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27 luglio 2016

Fino a quando continueremo a negare la realtà?


di Giuliano Guzzo

Ieri in Francia, vicino Rouen, è stato sgozzato un anziano parroco mentre celebrava la Santa Messa, altri fedeli sono stati feriti ed io, più che sicuro d’essere in buona compagnia, mi chiedo questo: fino a quando? Fino a quando dovremo, come europei, non solo assistere a quest’orrore, ma pure accettare il penoso ridimensionamento mediatico della responsabilità dei suoi autori (ieri liquidati come «squilibrati» in automatico, già a ridosso del massacro)? Perché, burattinai dell’informazione, insistete con questa censura? Dite un po’, vi pagano per essere islamofili? Avete così paura della realtà da non poterla raccontare? Oppure volete abituarci al sangue?

E anche voi, politici, fino a quando vi renderete quotidianamente complici di un’immigrazione che è ormai invasione? Sia chiaro: non si sostiene semplicisticamente il legame diretto tra immigrazione e terrorismo islamico. Infatti non tutti gli immigrati sono musulmani (per esempio, gli stranieri residenti in Italia sono più di religione ortodossa che islamica: 1,6 milioni contro 1,4), eppure due elementi caratterizzano in modo netto l’intera sequela europea di eventi terroristici: la fede islamista accompagnata, quasi sempre, da origini straniere. Una combinazione micidiale ma non imprevedibile.

Era difatti il 30 settembre di sedici anni fa quando un eminente uomo di Chiesa, il card. Giacomo Biffi (1928–2015), profeta ben prima delle Fallaci, degli Houellebecq e dei Salvini, dichiarò apertamente che i governi europei avrebbero dovuto «privilegiare l’ingresso degli immigrati cattolici» non già per limitare l’integrazione degli stranieri, ma proprio per facilitarla ospitando prima coloro che meglio si sarebbero potuti meglio integrare. Biffi fu trattato come un vecchio pazzo ed ora eccola, la stupefacente saggezza degli altri, sparpagliata fra le vittime di Nizza e Monaco, tra Parigi e la Normandia, tutte o quasi sterminate da gente europea per modo di dire. Fino a quando, allora?

E fino a quando, adesso che un sacerdote è stato ucciso in odium fidei da mano islamica – spettacolo raccapricciante, cui l’Europa non assisteva da circa tre secoli –, noi cattolici continueremo a negare la realtà? A raccontarci quanto è bella l’accoglienza? A non riconoscere che una società secolarizzata e nichilista è demograficamente, culturalmente e politicamente spacciata? A sorvolare sul fatto che la vera malattia mentale è quella chi vede assassini squilibrati ovunque, pur di non parlare di jihad, islamismo e terrore programmato? Fino a quando, insomma, oltre al danno ci toccherà la beffa di non poterne neppure parlare, pena l’ira di quelli che blaterano di Cristo come di un profugo da accogliere e non come di un Re da servire?

La verità è che non so, come non lo sa nessuno, quando questo assurdo show finirà e, soprattutto, quando cesserà il tormentone dei terrorismi islamici a loro insaputa. La verità, ripresa dallo Neue Osnabruecker Zeitung, è che dei circa 5.000 jihadisti rientrati dai campi di combattimento di Siria e Iraq, tra 1.500 e 1.800 sono tornati in Europa. La verità, insomma, è che il peggio è appena iniziato, che il nemico non solo è fra noi, ma pure bello addestrato, motivato e pronto ad entrare in azione. Intanto la lungimirante Europa, da brava, tiene d’occhio i nazionalismi, il Parlamento italiano si misura col tema della cannabis legale e spopola Pokémon GO. Inutile dunque interrogarsi su una svolta perché, come minimo, sarà tra un bel po’.

https://giulianoguzzo.com/2016/07/27/fino-a-quando/

 

14 giugno 2016

La strage di Orlando e la nostra fine


di Giuliano Guzzo

Strage di Orlando. In breve, abbiamo Obama che, parlando alla nazione, commenta l’accaduto senza mai nominare l’ISIS (che pure ha rivendicato l’attacco e a cui Omar Mateen, il responsabile dell’orrore, aveva giurato fedeltà, come confermato dal Capo della polizia, John Mina). Abbiamo un killer interpellato già tre volte dall’FBI (ma che girava libero) e suo padre, che nega il figlio fosse animato da fondamentalismo (ma sul web lui, il padre, simpatizza per i talebani). Ed abbiamo pure politici italiani, dulcis in fundo, che invocano leggi contro l’omofobia (ma poi elogiano come «riformatore» il Presidente dell’Iran, Paese dove, secondo l’art. 233 del Codice Penale, ai gay vanno 99 frustate).

Che brutta fine ci stanno facendo fare, signori, politicamente corretto e islamofilia. Siamo pronti – come Occidente – a minimizzare ogni elemento che ricordi i rischi dell’immigrazione (Mateen era di origine afgana), e anche gli orrori del terrorismo (la cui matrice islamista viene minimizzata ai limiti del surreale), pur di non ammettere che qualcosa, nel nostro gioioso festival multiculturale, sta andando storto. Certo: la strage di Orlando non è purtroppo la prima che avviene negli Usa; e non è che per compiere orrori simili occorra essere simpatizzanti dell’ISIS (Breivik dice niente?). Ma proprio per questo non si capisce la fretta di nascondere la realtà che sta dietro questi 50 morti: o meglio: la si capisce fin troppo bene.

Il che ci fa ammettere che, se questa è una guerra, l’abbiamo già persa senza combatterla: perché non possiamo – se non vogliamo passare per gente di cattive letture – riconoscere di avere un nemico; perché ci vendono la frottola che, in questi e altri casi, la colpa è delle «armi facili» (e poco importa che qui il mostro fosse un vigilante, e una rapida analisi basta e avanza a far a pezzi il presunto legame fra diffusione delle armi e numero di omicidi); perché ci viene continuamente ripetuto che il problema son loro, i lerci populisti, i mercanti della paura, e tutto il resto è un mondo che, in fondo, non vede l’ora di abbracciarsi, che l’immigrazione è una manna e il terrorismo islamista solo una scheggia impazzita.

Sarei tentato di dire, alla luce di quanto ricordato, che ciao, siamo una civiltà spacciata, ma non lo farò. Preferisco dare una chance alla Speranza e soprattutto alla possibilità che si arrivi presto a comprendere anzi a riscoprire come Patria, Identità e Cristianesimo non siano parolacce o clave, ma ingredienti essenziali e interdipendenti rimossi i quali a noi occidentali resta ben poco, e come controllare e all’occorrenza limitare l’immigrazione non equivalga ad odiare alcuno, bensì solo ad amare il proprio Paese dato che – come ricorda Régis Debray nel suo Eloge des frontières, esiste anche, per ogni popolo, un «diritto alla frontiera, per far fronte agli scivoloni mortali del va bene tutto, tutto si equivale, dunque nulla ha valore».

Del resto, l’alternativa a questa urgente riscoperta dei valori fondamentali è continuare come si sta facendo, spettatori coi paraocchi una tragica realtà della quale, almeno in parte, siamo ubbidienti complici senza però che questo ci scuota minimamente: dunque, oggi tutti gay, domani tutti immigrati, e dopodomani, chissà, di nuovo tutti Charlie, in un pazzesco cortocircuito buonista. L’alternativa, insomma, è campare da struzzi, non vedere o meglio ostinarsi a non vedere facendo le pulci ai modi poco urbani con cui altri, forse meno ingessati, denunciano l’avanzare del Caos. Ora, sinceramente a me questa alternativa – ancorché strombazzata dai media e benedetta dal gregge degli intellettuali presentabili – proprio non piace. A voi?


https://giulianoguzzo.com/2016/06/14/la-strage-di-orlando-lisis-e-la-nostra-brutta-fine/

 

12 gennaio 2015

Dopo l'attentato, Charlislam?



di Franciscus Pentagrammuli

La prima cosa certa che conosciamo è la minaccia dell'islam radicale dentro i paesi d'Europa.
I governi, il francese in particolare, pur senza essere riusciti a reagire prontamente nel catturare gli attentatori di Parigi, sono invece stati prontissimi nella reazione culturale alla minaccia clamorosamente mostratasi agli occhi di tutti: subito il primo ministro Valls ha affermato di dover distinguere l'Islam dal terrorismo, e ha ripudiato espressamente coloro che mettessero in guardia dall'islamizzazione del paese, nella persona del romanziere Houellebecq “la Francia non è Houellebecq”. Il giorno successivo Hollande ha condannato “razzismo ed antisemitismo”, non una parola sul radicalismo islamico. I musulmani sono stati invitati alla marcia di unità nazionale di domenica organizzata dal Partito Socialista unitamente a Sarkozy, mentre al Front National – pur forte del notevolissimo ultimo risultato elettorale – è stata rifiutata la partecipazione. Alla faccia della unità e della libertà di espressione, ma, passons...

L'obiettivo indiretto del governo sembra essere di fomentare fino all'eccesso un islamismo moderato moderno giovane e repubblicano da contrapporre a quello radicale e violento, un nuovo islam europeo, “Charlislam”, capace di diventare una sorta di religione ufficiale o quasi di Francia: oltre alla corte che già Valls e Hollande stanno facendo ai ceti islamici non (ancora) violenti, si ha il caso del vecchio sindaco di Parigi Bertrand Delanoë che l'anno scorso diede una festa al municipio per la fine del ramadan, si ha il ministro dell'istruzione che in un'intervista affermò il cattolicesimo essere incompatibile alla libertà e democrazia, ed esser necessario fondare una nuova religione repubblicana, e si può vedere in questi giorni su tutti i canali televisivi di Francia l'esaltazione propagandistica di un presunto islam moderato e costituzionale, l'invito a finanziare scuole coraniche, immagini di studenti musulmani sorridenti. Analogamente, qui in Italia, abbiamo già da tempo la signora Boldrini che fa da madrina a certo islam ripulito, con tanto di visita in moschea civettuolamente vestita di abito e velo bianchi, abbiamo il tentativo di fondare a Lecce la prima università islamica del paese, abbiamo l'onorevole Chaouki che, reduce da richieste di imam e mensa islamica alla Camera dei Deputati, da partecipazioni a video rap di razzismo immigrato antitaliano, ora promette una forte reazione culturale al terrorismo (intus lege: formare un fronte islamico presentabile e coltivato).
Si tratterebbe di agire una secolarizzazione dell'islam, ridotto a sistema di saggezza non eurocentrico, con innesti new age e condanna storica dell'Europa (in quanto cristiana, colonizzatrice, violenta...).
Nonostante la possibilità teoretica e la probabilità pratica di un tale processo, esso si rivelerebbe comunque fallimentare di fronte all'islam radicale ed autentico, incorrotto: la storia ci dimostra come le mezze vie democristiane o liberal-socialiste non siano state altro che un preludio morbido all'affermazione di regimi comunisti ed iperprogressivi, da Kerenskij fino al Cile e all'Italia. Per di più, lo Charlislam sarebbe certo una religione elitaria capace di far presa al massimo sugli europei sbalestrati pronti a convertirsi a qualsiasi esotismo sapienziale – che sia pseudobuddista o pseudomaomettano poco importa – e non certo sulle masse musulmane, e sarebbe privo di una vera carica ideale da poter contrapporre alla radicalità dell'autentico islam: altro non sarebbe che una riedizione col turbante del liberal-ismo europeo degli ultimi decenni, costituzionalmente incapace di contrapporsi a qualsiasi ideale forte per quanto spietato.
E non sarebbe risparmiato dai guerriglieri rimasti fedeli all'islam originario, i quali non stanno esitando a far la guerra e massacrare anche i fratelli nella fede moderati (si vedano gli accadimenti in Siria, Egitto, Iraq...). Insomma un fallimento necessario.

Restano dei punti insoluti, forse imprevedibili: quali sarebbero le reazioni delle potenze extraeuropee? Gli USA forse lascerebbero agire un tale processo, a patto di non rinunciare all'alleanza atlantica, e allora la Russia verosimilmente si opporrebbe a questi nuovi stati charlislamisti, magari appoggiando le destre rimaste fedeli alla memoria europea?
Certo dipende da chi faccia il primo passo: potrebbe essere la Russia stessa a favorire l'islamizzazione per amicarsi i governi europei. E i paesi del sud ed est del Mediterraneo? L'Iran?
La Chiesa come reagirebbe? Potrebbe persino assecondare tale processo, pro bono pacis et oecumenismi, oppure in un accesso di coraggio decidere di chiudere i concordati?
E le destre europee come risponderebbero? Anche considerando che la creazione dello Charlislam richiederebbe, per integrare qualche migliaio di musulmani moderati, un investimento di denaro in loro favore, in scuole, posti di lavoro... Denaro che sarebbe tolto a coloro cui già sia destinato, europei di stirpe quindi, che reagirebbero buttandosi nella destra identitaria vedendo aggravata la propria situazione di crisi economica e vedendosi superati nella stima dello Stato dai “nuovi europei charlislamici”.
Di certo questo progetto di cui si vedono i primi indizi porterà ad una ancora maggiore instabilità politica e sociale sul lungo termine, nonostante l'iniziale vantaggio che i governi di sinistra stanno avendone (in questi momenti Marine le Pen stessa è rimasta spiazzata ed in difficoltà di fronte al dispiegarsi di questa manovra), e nonostante voglia essere un progetto di pacificazione sociale. Ma non si può pretendere di pacificare l'Europa escludendo dalla pace milioni di cittadini europei da generazioni. Infine secondo una prospettiva di teologia della storia potrei sperare che tale unione di islam e modernità produca il dissolversi di entrambi per reazione “chimica”, ponendo termine a questi due fenomeni di contrasto al progetto di Dio sul mondo e l'uomo e lasciando spazio alla definitiva proliferazione del Vangelo di Cristo presso tutti i popoli, le anime, le nazioni.
Ma temo di essermi spinto troppo in là coi pensieri.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

 

11 gennaio 2015

Il Dio dei Cristiani contro lo scontro di (in)civiltà

di Alessandro Rico

Adesso che i terroristi, anziché l’America capitalista e guerrafondaia, hanno colpito il simbolo dell’irreligiosità nella patria del laicismo, la sinistra scatena la sua crociata contro la religione e si appropria persino dello scontro di civiltà. Prima si parlava di Occidente giudaico-cristiano, adesso di Occidente illuminista e laico, bersagliato dall’oscurantismo di ogni confessione. E a chi fa notare che i cristiani non imbracciano kalashnikov per punire i sacrileghi, questi impostori rispondono che è solo perché il secolarismo ha conquistato le coscienze, e si può credere in Gesù Cristo e nella dea Ragione. Magari un po’ più nella dea Ragione. Dinanzi a questo spettacolo di mistificazione, foraggiato dai soliti media buonisti, urge rimettere i puntini sulle “i”.
 

31 dicembre 2014

Gli USA in Medio Oriente: fallimento o strategia del caos?

di Paolo Maria Filipazzi

Il 28 dicembre 2014, con una solenne cerimonia, si è conclusa ufficialmente la missione Isaf in Afghanistan. Il tono minore della celebrazione non è sfuggito agli osservatori, e nemmeno ai talebani, che (ormai tornati in possesso di buona parte del territorio afghano) hanno diramato il giorno dopo un comunicato che festeggia la sconfitta dell’America, dei suoi alleati e delle organizzazioni internazionali. Ed in effetti il risultato sembra magro: il paese non è riappacificato, numerose aree del paese sono tornate in mano a talebani e signori della guerra tribali, la democrazia afghana sembra sempre più una caricatura. E’ questo il risultato di una guerra che ha segnato un’epoca nella storia americana, occidentale e del nostro immaginario collettivo.
 

09 settembre 2013

La Siria minacciata da Obama: da che "parte" stare?

di Andrea Virga



Dopo oltre due anni dall’inizio della guerra civile in Siria, ora si profila concretamente un intervento militare da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Il pretesto addotto sarebbe il presunto uso – e gli stessi media e politici occidentali non affettano certezze al riguardo – di armi chimiche, attribuito al legittimo governo siriano, guidato da Bashar al-Assad. Peccato che nei mesi precedenti, il rapporto di Carla Del Ponte – ex procuratore capo del Tribunale penale internazionale perl'ex Jugoslavia – sostenesse invece che fossero stati i ribelli a impiegare questo tipo di arma. Anche la testimonianza del giornalista belga Pierre Piccinin, da poco rilasciato insieme al collega italiano Domenico Quirico, sembra avallare questa ipotesi. Oltretutto, non si capisce quale titolo avrebbero gli Stati Uniti per intervenire militarmente contro un Paese sovrano. Dall’atomica di Hiroshima e Nagasaki al napalm in Vietnam fino al fosforo bianco a Falluja, il loro curriculum dovrebbe indurli, per pudore, a tacere.
 

02 settembre 2013

La crisi egiziana, tra islamisti e militari

di Andrea Virga

Dopo i precedenti articoli, pubblicati su questo sito, riguardanti le rivolte arabe e in particolare la situazione delle minoranze cristiane in Medio Oriente, ritorniamo volentieri sull’argomento, anche perché l’evolversi della situazione, con l’avanzata degli islamisti e la persecuzione dei cristiani, ha purtroppo confermato le mie analisi. Ciò che più colpisce, a prima vista, della situazione politica in Egitto è la grande complessità sia delle forze politiche in gioco, sia delle reazioni dell’opinione pubblica internazionale. Vediamo di spiegare brevemente la questione.