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09 febbraio 2018

Quei grandi scienziati che furono anche preti…

di Fabrizio Cannone

Gli studiosi Francesco Agnoli, apologeta cattolico e collaboratore de La Verità e Andrea Bartelloni, medico chirurgo, hanno curato la nuova edizione, appena uscita, di un ottimo saggio che farà appassionare i lettori più curiosi. Il libro si presenta come piccolo di mole, ma è molto proficuo per tutti coloro che si interessano al rapporto di incontro reale (ma di scontro apparente) tra fede e scienza (cf. F. Agnoli, A. Bartelloni, Scienziati in tonaca . Da Copernico, padre dell’eliocentrismo a Lemaître, padre del Big Bang , La Fontana di Siloe, Torino 2018, pp. 162, € 14.50).
La fede (cattolica) è chiaro a tutti che cosa sia, sebbene contenga sempre una dimensione di mistero e di irriducibilità alla definizione: l’adesione, piena e libera, dell’intelletto e della volontà ai contenuti della Rivelazione divina.

La scienza da parte sua è assai meno chiara e meno univoca come comprensione. Ad esempio, il Vocabolario della lingua italiana della Zanichelli (edizione del 1994) contiene molte definizioni del lemma scienza, a volte in netto contrasto tra loro. La scienza sarebbe: “Conoscenza, cognizione”, ma anche “Conoscenza esatta e ragionata che qualcuno ha grazie allo studio, all’esperienza, all’osservazione”. Oppure: “Complesso dei risultati dell’attività speculativa umana volta alla conoscenza di cause, leggi, effetti e intorno ad un determinato ordine di fenomeni, e basata sul metodo, lo studio e l’esperienza”. O anche: “Insieme di discipline aventi tra loro caratteri di affinità: scienze storiche, sociali, fisiche, filosofiche, politiche, economiche ”, le quali però non sono basate per forza sull’esperienza, né su un metodo unico, né tra loro hanno molto in comune, etc. Un altro senso, sempre per il Vocabolario, è questo: “Insieme delle discipline fondate essenzialmente sul calcolo e sull’osservazione, come matematica, fisica, chimica, scienze naturali, astronomia”.
Dunque quando si parla in nome della Scienza, la prudenza è d’obbligo. Peccato che il laico Zanichelli non faccia alcun riferimento alla scienza per eccellenza, ovvero alla sacra teologia, regina e madre di tutte le scienze (cf. San Tommaso d’Aquino, Se la dottrina sacra [o teologia] sia una scienza, in S. Th. I, q. 1, aa. 2-4; Idem, Se la dottrina sacra sia superiore alle altre scienze, in S. Th. I, q. 1, a. 5).

Insomma viene da ridere quando nel contesto della contemporaneità liquida e decadente, la quale ha elevato l’istinto come principio fondamentale (a danno della cultura e del sapere), ci si sente dire dall’uomo della strada, o dallo studentello imberbe, che: “la Scienza ha dimostrato che Dio non esiste”; “la Scienza è certa e dimostrata, la religione no”; “io sto dalla parte della Scienza (moderna) e non della fede (antica)”. E c’è pure chi ha ricevuto da Dio, come penitenza sicuramente meritata, quella di dover ascoltar ogni giorno tali sapienti litanie...
Che la religione (cristiana) non sia provata resta però discutibile e può essere deciso solo se si chiarisce prima il senso e la portata della prova che si vuole avere. Il miracolo per esempio prova benissimo la sospensione di una legge naturale, e tale sospensione si deve ragionevolmente collegare all’Autore stesso della legge. Giovanni Paolo II fece un lucido discorso che aveva per titolo e per oggetto “Le prove dell’esistenza di Dio” (Udienza generale del 10 luglio 1985). Dio infatti non è evidente, ma è dimostrabile.
Gesù Cristo poi è stato visto e toccato da molti in Palestina: la sua vita, la sua dottrina, i suoi miracoli strepitosi attestano e comprovano certamente la sua divinità. “Tutta la vita di Cristo è rivelazione del Padre” (CCC, 516).

Se l’esperienza personale vale come prova tutti coloro che hanno visto l’invisibile hanno avuto una prova del mondo di lassù. Ma dalla visione di Cristo risorto, fino alle centinaia di apparizioni mariane della storia, non mancano le prove dirette, benché non ripetibili a piacimento, della Sua esistenza… D’altra parte non si deve credere solo per esperienza diretta, ma anche per induzione, deduzione e testimonianza. Sennò ci si condanna all’ignoranza più crassa.
La scienza poi è sempre e in tutte le sue affermazioni provata? Non pare. Ci sono delle verità previe nelle scienze matematiche che sogliono chiamarsi verità indimostrabili, e che si usano come punti di appoggio per la deduzione di nuove verità. Ma se sono indimostrabili, come possono essere provate? Come provare per esempio che in un cerchio, di qualunque diametro, vi siano infiniti punti? Solo ammettendo che il punto sia senza dimensioni: ma pure questa è una verità puramente convenzionale, eppure usata come base di ragionamento. E l’infinità dell’universo? Se l’universo è infinito esso non può essere totalmente misurato, poiché non può essere circoscritto. Ma allora come provare, scientificamente, che sia infinito? A volte basta la logica per de-dogmatizzare il mito dell’infallibilità della Scienza!

Uno scienziato laico, editorialista del Corriere della Sera, ha ammesso tranquillamente ciò: “La scienza non può fornire certezze assolute, non è assolutamente in grado di dare un senso all’esistenza e non possiede ricette per la felicità degli individui o dei popoli” (Edoardo Boncinelli, Il posto della scienza, Mondadori, 2004, p. 12).
Ma certi scientisti lo dimenticano e tutti giulivi asseriscono: “IlBig Bang ha creato tutto (non Dio!)”. Ma il Grande Scoppio non si può ripetere (in laboratorio), né vedere a occhio nudo, né documentare ora. Resta dunque una mera ipotesi non falsificabile, secondo i criteri di Popper. L’uomo deriva dalla scimmia? “Se non vedo non credo” dice l’ateo per cancellare Dio. E l’evoluzione scimmia-uomo chi l’ha vista e chi l’ha misurata?
“Se consideriamo scientifico solo ciò che è singolarmente riproducibile e verificabile in laboratorio, la teoria dell’evoluzione non sarà mai una teoria scientifica in senso stretto” (E. Boncinelli, op. cit., p. 51).

E la nascita dell’universo datata 13 miliardi di anni fa? Ma se non c’era il sole né la terra, né le stelle come calcolare il tempo preciso che è trascorso? Andando a ritroso a partire dalla velocità attuale dell’espansione dell’universo, dicono… Ma chi può sapere che questa velocità sia rimasta costante in 13 miliardi di anni? Se c’è stato un Big Bang poi, ce ne possono essere stati mille, o… nessuno!
Insomma, non solo la Chiesa e la fede non sono contrarie alla scienza, ma tra gli scienziati più illustri, come noto, si contano moltissimi credenti (come Galileo, Keplero, Newton, Volta, Maxwell, Marconi, Gödel, Zichichi, etc.). E’ meno noto però il gran numero degli scienziati-preti, come quelli studiati dal duo di cui sopra. Nicola Oresme (antesignano di Copernico), Niccolò Copernico (ideatore dell’eliocentrismo), Leonardo Garzoni (alle origini del magnetismo), Benedetto Castelli (capofila della scienza idraulica e intimo di Galileo), Bonaventura Corti, Giovan Battista Venturi e Jean-Baptiste Carnoy (fondatori della citologia), il terziario francescano Luigi Galvani (alle origini delle neuroscienze), Alberto Magno e Andrea Bina (sismologia e meteorologia), Gregor Mendel (genetica), Timoteo Bertelli (micro-sismologia), Georges Lemaître (ipotesi del Big Bang). E molti altri, che furono dei precursori in tanti rami dello scibile umano.
Inoltre è la nostra antica e gloriosa terra italica che, anche nel campo delle scienze naturali, oltre che in quello delle arti e della santità, detiene il primato tra tutte le regioni del pianeta.
Conclude il volumetto – da diffondere a piene mani specie tra quelle di chi sproloquia in nome della Scienza – una duplice intervista fatta a due sacerdoti-scienziati di oggi, don Giuseppe Tanzella-Nitti (astronomo) e don Alberto Strumia (matematico).

(pubblicato anche su Luce di Maria)
 

06 luglio 2017

Una sistematica apologia del cristianesimo

di Domenico Bonvegna

Stiamo vivendo tempi dove si assiste a veloci mutamenti, basti pensare soltanto alle folle di immigrati che premono sul nostro continente. Pertanto questo è il tempo per leggere e studiare saggi che riguardano la storia come si sono costruite le civiltà e come sono finite. A questo scopo risponde il sussidiario storico che ci ha offerto qualche anno fa il giovane giornalista, Francesco Agnoli: “Indagine sul Cristianesimo”, dall'indicativo sottotitolo:“Come si costruisce una civiltà”, edizioni Piemme (2010).

Il testo è stato ripubblicato nel 2014, da “La Fontana di Siloe”, un marchio della casa editrice Lindau. Si tratta di un appassionante viaggio storico su come si è sviluppato il Cristianesimo e soprattutto come ha edificato la civiltà europea. Certo l'autore non fa un'estesa e completa storia dei duemila anni di cristianesimo: non dobbiamo stupirci se non troviamo qualche argomento. Certamente nei diciotto capitoli Agnoli affronta quei classici argomenti, come le crociate, le streghe, l'inquisizione, il potere temporale della Chiesa, le donne, la schiavitù, etc, i soliti luoghi comuni, che vengono usati per scagliarli contro la Chiesa cattolica.

Il lavoro di Agnoli, scrive Renato Farina nella prefazione:“si immerge in acque custodite da veri e propri pescecani che spaventano chiunque si avvicini”. Per la verità ce ne sono stati altri tentativi notevoli per questa“buona battaglia” di depurazione della vera Storia della civiltà cristiana. Mi vengono in mente Vittorio Messori, con i suoi tre volumi, della rubrica dei “vivai” di Avvenire, il vescovo Luigi Negri, lo stesso cardinale Giacomo Biffi. Questo di Agnoli per Farina sembra una mappa completa di liberazione dai pregiudizi e dalla leggende nere.

Nella premessa lo stesso Agnoli fa delle doverose puntualizzazioni:“questo libro è la storia di alcune grandi conquiste umane permesse e promosse dal messaggio di Cristo e dalla sua Chiesa. E' la storia di idee che hanno rinnovato lo sguardo sul mondo di miliardi di persone[...]”. Naturalmente è un testo che consiglio a chi vuol conoscere la vera storia della civiltà cristiana occidentale.
Il testo, essendo una specie di atlante storico, può essere letto per singoli capitoli, peraltro tutti ben documentati con puntuali e numerosi riferimenti bibliografici. Si parte dalle origini del Cristianesimo, il confronto con il paganesimo e le varie divinità del mondo antico. Si approfondiscono le persecuzioni dei primi tre secoli, dove “l'essere sacerdote, vescovo o Papa significa sovente andare incontro alla morte, sbranati dalle bestie negli anfiteatri, o bruciati come torce nei giardini imperiali di Nerone”.

Agnoli affronta gli argomenti e nello stesso tempo polemizza con tutti quelli che si sono esercitati per diffondere nefandezze e pregiudizi contro la Chiesa e i cristiani. Il testo fa diversi nomi: da Augias, a Odifreddi, fino a tutta quella numerosa schiera del giornalismo nostrano, che fa a gara a chi le spara più grosse.
Il Cristianesimo ha portato grandi novità e progressi nella storia dell'umanità. Il 3° capitolo è dedicato proprio ad una di queste novità: la concezione della donna. Sul punto ho presente un articolo di qualche anno fa di Antonio Socci, dove ricordava alle donne: “sai che ridere se duemila anni fa non nasceva quel Nazareno, soprattutto per le donne”, in pratica senza Cristo, le donne avrebbero continuato a prendere calci nel sedere da parte dei maschi. Infatti Agnoli ricorda il ruolo marginale della donna nell'antichità. Vittima di infiniti abusi e violenze, compreso l'infanticidio, in Cina e India. Mentre nel mondo islamico e animista, la donna è sottoposta alla poligamia, umiliante affermazione della sua inferiorità. Vittima anche “di vere e proprie mutilazioni fisiche; sottoposta al ripudio del maschio, in tutte le culture antiche, la donna diventa  col cristianesimo creatura di Dio, al pari dell'uomo”. Nel cristianesimo, non c'è più differenza o opposizione tra maschile e femminile. Il termine “uomo” ha un significato collettivo. Naturalmente Agnoli fa riferimento al Vangelo, per conoscere il comportamento di Gesù con le donne.

Dalla nuova concezione della donna scaturiscono tre conseguenze: la prima,“il cristianesimo è l'unica religione della storia in cui il rito di iniziazione e quindi di ammissione alla comunità, cioè il battesimo, è uguale per uomini e donne”. La seconda, il cristianesimo abolisce l'infanticidio, peraltro ancora diffuso. Infine, la terza; il matrimonio cristiano è imprescindibilmente monogamico e indissolubile. Esso quindi sottintende anzitutto la pari dignità degli sposi. Tutta la storia della Chiesa, secondo Agnoli, tende a salvare la pari dignità della donna con l'uomo. Innalzando per esempio l'età del matrimonio della donna (per i romani generalmente era di dodici anni). Inoltre è stata sempre avversata l'abitudine dei matrimoni combinati o forzati, in cui spesso era vittima la donna.

La battaglia della Chiesa per la fedeltà coniugale, - scrive Agnoli - per il pudore, per l'autocontrollo degli istinti, soprattutto maschili, per la santità del matrimonio, oltre che liberare l'uomo da una concezione animalesca del rapporto sponsale, ebbe quindi l'effetto di nobilitare e liberare la donna”.
Sono interessanti le informazioni di Agnoli sulla vita delle donne rimaste vedove. Si intrattiene su certe barbare usanze diffuse in India o in Africa centrale. C'è una cittadina dell'India dove da 500 anni è rifugio delle donne spogliate di tutto, che se va bene vivono di elemosine e offerte. Qui le vedove, impossibilitate a risposarsi, diventate un peso per le loro famiglie d'origine,“si ritrovano a vagare come fantasmi tra i templi per guadagnarsi da vivere”. Peraltro molte sono giovanissime, perchè andate in sposa da bambine a uomini più vecchi. La concezione cristiana della donna modifica anche quella delle prostitute. Agnoli ricorda che la Chiesa ha fondato diversi istituti, enti specializzati per riscattare le prostitute. Penso al beato Faà di Bruno, nella Torino liberale e massonica dell'800. Ultimo il grande lavoro svolto da don Oreste Benzi, che ha liberato circa seimila ragazze dalla schiavitù della prostituzione.

Agnoli in conclusione punta la sua attenzione sulla folla di donne protagoniste grazie al cristianesimo, a cominciare dalle sante martiri, a cui vengono dedicate intere chiese: Tecla, Agata, Agnese, Cecilia, Lucia. E poi le numerose aristocratiche dei primi secoli, che convertono i loro mariti: Clotilde, Teodolinda, Teodasia, Fabiola, Olimpia, Olga, Edvige. Agnoli per una maggiore conoscenza dell'argomento, non può che rinviare agli studi della grande storica francese Regine Pernoud.

Poi nel 4° capitolo affronta il grande apprezzamento del cristianesimo per i bambini. Nel mondo antico erano considerati delle cose, degli oggetti, che potevano tranquillamente essere messi da parte. Tra l'altro, Agnoli fa riferimento al diffuso infanticidio della Cina di oggi, citando il libro, “Strage degli innocenti. La politica del figlio unico in Cina (Guerini e Associati, 2009).
La Chiesa con tutti gli orfanotrofi e istituti fondati per assistere i tanti bambini abbandonati, ha una storia secolare, in difesa dei bambini, possiamo ricordare la grande generosità di Madre Teresa di Calcutta, che ha lottato contro l'aborto: dateli a me i bambini che volete abortire.

Il cristianesimo ha abolito gradualmente la schiavitù, che era un dato di fatto, una ovvietà con cui convivere. A questo proposito, Agnoli tiene a precisare: “il Vangelo non è paragonabile a una moderna ideologia, che si propone anzitutto il rovesciamento di una data realtà, attraverso la presa del potere; non ha nulla a che vedere con la rivoluzione francese, o comunista, condotte attraverso la lotta violenta dei pochi contro molti, col fine utopico di eliminare, completamente, dalla faccia della terra, il male, edificando il Paradiso qui sulla terra”.

Il Vangelo, invece, propone un cambiamento, una conversione del cuore, una “buona novella”, alla quale si può aderire o meno, liberamente. Tuttavia,“San Paolo non predica la libertà degli schiavi, e neppure la loro ribellione”. Agnoli, insiste:“Paolo non è, insomma, un rivoluzionario, un Karl Marx, o un Lenin, o un Stalin, ante litteram [...]”.

La Chiesa non è ingenua, conosce l'animo umano, sa che non può cambiare immediatamente certe abitudini millenarie. Tuttavia, scrive Agnoli:“[...] anche i cristiani, prima di diventare tali, prima di convertirsi, sono stati pagani, o comunque imbevuti di cultura pagana, e a causa della loro educazione e mentalità millenaria non possono non ritenere la schiavitù qualcosa di normale. E' comprensibile dunque che neppure i cristiani ritengano, tutti e subito, che questo antico istituto sia completamente da abolire”. Pertanto, “l'opera della Chiesa è allora quella di trasformare gradualmente lo schiavo in servo, e, quando è possibile, in uomo completamente libero [...]”.
La schiavitù come fenomeno di massa, scompare del tutto nel Medioevo, ma ricompare all'alba dell'era Moderna. E qui il nostro affronta il tema della schiavitù dei neri traghettati dall'Africa verso le colonie europee dell'America del Nord e del sud. Anche qui vengono sfatati alcuni luoghi comuni, tenendo conto naturalmente dell'epoca in cui si è. Come sempre gli avvenimenti storici occorre guardarli mai con gli occhi di oggi.

Agnoli in questo capitolo analizza la differenza della colonizzazione spagnola cattolica, da quella inglese protestante. In questa fase dà conto del ruolo importantissimo della Chiesa cattolica attraverso i numerosi missionari che hanno operato per evangelizzare quei territori appena conquistati. Agnoli non evita di trattare la discussa relazione, di Bartolomeo Las Casas, sulle violenze vere o presunte degli spagnoli.“In verità analizzando i fatti, si dovrebbe dare dell'opera del Las Casas, una lettura alquanto diversa da quella corrente [...]”.

Interessante il capitolo sui sacrifici umani, la stregoneria e la magia. Uno degli effetti più significativi dell'avvento del Cristianesimo in Europa è la scomparsa del sacrificio animale e umano. Naturalmente Agnoli si sofferma sui barbari sacrifici umani di massa degli aztechi, ben rappresentati da Mel Gibson, nel celebre film Apocalypto. I cristiani distruggono gli idoli di sangue e contrastano la magia, astrologia e la stregoneria, che limitano pesantemente la libertà degli uomini, nello stesso tempo “pongono le basi per lo sviluppo della civiltà occidentale, della scienza e della medicina, che mai potrebbero nascere in un mondo dominato dalla paura degli spiriti e dall'animismo, sempre oppressivo, allora come oggi, della dignità umana”.
Nel 9° capitolo si affronta il tema della stregoneria nella storia, ma anche nell'attualità, con riferimenti a quel mondo drogastico americano dei vari santoni del LSD, degli anni '60, e con la rivoluzione psicadelica.

Nel 12° capitolo affronta il tema della ricerca della pace da parte della Chiesa. Sempre uno sguardo alla storia, con numerosi riferimenti ad autorevoli studiosi, Agnoli offre un quadro sintetico sulle guerre, del comportamento degli uomini di Chiesa nei vari periodi  storici. Non meno interessante, il quadro offerte sulle eresie, come minacce alla pace e alla vita sociale dell'Europa cristiana. Qui Agnoli dà conto del collegamento tra le eresie medievali, i vari millenaristi apocalittici con alcuni fenomeni filosofici presenti nel Novecento. Interessanti i collegamenti con la furia distruttrice delle due ideologie naziste e comuniste. Anche qui Agnoli fa riferimento a studiosi che hanno esaminato il fenomeno, come il russo Igor Safarevic e lo storico ebreo Norman Cohn.

Concludo con una domanda che l'autore si è posta nel 14° capitolo: “come l'Europa cristiana è stata il luogo d'origine della scuola per tutti, dell'università, della scienza, e della medicina moderne, oltre che dell'istituzione ospedaliera? Come mai queste realtà non sono nate in Asia, o in America o in Africa o in Australia? Secondo Agnoli, qualsiasi storico onesto  sa molto bene “che ogni effetto ha la sua causa”, pertanto la sua nascita in Europa, “non può essere casuale e fortuita”.

 

14 giugno 2017

Le radici medievali della scienza moderna

di Alfredo Incollingo

Il divulgatore e giornalista italiano Francesco Agnoli ci aveva magistralmente introdotto alle origini cristiane della scienza moderna. I suoi “Scienziati, dunque credenti: come la Bibbia e la Chiesa hanno creato la scienza sperimentale” e “Scienziati in tonaca: da Copernico, padre dell'Eliocentrismo, a Lemaitre, padre del Big Bang” sono due saggi da far leggere nelle scuole. E' giunta l'ora infatti di ribaltare tutti i pregiudizi laicisti sull'oscurantismo cattolico.

Ad aiutarci ad approfondire questo tema così dibattuto c'è il fisico inglese James Hannam con “La genesi della scienza: come il mondo medievale ha posto le basi della scienza moderna”. Sulla natura “medievale” del pensiero scientifico ce ne aveva già parlato un altro inglese, Edward Grant, nel volume della Einaudi (!!!) “Le origini medievali della scienza moderna”.

Il lavoro di Hannam si caratterizza per una maggiore dose espositiva che indaga minuziosamente gli autori e i contesti fondanti dell'epistemologia moderna. I “secoli bui” non furono poi così tetri e barbari. Si trattò di secoli di rinascite culturali ed intellettuali che seguirono la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e la conseguente decadenza della civiltà. “La genesi della scienza” è uno degli ultimi e più approfonditi studi di storia della scienza. E’ un percorso multidisciplinare che intende condurre il lettore alla scoperta di quei moventi intellettuali e teologici che stimolarono l'indagine scientifica intorno la natura e l'uomo.

Si avrà modo di conoscere i grandi nomi della filosofia naturale medievale, le università più celebri e coloro che per primi misero in dubbio la veridicità del “pensiero dei greci” (Aristotele), fino ad allora considerato un “dogma di fede”. E’ un viaggio affascinante che giustifica le quasi quattrocento pagine, voluminosità compensata da uno stile ironico e accattivante. E’ un saggio “controcorrente” che sfata molti pregiudizi e luoghi comuni intorno al medioevo, mostrandoci quanto di medievale c’è ancora nella scienza moderna.

 

23 maggio 2017

Il misticismo dei matematici


di Giuliano Guzzo

Scienza e fede sono compatibili? Se un simile quesito solleva in voi dubbi, pensieri o semplice curiosità, c’è un libro – appena uscito – che fa esattamente al caso vostro. Sto parlando de Il misticismo dei matematici (Cantagalli 2017, pp. 137), l’ultima fatica di Francesco Agnoli, ottimo studioso da anni impegnato in una meritoria opera di approfondimento sui grandi scienziati della storia. Si tratta di un volume con cui l’Autore, con la competenza dello storico e la chiarezza del divulgatore, mette in luce – come viene premesso nelle prime pagine – «la presenza, in quasi tutti i più grandi matematici, di riflessioni filosofiche e teologiche riguardo all’esistenza di Dio, l’anima immortale, il mondo soprasensibile» (p.13).

La cosa bella del libro è però il fatto che, a parlare del misticismo dei matematici, una volta tanto sono…loro stessi. Angoli infatti compie un’opera di notevole onestà intellettuale dando la parola direttamente a 15 giganti della matematica – da Pascal a Gauss, da Boole a De Giorgi -, cosa che consente al lettore di scoprire come costoro fossero non soltanto credenti, ma spesso veri e propri difensori della religione. Attraverso le pagine de Il misticismo dei matematici è così possibile scoprire aspetti e particolari interessantissimi ma che normalmente i libri di storica omettono e a scuola gli insegnanti quasi mai dicono. Tipo che Cartesio definiva l’ateismo «crimen atrocissimum» (p. 28) o che Leibniz combatteva il materialismo, apostrofato come «figlio illegittimo della nuova scienza della natura» (p.37).

Ma per forza costoro erano credenti – ribatterà subito lo scettico – dal momento che tutta la società, a quel tempo, era molto religiosa. Un’ipotesi interessante, ma che Il misticismo dei matematici confuta totalmente da un lato mostrando la religiosità di grandi uomini di scienza anche contemporanei – da Enrico Bombieri a Federico Faggin -, e, dall’altro, mettendo in luce come talvolta i giganti della matematica furono uomini di fede anche contro le mode del proprio tempo. Come fece per esempio Eulero, il più prolifico matematico della storia, il quale se da una parte frequentava ambienti nei quali «l’argomento principale della conversazione» era la presa in giro della religione dall’altra «tutte le sere riuniva la famiglia e leggeva un capitolo della Bibbia, che accompagnava con una preghiera» (p.45).

Ingenuo, dunque, sarebbe chi pensasse di spiegare la religiosità dei matematici appoggiandosi a meri fattori culturali. Ciò che Agnoli evidenzia, infatti, è come queste menti geniali fossero molto più che semplicemente credenti, ma costantemente attratte dalla religione. Si pensi al fascino che in Alexander Grothendieck, considerato da molti il più grande matematico del XX secolo e uno dei più grandi di sempre, suscitò «la cattolica francese Marthe Robin: una mistica segnata dalla sofferenza, che vive di Eucaristia» (p.102-103), o alla spinta metafisica che portò il grande logico Kurt Gödel «a respingere materialismo e panteismo, a leggere la Bibbia, a porsi, nei suoi taccuini personali, numerose domande sulla dottrina cattolica» (p.92). La religiosità, in ciascuna delle 15 figure approfondite da Angoli, è una costante.

Il motivo per cui consiglio vivamente l’acquisto e la lettura de Il misticismo dei matematici non è quindi tanto la sottolineatura del fatto che molti scienziati siano credenti – già una ricerca della Rice University, condotta su 1.700 studiosi di primissimo piano, aveva chiarito come il 70% di essi lo sia (cfr. Science vs Religion – What Scientists Really Think, 2010) -, bensì la possibilità, che questo libro – che si legge davvero tutto d’un fiato, provare per credere – offre di seguire da vicino i percorsi di fede, talvolta anche tormentati e per nulla lineari, di grandi scienziati la cui profondissima religiosità non viene mai ricordata. A tutto vantaggio dello stereotipo dello scienziato ateo, anticlericale e desideroso di smascherare le menzogne della Chiesa cattolica. Una bufala clamorosa della quale, quando avrete letto questo eccellente testo, non potrete che farvi lunghe risate.

Giulianoguzzo.com

 

09 agosto 2016

L'Eulero di Agnoli

di Enrico Maria Romano
Non c’è più bisogno di presentare ai lettori attenti la figura di Francesco Agnoli vista la sua poliedrica e diuturna attività intellettuale, in difesa della ragione e della fede. Studioso cattolico di ampi e variegatissimi interessi (come la storia, le scienze naturali, la politica, la filosofia, la letteratura e la cultura in tutti i suoi aspetti), giornalista sia sulla carta stampata che sul web, sulle onde radiofoniche e in tv, il Nostro spicca per l’opera di intelligente e metodica divulgazione scientifica, con uno sguardo di fondo al rapporto centrale tra fede e ragione, scienza ed epistemologia. Questo nesso imprescindibile e direi insuperabile – poiché interno alla ragione stessa che in virtù delle sue proprie forze scopre l’esistenza di un Limite superiore invalicabile – viene messo in luce attraverso la riproposizione di una lunga serie di figure storiche, autorevoli per i meriti scientifici acquisiti, ma trascurate nella loro propensione spirituale.

Sotto questo punto di vista, Agnoli ha già indagato, in modo sistematico, i grandi nomi di Roberto Grossatesta, Stenone, Wallace, Lemaître, Einstein (cf. F. Agnoli, Filosofia, religione, politica in Albert Einstein, ESD, Bologna, 2015) ed ora il matematico del Settecento Leonardo Eulero (cf. Francesco Agnoli, Leonardo Eulero, il matematico dell’età illuminista, Cantagalli, Siena, 2016, pp. 98. € 8).

Il lavoro fin qui prodotto dallo studioso trentino è così sostanzioso e promettente che c’è da augurarsi una lunga e feconda vita intellettuale al Nostro, stimato a livello ecclesiale fino ai più alti ranghi, ma temuto e combattuto dalla cricca del laicismo italico, quella cricca che ha in Repubblica più che un quotidiano di riferimento una Bibbia (fallace) e uno stendardo.

Non si tratta di elogiare oltre modo un grande amico e un apologeta hors pair come il professor Agnoli (di cui riusciamo a scorgere anche dei limiti, per esempio nella visione esageratamente critica e troppo univoca nell’approccio ai vari e irriducibilmente diversi totalitarismi del Novecento); si tratta però di notare che nella cultura italiana ed europea di oggi, forse più che un Einstein cattolico o un nuovo Eulero, un Pascal redivivo o un super Gödel (con una nuovissima e imparabile dimostrazione dell’esistenza divina), solo per citare alcuni miti agnoliani, servirebbero tanti piccoli Agnoli, diffusi per ogni dove, onde aiutare i poveri lettori che noi siamo a riscoprire tutto un passato storico-scientifico volutamente e perfettamente nascostoci dall’intellighenzia fin dai banchi di scuola.

Quale infatti tra i migliori liceali di oggi, e tra gli stessi studenti universitari d’Occidente, sa che Voltaire commerciava schiavi africani, che Rousseau abbandonò i figli, mentre Newton studiava e commentava la Scrittura ed Eulero definiva “verità indubitabile” (p. 29) la resurrezione di Cristo? Quale matematico in erba sa che Kurt Gödel (1906-1978) il più grande logico del Novecento e forse di tutti i tempi era di destra e si poneva in modo assai critico verso la modernità e i suoi dogmi materialisti? O che Alexander Grothendieck (1928-2014) scrisse dei Dialoghi con il buon Dio? Studiando la letteratura italiana da Dante a Manzoni è difficile celare del tutto l’importanza della teologia cattolica, ma nel paradigma scientista attuale è possibile fare una storia della scienza omettendo meticolosamente i criteri con cui molti grandissimi scienziati furono indotti a studiare la natura e l’universo (a partire dallo stesso Galileo considerato il fondatore del metodo scientifico).
Ma anche le prove dell’esistenza di Dio escogitate da Cartesio (che andò in pellegrinaggio a Loreto poiché credeva nel volo della casa di Maria in Italia) o da Kant, Leibniz e Rosmini, come di gran parte della filosofia moderna, sono sempre più confinate a temi marginali del percorso formativo e scolastico di oggi.

La riproposta della figura dello svizzero Eulero (1707-1783) serve dunque mirabilmente alla continuazione dell’apologetica scientifica di Agnoli. Eulero fu un vero apostolo della scienza nel XVIII secolo, e grazie alla sua poliedrica genialità, “fondò la meccanica dei continui, promosse la balistica, la cartografia, la diottrica, la teoria dell’elasticità, l’idraulica, l’idrodinamica, la teoria della musica, la teoria dei numeri, l’ottica e la teoria delle navi” (p. 6), ma fu altresì un credente convinto e sereno nella sua vita di fede.

Come scrive Agnoli, “il suo nome, solitamente affiancato in ogni storia della matematica ai massimi di sempre (Archimede, Newton, Gauss, Cauchy…), è noto a tutti ancora oggi per i punti di Eulero, la relazione di Eulero, la congettura di Eulero, gli angoli di Eulero, il numero di Eulero, i teoremi di Eulero, la formula di Eulero, il diagramma di Eulero-Venn, le equazioni di Eulero…” (p. 5).
Addirittura, l’opera di Eulero, secondo certi studiosi “comprende all’incirca un terzo di tutte le ricerche di matematica, fisica teorica ed ingegneria meccanica pubblicate dal 1726 al 1800” (p. 5)
Membro delle accademie scientifiche di Londra, Parigi, Torino, Lisbona e Pietroburgo, insegnò lungamente ed operò in Russia e in Germania, sempre mantenendo riserbo e profonda umiltà, proprio mentre gli ‘scienziati’ dell’illuminismo – che fu una vera auto-limitazione dell’intelligenza – si vantavano per ogni minima invenzione e scoperta di pubblica utilità (come la ghigliottina).

Acerrimo nemico del contemporaneo Voltaire (1694-1778), il cui mito è ora definitivamente infranto (grazie alle opere definitive di Xavier Martin), Eulero ebbe 13 figli e molti nipoti a cui insegnò personalmente le grandi verità della vita, della conoscenza umana e della virtù.
Tra i suoi tanti scritti va menzionato il “Saggio di una difesa della Divina Rivelazione, tradotto dall’idioma tedesco, coll’aggiunta dell’esame dell’argomento dedotto dall’abbreviamento dell’Anno Solare e Planetario”, pubblicato a Pavia nel 1777 e ora ripubblicato nuovamente da Agnoli come appendice e conclusione della sua introduzione ad Eulero (alle pagine 55-92 del libro).
Si tratta di un documento eccezionale poiché scritto da un autore di intelligenza eccezionale. Un saggio apologetico redatto da uno scienziato di primo livello che documenta da sé, contro la vulgata neo-cattolica presente, quanto scienza e apologetica possano coesistere. Un testo poi a priori degno di nota anche per il fatto che, guarda caso, dal 1777 ad oggi nessuno, almeno in Italia (salvo meliori judicio) aveva mai avuto la briga di ristampare, neppure durante lo scientifico (ed archeologico) Novecento.Si tratta di un trattatello in 53 paragrafi brevi che ricorda da vicino le operette apologetiche sette-ottocentesche, fondate sulla tradizione filosofica occidentale e ispirate al classico pensiero cattolico tomista, seppur con alcune originalità. A suo modo è un piccolo capolavoro e vale di per se l’acquisto del libro.

Secondo Eulero la vera felicità, asse portante del trattato, consiste nella perfezione dell’intelletto e della volontà (paragrafo 1). La perfezione dell’intelletto sta “nella cognizione della Verità, d’onde la cognizione del Bene immediatamente deriva” (par. 2). La perfezione massima dell’intelletto consiste “in una perfetta cognizione di Dio e delle Opere sue” (par. 3). Nessuno però conosce perfettamente Dio e lo si conosce “secondo la misura della cognizione accordata” da Dio stesso (par. 17). L’altra facoltà umana primaria è la volontà ed essa è tenuta a fare il bene, ovvero a seguire i precetti della “Legge Naturale” (par. 5). “L’osservanza di questi doveri è (…) oltre modo necessaria al conseguimento della felicità umana, e l’omissione de’ medesimi, e la trasgressione della Legge le è in sommo grado contraria” (par. 6). L’uomo di ciò consapevole dovrebbe fare ogni sforzo per amare la Legge di Dio ed adempierla “con piacere” (par. 7). Nella sottomissione alla benefica volontà divina sta il bene e “in ciò unicamente consiste la vera quiete dell’Anima, nella quale non solo i Cristiani, ma molti ancora dei Filosofi Pagani il Sommo Bene collocarono” (par. 10). La conoscenza di Dio e della sua Legge è più facile che l’assoggettamento della propria volontà alla Volontà celeste (par. 11-12). Più si conosce, più si è obbligati, meno si conosce, meno si è tenuti ad osservare (par. 13). Spesso però le persone più intelligenti e avanzate nella conoscenza di Dio sono le più lontane da Lui e le persone più semplici lo seguono di più e meglio (par. 14). Ciò perché le passioni sviano l’uomo dal suo fine. Come si vede con “i così detti Spiriti Forti” (par. 15), chiamati anche “Liberi Pensatori” (par. 40), da riferirsi ovviamente ai philosophes dell’illuminismo come Voltaire, Condorcet, Robespierre, Marat, etc.
D’altra parte contro le illazioni indebite degli Spiriti Forti, da cui è derivato il pensiero debole, “O si dà una Rivelazione Divina, o non si dà” (par. 19). Essa, se esiste, “ha per scopo la vera Felicità degli Uomini” (par. 20). Nella Bibbia poi troviamo i segni della Rivelazione in modo così chiaro “che della divina sua origine non possiamo (…) dubitare” (par. 23).
Forse è proprio per questo che i neo-cattolici del modernismo fanno di tutto per sabotare la Scrittura, giudicata falsa, fallace, anti storica, zeppa di errori scientifici, moralista, inutile a meno che non sia letta in modo da “aggiornarne” i contenuti…

“Ma per quanto evidenti sieno e incontrastabili tutti questi argomenti (…) non è però da aspettarsi, che la fazione de’ Libertini e Dileggiatori della Religione sia mai per ritirarsi dal suo stolto disegno. Che anzi la Divina Scrittura ci assicura, che l’inconsideratezza di costoro, particolarmente nella fine de’ tempi, diventerà sempre maggiore e più universale: e questo stesso esatto adempimento di siffatta Profezia non poco contribuisce a confermare la divinità della Bibbia. Frattanto noi desideriamo di cuore, che queste riflessioni riconducano sul buon sentiero molti non per anco troppo corrotti, che per le subornazioni di quei miserabili si sono lasciati incautamente sedurre” (par. 53).
 

11 ottobre 2014

Scienziati dunque credenti



di Francesco Filipazzi

Perché a un certo punto della storia l'uomo ha iniziato a padroneggiare la scienza, a studiarla e capirla come mai prima?
La storia della fisica ad esempio va di pari passo con quella della matematica. La prima abbisogna della seconda per risolvere i suoi problemi: spesso devono essere formulati nuovi teoremi per riuscire a progredire. La storia delle equazioni differenziali e del calcolo infinitesimale, ad esempio, è emblematica. Intere classi di problemi matematici vennero definite ex novo per essere solo successivamente applicate alla fisica. Le scoperte matematiche, dunque, non sono invenzioni, in quanto presenti in natura. La maggior parte delle leggi matematiche però non sono state codificate nel corso della lunga storia dell'uomo, ma solo negli ultimi secoli, dal Medioevo in poi, con qualche eccezione nell'antica Grecia.

La risposta alla domanda iniziale, si trova nel magistrale libro di Francesco Agnoli, "Scienziati dunque credenti", che ripercorrendo la storia della scienza, in molte sue diramazioni, giunge a una conclusione che per molti potrebbe essere sconcertante, ma in realtà logica e razionale. In effetti l'unica possibile.
Secondo Agnoli, l'umanità, nel Medioevo, vera età di luce, è riuscita a compenetrare i segreti della scienza grazie alla forma mentis derivante dal monoteismo, dunque dal Cristianesimo, il quale prevede, a differenza del paganesimo, un legislatore universale che pone delle regole. Lo studio della scienza non è altro che lo studio delle regole secondo cui Dio ha creato il cielo e la terra, le stelle e l'universo tutto. Il mondo illuminato dalla religione cristiana è il mondo che supera le superstizioni, che rifiuta la magia, l'animismo e l'immanentismo pagani, che non accetta che i fenomeni naturali derivino dalle bizze di un qualche dio dalle caratteristiche fin troppo umane.

La rivelazione che però potrebbe sconcertare le menti deboli, che il libro mette davanti al lettore è che i padri della scienza, nel Medioevo e nel Rinascimento, sono uomini di fede e sacerdoti, così come in tempi moderni alcune grandissime teorie e scoperte sono state portate conseguite da uomini di fede e sacerdoti.
Gli esempi riportati sono numerosi. La prima branca di cui si parla è l'astronomia. Il mondo cristiano, dopo la messa ai margini dell'astrologia e delle superstizioni, è stato il motore principale dello studio scientifico degli astri. Grossatesta e Copernico erano consacrati a Dio, mentre Keplero condusse studi teologici per diventare pastore protestante. Anche Galileo fu un grande uomo di fede, che venne sì processato per le sue teorie, ma sulla spinta di un mondo accademico che non voleva accettare lo stravolgimento delle teorie aristoteliche, mentre coloro che diedero credito all'inventore del telescopio furono i gesuiti. Il grande merito degli studiosi citati è stato quello di pensionare il sistema aristotelico-tolemaico, di origine pagana, nel quale gli astri si muovevano di vita propria e dunque non erano pienamente compatibili con la concezione di un Dio non immanente. L'universo di Copernico e Galileo invece è mosso da una forza divina ed esterna.
Il grande contributo alle conoscenze astronomiche non si ferma però al Rinascimento. La teoria del Big Bang è stata pubblicata per la prima volta da Georges Lemaitre, sotto il nome di teoria dell'atomo primigenio. Da quella teoria discendono l'idea che l'universo sia finito, limitato nel tempo e nello spazio e dunque non infinito ed eterno, come sostenevano altri, in contrasto con la logica cristiana. Molti studiosi, fra cui Einstein, avversarono il Big Bang, soprattutto per motivi filosofici, in quanto quell'esplosione di luce iniziale era troppo simile a quel “e Dio disse sia la Luce” contenuto nella Bibbia, e dunque troppo sconcertante. Gli studiosi che non accettavano una creazione esterna, come potevano accettare il Big Bang? Cosa c'è stato prima? Il mondo è dunque davvero stato creato dal nulla? E soprattutto, per quanti sforzi si possano fare, l'uomo potrà conoscere solamente ciò che è successo nell'istante 0 dell'universo, ma mai cosa c'era all'istante -1, ad esempio. E ancora, perché da un'esplosione enorme e caotica è nato un universo ordinato? Perché, contraddicendo il calcolo della probabilità, questo universo ospita la vita? Addirittura vita intelligente. Bastava una piccolissima variazione, un paio di atomi che andavano da una parte invece che dall'altra, per cambiare radicalmente il volto dell'universo. Perché è andata così? Questo è ciò che si sono chiesti gli scienziati di fronte a Lemaitre e successivamente, anche gli atei più convinti, hanno sempre glissato, evitando di rispondere a domande che risposta non hanno, se non si accetta l'esistenza di Dio.
Einstein peraltro successivamente dimostrò involontariamente la possibilità che il Big Bang sia avvenuto realmente. A proposito, Lemaitre era un sacerdote.

Dall'astronomia, dunque, il libro passa ad altre discipline. Veniamo a sapere che l'anatomia nasce all'università di Bologna molto vicina alle accademie pontificie e situata nello Stato della Chiesa. Le autorità ecclesiastiche infatti non vietavano la dissezione dei morti, ma ponevano dei paletti a chi rubava cadaveri e sezionava i corpi di persona ancora vive. La Chiesa infatti fu tutt'altro che oscurantista, tanto che Papa Benedetto XIV fece ottenere cattedre di insegnamento a tre donne, all'università di Bologna, scrivendo a una di queste di dimostrare che le donne e gli uomini si equivalgono nello studio. Abbastanza insolito, dunque, per un cattivo oscurantista vissuto fra '600 e '700.

E' facile immaginarsi lo sconcerto dei vari Odifreddi de 'noantri che, impreparati a leggere certe verità, potrebbero aver bisogno di cure mediche e farmaci per la pressione, ma l'astronomia, la matematica, l'anatomia, la geologia, la fisica e la scienza tutta devono molto a uomini di Dio e di Chiesa, ad alcuni pontefici e a ordini religiosi come i gesuiti, che sono stati fucine di sapere per secoli. Negarlo, dipingendo il Medioevo cattolico, è parte dell'imbecillità illuminista, che più che l'età dei lumi è stata l'età dei lumini cimiteriali, che illuminano un piccolo spazio, lasciando in ombra tutto il resto. La luce di Cristo invece, come spiega Agnoli in questo bellissimo volume, non lascia zone oscure e illumina il Creato tutto.
Una lettura arricchente, da proporre a qualche amico in cerca di risposte.

 

19 giugno 2014

"Eugenetica nazi-democristiana": una domanda al duo Dal Bosco-Frezza


di Marco Mancini

Piccola premessa metodologica: questo articolo non nasce con finalità di polemica gratuita. In un momento in cui all’interno del microcosmo tradizionalista gli scontri personali rischiano di superare il livello di guardia, nessuno sente il bisogno di gettare ulteriore benzina sul fuoco. In passato, quando l’ho ritenuto opportuno, non mi sono peritato di utilizzare toni molto duri nei confronti di Roberto Dal Bosco; questa volta, la mia vuole essere una riflessione più pacata e, se il mio interlocutore non disdegna un aggettivo fin troppo abusato, “dialogante”.
 

16 giugno 2013

"Miracoli. L’irruzione del soprannaturale nella storia"


di Paolo Maria Filipazzi

“Non ci si può servire della luce elettrica e della radio, o far ricorso in caso di malattia ai moderni ritrovati medici e clinici e nello stesso credere nel mondo degli spiriti e dei miracoli propostici dal Nuovo Testamento” con queste parole di Bultmann si apre il saggio “Miracoli. L’irruzione del soprannaturale nella storia”, di Francesco Agnoli e della nostra bravissima Giulia Tanel.
Gli autori partono chiedendosi se per caso Bultmann non avesse ragione. E la risposta che uscirà dalla lettura di questo agile e scorrevole volume sarà un no secco. Dopo avere chiarito, nel primo capitolo, lo stretto nesso tra cristianesimo e nascita della coscienza scientifica, gli autori ci accompagnano in un affascinante viaggio attraverso alcuni dei più noti miracoli riconosciuti dalla Chiesa Cattolica: la Sacra Sindone e le apparizioni mariane di Guadalupe, Lourdes e Fatima per poi, nell’ultimo capitolo, presentarci in una carrellata di eventi prodigiosi, tra cui il miracolo eucaristico di Lanciano. Conclude il volume uno scritto di Massimo Gandolfini sul riconoscimento dei miracoli nel contesto delle cause di canonizzazione.

Attraverso tutto il libro il lettore ha modo di scoprire una serie di fatti per lo più sottaciuti: per esempio, lo sapevate che il famoso esame del C-14 attuato sulla Sindone nel 1988 fu assolutamente inattendibile? Oppure, lo sapevate della grande aurora boreale che, evento rarissimo, interessò l’intera Europa nel 1938, alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che, stando alle apparizioni di Fatima, sarebbe dovuta essere preceduta da un grande segno nel cielo (e Suor Lucia mai smise di sostenere che per la Madonna l’inizio della guerra dovesse essere considerato l’Anchluss)? Oppure dell’enorme esplosione che, il 13 maggio 1984 (anniversario della prima apparizione a Fatima), distrusse buona parte dell’arsenale sovietico, ponendo fine ai piani militaristi di Mosca e scongiurando il rischio di una guerra terribile? Il tutto poche settimane dopo che Giovanni Paolo II, il 25 marzo di quello stesso anno, aveva consacrato la Russia alla Madonna, chiedendoLe si salvare il mondo da “un’autodistruzione incalcolabile”. Secondo Suor Lucia proprio quell’atto di consacrazione salvò il mondo dallo scoppio di un tremendo conflitto. E chi di voi conosce il miracolo eucaristico di Lanciano, dove il pane e il vino dell’Eucarestia si trasformarono in carne e sangue e tutt’ora sono esposti all’adorazione dei pellegrini? Il sangue conservato a Lanciano, poi, è di gruppo AB (tipico dei maschi mediorentiali), esattamente come quello che si trova sulla Sindone, sulla tunica di Parigi e sul sudario di Oviedo, tutti reperti che per i sostenitori della loro falsità, risalirebbero a tempi e luoghi assai distanti tra loro…

Il tutto corredato da un ampio resoconto di tutte le accurate analisi scientifiche attuate sulla Sindone, sulla Tilma di Guadalupe, su diverse persone guarite da gravi malattie o infermità a Lourdes e su altri fenomeni tutti trovati inspiegabili da parte della scienza. Il tutto esposto con la piena consapevolezza che, se un cattolico può credere anche senza miracoli, al contrario, come ben sapeva il mangiapreti Emile Zola, basta un solo miracolo per confutare tutto l’ateismo.

Francesco Agnoli - Giulia Tanel, Miracoli. L’irruzione del soprannaturale nella storia, prefazione di Massimo Gandolfini, La Fontana di Siloe, Torino 2013
 

09 giugno 2012

La Carità cristiana all'origine degli ospedali



«Agli ospedali siamo tutti abituati. Diamo per scontato che ogni città ne abbia più d’uno, e che funzioni! Ma difficilmente ci si chiede: come sono nati, gli ospedali?». Questa è la domanda da cui prende avvio il saggio di Francesco Agnoli, docente e scrittore, intitolato “Case di Dio, ospedali degli uomini – Perché, come e dove sono nati gli ospedali” (con prefazione di Giancarlo Cesana, Fede e Cultura). Agnoli affronta l’argomento da un punto di vista non solo storico, ripercorrendo le tappe della fondazione e della diffusione degli ospedali nell’Europa cristiana e medioevale, ma anche da una prospettiva teologica e filosofica: gli ospedali nascono nella Chiesa per opera di cristiani, laici e religiosi, che, seguendo gli insegnamenti di Gesù (“li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi.”, Lc 9,2) ed il Suo comandamento evangelico (“amerai il prossimo tuo come te stesso”, Mc 12,31), si dedicano al prossimo malato e povero, vedendo nella sua sofferenza la Sofferenza di Cristo. Il cristiano, in momenti in cui le famiglie pagane si disgregavano per scappare dalle pestilenze, soccorre l’infetto, gli lava le piaghe purulente, suscitando nelle popolazioni un fascino prima di allora sconosciuto, e che porterà nuove conversioni.