kyrie eleyson (rigorosamente da seduti);
Vangelo (la gente si alza mentre il prete ha già iniziato a leggere);
nessuna omelia, ma l'annuncio che passeranno a raccogliere le offerte;
preghiera responsoriale (di cui al punto successivo);
canto;
dialogo lettori-assemblea su testi di mons. Bello (una Chiesa che guarda in avanti, a quanto pare);
preghiera universale;
Litanie mariane rivisitate: "Madre delle pecore fuori dall'ovile", "Madre delle anime senza vita",  "Madre di chi non è stato chiamato" (di cui al punto successivo).

Non credo servano commenti, semplicemente si stenta a capire quale la logica soggiacente a un simile schema. Peraltro le indicazioni del libretto prevedevano una adorazione eucaristica, un'esposizione del Santissimo che doveva prolungarsi per tutta la durata delle preghiere vigilari e che invece non è stata effettuata. E' stata effettuata la raccolta fondi, quella sì, immancabile.

Che fine ha fatto la teologia?

La debolezza di impianto confessionale e liturgico si è riflessa sui contenuti teologici al limite del sopportabile. Il cuore del magistero - sorvolando sulle litanie mariane obbrobriose di cui sopra - è stata la rilettura delle beatitudini: beati gli imperfetti, i falliti, coloro che sono senza dimora nella chiesa, coloro che dicono di no al loro irrigidimento. Ora, le beatitudini evangeliche rasentano lo scandalo, ma trovano forza nella promessa di Gesù; le beatitudini qui proposte sono invece autentici insulti, promesse impossibili di speranze romanzate (le loro piaghe si tramuteranno in perle - falso!; faranno esperienza di cambiamento - sai che promessa!), quando non semplici idiozie (chi sarebbe il "senza dimora nella chiesa"? chi sarebbe il "non chiamato"? Giovanni Calvino è tra noi?). L'apice però si raggiunge subito dopo, con una superficialità agghiacciante i curiali si permettono di stilare una lista di maledizioni: "Guai a voi!" risuona nel Tempio di Dio. A pronunciarlo sono dei peccatori, non il Messia: sembra di essere tornati al perfidis judaeis, inteso nella sua accezione più politica e bieca. E qui chi sarebbero gli imputati? Siete voi che "mettete la legge al di sopra dell'amore (gli eslege invece sono beati); sottovalutate le persone (attenzione, l'inferno si riempie di addetti al personale mediocri); la vostra paura appesta l'aria (pastorale dell'effetto serra...); trasformate un moscerino in elefante (Darwin dove sei?); la vostra meschinità viene eretta a comandamento dell'amore (cercasi esempi reali)". Un elenco privo di scienza e di sapienza, in cui scompare ogni ombra di carità e misericordia. Il tutto chiosato dalla più imbarazzante delle sentenze: "Tranquilli! Ad ogni cosa sarà fatta giustizia". Proprio così, è un'evocazione dell'ira divina: anziché pregare per tutti, anche per tali categorie (strampalate) di maledetti, si invoca subito il giudizio. Robe da matti, robe che nemmeno prima dell’erezione dei seminari (l’oscuro Medioevo) si sentivano tanto grosse.

E qui, concluso il mio santo Rosario, lucrata l'Indulgenza plenaria in favore di un'anima purgante a Dio solo nota, fatta la mia bella genuflessione, me ne sono tornato a casa pieno di perplessità, quasi invidiando l’italiano medio, agnostico, schiavo del televisore serale. E' questo nulla che devo aspettarmi dalla Catholica?
 

06 settembre 2014

"Scambiatevi un segno di pace": fine della ricreazione?

di Marco Mancini

Avete presente il trambusto in cui ci si imbatte di tanto in tanto durante la Santa Messa (ovviamente parliamo del Novus Ordo), nel bel mezzo dei Riti di Comunione, dopo il Pater Noster e immediatamente prima dell’Agnus Dei? “Scambiatevi un segno di pace” diventa un po’ una sorta di “tana libera tutti”: sacerdoti che abbandonano il presbiterio per passare, come rockstar al termine di un concerto, a salutare tutti i fan intervenuti, fedeli che si spostano dal proprio banco in prima fila per raggiungere il cugino di secondo grado seduto all’inizio della navata, canzonette schitarrate per l’occasione o bambini convocati all’altare per fare un po’ di spettacolo. Insomma, basta guardare qualche filmato (es. quiper rendersi conto del ridicolo che spesso circonda un momento che, in teoria, dovrebbe essere propedeutico alla distribuzione della Comunione, cioè della Presenza Reale di Colui che solo può darci la pace, la vera pace, “non come la dà il mondo”.

Se è vero che, come la madre di Joseph Ratzinger era solita ricordare a suo figlio, ciò che è stupido non può essere cattolico e viceversa, da tutto questo si può percepire l’avanzato stato di protestantizzazione in cui, volente o nolente, versa certa liturgia post-conciliare. Se poi si pone mente al carattere giudaizzante di buona parte delle canzonette, la sensazione diventa certezza: come osservò l’ebreo Bernard Lazare, infatti, “la Riforma, sia in Germania che in Inghilterra, fu uno di quei momenti in cui il Cristianesimo si ritemprò alle fonti ebraiche. Con il protestantesimo lo spirito ebraico trionfò” (cfr. i contributi ripubblicati da Andrea Giacobazzi nel suo ultimo volume, Anche se non sembra). E allora più Evenu Shalom per tutti:



A Roma si cerca, di tanto in tanto, di tappare qualche falla, non sempre con tempestività. L’8 giugno scorso, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha emanato una circolare (qui il testo completo) indirizzata a tutte le Diocesi, contenente alcune linee-guida su “L’espressione rituale del dono della pace nella Messa”. Essa chiarisce, innanzitutto, che il segno di pace non è affatto un momento indispensabile della celebrazione eucaristica, ma “si può omettere e talora deve essere omesso”, qualora lo consiglino ragioni di opportunità. Quindi si procede a una stretta nei confronti degli abusi, raccomandando di evitarne almeno tre: l’introduzione di un “canto per la pace”, lo spostamento dei fedeli dal loro posto e l’allontanamento del sacerdote dall’altare per dare la pace a qualche fedele.

Tutti i media hanno ripreso, peraltro con qualche settimana di ritardo, la circolare, attribuendo a Papa Francesco la paternità dell’idea di questa maggiore sobrietà. Tutto risolto, allora? Francesco è divenuto un tradizionalista liturgico? D’ora in avanti, soprattutto, non dovremo più aspettarci abusi? Non è proprio così.

Innanzitutto, come chiarito sopra, la circolare è stata emanata dalla Congregazione per il Culto Divino, presieduta dal card. Antonio Canizares Llovera. Considerato di orientamento “conservatore” (ma neanche troppo), tanto da essere soprannominato “piccolo Ratzinger”, Canizares è stato promosso ut amoveatur ad Arcivescovo di Valencia qualche giorno fa: soluzione non sgradita all’interessato, che pare intendesse tornare in patria, anche se avrebbe preferito la sede di Madrid. Insomma, più che una delle prime decisioni di Francesco, la circolare sul “segno di pace” sembra l’ultima di Benedetto XVI: nel testo, infatti, si afferma che essa è il frutto di una riflessione richiesta proprio da Ratzinger nell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis del 2007, pubblicata a conclusione del Sinodo sull’Eucarestia, dove già si osservava che “è stata rilevata l'opportunità di moderare questo gesto, che può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione nell'assemblea proprio prima della Comunione. È bene ricordare come non tolga nulla all'alto valore del gesto la sobrietà necessaria a mantenere un clima adatto alla celebrazione, per esempio facendo in modo di limitare lo scambio della pace a chi sta più vicino” (par. 49). Certo, Papa Francesco ha approvato la circolare, ma su questa scelta, tutto sommato abbastanza scontata, non è il caso di fantasticare più del necessario.

A prescindere dagli orientamenti liturgici del Santo Padre, tuttavia, l’elemento problematico è quello della completa inefficacia, già sperimentata in passato, di siffatte “circolari”: come le grida manzoniane, esse continuano a denunciare gli abusi, senza che però questi vengano sanzionati come dovrebbero. I Vescovi sono nel migliore dei casi timorosi o inadempienti, mentre nel peggiore rifiutano di conformarsi alle direttive provenienti da Roma; i sacerdoti peggio ancora. A quanti e quali abusi, spesso decisamente oltre il limite del sopportabile, siamo costretti ad assistere nelle parrocchie? Chi li reprime? Chi si assicura che la liturgia venga celebrata come Dio comanda? Nessuno, appunto.

Del resto, oggi i preti cantano “Mamma Maria” sull’altare, guadagnandosi l’affetto di numerosi fan e partecipando ai talk show della domenica pomeriggio. Oppure benedicono le “fedi” dei travestiti, facendoci rimpiangere ogni giorno di più quel sant’uomo di don Oreste Benzi che, alla domanda su cosa pensasse dei transessuali, rispondeva, con tutto il realismo e il buon senso di cui è capace il cattolico: “Devono curarsi”. E se nessuno ha il coraggio di assumere provvedimenti nei confronti di soggetti del genere, pensiamo forse che qualcosa potrà cambiare riguardo al segno della pace? Inutile farsi illusioni: la crisi della liturgia (e della Chiesa) si prospetta ancora molto lunga.
 

03 settembre 2013

Cattolicesimo, guerra e pace. Perché non possiamo dirci pacifisti

di Marco Mancini

Come riportato con dovizia di particolari su tutti i principali media, durante l’Angelus di domenica Papa Francesco ha rivolto un pressante invito per la pace nel mondo e in particolar modo in Siria, indicendo anche un’apposita giornata di digiuno e di preghiera per il prossimo 7 settembre, ricorrenza della Natività della Vergine Maria, Regina della Pace. Si tratta di un’iniziativa lodevole e in qualche modo profetica per i tempi bui che stiamo vivendo, alla quale noi cattolici – ma non solo – siamo chiamati ad aderire, soprattutto nella speranza di evitare il demenziale intervento armato nel Paese arabo che taluni Paesi occidentali vanno prospettando. Le parole del Papa, tuttavia, non possono essere interpretate come una revisione della tradizionale dottrina cattolica sulla pace e sulla guerra.
 

01 gennaio 2013

La Chiesa Cattolica e la vera pace (una riflessione di Robert. H. Benson)

In occasione della Giornata Mondiale della Pace, pubblichiamo un estratto dell'opera di Robert Hugh Benson (1871-1914) "Paradossi del Cattolicesimo", dedicato proprio al rapporto tra il Cattolicesimo e la vera pace.

di Robert Hugh Benson 

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. (Matteo 5, 9).

Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada (Matteo 10, 34).

Abbiamo visto come la chiave per interpretare sia i Paradossi del Vangelo che quelli del Cattolicesimo sia la stessa e che la Vita che li produce sia al tempo stesso Divina e Umana. Andiamo ora a vedere come questa chiave risolverà i paradossi del Cattolicesimo, specialmente quelli che ci sono contestati dai nostri avversari. Ai nostri giorni il Cattolicesimo non è più ritenuto tanto assurdo, da parte degli uomini intelligenti, da non poterne discutere. Coloro che restano fuori dai confini della Chiesa giustificano la loro scelta con motivazioni ben argomentate, e fanno accuse precise che è nostro dovere confutare se non vogliamo riconoscerle fondate.
 

15 dicembre 2012

Il Papa e i gay: storia di una doppia bufala


di Marco Mancini 

Dopo lo sbarco su Twitter, il Papa rischiava di diventare troppo popolare. Urgeva restituirgli l’immagine stereotipata dell’uomo nero, così familiare ai laici di casa nostra. I nostri organi d’informazione non si sono fatti pregare e hanno sferrato contro Benedetto XVI un tremendo uno-due, roba da mettere al tappeto anche Mike Tyson.