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22 aprile 2020

Controllo chimico delle masse

di Giovanni Barbieri
Nell’analisi dei fenomeni che stanno avanzando non vogliamo essere troppo complottisti, ma neanche troppo poco.

Per cui riportiamo una notizia, a sua volta rilanciata da attivisti di un certo valore, quali Gilad Atzmon: nel 2012 gruppi di esperti teorizzavano la possibilità di adoperare dei virus con lo scopo di colpire precise aree cerebrali e andare a indebolire il senso religioso dei pazienti. L’idea era usare il virus come arma contro il terrorismo religioso. La notizia è attribuita ad agenti del Pentagono e sebbene il sottoscritto non possa verificare tale dato, il video di per sé documenta che una riflessione di un qualche perito attorno al tema su esposto è stata effettivamente condivisa.

Riporto il testo tratto dall’infobox del video che filma la conferenza:

"It was DoD footage from a lecture hall in the pentagon. The video was date stamped 4/13/05 so someone was holding onto this for a while. I received it, the second week of February of this year. So, on it, it had one of the guys from the other video, the party video, giving a presentation. I just have an 8 minute clip from this presentation, but basically, this guy, he must be a scientist. This guy is giving a lecture about the brain and a gene called VMAT2 to a group of men in suits as well as various military uniforms. He talks about religion and was showing MRI brain scans. He said that the inhibition of VMAT2 could, over time, cause a person’s brain to shift from a religious brain structure, they scientifically, you know they call it phenotype...but basically, you can change a religious brain to a non-religious brain structure".

Usare la scienza, anzi la tecnica, per cambiare la testa delle persone: questo lo spettro che si impone davanti a noi. Ora, si badi bene, il video mostrato si rivolge alla possibilità di modificare il cervello di terroristi islamici per favorire la pace in Medio Oriente. Resta sottotraccia l’ipotesi che i potenti vogliano o possano usare un simile sistema per demolire il senso religioso delle masse in situazioni più ampie.
Ve lo immaginate? Intuite quale possibile scopo ci starebbe dietro?
Per rispondere, torno a citare dall’infobox, anzi dai commenti del gestore del canale:
“Removing the God Gene is not about the "Gene" as much as it is about affecting the brain so humans are not spiritual. The less spiritual a person is the more controllable they are and the easier they are influenced by society”.

Una società senza religione è una società che può essere meglio manipolata dai governi. I totalitarismi del XX secolo hanno percorso la via della repressione religiosa diretta. Il filmato del Pentagono, o presunto tale, suggerisce un altro mezzo per ottenere il medesimo effetto: togliere la religiosità per potenziare il controllo governativo.
Viene da pensare che le restrizioni cultuali in corso, al di là del perché siano volute dal Governo e tollerate dalla CEI, non potranno che avere un medesimo effetto: alleggerimento del senso religioso e appesantimento dell’influsso politico sulla coscienza sempre meno libera dei cittadini.
Apriamo il nostro sguardo, circa la possibilità di intervenire chimicamente e biologicamente per modificare la percezione dei cittadini e quindi il loro senso civico e morale, al di fuori di ogni complottismo e all’interno di ricerche chiare e lampanti si colloca il poderoso approfondimento di Mario A. Iannaccone. Lo studioso milanese ha di recente ampliato e ristampato il suo eccellente “Rivoluzione Psichedelica” (Ares), indagine dettagliata circa la variazione morale e politica, che ha investito la società e la politica dagli anni ’50 in qua. Droghe usate per degradare la sensibilità morale del cittadino e pilotare la finalità civica dei politici, messe in mano ai militari e ammantate da bandiere culturali: veri e propri arsenali di distruzione della civilità, utili ai potenti (Enzo Pennetta).

Iannaccone, nella ristampa del suo capolavoro di saggistica, introduce anche ulteriori  dettagli e presenta il progetto di tornare a diffondere in modo rinnovato le droghe sintetiche (LSD, MDMA, mescalina, etc.), che spingerebbero ancora più in là il controllo dei cittadini, particolarmente di quelli scomodi: è il caso dell’uso psichiatrico di stupefacenti per ridurre a silenzio i dissidenti e gli ‘intolleranti’; ma già si parla di adoperare tali mezzi per tenere a bada il pensiero giovanile, bombardando le giovani generazioni con nuove sostanze (o con vecchie sostanze in dosaggi nuovi).
Va precisato peraltro che la tesi del controllo mentale via LSD, lungi dall’essere interpretazione di qualche autore reazionario, è patentemente sostenuta anche da registi della Rivoluzione quale la collana Adelphi: pochi mesi fa Michael Pollan ha pubblicato con l’editrice di Calasso il suo “Come cambiare la tua mente”.
Come sempre, e volendo ricavare dalle teorie del complotto qualche istruzione utile e concreta per noi, non è necessario affermare, né tantomeno dimostrare, che un virus sia stato volutamente disperso per scopi di controllo sociale, è sufficiente riscontrare che la diffusione sia pur naturale di un virus può essere prontamente sfruttata in ottica antidemocratica e antilibertaria.
E quello che possiamo certamente affermare è che i servizi segreti, i governi, i politici dell’ultimo mezzo secolo almeno, sono già in possesso di teorie e sperimentazioni sociali, capaci di cogliere al balzo la diffusione di un virus per farne un’arma di controllo sociale, particolarmente nella forma dell’indebolimento del senso religioso e dei valori morali, e conseguentemente con lo scopo di attuare restrizioni nell’autonomia sociale e civica dei cittadini.
Se poi a questo volete aggiungere l’uso di pornografia come arma di paralisi generale, il quadro si chiude – e non è un caso se alcuni siti abbiano offerto servizi gratuiti per gli utenti in quarantena e che la pedopornografia in queste settimane sia schizzata alle stelle. Per inciso la tesi “pornography is a weapon” non è certo mia, ma la traggo da Michael E. Jones e dai suoi poderosi approfondimenti (una buona ricostruzione qui).


 

09 febbraio 2018

Quei grandi scienziati che furono anche preti…

di Fabrizio Cannone

Gli studiosi Francesco Agnoli, apologeta cattolico e collaboratore de La Verità e Andrea Bartelloni, medico chirurgo, hanno curato la nuova edizione, appena uscita, di un ottimo saggio che farà appassionare i lettori più curiosi. Il libro si presenta come piccolo di mole, ma è molto proficuo per tutti coloro che si interessano al rapporto di incontro reale (ma di scontro apparente) tra fede e scienza (cf. F. Agnoli, A. Bartelloni, Scienziati in tonaca . Da Copernico, padre dell’eliocentrismo a Lemaître, padre del Big Bang , La Fontana di Siloe, Torino 2018, pp. 162, € 14.50).
La fede (cattolica) è chiaro a tutti che cosa sia, sebbene contenga sempre una dimensione di mistero e di irriducibilità alla definizione: l’adesione, piena e libera, dell’intelletto e della volontà ai contenuti della Rivelazione divina.

La scienza da parte sua è assai meno chiara e meno univoca come comprensione. Ad esempio, il Vocabolario della lingua italiana della Zanichelli (edizione del 1994) contiene molte definizioni del lemma scienza, a volte in netto contrasto tra loro. La scienza sarebbe: “Conoscenza, cognizione”, ma anche “Conoscenza esatta e ragionata che qualcuno ha grazie allo studio, all’esperienza, all’osservazione”. Oppure: “Complesso dei risultati dell’attività speculativa umana volta alla conoscenza di cause, leggi, effetti e intorno ad un determinato ordine di fenomeni, e basata sul metodo, lo studio e l’esperienza”. O anche: “Insieme di discipline aventi tra loro caratteri di affinità: scienze storiche, sociali, fisiche, filosofiche, politiche, economiche ”, le quali però non sono basate per forza sull’esperienza, né su un metodo unico, né tra loro hanno molto in comune, etc. Un altro senso, sempre per il Vocabolario, è questo: “Insieme delle discipline fondate essenzialmente sul calcolo e sull’osservazione, come matematica, fisica, chimica, scienze naturali, astronomia”.
Dunque quando si parla in nome della Scienza, la prudenza è d’obbligo. Peccato che il laico Zanichelli non faccia alcun riferimento alla scienza per eccellenza, ovvero alla sacra teologia, regina e madre di tutte le scienze (cf. San Tommaso d’Aquino, Se la dottrina sacra [o teologia] sia una scienza, in S. Th. I, q. 1, aa. 2-4; Idem, Se la dottrina sacra sia superiore alle altre scienze, in S. Th. I, q. 1, a. 5).

Insomma viene da ridere quando nel contesto della contemporaneità liquida e decadente, la quale ha elevato l’istinto come principio fondamentale (a danno della cultura e del sapere), ci si sente dire dall’uomo della strada, o dallo studentello imberbe, che: “la Scienza ha dimostrato che Dio non esiste”; “la Scienza è certa e dimostrata, la religione no”; “io sto dalla parte della Scienza (moderna) e non della fede (antica)”. E c’è pure chi ha ricevuto da Dio, come penitenza sicuramente meritata, quella di dover ascoltar ogni giorno tali sapienti litanie...
Che la religione (cristiana) non sia provata resta però discutibile e può essere deciso solo se si chiarisce prima il senso e la portata della prova che si vuole avere. Il miracolo per esempio prova benissimo la sospensione di una legge naturale, e tale sospensione si deve ragionevolmente collegare all’Autore stesso della legge. Giovanni Paolo II fece un lucido discorso che aveva per titolo e per oggetto “Le prove dell’esistenza di Dio” (Udienza generale del 10 luglio 1985). Dio infatti non è evidente, ma è dimostrabile.
Gesù Cristo poi è stato visto e toccato da molti in Palestina: la sua vita, la sua dottrina, i suoi miracoli strepitosi attestano e comprovano certamente la sua divinità. “Tutta la vita di Cristo è rivelazione del Padre” (CCC, 516).

Se l’esperienza personale vale come prova tutti coloro che hanno visto l’invisibile hanno avuto una prova del mondo di lassù. Ma dalla visione di Cristo risorto, fino alle centinaia di apparizioni mariane della storia, non mancano le prove dirette, benché non ripetibili a piacimento, della Sua esistenza… D’altra parte non si deve credere solo per esperienza diretta, ma anche per induzione, deduzione e testimonianza. Sennò ci si condanna all’ignoranza più crassa.
La scienza poi è sempre e in tutte le sue affermazioni provata? Non pare. Ci sono delle verità previe nelle scienze matematiche che sogliono chiamarsi verità indimostrabili, e che si usano come punti di appoggio per la deduzione di nuove verità. Ma se sono indimostrabili, come possono essere provate? Come provare per esempio che in un cerchio, di qualunque diametro, vi siano infiniti punti? Solo ammettendo che il punto sia senza dimensioni: ma pure questa è una verità puramente convenzionale, eppure usata come base di ragionamento. E l’infinità dell’universo? Se l’universo è infinito esso non può essere totalmente misurato, poiché non può essere circoscritto. Ma allora come provare, scientificamente, che sia infinito? A volte basta la logica per de-dogmatizzare il mito dell’infallibilità della Scienza!

Uno scienziato laico, editorialista del Corriere della Sera, ha ammesso tranquillamente ciò: “La scienza non può fornire certezze assolute, non è assolutamente in grado di dare un senso all’esistenza e non possiede ricette per la felicità degli individui o dei popoli” (Edoardo Boncinelli, Il posto della scienza, Mondadori, 2004, p. 12).
Ma certi scientisti lo dimenticano e tutti giulivi asseriscono: “IlBig Bang ha creato tutto (non Dio!)”. Ma il Grande Scoppio non si può ripetere (in laboratorio), né vedere a occhio nudo, né documentare ora. Resta dunque una mera ipotesi non falsificabile, secondo i criteri di Popper. L’uomo deriva dalla scimmia? “Se non vedo non credo” dice l’ateo per cancellare Dio. E l’evoluzione scimmia-uomo chi l’ha vista e chi l’ha misurata?
“Se consideriamo scientifico solo ciò che è singolarmente riproducibile e verificabile in laboratorio, la teoria dell’evoluzione non sarà mai una teoria scientifica in senso stretto” (E. Boncinelli, op. cit., p. 51).

E la nascita dell’universo datata 13 miliardi di anni fa? Ma se non c’era il sole né la terra, né le stelle come calcolare il tempo preciso che è trascorso? Andando a ritroso a partire dalla velocità attuale dell’espansione dell’universo, dicono… Ma chi può sapere che questa velocità sia rimasta costante in 13 miliardi di anni? Se c’è stato un Big Bang poi, ce ne possono essere stati mille, o… nessuno!
Insomma, non solo la Chiesa e la fede non sono contrarie alla scienza, ma tra gli scienziati più illustri, come noto, si contano moltissimi credenti (come Galileo, Keplero, Newton, Volta, Maxwell, Marconi, Gödel, Zichichi, etc.). E’ meno noto però il gran numero degli scienziati-preti, come quelli studiati dal duo di cui sopra. Nicola Oresme (antesignano di Copernico), Niccolò Copernico (ideatore dell’eliocentrismo), Leonardo Garzoni (alle origini del magnetismo), Benedetto Castelli (capofila della scienza idraulica e intimo di Galileo), Bonaventura Corti, Giovan Battista Venturi e Jean-Baptiste Carnoy (fondatori della citologia), il terziario francescano Luigi Galvani (alle origini delle neuroscienze), Alberto Magno e Andrea Bina (sismologia e meteorologia), Gregor Mendel (genetica), Timoteo Bertelli (micro-sismologia), Georges Lemaître (ipotesi del Big Bang). E molti altri, che furono dei precursori in tanti rami dello scibile umano.
Inoltre è la nostra antica e gloriosa terra italica che, anche nel campo delle scienze naturali, oltre che in quello delle arti e della santità, detiene il primato tra tutte le regioni del pianeta.
Conclude il volumetto – da diffondere a piene mani specie tra quelle di chi sproloquia in nome della Scienza – una duplice intervista fatta a due sacerdoti-scienziati di oggi, don Giuseppe Tanzella-Nitti (astronomo) e don Alberto Strumia (matematico).

(pubblicato anche su Luce di Maria)
 

06 ottobre 2017

Teologia e rivoluzione scientifica

È opinione diffusa che la rivoluzione scientifica del XVII secolo sia stata contrastata dai pregiudizi religiosi e dall'autorità di Aristotele. È tuttavia possibile mostrare che il famoso processo a Galileo ebbe un iter un po’ diverso da quello presentato nelle consuete narrazioni, e che la filosofia di Aristotele contribuì ad innescare indirettamente la fioritura della scienza ellenistica (il cui recupero, mediato dall'Islam, è parte del sostrato da cui sorse la scienza moderna).

 In questa sede però ci si contenterà di mettere in luce il ruolo delle dispute teologiche del tardo medioevo nel preparare la rivoluzione astronomica del ‘600. Emergerà anche, nella ricezione di Aristotele dell’epoca, uno spirito critico che molti non sospetterebbero. Per Aristotele il mondo era unico, finito ed eterno. Il vero problema sorse solo con l’ultimo attributo, apparentemente inconciliabile con la Creatio Ex Nihilo, ma non mancarono teologi, come San Tommaso d’Aquino, che trovarono possibile ammettere questa ipotesi.

Per quanto riguarda unicità e finitudine del mondo, ipotesi perfettamente conciliabili col cristianesimo, il disappunto dei teologi si accendeva contro le argomentazioni utilizzate da Aristotele. Com'è noto, lo stagirita credeva che i quattro elementi del mondo sublunare, cioè terra, acqua, aria e fuoco, tendessero ognuno verso una loro esclusiva regione di pertinenza, verso il loro luogo naturale. Ecco perché, ad esempio, un fuoco acceso va verso l’alto, attratto dal suo luogo naturale posto in cielo. Per Aristotele la pluralità dei mondi è problematica: gli elementi in un mondo sarebbero attratti anche dai rispettivi luoghi naturali negli altri mondi, e questo farebbe collassare i mondi gli uni sugli altri. Per i teologi cristiani questa era un'inaccettabile limitazione alle possibilità di Dio. Pietro di Tarantasia (papa Innocenzo V) dice: "Dio potè, e ancora può fare un universo oltre a questo, cioè un altro mondo, e infiniti mondi, sia dello stesso sia di altro genere". E a ciò aggiungeva che gli elementi sono ordinati solo all’interno del mondo che li ospita. A fargli eco Nicola d’Oresme: "Se Dio creasse un mondo oltre a questo gli elementi di un altro mondo si comporterebbero, al suo interno, come gli elementi di questo mondo si comportano in questo".

A parte l’apertura all'ipotesi dei molti mondi, queste obiezioni sono fondamentali perché mettono in discussione la teoria dei luoghi naturali e suggeriscono l’idea che le distanze possano giocare un ruolo nel regolare l’intensità delle interazioni fisiche. Guglielmo da Ockham e Nicola d’Oresme sono portati a considerare la distinzione tra "alto" e "basso" come puramente relativa e a ridefinirla in rapporto alla coppia "leggero" e "pesante". Oltre ai moti spontanei verso i luoghi naturali, Aristotele si dedicava anche ai moti violenti, quelli prodotti su un corpo da un motore esterno, con un’azione che persiste finché dura il contatto tra i due. Ma come avviene il moto dei proiettili, ovvero di quei corpi il cui moto prosegue anche dopo che il contatto col motore è cessato? Secondo Aristotele il moto prosegue perché il motore iniziale comunica al mezzo il potere di trasportare il corpo mobile. 

Nel VI secolo Giovanni Filopono, il primo direttore cristiano della biblioteca di Alessandria, alla tesi aristotelica ribatte che l’aria, lungi dal trasmettere movimento ai corpi, ne ostacola in realtà il movimento opponendo resistenza. Secondo Filopono si deve immaginare "che una certa potenza motrice immateriale sia impartita dal proiciente al proietto", e che questo sia dunque in grado di proseguire il suo moto anche da solo. Questa idea avrà successo nel mondo Arabo e tornerà in Europa col teologo Francesco Della Marca.

Nel XIV secolo l’idea è ormai diffusa nelle linee generali (in vari modi la formulano Guglielmo da Ockham, Nicola d’Oresme e altri), ma è Giovanni Buridano che più di tutti anticipa la futura formulazione di Newton del principio di inerzia: Buridano infatti afferma chiaramente che il moto di un proiettile prosegue finché non prevalgono le forze contrarie e lega esplicitamente "l'impetus" alla velocità e alla quantità di materia del corpo lanciato. L’aspetto più importante della sua riflessione è però l'estensione di questo principio a qualsiasi tipo di moto, anche quello dei corpi celesti, che per Aristotele faceva caso a sé. Nella fisica di Aristotele i corpi celesti sono fatti di etere, un quinto elemento assente sulla Terra, e si muovono di un moto rettilineo uniforme a causa di un motore immobile che non cessa mai la sua azione. Dopo Buridano diventa possibile immaginare gli astri messi originariamente in moto da una causa ora non più operante. In altre parole si apre la strada all'unificazione della fisica terrestre con quella celeste.

E la Terra? Per Aristotele essa era immobile, ma Buridano e Oresme ribattono che la Terra potrebbe tranquillamente muoversi in quanto le prove osservative non sono dirimenti a causa della relatività dei moti. Anticipano cioè le intuizioni che lo stesso Galileo ebbe, senza però svilupparle fino al punto di comprendere che il suo sistema eliocentrico era equivalente a quello geocentrico di Tycho Brahe. Oresme si preoccupa anche di spiegare che non ci sarebbe discordanza tra la tesi della Terra in movimento e l’insegnamento biblico, in quanto i libri sacri adottano il linguaggio delle epoche in cui compaiono affinché gli uomini possano capirli. Per concludere, una sotterranea influenza sulla scienza fu esercitata anche da Niccolò Cusano: il suo metodo di insegnamento teologico, che si avvale largamente di matematica e geometria, esteso al campo della fisica mette in discussione molte idee care ad Aristotele: la Terra non è perfettamente sferica, le orbite planetarie non sono perfettamente circolari, tra Terra ed astri non c’è necessariamente differenza di natura e nell’universo non può esistere un centro immobile. 

Bibliografia: “Storia della filosofia Vol. 3”, a cura di Umberto Eco e Riccardo Fedriga, Gruppo Editoriale L’Espresso 2015

Tratto da: Storia delle Idee




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27 settembre 2017

Energie Rinnovabili. Cinque equivoci

Pubblichiamo questo articolo, proposto dall'autore e già pubblicato su Climatemonitor.it, per fornire ai lettori alcuni dati riguardo le cosiddette energie alternative. 

di Filippo Turturici

Spesso sulla stampa, dai media mainstream alle pubblicazioni più piccole e di nicchia (a volte con ambizioni tecniche o scientifiche, a volte semplici fogli di parte), si leggono le promesse di un futuro green nel campo dell’energia, promesse a dir poco mirabolanti. In realtà, esse si basano su alcuni grossi equivoci, per usare un eufemismo, che qui andremo a vedere.
Il primo equivoco è che il kW di potenza installata rinnovabile valga il kW fossile/nucleare (prendo il kW, e non il W o il MW, per semplicità). Sembrerà strano che la stessa unità di misura sia diversa, anzi sembrerà proprio un’eresia: infatti c’è il trucco. Il kW della potenza installata, come appunto dice il nome, si riferisce alla potenza dell’impianto; in quell’istante, è capace di produrre la stessa energia, da cui i mirabolanti record di ore o anche giorni a 100% energia rinnovabile in qualche località. Ma per l’energia dobbiamo passare ad un’altra unità di misura, il kWh, cioè quanti kW vengono prodotti in un’ora: e l’energia rinnovabile, funziona per le stesse ore di quella “convenzionale”? Direi proprio di no, vediamo come va negli il fattore di capacità, cioè quanta parte dell’anno le centrali elettriche producano realmente energia, fonte EIA per gli USA:


Come ben si vede, in realtà ci vogliono es. da 3kW a 7kW rinnovabili installati, per pareggiare ogni 1kW nucleare installato. Per il solare, inoltre, con picchi massimi estivi comunque non comparabili, e picchi minimi invernali anche prossimi allo 0%.

Il secondo equivoco che ne deriva, è appunto quello dei costi. Essi possono abbassarsi ad libitum, ma siccome le energie rinnovabili dipendono da variabili esterne – principalmente meteorologiche ed astronomiche – non controllabili, allora il costo è in realtà un fattore secondario: per assurdo non ha nessun senso avere un costo nullo, se non si produce nulla. Anzi il costo reale viene quasi sempre taciuto, dato che non è il solo costo dell’impianto, col pannello solare o la pala eolica sempre più economici, ma pure i tre costi:
  • degli interventi necessari sulla rete elettrica, ora sottoposta a stress per i (troppo) frequenti picchi minimi e massimi di potenza immessa in rete, a volte anche con altri problemi connessi (es. le piccole variazioni di frequenza elettrica dei generatori eolici);
  • degli annessi impianti a gas e a batteria, necessari a compensare e a coprire i picchi minimi di energia, ovvero ad immagazzinarla durante i picchi massimi;
  • ripetendo quanto detto sopra, il kW installato in sé potrà costare quanto gli altri o anche meno, ma ce ne vogliono comunque di più a parità di energia.
Se siete scettici sul tema, ed è giusto che lo siate, guardate il famoso grafico dei prezzi dell’elettricità in Europa, e chiedetevi chi ha l’Energiewende (Germania) e chi invece oltre i due terzi di nucleare (Francia), fonte Eurostat:

Qualche media nei giorni scorsi ha provato a convincerci che, passando al 100% di rinnovabili, avremmo diminuito sensibilmente i costi energetici all’utenza(1). Peccato che invece, leggendo l’articolo fino in fondo, si scopra che tale risparmio sia dovuto esclusivamente al quasi dimezzamento dei consumi: a quel punto, conta pure poco come si produce l’energia. Anche sui posti di lavoro ci sarebbe molto da ridire, visto che pare che nessuno lavori con le altre fonti di energia (vi assicuro che, per alcuni, l’uscita dell’Italia dal nucleare a fine anni ’80 fu un evento tragico). La realtà è che invece alcuni mega-progetti rinnovabili si stanno dimostrando dei clamorosi fallimenti, anche se su di essi è calato il silenzio dei principali quotidiani: non un disastro mentre li si costruisce (ritardi e aumenti dei costi appartengono a tutti i grandi progetti), ma un disastro finanziario mentre sono operativi, con energia che dovrebbe essere praticamente gratis. Vedere Ivanpah(2)(3), la mega-centrale solare (termica) californiana. Disastro ampiamente coperto dai soldi dei contribuenti di tutti gli USA.

Il terzo equivoco è quello della sostenibilità ambientale e umana. Sorvolo sul trattamento sia dell’ambiente che dei lavoratori nelle miniere di terre rare ed altri materiali indispensabili alle rinnovabili, assumendo che in molte miniere di carbone od uranio le condizioni siano simili (anche se non è proprio vero). Sicuramente invece il carbone è più inquinante, ma contrariamente a quanto si pensi, non lo è il nucleare (scorie incluse – anche le rinnovabili andranno smaltite). Voglio invece concentrarmi sul consumo di suolo, tanto giustamente esecrato quando si parla di poco utili nuovi “capannoni” o case, quanto ingiustamente dimenticato quando si parla di impianti solari, eolici ed idroelettrici. Faccio un solo esempio, dalla lontana California. L’unica centrale nucleare rimasta nello stato, Diablo Canyon(4), ha una potenza installata di 2200MW ed occupa una superficie di 900 acri, cioè circa 3km2 e mezzo. La già attiva centrale solare (fotovoltaica) di Topaz(5) ha un fattore di capacità del 23% annuo, con 550MW installati su 25km2: avete letto bene, facendo i calcoli produce ogni anno ca. 1100GWh contro i ca. 4200GWh annui di un equivalente reattore nucleare, cioè praticamente un quarto dell’energia e occupando 27 volte la sua superficie! Se non vi basta, nel centro dello stato americano è progettata la costruzione della più grande centrale solare (fotovoltaica) del mondo, Westlands(6), da 2700MW su 24.000 acri: quasi 100km2. Avete letto bene: cento chilometri quadrati. E nonostante la potenza installata sia superiore, come già detto produrrà molta meno energia ogni anno (solo un terzo) della centrale nucleare di Diablo Canyon, ma occupandone una superficie 27 volte maggiore! Perdonate i punti esclamativi.

Veniamo ora al quarto equivoco, quello per cui la gran parte delle rinnovabili sembra essere solare ed eolico. In realtà non è affatto così: anche idroelettrico e biomassa mantengono un impatto rilevante, anzi il primo rimane la prima fonte rinnovabile. Per la seconda, sì, esatto, bruciamo legna e rifiuti per produrre elettricità, e la consideriamo pure una fonte rinnovabile (che in effetti è):

Il quinto equivoco è infine quello legato alla mobilità elettrica, su ben tre punti. Ben venga l’elettrificazione dei trasporti, se significa meno inquinamento ad esempio: ma è davvero così? Non sempre, infatti dipende da come viene prodotta l’energia, in molti casi la situazione rimane quasi costante, in qualcuno peggiora pure almeno per la CO2:

Si dirà che si può produrre l’energia con fonti rinnovabili: molto semplice a dirsi, quanto molto difficile a farsi, per non dire quasi impossibile. Sostituire il parco veicoli odierni con veicoli elettrici infatti implicherebbe quasi il raddoppio della produzione di energia elettrica, con uno sforzo finanziario ed industriale senza precedenti in pochi decenni; e probabilmente inutile, se il nucleare (a bassissimo impatto di CO2) non sarà la parte principale della soluzione. Infine una constatazione più terra-terra: le auto elettriche non solo hanno scarsa autonomia e lunghi tempi di ricarica (pur in miglioramento), ma hanno anche sollevato grossi problemi di sicurezza legati agli incendi(7). Questo per una buona ragione: l’energia in forma “fossile”, cioè petrolio e carbone, è anche altamente stabile e facilmente maneggiabile. Gli accumulatori elettrici, non solo non raggiungono la stessa densità di potenza, ma sono anche meno stabili; inoltre la ricarica veloce dei veicoli, con gli alti amperaggi implicati, aumenta il rischio di sovraccarichi termici o elettrici. La mobilità elettrica a batteria (fuori quindi da treni, tram e filobus) rimane la grande promessa del futuro, non ancora la realtà del presente, in attesa di grandi miglioramenti su questi punti.
In conclusione, se il nostro obiettivo è quello di decarbonizzare l’economia, è meglio farlo con criterio, utilizzando tutto il mix energetico senza puntare troppo su soluzioni ancora troppo incerte e sperimentali, escludendone altre di ormai rodate e ampiamente sicure; anche i tempi devono essere congrui alle tecnologie ed alle risorse finanziarie disponibili, senza “balzi in avanti” di tragica memoria. L’ambientalismo radicale ha dimostrato di essere inapplicabile in ogni campo; ma anche le derive populiste di certi governi sul tema, cavalcando paure poco razionali e progettando scenari tecnicamente e finanziariamente improbabili, hanno creato notevoli danni nel breve e nel medio periodo (sul lungo ancora non sappiamo, ma, come diceva un noto politico, saremo tutti morti). La storia della generazione elettrica in Italia nell’ultimo trentennio ed in Germania nell’ultimo lustro è lì a dimostrarlo: alti costi, grossi problemi, riduzione delle emissioni molto blanda se non inesistente al netto delle crisi economiche. Le soluzioni alternative ci sono, anche a livello europeo es. con grandi e nuove interconnessioni tra stati; basta non gettarle alle ortiche in nome di un cultismo neo-pagano ed irrazionale.
  1. http://www.repubblica.it/economia/2017/09/06/news/un_italia_a_energia_rinnovabile_farebbe_risparmiare_6_500_euro_a_testa_e_creerebbe_mezzo_milione_di_posti_di_lavoro-174683185/
  2. https://www.fool.com/investing/general/2016/04/02/how-a-22-billion-solar-plant-became-a-money-pit.aspx
  3. https://en.wikipedia.org/wiki/Ivanpah_Solar_Power_Facility#Fossil_fuel_consumption
  4. https://en.wikipedia.org/wiki/Diablo_Canyon_Power_Plant
  5. https://en.wikipedia.org/wiki/Topaz_Solar_Farm
  6. https://en.wikipedia.org/wiki/Westlands_Solar_Park
  7. https://www.technologyreview.com/s/521976/are-electric-vehicles-a-fire-hazard/
 

11 agosto 2017

6 minuti, una riflessione postuma su Charlie Gard


di Mattia Spanò

Il diavolo è nei dettagli. Come quello raggelante che racconta la madre di Charlie Gard, Connie Yates, al Daily Mail: “Ci avevano avvertito che ci avrebbe messo 5-6 minuti a morire. Ma ce ne sono voluti 12 perché il suo cuore smettesse di battere”. È stato il personale del Gosh ad avvertire i genitori. Sei minuti. Ma ce ne ha messi dodici.
Immaginate di avere un guasto alla macchina e di andare dal meccanico. Che questi facendovi un preventivo vi dica: ci vogliono tre giorni e 300 euro. Voi fate i vostri conti e dite: va bene, mi ripari la macchina. Dopo un po’ il meccanico vi richiama e vi dice: in realtà ci metterò sei giorni e la riparazione vi costerà 600 euro.
Oppure trovate un’offerta strepitosa per le vacanze. Capri all inclusive 1000 euro a settimana per quattro persone. Tutti giulivi prenotate e vi imbarcate armi, bagagli e marmocchi per la vacanza della vita. Arrivati a Capri vi dicono che in realtà potete restare tre giorni, e la vacanza vi costa 2000 euro perché non avete letto bene i termini dell’offerta, e se li avete letti non li avete capiti.
Da ultimo, immaginate di fare la spesa al supermercato. Avete 100 euro cash e buoni sconto per altri 100 euro. Felici e beati comprate solo quei prodotti dei quali avete i buoni e vi dirigete alla cassa, dove vi comunicano che i buoni, sbiellata la sonda e cazzata la randa, non sono validi. O spendete i 100 sacchi che avete fino all’ultimo centesimo, altrimenti la porta è quella.
I tre esempi citati, scialbi finché si vuole ma comunissimi, dicono la stessa cosa: errori madornali. Errori del 100%, come nel caso di Charlie. La non piccola differenza è che non muore nessuno.

Il personale qualificato del Gosh, l’ospedale londinese che aveva in cura il povero Charlie, ha sbagliato la previsione del 100%. Eppure trattasi di personale scientificamente e tecnicamente preparato, con tonnellate di letteratura medica disponibile e migliaia di tonnellate di corpi visti morire o curati. La sindrome patita da Charlie implica il deterioramento progressivo delle capacità muscolari: il cuore è un muscolo, e i polmoni funzionano grazie a muscoli e qualità meccaniche intrinseche. Un organismo aerobico complesso senz’aria, specie debilitato, muore più o meno rapidamente, ma non sopravvive il doppio del tempo previsto.

Si dirà che sei minuti in più sono un’inezia. Sono un’inezia se hai davanti quarant’anni di vita, per lo meno su base statistica. Anche se ne hai venti, o persino soltanto dieci, o appena due. Ma se hai un’aspettativa di vita di sei minuti – l’indicazione “5-6 minuti” implica uno scollamento del 20%, tutto sommato accettabile – altri sei minuti sono un’enormità.
Sono un’inezia se hai alcune funzioni fondamentali normali, non se hai i muscoli in pappa e una capacità polmonare ridotta come quella di un neonato. Sono un’inezia se hai vent’anni, non undici mesi. Sono un’inezia se sei seduto sul pitale a completare la peristalsi, non se stai soffocando.
Provate a pagare la rata del mutuo o della carta di credito un minuto in ritardo, un giorno in ritardo, una settimana dopo. O a versare le tasse il giorno dopo la scadenza del limite convenzionalmente ed unilateralmente stabilito. Siete in salute e produttivi, non moribondi. Né lo Stato né le banche vanno falliti e quel mese, quel giorno, quell’ora, quel minuto rapportati ad un mutuo trentennale o quarant’anni di contributi cosa sono? Un’inezia. Provate a spiegare alla banca o all’Agenzia delle Entrate “avevo detto che avrei pagato oggi alla scadenza, vi pago domani mattina”. Provate a sbagliare del 100% il tempo del saldo di un debito. Provateci. Sapete cosa succede? Che la pagate cara. Molto, molto cara. Eh signora mia: è la legge.

Giudicateli bene, quei sei minuti in più di Charlie. Perché uno Stato (e no, non prendiamoci in giro: lo Stato non sono io, non siete voi) che ogni due anni vi allunga la vita produttiva di uno-due anni prima della pensione per pagarvi il più tardi possibile, e che quando siete spremuti come limoni progetta di farvi secchi al primo malore utile per restituirvi il meno possibile dei soldi che avete dato, perché “soffrite” o perché ve la fate addosso e la vita “non è dignitosa”, o che se fate il postino e la donna delle pulizie e avete un figlio malato lo fa fuori per decreto di un giudice, bene: sappiate che è uno Stato di ladri e assassini. Prima ladri e poi assassini.

Guardateli bene, quei sei minuti in più di Charlie. Quelli del mestiere gliene avevano dati cinque o sei. Ha vissuto il doppio, cioè quanto o più di una persona normale impossibilitata a respirare. Aveva accettato di morire, aveva capito che una vita così non è degna di essere vissuta? Direi di no. Era così terminale, così spappolato nelle sue povere membra, così incurabile? Sembrerebbe di no. Soffriva tanto? Anche fosse, si è attaccato alla vita come una tellina ad uno scoglio.
Non voglio cadere nello sciocco dileggio della scienza medica e della scienza in generale, non è questo il punto. Tuttavia se l’esperto di turno, che sia un medico, un meccanico, un enologo che fa raccogliere l’uva una settimana troppo presto o troppo tardi, l’ingegnere che progetta il ponte che crolla e uccide chi passa in quel momento sbaglia la previsione del 100%, beh: Sgarbi saprebbe a quale sottofamiglia dei bovidi iscriverlo. La vita è fatta anche di errori, sviste, fallacie, imprudenze, equivoci, per qualcuno perfino di peccati a certificare quanto poco sappiamo, quanto niente capiamo, quanto bisogno abbiamo di Dio e di rimetterci alla Sua Volontà.
Pesateli bene, quei sei minuti in più di Charlie. Quando saranno i nostri, nelle mani di medici, parenti e magari servi sciocchi del Leviatano ebbri d’immonda disperazione, preghiamo di usarli al meglio.

 

25 luglio 2017

L'ombra del post-umano sul piccolo Charlie


di Paolo Barale

Da pochi giorni Charlie Gard e i suoi genitori sono cittadini americani. Così il Congresso degli Stati Uniti d'America ha deciso di stupire il mondo. È l'ennesimo colpo di scena, dopo l'incredibile mobilitazione di popolo, gli interventi del Papa e di Trump, che mostra l'entità della battaglia in corso tra nazioni, tra due sistemi sanitari, tra le eccellenze della ricerca e diverse idee sulla bioetica, sul diritto dei singoli.

La cittadinanza non poteva arrivare in un momento più significativo di questo, dato che per i Gard è stata una settimana cruciale. Il giudice dell'alta corte britannica, Nicolas Francis, colui che dovrà stabilire se il piccolo potrà andare oppure no negli Usa, per nuove cure, ha individuato tre passaggi prima di esprimere il verdetto finale, il quale non arriverà prima del 24 luglio.

Il primo di questi è avvenuto lunedì scorso. È arrivato a Londra, con dati nuovi e incoraggianti per i Gard, il dottor Michio Hirano, direttore del dipartimento di malattie neuromuscolari del centro medico università Columbia di New York, invitato dallo stesso giudice, dopo essersi confrontati in video conferenza giovedì 12 luglio. A fianco del dottor Hirano vi era anche Enrico Bertini, medico proveniente dal Bambino Gesù, uno degli ospedali che si sono messi a disposizione per accogliere Charlie. Successivamente, i medici del Great Ormond Street Hospital hanno tenuto il consulto tecnico-scientifico con lo specialista americano. Durante tale incontro ha partecipato anche la mamma del piccolo, Connie Yates, dopo che il legale della famiglia, Grant Armstrong ha fatto valere il diritto dei genitori a rimanere vicini al figlio, contro l'ingiusta opposizione dei medici, che non volevano la loro partecipazione. Infine, il terzo passaggio è avvenuto quando i genitori e i medici hanno definito i testimoni da ascoltare nell'udienza finale, che dovrebbe tenersi tra il 24 e il 25 venturi.

Che cosa è emerso? Nonostante il dottor Hirano insista sulla possibilità di un miglioramento per Charlie, grazie a un nuovo farmaco, i medici inglesi continuano a sostenere che per Charlie non esiste speranza e che continuare a fornirgli cure è accanimento terapeutico. Niente di più falso, giacché i motivi per continuare a sperare ci sono e prendersi cura della vita umana, soprattutto quando è debole, esentandola dal calcolo eugentico costi-benefici, come stanno facendo mamma Connie e papà Chris, e i molti loro amici, è civiltà. Quello dei medici del Great Ormond è “accanimento”, come quello del giudice Nicolas Francis e dei 4 gradi di giudizio, tre in UK, uno della Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, che attraverso verdetti hanno dato ragione ai medici in questione. Per il momento bloccati, merito di 'leoni' quali sono i coniugi Gard e della mobilitazione internazionale a favore della vita del loro piccolo.

Un accanimento ottuso contro il mistero della vita. Contro la possibilità che la vita, anche quella segnata dalla malattia, possa essere più forte di qualsiasi previsione tecnico-scientifica; di qualsiasi schema razionalistico. Accanimento che mostra tutta la sua intolleranza al favor vitae quando diviene la domanda che il giudice Francis ha rivolto ai genitori di Charlie: “Perché volete che vostro figlio viva?”

Come è già stato detto su autorevoli testate, come Tempi, La Verità, La Nuova Bussola Quotidiana, Vita Diocesana Pinerolese, sul sito della fondazione Europa Popolare e anche sulle colonne di questo piccolo ma vitale blog – e continuare a ribadirlo è usare bene il proprio tempo – la battaglia per Charlie è una battaglia per tutti, cattolici e non, purché non abbiano paraocchi ideologici; per me che scrivo, per voi che leggete, poiché prima o poi ci troveremo anche noi in una situazione delicata, in cui avremo bisogno di tenerezza e amore; per tutti coloro che sono malati, piccoli e grandi.

Per questo la Federazione Uniamo la sentenza sul bimbo inglese “segna fortemente il destino di tutti i piccoli” che nascono con patologie rare e complesse. Ed evidenzia come le malattie mitocondriali siano “molto poco conosciute e imprevedibili”. Ma la decisione di “porre fine alle sofferenze” di Charlie non tiene conto delle sue pur flebili possibilità offerte dalla ricerca in un campo ancora tutto da esplorare come quello delle malattie rare. Di fatti la Federazione italiana malattie rare ha fatto sapere di recente: “Molti bimbi con stessa malattia sono migliorati oltre ogni aspettativa medica”. E così, si può sottolineare, con maggior ragione, che il bimbo è intubato da più di dieci mesi: se soffrisse, il corpo non avrebbe già ceduto? Ma giudici e medici preferiscono altre domande, purtroppo; così oltre a non prendere in considerazione quanto riportato, si mostrano restii ad affidare Charlie agli ospedali, come il Bambino Gesù, che lo vorrebbero ospitare; anche se i suoi genitori sono in grado di badare a qualsiasi spesa per trasporto e cure, grazie alle tante donazioni ricevute: più di un milione di sterline, da oltre 85.000 sostenitori.

I Gard sono praticamente in ostaggio. Tale problema dimostra che qui, prima ancora che di scontro tra pro life e sostenitori dell'eutanasia, tra laici e cattolici, ancor prima della fiducia che si può avere o no nelle cure, si vede l'assurdità che si genera quando a tutti i costi, si diceva “accanimento ottuso”, si vogliono applicare rigorose procedure tecniche all'insondabile mistero della vita. La salute precaria del piccolo, sebbene presenti possibilità di miglioramento, non supera un certo test tecnico-scientifico, dei nuovi spartani/nazisti. Come se la scienza possa avere sempre l'ultima parola su tutto. Terribile!

Di conseguenza va in scena, sia nell'aula dell'alta corte britannica, sia nelle sale del Great Ormond, la tirannia della tecnoscienza, che fa credere a chi la impone, medici magistrati politici proprietari di multinazionali (per esempio, Facebook, Google, Microsoft), di essere demiurghi, divinità. Ecco il postumano che avanza. Per capire bene, si legga cosa asserisce il filosofo Vittorio Possenti all'interno della sua opera 'La rivoluzione biopolitica. La fatale alleanza tra materialismo e tecnica' (pagg. 130-132): “L'innegabile tendenza della tecnoscienza a pensarsi come un potere universale che si impone dovrebbe renderci ancora più attenti a che non venga minacciata la realtà stessa della società politica quale comunità di liberi ed eguali, regolata da diritto e giustizia, e che non prevalga al suo posto una nuova forma di assolutismo: quello tecnoscientifico, la biocrazia di Comte, intesa come dominio sulla vita e insieme dominio dei tecnoscienziati sulla società”. E poi l'autore afferma ancora: “Il rischio maggiore che la tecnoscienza presenta è di naturalizzare integralmente l'uomo, considerandolo infine un mero oggetto. Se la tecnica non può né trasformare l'essenza umana, né produrre la persona, può però trattare l'uomo come un oggetto naturale, e questo dipende dall'uomo stesso, non da supposte intenzioni della tecnica. Quando ciò accade, siamo molto oltre il progetto di Bacone secondo cui scienza e tecnica andavano intese come un aiuto fondamentale di ordine redentivo-restaurativo: “In seguito al peccato originale, l'uomo decadde dal suo stato e dal suo dominio sulle cose create. Ma entrambe le cose si possono recuperare, almeno in parte, in questa vita. La prima mediante la religione e la fede, la seconda mediante le tecniche e le scienze” (Bacone, Novume Organum, L. II, paragrafo 52). Oggi lo strumento di redenzione è divenuto padrone e la tecnica si è emancipata dalla religione. L'ideologia della tecnica favorisce tale distacco, come indicato nel mito di Prometeo. Questi, rubando il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, dà inizio all'interpretazione ideologica della tecnica come hybris antidivina. La connessione tra conoscenza e potere è andata oltre quanto preconizzato da Bacone. La democrazia costituzionale e rappresentativa è oggi chiamata a confrontarsi con un potere assolutamente non rappresentativo quale è quello della tecnoscienza, che non nasce da un'elezione”.
Prima accettiamo le parole pronunciate dal professor Possenti e meglio è per tutti noi, e sopratutto per Charlie Gard e i tanti bisognosi di amore e di cure. D'altronde, il grado di civiltà di una nazione si giudica proprio da come in essa vengono trattati i più deboli.
Per prendere sul serio le parole del filosofo e contrastare i pericoli da lui sottolineati, occorrono gesti ricchi d'amore ragione e di sana dissidenza: il prendersi cura della vita umana, sopratutto quando è debole, esentandola dal calcolo eugenetico costi-benefici, come stanno facendo mamma Connie e papà Chris Gard, e i molti loro amici, tra questi Papa Francesco e Trump è civiltà, altro che accanimento terapeutico!

Ovviamente, non si deve perdere la Speranza.

https://labaionetta.blogspot.it/2017/07/obice-lombra-del-post-umano-sul-piccolo.html

 

12 luglio 2017

Piccolo Charlie, non perdiamo la Speranza!


di Daniele Barale

Dopo aver negato ai genitori di potere portare Charlie a casa, o in un hospice o di concedere loro il weekend per permettere ad amici e parenti di salutarlo, i medici del Great Ormond Street Hospital di Londra avevano deciso di staccare i supporti vitali di Charlie venerdì 30 giugno. Poi il dietrofront, inatteso: «Si sono trovati d’accordo per darci più tempo», ha annunciato la mamma Connie Yates.

Merito sia del coraggio e della determinazione dei coniugi Gard, sia della mobilitazione di popolo che ha accompagnato e sostenuto loro e il piccolo; solidarietà che continua, ovviamente. Nelle ultime ore il clamore si è moltiplicato. Autorità civili, istituzioni come il Movimento Cristiano Lavoratori, gruppi come la squadra di CitizenGo, associazioni e soprattutto semplici cittadini da tutto il mondo hanno fatto sentire la loro voce. Persone cattoliche e non si sono mobilitate, e concretamente hanno messo in moto un'incredibile macchina della solidarietà. Telefonando facendo sit-in al Consolato e all'ambasciata britannica, su Internet, ma anche in piazza, nelle parrocchie per recitare il Rosario, come è successo a Torino venerdì 30 giugno, presso la chiesa del Cafasso. Ma non solo: a Charlie e ai suoi genitori sono stati donati più di un milione di sterline, per permettere le eventuali cure (lo si spera tanto) richieste negli Stati Uniti.

A tutto questo, si sono aggiunte la disponibilità generosa della Santa Sede dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma e della Comunità Giovanni XXIII. Ed è anche intervenuto il presidente degli Stati Uniti d'America: "Se possiamo aiutare il piccolo #CharlieGard, come i nostri amici in Gb e il papa, saremmo felici di farlo".

Papa Francesco per ben due volte ha manifestato la sua vicinanza al piccolo Charlie e alla sua famiglia. Quel venerdì ha mandato un post su Twitter, senza nominare direttamente il bambino: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”. Il 2 luglio è intervenuto più direttamente, nominandolo per nome e cognome: “Il santo Padre segue con affetto e commozione la vicenda del piccolo Charlie Gard ed esprime la propria vicinanza ai suoi genitori. Per essi prega, auspicando che non si trascuri il loro desiderio di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo”. E' intervenuta la Conferenza episcopale italiana, con un invito rivolto alla famiglia Gard da don Carmine Arice, Direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei e membro della Pontificia commissione per le strutture sanitarie: “Le strutture cattoliche, come il Gemelli o il Bambin Gesù, o altre strutture simili, sarebbero ben disposte ad accogliere questo fanciullo per potergli dare vita. Mi chiedo perché ci debbano essere dei luoghi nei quali, la vita quando è così fragile, non possa essere altrettanto curata e custodita?”. “Da parte della comunità cristiana non c'è solo una dichiarazione di solidarietà, c'è anche un intento concreto, per quanto permesso fare, di poter restare vicini a questa famiglia. E qualora chiedessero un aiuto più concreto, offrirlo”. E non sono nemmeno mancate le argomentazioni ricche di amore per Charlie del cardinal Elio Sgreccia, uno dei più autorevoli bioeticisti, a livello mondiale.

Tuttavia, mercoledì 5 luglio il ministro degli esteri britannico, Boris Johnson ha fatto sapere al titolare della Farnesina Angelino Alfano, che si è mosso per sollevare il caso e ribadire l'offerta dell'ospedale “Bambin Gesù”: E’ impossibile accogliere la richiesta dell’Italia di ricoverare il piccolo Charlie Gard all'ospedale “Bambino Gesù”, a causa di ragioni legali. Che sono le stesse del Great Ormond Street Hospital, ove si trova ricoverato Charlie Gard. Giustamente, ha sottolineato Alberto Gambino, giurista, ordinario di diritto privato all'Università Europea di Roma e presidente di Scienza & Vita: “Non comprendo quali siano le motivazioni legali addotte dal Great Ormond Street Hospital di Londra per non trasportare il piccolo Charlie in Italia presso il Bambin Gesù. Agli atti processuali, infatti il 21° statement della decisione dell’High Court of Justice statuisce espressamente che ‘Transporting Charlie to the USA would be problematic, but possible’”.

“Ciò indica inequivocabilmente che come è tecnicamente possibile il trasferimento di Charlie negli Usa, così lo può essere anche in Italia nella struttura ospedaliera Bambino Gesù”. "Sarebbe, del resto, davvero in contrasto con lo spirito tipicamente liberale anglosassone privare per motivi burocratici della libertà di circolazione e di cura un essere umano malato e costringerlo a morire nel suo luogo di residenza".

In questo modo si può capire che i medici del Gosh e i quattro tribunali con le loro sentenze di morte (Alta corte britannica, Corte d'Appello, Corte Suprema britannica, Corte europea per i diritti umani) hanno scatenato un potere violento sul piccolo Charlie e i suoi genitori. Aspetto inquietante della questione, che ha ben descritto Domenico Coviello, direttore del Laboratorio di Genetica Umana dell'Ospedale Galliera di Genova, durante un'intervista con Caterina Giojelli di Tempi: «La scienza non sa tutto. La storia di Charlie Gard è la storia di un potere violento, quello esercitato dalla scienza di fronte all’ignoto: la scienza che non sa, non può aiutare Charlie, si avvale della legge per eliminarlo, eliminare un problema. Ma nessun medico può arrogarsi il diritto di emanare un simile verdetto. Non può sospendere la vita di un bambino solo perché “non è possibile guarirlo”, perché non sa “se soffre”, perché non sa “quali effetti potrebbe avere una terapia sperimentale sul bambino”. Altrimenti si aprono scenari di onnipotenza sull'ignoto. Charlie Gard, stando alle conoscenze di cui disponiamo oggi, non si può guarire. E allora? Se non possono guarirlo, se la sua malattia è irreversibile – e questa pare essere l’unica certezza degli inglesi –, i medici si devono arrendere al loro compito che è quello di assistere il malato, fino alla fine. Non quello di accelerare l’esito finale e fatale della sua vita. I medici non sono demiurghi».

Così il dottor Coviello svela quale delirio di onnipotenza muove medici e giudici. Un delirio da “mondo nuovo” (Voeglin, Samek Lodovici, Chesterton docent), gnostico ed eugenetico, che attraverso la scienza medica e le sentenze pretende di manipolare il mondo la vita; decide quale vita merita di essere vissuta e quale invece è da considerare indegna. Non a caso, ciò che più sorprende è che la stessa idea di sottoporre Charlie ad un protocollo sperimentale di terapie nucleosidiche che si sta mettendo a punto negli Stati Uniti, proposta a più riprese avanzata dai genitori, è stata considerata inattuabile, meglio ancora “futile”, dai consulenti medici interpellati dai giudici.

La Speranza deve essere forte in noi, nonostante tale situazione, con i medici i giudici che appaiono troppo potenti, i media che appoggiano loro e squallidi politici come il radicale Silvio Viale, che ha perso l'occasione per mostrare rispetto e tacere: “L'ospedale Bambin Gesù offre la camera di tortura per conto della Santa Sede”. Nemmeno se proprio da pulpiti cattolici abbiamo sentito e letto parole che lacerano più della sentenza di morte annunciata su Charlie. Ad esempio, si potrebbe pensare alla scelta di Marco Tarquinio di ospitare su Avvenire Maria Antonietta Farina Coscioni, la quale ha definito la legittima difesa di Charlie da parte dei genitori come "atto di egoismo"; che il direttore ha definito pensoso e appassionato, utile a costruire un dialogo.

E' il caso di dire che di fronte a chi non vuole dialogare, i ponti del confronto senza respiro vanno fatti brillare. Sul giornale della Cei non deve esserci lo spazio per chi condanna il comportamento naturale e ragionevole, quindi giusto, dei genitori verso il proprio figlio.

In quest'epoca così barbarica in cui è facile buttare via le persone, non farle nascere, giacché “reificate” a causa di un pensiero mainstream totalitario, mortifero, i coniugi Gard hanno compiuto un gesto di sana dissidenza, tra i più grandi; che in tempi diversi sarebbe stato additato quale frutto di virtù, di buon senso comune, di civiltà. Gesto di eroico altruismo, paragonabile a quello degli eroi di certe fiabe saghe, i quali salvano i bambini dagli orchi cattivi. I coniugi Gard hanno fatto quello che ogni mamma e papà vuole e deve fare: desiderare che il proprio bambino viva! E questo non indica un egoistico allontanamento dalla realtà, ma il contrario: per loro la realtà non è un insopportabile fardello (come certo pensiero gnostico giuridico-culturale pretende), l’hanno affrontata con Speranza, anche se tutto sembrava suggerire il contrario.

Dunque, mamma Connie e papà Chris con la difesa del figlio non ricordano soltanto la potestà dei genitori sui figli, bensì pure che il rapporto papà mamma e figlio è “sacro”, non si tocca. I medici i giudici non possono sottrarre il bambino a loro, senza inciampare nella tirannia.

Asseriva sempre Chesterton: "La famiglia è il test della libertà, perché è l'unica cosa che l'uomo libero fa da sé e per sé”.

I genitori possono non sapere nulla della malattia e delle terapie sperimentali di Charlie, e si fa bene ad avvisarli; ma due cose sono certe: conoscono bene, più di qualsiasi esperto, chi è Charlie e che il suo bene non coincide con “la condanna a morte” per sentenza. Solo prima della venuta di Cristo si era così sbrigativi verso i piccoli considerati 'difettosi'. Siamo innanzi al ritorno del peggior paganeismo. Basterebbe saper stare ai fatti, oltre ogni falsificazione ideologica, per vedere che la storia umana è costellata di tante vite che la scienza aveva considerato spacciate, le quali hanno poi dimostrato il contrario, grazie anche alla temperanza di chi ha creduto in e pregato per loro. Bastarebbe andare a Lourdes per capirlo, come fece il premio Nobel per la medicina Alexis Carrel, il quale si convertì proprio per la guarigione inattesa di una donna. Non a caso è suo il detto: “Molto ragionamento e poca osservazione (si potrebbe dire ai giudici e ai medici inglesi) conducono all'errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”.

Solo che questo richiede la capacità di “Sperare contro ogni speranza” (San Paolo, Lettera ai Romani 4,18). Nemmeno Nando Broglio smise di sperare. Il vigile del fuoco morto la scorsa settimana, che per tre giorni e per tre notti, nel giugno del 1981, restò accanto al pozzo artesiano in cui era caduto il piccolo Alfredino Rampi (di 6 anni), per fargli compagnia, mentre i medici tentavano di nutrire il bambino con una sonda e gli speleologi più magri d’Italia si calavano nel buco, ci provavano, rischiando, senza calcoli.

Loro non smisero di Sperare, nonostante la gravità della situazione; anzi, non decisero di imperio di ucciderlo ma lo sostennero fino alla fine. E noi posti di fronte alle maggiori possibilità di Charlie: è ancora tra le braccia dei genitori, in diversi ospedali lo vogliono accogliere, dovremmo smettere di Sperare? Direi proprio di no, dato che pure la Federazione italiana malattie rare ha fatto sapere di recente: “Molti bimbi con stessa malattia sono migliorati oltre ogni aspettativa medica”. Inoltre, per la Federazione Uniamo la sentenza sul bimbo inglese “segna fortemente il destino di tutti i piccoli” che nascono con patologie rare e complesse. Ed evidenzia come le malattie mitocondriali siano “molto poco conosciute e imprevedibili”. Ma la decisione di “porre fine alle sofferenze” di Charlie non tiene conto delle “sia pur flebili possibilità offerte dalla ricerca in un campo ancora tutto da esplorare come quello delle malattie rare”.

Sperando contro ogni speranza, dobbiamo dire il nostro sì alla vita. Questa battaglia è da fare per Charlie e tutti i piccoli indifesi. In modo particolare lo possiamo capire noi cattolici, però, visto che la ragione non ci manca, perfino i non credenti possono arrivarci.
Lo faceva capire Charles Péguy quando parlava della Speranza “sorella piccola” di Fede e Carità, del padre come avventuriero più grande, il quale deve compiere grandi imprese per il bene della famiglia: la vita bambina rivela l’umano che c’è in noi. La vita indifesa, la vita bisognosa, la vita innocente. Perché è la vita di ciascuno di noi, la vita di cui, in fondo in fondo abbiamo paura. Perché un bambino è totalmente in balìa del padre e della madre: ed è bene che sia così, perché l’alternativa è il tribunale, l'ospedale, lo stato.

Quindi, continuiamo ad essere “l'Italia e l'Europa” che pregano, fanno veglie nelle chiese e nelle piazze, che scrivono e firmano lettere ai potenti, che fanno telefonate, che Sperano e credono nel cuore dell'uomo, perché in quel cuore risiede il desiderio del vero bene. Tutto questo è una delle prove che le persone insieme possono veramente fare qualcosa di bello buono e giusto per cambiare in meglio il corso della storia. Solo così l'Italia l'Europa potranno tornare ad essere civiltà della vita. Fari di Speranza nel mondo.

https://labaionetta.blogspot.it/2017/07/obice-piccolo-charlie-non-perdiamo-la.html

 

14 giugno 2017

Le radici medievali della scienza moderna

di Alfredo Incollingo

Il divulgatore e giornalista italiano Francesco Agnoli ci aveva magistralmente introdotto alle origini cristiane della scienza moderna. I suoi “Scienziati, dunque credenti: come la Bibbia e la Chiesa hanno creato la scienza sperimentale” e “Scienziati in tonaca: da Copernico, padre dell'Eliocentrismo, a Lemaitre, padre del Big Bang” sono due saggi da far leggere nelle scuole. E' giunta l'ora infatti di ribaltare tutti i pregiudizi laicisti sull'oscurantismo cattolico.

Ad aiutarci ad approfondire questo tema così dibattuto c'è il fisico inglese James Hannam con “La genesi della scienza: come il mondo medievale ha posto le basi della scienza moderna”. Sulla natura “medievale” del pensiero scientifico ce ne aveva già parlato un altro inglese, Edward Grant, nel volume della Einaudi (!!!) “Le origini medievali della scienza moderna”.

Il lavoro di Hannam si caratterizza per una maggiore dose espositiva che indaga minuziosamente gli autori e i contesti fondanti dell'epistemologia moderna. I “secoli bui” non furono poi così tetri e barbari. Si trattò di secoli di rinascite culturali ed intellettuali che seguirono la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e la conseguente decadenza della civiltà. “La genesi della scienza” è uno degli ultimi e più approfonditi studi di storia della scienza. E’ un percorso multidisciplinare che intende condurre il lettore alla scoperta di quei moventi intellettuali e teologici che stimolarono l'indagine scientifica intorno la natura e l'uomo.

Si avrà modo di conoscere i grandi nomi della filosofia naturale medievale, le università più celebri e coloro che per primi misero in dubbio la veridicità del “pensiero dei greci” (Aristotele), fino ad allora considerato un “dogma di fede”. E’ un viaggio affascinante che giustifica le quasi quattrocento pagine, voluminosità compensata da uno stile ironico e accattivante. E’ un saggio “controcorrente” che sfata molti pregiudizi e luoghi comuni intorno al medioevo, mostrandoci quanto di medievale c’è ancora nella scienza moderna.

 

03 aprile 2017

Per il «Corriere» il cervello è unisex. Ma è una bufala


di Giuliano Guzzo

«Certamente donne e uomini sono tra loro diversi – e va benissimo – ma per la diversa storia di cui sono portatori sin da bambini e quindi per il diverso percorso della loro formazione. Il cervello – fortunatamente – non fa la differenza». Si conclude così, senza lasciare il minimo spazio a dubbi, un articolo apparso sul blog del Corriere della sera secondo cui un importante studio scientifico sulle differenze tra il cervello maschile e il femminile (quello realizzato dal gruppo di ricerca di Madhura Ingalhalikar dell’Università della Pennsylvania) sarebbe sostanzialmente sopravvalutato rispetto alle sue reali conclusioni.

Ora, anche se non sono uno specialista di neuroscienze ho avuto modo di approfondire l’argomento e – a prescindere dallo studio in questione, comunque pregevole – trovo poco corretto lasciar intendere, come fa il succitato articolo e soprattutto il suo titolo, che il cervello non abbia sesso. Per una ragione semplice: perché non è vero. Tra uomo e donna, infatti, il cervello mediamente differisce per volume, peso, struttura, composizione, funzionamento, come illustro in un apposito capitolo di "Cavalieri e principesse", il mio nuovo libro da giovedì in libreria. Poi è chiaro: le conclusioni di ogni ricerca vanno prese con cautela.

Tuttavia, ripeto, la tesi secondo cui il cervello è asessuato risulta insostenibile e smentita quotidianamente. Per esempio, una recentissima ricerca, uscita ironia della sorte poche ore dopo l’articolo del Corriere – e pubblicata sul prestigioso Journal of Neuroscience – pare aver scoperto il motivo per cui, in genere, i pazienti di sesso femminile esigono dosi più elevate di morfina per beneficiare dello stesso sollievo di quelli di sesso maschile; un motivo legato, secondo lo studio – a cura di Anne Murphy della Georgia State University -, alla diversa attività, nel cervello femminile, di alcune cellule nelle regioni di elaborazione del dolore.

Si tratta di una ricerca che non presenta implicazioni sociali, ovvio, ma che confluisce in un ramo della letteratura già molto robusto. E che al Corriere fingono di ignorare, rilanciando pure la tesi – questa sì tutta da dimostrare – secondo cui se uomini e donne sono differenti è solo «per la diversa storia di cui sono portatori sin da bambini e quindi per il diverso percorso della loro formazione».  In pratica, maschile e femminile sarebbero solamente un prodotto culturale, dovuto al «percorso di formazione» che tocca ad ciascuno, venuto al mondo, se ne deduce, con cervello unisex e privo di identità sessuale. Che dire, sempre bello constatare come l’ideologia del gender non esista…

https://giulianoguzzo.com/2017/03/27/cavalieri-e-principesse/

 

18 gennaio 2017

Il nuovo avanzato (e avariato)


di Riccardo Zenobi

Dopo Leonardo Boff, il quale dopo la teologia della liberazione si è convertito all’ideologia ecologista di stampo panteistico; dopo Walter Kasper, il quale nel precedente pontificato era stato messo in un angolo e si è dato alle cospirazioni e agli intrighi (ahinoi con successo); e dopo la filosofia religiosa di Rahner, ossia la supercazzola elevata a mezzo per la conversione della Chiesa all’hegelismo pre e post marxista; dopo tutta questa roba che era già obsoleta 40 anni fa, ecco un’altra novità del secolo scorso, accantonata da almeno 30 anni per pura pietà, che ritorna sulla scena grazie al pontificato innovativo e progressista di marca argentina: Paul Ehrlich.

La notizia è da poco uscita sul blog di Valli, il quale nutre “alcune perplessità” sulla levatura intellettuale di questo giovane 85enne, il quale negli anni ‘60/’70 ha provato a fare il profeta del disastro ecologico, ma con scarsi risultati. Di fatto, come riportato nel post linkato, tutte le sue previsioni sono risultate balle clamorose, e se uno aprisse oggi un qualunque suo trattato si metterebbe a ridere; ma visto che qualcuno lo prende sul serio, capirebbe che la situazione è grave.

Oltre all’ecologismo, che sconfina spesso e volentieri nello spiritualismo panteistico di stampo new age, che quindi non ha nulla di cristiano, questo “esperto” le cui previsioni sono balle parlerà dal pulpito del Vaticano – da lui considerato una organizzazione criminale, oppressiva, etc. – per insegnare la sua ideologia; la quale prevede la sterilizzazione di massa per evitare che la “bomba demografica” esploda. Sono 50 anni che questa bomba esploderà “nei prossimi anni”, un po’ come nella famosa battuta che recita “domani ti pago”.

Non credo che su questa vicenda occorrano altri commenti. Resta solo l’amarezza di notare che in Vaticano ritengono “progressista” un’agenda ideologica di 50 anni fa. Se questo è il progressismo, meglio il tradizionalismo: meglio la Verità Eterna e Cristiana di una moda culturale marxista obsolescente.

 

15 novembre 2016

Fede, misticismo e scienze naturali in Sant'Alberto Magno


di Alfredo Incollingo

Nessun ordine monastico come i domenicani o i francescani sono stati così forieri di santi. La santità e il carisma di San Domenico di Guzman e di San Francesco d'Assisi sembrano aver contagiato i loro confratelli, anche nei secoli successivi.
San Tommaso d'Aquino, Sant'Alberto Magno, San Pio V e poi Santa Caterina da Siena hanno indossato l'abito domenicano in tempi diversi, ma sempre adempiendo con scrupolo alla vocazione religiosa e intellettuale della famiglia monastica. Non dobbiamo dimenticare che San Domenico, pur vivendo in povertà, era un fine intellettuale alle prese con i catari e le varie sette eretiche che minacciano l'intera cristianità. Dopo di lui schiere di domenicani hanno insegnato nelle principali università europee e hanno contribuito notevolmente allo sviluppo della filosofia e della scienza moderna.

Come vedremo, è impossibile parlare della storia del cattolicesimo (e della scienza) senza citare Sant'Alberto Magno, che è anche Dottore della Chiesa Cattolica, secondo il volere di papa Pio XI nel 1931. Nato in Germania intorno al 1200, si trasferì in Italia per continuare i suoi studi liberali a Padova. Nel 1223 entrò nell'ordine domenicano, perché rimase affascinato dal carisma dei frati di San Domenico ascoltando le omelie del beato Giordano di Sassonia, secondo maestro generale dell'ordine. Sant'Alberto Magno non ebbe solo scrupoli filosofici e scientifici, perché la sua fede era grande e sincera: nonostante i benefici che gli derivavano dai suoi tanti incarichi di prestigio (insegnò a Parigi e a Colonia, fu vescovo di Ratisbona e ottenne molti ruoli di rilievo all'interno dell'ordine domenica), scelse ormai in tarda età e affaticato da tanto lavoro intellettuale di dedicarsi totalmente a Dio, isolandosi dalla mondanità che lo circondava. Morì a Colonia il 15 novembre 1280 e venne canonizzato solo nel 1872 con grande apprensione dei vescovi tedeschi.

Dopo San Tommaso, Sant'Alberto Magno fu probabilmente il filosofo e il teologo più importante della storia medievale e uno dei più eccelsi della storia della Chiesa. L'aquinate fu un suo allievo e insieme portarono a compimento una rivoluzione nel pensiero filosofico occidentale!
Perché è definito il “Doctor Universalis? Perché nel 1941 San Pio XII lo proclamò “patrono delle scienze naturali”? L'opera filosofica di Alberto Magno rappresenta un momento di rottura con il passato: dopo di lui infatti la filosofia intraprese strade nuove e “moderne”. Il suo grande merito fu di aver facilitato l'integrazione del pensiero greco con la tradizione cristiana, un confronto iniziato nei primi secoli dell'era cristiana, ma mai giunta ad una conclusione definitiva prima di lui.
Sant'Alberto dimostrò la razionalità e la positività del pensiero greco, riconoscendo in Aristotele il campione della ragione. Era possibile conciliare ragione e fede, secondo Alberto Magno, perché la scienza non ostacolava l'anima nella ricerca della sua sorgente primaria, cioè Dio. Entrambe tentano di carpire la divinità, ma lo fanno con metodi diversi: la ragione scrutando il mondo visibile e la fede tramite la rivelazione di Dio nell'interiorità umana. A differenza di Sant'Agostino il santo tedesco riconosceva la differenza e l'autonomia della fede e della ragione, che operavano in sfere d'interesse diverse: la prima le questioni religiose e divine, la seconda la natura e la materia. Allo stesso modo la filosofia (intelletto) e la teologia (fede) erano discipline indipendenti nell'indagine, pur facendo parte comunque dello sistema gnoseologico.
E' possibile a questo punto tirare le somme della breve disamina su Sant'Alberto Magno, facendo tre osservazioni che riassumono ulteriormente il suo pensiero: in primo luogo si può cogliere nel domenicano l'importanza della scienza naturale e la sua autonomia d'indagine che è comunque conciliante con la teologia; in secondo luogo, a differenza di molti teologi e filosofi moderni, anche cattolici, la fede e la ragione sono due “sorelle” che amano lo stesso padre, con personalità molto diverse (nessuna gelosia e nessun odio tra loro); in terzo luogo si è parlato di una doppia anima della sua riflessione: una mistica, sviluppata dal suo allievo Maestro Eckart, e una teologica – naturalistica, ripresa da San Tommaso d'Aquino. Sono questi i due percorsi della teologia cattolica, che faranno la loro comparsa costantemente nella riflessione su Dio dal medioevo fino ai nostri giorni.

 

23 agosto 2016

Come parlare del matrimonio gay ai bambini?


di Manlio Rossi

Tra le cose più tristi che esistono per un genitore c’è forse proprio quella di dover spiegare e in qualche modo giustificare dinanzi ai propri figli l’esistenza del male nel mondo. Tuttavia il male, inteso come assenza di bene, rende in qualche modo l’universo più diversificato e complesso e in ultima analisi più bello e armonioso, come insegna ripetutamente Tommaso d’Aquino nelle sue opere.
Ovviamente la carenza di bene che egli riscontra nella creazione, e che permette la diversificazione infinita degli enti, non legittima l’uso cattivo della libertà, donataci per seguire Dio e la verità, e non per peccare.
D’altra parte da molti mali derivano inopinatamente dei beni eccelsi, e proprio dalla ingiustissima uccisione del Figlio di Dio venne il bene sommo e immeritato della Redenzione dell’umanità. Così come dalla persecuzione subita dai santi e dai martiri nasce l’esempio: di pazienza, di eroismo, di fedeltà fino alla morte...
Ovviamente tutti gli uomini, e quegli stessi uomini in potenza che sono i bambini, intuiscono prima o poi, la presenza nel mondo di un Principio guida che si esplica attraverso numerose leggi morali che possono essere trasgredite, ma non mai negate.
Tra esse la legge della riproduzione e della famiglia, o se si vuole la legge dell’amore è una delle più note universali e benefiche tra quelle instillate dal Creatore nel cuore degli uomini, e fatte le debite proporzioni, negli stessi animali.
L’approvazione di leggi sul matrimonio gay e l’adozione di minori da parte di queste nuove “famiglie” (concetto questo che dovrebbe fare orrore mentre lo si pensa) di positivo ha ben poco e di nefasto moltissimo. Come positività riscontriamo anzitutto questa: la legittimità delle democrazie laiche d’Occidente, e a termine di tutti i paesi che sovvertono la base etica dell’umanità, è profondamente messa in forse dall’abiezione e dalla violenza contro natura, e la comprensione di ciò da parte di molti, finora ingabbiati in uno sterile moderatismo, è un bene vero.
Ma non basta lamentarsi. Bisogna lottare. E formarsi per una lotta impari certo, ma sicuramente giusta, legittima e che dà molta consolazione al Cielo, offeso e irritato dalla esaltazione planetaria di atteggiamenti “contrari alla legge naturale” e di una inclinazione, a dir poco, “oggettivamente disordinata” (Catechismo della Chiesa cattolica, 2358).
Lo psicoterapeuta olandese Gerard van den Aardweg (1936) è oggi in Europa uno dei più grandi specialisti per la cura delle persone omosessuali, oltre a rappresentare un punto di riferimento internazionale per gli studi su omosessualità e pedofilia. In lingua italiana sono stati pubblicati due suoi importanti saggi: “Omosessualità e speranza” (Ares, 1999) e “Una strada per il domani. Guida all’autoterapia dell’omosessualità” (Città Nuova, 2004).
L’ottimo editore Solfanelli ha ora pubblicato un volumetto di sintesi che raccomandiamo vivamente ai lettori per la chiarezza dell’esposizione, la ricca documentazione scientifica e la visione non solo medica e psichiatrica dell’omosessualità, ma anche etica e sociale (G. van den Aardweg, La scienza dice NOL’inganno del matrimonio gay, Solfanelli, 2016, pp. 170, € 12).
Nella sua valida presentazione, il professor Paolo Pasqualucci, già ordinario di Filosofia del Diritto a Perugia, fa notare i punti di forza delle ricerche del dottor van den Aardweg e la sua originalità. Alla luce dei risultati del medico olandese appare chiaro che in nessun uomo “esiste un orientamento (…) omosessuale naturale, cioè innato” (p. 7). Esso sorge sempre a causa di patologie psichiche e di problematiche esistenziali vissute nell’infanzia e nell’adolescenza. “Nessuno scienziato è mai riuscito a dimostrare l’esistenza di un gene gay né di un cervello gay, nonostante i ripetuti tentativi di ricercatori a loro volta gay dichiarati” (p. 7). I rapporti amorosi tra omosessuali vengono analizzati attraverso documentatissime ricerche e per le ammissioni degli stessi gay o ex gay essi risultano segnati da caratteristiche quali “l’immaturità, l’egoismo radicale, il narcisismo, l’indifferenza morale” (p. 9).
Dopo aver ricordato il duplice NO all’omosessualità e tanto più al matrimonio gay da parte di Dio (e di tutte le religioni) e della natura, van den Aardweg insiste giustamente sulla terza fondamentale negazione: anche la scienza dice NO! Per lo meno la scienza obiettiva e non la pseudo “scienza gay” riconducibile “a un sistema di propaganda e [a] uno strumento politico” molto efficace (p. 27).
Lo psichiatra olandese chiama i suoi lettori alla resistenza verso una “ideologia realmente pericolosa”: “essa potrà provocare drammi ancora più vasti se non verrà fermata in tempo” (p. 28). D’altra parte, “molte persone non sono consapevoli del radicalismo occulto dei movimenti per i diritti dei gay; non sanno che la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso non è ciò che sembra, non si rendono conto di venir raggirate” (p. 27).
Nel primo capitolo si fa stato di una verità negata: “le cause fisiche ossia naturali, biologiche dell’omosessualità non sono state trovate” (p. 31). Segno che non si tratta di “una variante innata della sessualità” (p. 32). E’ altresì evidente che “c’è qualcosa che non funziona bene quando una persona, dotata di un integro apparato anatomico e fisiologico finalizzato alla procreazione, non sente alcuna attrazione per il sesso opposto, in contrasto col 95% del resto della popolazione” (p. 34).
Tutte costatazioni ovvie ma che una intera classe scientifica sottomessa ai diktat dell’Unione Europea e delle lobby vorrebbe censurare, danneggiando in primis proprio gli omosessuali i quali, se vanno capiti e compatiti, vanno pure aiutati a superare la loro condizione, e non ad accettarla. Molti omosessuali infatti ritrovano la via della normalità e si sposano, come nel celebre caso di Luca di Tolve (cf. Ero gay, Città Ideale, 2015).
Uno storico ha scritto che “Nessuna società ha mai accettato l’omosessualità come modo di vivere da preferirsi. In nessun luogo l’omosessualità o la bisessualità sono [stati] considerati in sé auspicabili. In nessun luogo i genitori affermano: non mi importa se mio figlio è eterosessuale o omosessuale” (cit. a p. 34). La costatazione rincuora certo, ma oggi, dopo decenni di crescente lavaggio del cervello, iniziato dal fatidico ’68, c’è da temere che essa sia effimera e anzi già se ne vede il tramonto. Esistono certamente difatti, e non sono pochissimi, i genitori che si farebbero un vanto di avere un figlio gay, così come pare bello avere un amico gay, un insegnante gay, un maestro di vita gay, sicuramente dolce, affidabile, comprensivo, aperto, non violento, santo come nella migliore agiografia quotidianamente propalata dai mass media…
Ma torniamo ai fatti. Nel 2009 il presidente Obama, forse il peggior presidente della storia non luminosa degli Stati Uniti, ha invitato alla Casa Bianca 250 leader gay e ha premiato un loro rappresentante di nome Kameny “per la sua aperta battaglia per il riconoscimento della normalità e della bontà morale” dell’omosessualità (cf. p. 36). Piccolo particolare ignoto ai più: “Dopo la morte di Kameny nel 2011, la sua casa è stata inserita nel National Register of Historic Places, i suoi scritti archiviati nella Biblioteca del Congresso e il suo bottone gay is good è stato messo in mostra nell’American Museum of History (…). Kameny affermava: Godiamoci sempre più migliori e ulteriori perversioni sessuali, qualsiasi sia la loro definizione, tra un numero sempre maggiore di adulti consenzienti […]. Se i rapporti sessuali con animali consenzienti [sic] fanno felice qualcuno, lasciamogli ricercare la sua felicità” (p. 36, n. 7).
Ma cos’è allora l’omosessualità dal punto di vista scientifico?
Per il medico olandese se “il tratto omosessuale non è innato ma acquisito”, esso deriverebbe “da un’insufficiente identificazione di genere, cosa che porta all’isolamento dai compagni dello stesso sesso” (p. 47). Di solito, “la figura paterna, maschile, ha avuto un ruolo troppo piccolo nello sviluppo della personalità del ragazzo e quella materna, femminile (…) nello sviluppo della ragazza” (p. 47). Questo spiegherebbe pure l’aumento odierno dell’omosessualità letta dai propagandisti della sinistra come la prova della fine dei tabù e l’inizio della liberazione sessuale. Invece, è a causa del divorzio e dell’assenza di una figura genitoriale stabile, se non di entrambe, che si ha prima l’allontanamento dal gruppo dei pari (coetanei e co-generi) e poi l’esplosione della devianza.
Van den Aardweg parla dell’importante “dimensione della mascolinità e della femminilità nella personalità” (p. 48), specie nella formazione adolescenziale e pre-adolescenziale. Ma forse è proprio per questo che la devastante ideologia del gender vuole cancellare ogni minima distinzione tra i sessi, colorando a forza le unghie dei maschietti e impedendo alle bambine di identificarsi con le principesse e le fate. Gli ideologi del gender fanno di tutto per avere più gay tra i giovani, così come le femministe spingono la donna ad abortire: tutto è collegato come insegna Papa Francesco…
Il concetto di immagine di sé è qui cruciale”: “Gli uomini gay hanno una percezione limitata della loro mascolinità. Le donne lesbiche hanno una percezione limitata della loro femminilità” (p. 51). Guai quindi a quei genitori ed educatori che annientano forzosamente le differenze naturali e sociali tra i bambini: le gonne, gli anelli, gli smalti, le capigliature e gli sport, sono importanti proprio perché distinguono e quindi identificano. Ma chi odia l’identità stabile e certa fa di tutto per rendere l’essere umano strano e confuso (queer).
La vita vissuta delle coppie gay è trattata dettagliatamente nei capitoli 4, 5 e 6, e preferiamo, per pudore, non riportare nulla onde non scandalizzare i più innocenti tra i lettori. In ogni caso le testimonianze di gay di mezz’età (uomini e donne), a volte malati di Aids o comunque pentiti della loro vita sballata e senza freni, valgono più che tutti i fasulli gay pride dell’universo
Le parole di un attivista gay (a priori da credere poiché secondo la vulgata il gay non mente mai) sono quelle che sinteticamente dicono di più a tutti noi che vogliamo vivere lottare e morire per la verità, per la normalità, per il benessere e la pace nel mondo: “Combattere per il matrimonio tra persone dello stesso sesso e per i suoi privilegi e poi, una volta che esso sia stato concesso, ridefinire completamente l’istituzione del matrimonio, rivendicare il diritto di sposarsi non come un mezzo per aderire ai codici morali della società bensì per sfatare un mito e alterare radicalmente un’istituzione arcaica” (cit. a p. 75). Ecco la ragione del legame profondo tra omosessualismo, progressismo, femminismo, veganismo, liberalismo e individualismo contemporaneo.
Secondo l’Autore, il matrimonio gay è “il primo passo verso la legalizzazione della poligamia” (p. 74) e così sta avvenendo un po’ ovunque, Italia compresa.
L’ultimo capitolo, il dodicesimo, conclude la pregevolissima esposizione, chiedendosi: “Cosa accadrà dopo la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso?” (pp. 147-151).
Le conseguenze più immediate, già visibili in paesi precorritori come l’Olanda, il Canada o la Spagna, sono queste: l’adozione di infanti da parte dei gay, l’indottrinamento scolastico dei bambini sui vari matrimoni possibili e le varie famiglie legittime (la più arcaica delle quali è proprio quella biblica formata tra uomo e donna…), l’introduzione di leggi che colpiscano la cosiddetta “omofobia” ossia la preferenza dell’eterosessualità al vizio, l’apertura logica verso la poligamia, la poliandria e la pedofilia (attraverso l’abbassamento costante dell’età del consenso sessuale), la distruzione delle legislazioni pro famiglia, la proibizione della vera scienza psichiatrica sulle devianze e le perversioni, il divieto della cura dell’omosessualità, auspicata invece da un numero crescente di gay distonici, etc. etc.
Che dire quindi ai nostri figli circa i matrimoni gay? In proporzione con la loro età, saper cogliere l’occasione, fornitaci dal diavolo, di far luce sul male, la sua diffusione e la sua pericolosità; ma anche parlar loro della bellezza, della grandezza e la nobiltà del bene il quale, malgrado tutte le caricature e le menzogne ideate dal Sistema, coincide con il vero amore sponsale e con l’unica famiglia voluta dal Creatore.