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30 settembre 2020

Vogliamo chiarezza. L'Obolo ha finanziato la Clinton?


In questo giorni stanno scoperchiano il vaso di Pandora. 

Nell'ambito dell'inchiesta sulle finanze vaticane, si è finalmente scoperto che l'Obolo di San Pietro è stato utilizzato in modo ampiamente improprio. 

Qualche anno fa, su la Verità comparve un articolo riguardo il finanziamento della campagna della Clinton con i soldi dei fedeli.

Possiamo chiedere di fare chiarezza?

Ecco l'articolo.

 

29 giugno 2017

I Santi Pietro e Paolo, Colonne della Chiesa, e il coraggio apostolico


di Roberto De Albentiis

Il 29 giugno si fa memoria solenne dei Santi Pietro e Paolo, Principi e Protocorifei degli Apostoli, Patroni della Chiesa Cattolica e di Roma; in un periodo, come quello estivo, in cui si tende molto alla distrazione e perfino alla frivolezza, capita a proposito il loro ricordo solenne, tanto che perfino nel messale nuovo, avaro di celebrazioni rispetto a quello antico, è rimasta la vigilia e la Messa vespertina in loro onore. Fino al nuovo Concordato la loro festa, come tante altre, aveva effetti civili in tutta Italia, e non solo a Roma, e ancora di più, nel mondo cristiano orientale, pure in quello ortodosso separato da Roma e dal Papa, la loro festa è così solenne che è preceduta da un digiuno, di durata variabile, che inizia il secondo lunedì dopo Pentecoste e che è dedicato alla preparazione spirituale alla loro festa.
Il 29 giugno è probabilmente il giorno in cui si festeggia la deposizione delle loro reliquie nelle basiliche romane loro dedicate, alcune delle più importanti della cristianità, che per secoli e ancora adesso sono state meta di devoti pellegrinaggi; antico giorno in cui si festeggiavano Romolo e Remo deificati, la Chiesa, finite le persecuzioni, volle cristianizzare tale data, e del resto Pietro e Paolo erano stati i fondatori della vera ed eterna Roma cristiana, come si legge in una famosa omelia di San Leone Magno, ripresa poi da Dante nel suo elogio al “Cristo romano” e al “beato Pietro” nella sua immortale Commedia. Una pia leggenda dei fedeli romani voleva che Pietro e Paolo avessero subito il martirio assieme, nel medesimo giorno, proprio il 29 giugno; sappiamo, da dati biblici e archeologici, che non è così, ma se questa bella leggenda non toglie niente e anzi aumenta la nostra fede, perché demolirla o criticarla? E del resto, come lo erano in vita, non sono stati uniti in morte e, dopo, nel culto, tanto che in ogni Messa di San Pietro deve essere citato San Paolo e viceversa?
Come Romolo e Remo, discendenti di Enea, venuto dall’Oriente, avevano fondato Roma, divenuta capitale del secolo, Pietro e Paolo, venuti anch’essi dall’Oriente, avevano stabilito la loro dimora a Roma, facendone la capitale spirituale e morale del mondo, e avevano versato per essa, ottenendone in seguito la conversione, il loro sangue, che si andò ad unire al Preziosissimo Sangue di Gesù, da loro magnificato nelle loro epistole e peraltro festeggiato liturgicamente due giorni dopo, il 1° luglio; i loro insegnamenti ci sono da faro, soprattutto in questi tempi difficili per noi.
Ricorriamo oggi alla loro intercessione per impetrare dal Cielo la grazia di avere un saldo insegnamento pontificio: in questi anni di turbamento, perfino sconforto e sofferenza, chiediamo che il Papa sia fermo nel difendere e ribadire la fede ortodossa, chiediamo che il Papa si comporti da Pietro e non da Simone! Secondo la tradizione, rinvenibile negli Atti di Pietro e confermata in ultimo da San Giovanni Paolo II, San Pietro, scoppiata la persecuzione neroniana, preso da timore fuggì dall’Urbe, ma ad un certo punto incontrò il Signore che portava una grande croce, e Gli chiese dove stesse andando, e Lui rispose che tornava a Roma a farsi crocifiggere di nuovo (“Domine, quo vadis?”; “Eo Romam iterum crucifigi”): San Pietro, scossosi, tornò in sé e affrontò coraggiosamente il martirio, venendo crocifisso a testa in giù, su sua richiesta, ché non si considerava degno di morire come Gesù. Chiediamo per noi il coraggio di soffrire anche la persecuzione e la morte per Gesù, e chiediamo anche, con supplica e dolore, che il Vicario di Cristo e Successore di Pietro, si comporti davvero da Pietro e da dolce Cristo in terra; l’angosciante silenzio del Papa sulla triste vicenda del bambino inglese malato Charlie è terribile, ed è solo l’ultima, e a maggior ragione preghiamo per questo con l’intercessione dei Santi Pietro e Paolo!
Chiediamo la fede semplice di San Pietro, l’umile apostolo pescatore, non certo privo di pecche o difetti, l’apostolo che, sul Tabor, non seppe dire altro se non proporre di costruire una tenda, e che durante la Passione fuggì; eppure proprio su di lui e la sua fede, e non su San Giovanni, che riposò sul Suo petto, Gesù fondò la Chiesa. E chiediamo anche il coraggio zelante e la missionarietà di San Paolo, di San Paolo che, quando Pietro stava per cadere in errore, lo riprese pubblicamente e lo corresse, di San Paolo che è Patrono e modello dei missionari, tanto laici quanto consacrati. Perché come diceva il Beato Paolo VI, che da lui volle prendere il nome, il Papa è successore non solo di Pietro, ma anche di Paolo, e come lui deve predicare il Vangelo in tutto il mondo. Che possiamo avere anche noi questo zelo per la missione e per la verità!
Chiudo questo articolo con la citazione iniziale di una famosa dichiarazione ufficiale di Monsignor Marcel Lefebvre, grande vescovo missionario del secolo scorso, strenuo amante e difensore del papato e della romanità, che, fondando la sua Fraternità Sacerdotale San Pio X, volle che tutti i suoi seminaristi, prima dell’ordinazione, venissero a passare un periodo a Roma per respirare l’aria romana, l’aria di Pietro, e che mai, pur nel culmine dello scontro, disconobbe i Papi regnanti, vedendo sempre in essi, comunque, San Pietro: “Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l'anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità. Noi rifiutiamo, invece, e abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono scaturite”.

 

01 aprile 2017

Su queste pietre: le Chiavi di Pietro (Episodio I)


Questa rubrica nasce con l'obiettivo di esporre in brevi pillole la storia del papato nelle sue personalità fondanti. Si cercherà così di dare un quadro generale sul ruolo del pontefice nella Chiesa Cattolica, chiarendo qualsiasi dubbio: in questi tempi di grande confusione è un dovere per un cristiano cattolico ribadire la centralità del papato e di Roma.

di Alfredo Incollingo

Nel “Vangelo secondo Matteo” (Mc 16,17) Gesù, rispondendo a Pietro (che aveva riconosciuto la sua divinità), così affermava: “Dio ti ha benedetto, Simone, figlio di Giona, perché non hai scoperto questa verità con forze umane, ma è stato mio Padre che è in cielo a rivelartela. Tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia Chiesa; e tutte le potenze dell'inferno non potranno vincerla mai. Io ti darò le chiavi del Regno dei Cieli; le cose che tu non permetti sulla terra, saranno le cose che Dio non permette e le cose che permetti sulla terra, saranno le cose che Dio permette.”
In queste parole si preannuncia la morte, la resurrezione e l'ascensione al Padre e la necessità di affidare la missione di evangelizzare le genti all'apostolo Pietro, che ha creduto con fede alle Sue parole. Gesù gli ha fatto dono delle “Chiavi del Cielo”, facendolo partecipe della Sua regalità e del Suo Sacerdozio: Pietro non è Dio, è sempre un uomo al quale gli è stato affidato dal Verbo Incarnato la missione di reggere la Chiesa. L'apostolo diviene così il ponte tra il Cielo e la Terra perché “ le cose che tu non permetti sulla terra, saranno le cose che Dio non permette e le cose che permetti sulla terra, saranno le cose che Dio permette.” Così si spiega in poche parole cosa sia il pontefice, ovvero il pastore spirituale della società cristiana.
I luterani hanno nei secoli urlato la blasfemia di queste affermazioni, affermando che non ci sono rimandi scritturali che giustifichino il ruolo del papa. I protestanti troppe volte dimenticano che Lutero ha celato numerose evidenze delle Scritture pur di avvallare la propria “riforma”. Il Vangelo di Matteo ribaltano sostanzialmente il giudizio luterano. Con il mandato di San Pietro si da inizio alla Successione Apostolica che legittima il papa e l'intero ordine sacerdotale. Il prete, per farla breve, è anch'egli un “alter Christus”, come un vescovo, mentre il papa è l'anziano che lo Spirito Santo ha indicato attraverso i cardinali per succedere a Pietro. Un caso diverso dai luterani è quello degli ortodossi: pur non riconoscendo il primato romano sulle altre chiese (preferendo una concezione ecumenica della comunità cristiana), assegnano un vago valore simbolico al vescovo di Roma. Il papato, la Chiesa Cattolica o il Primato di San Pietro ha origini nei passi evangelici citati e si è dipanata per duemila anni e in là. A partire dall'apostolo e dal secondo papa, Lino, inizia il difficile cammino del cattolicesimo che si affermerà e definirà il suo ruolo nel corso dei secoli e per volontà di santi pontefici.

 

18 novembre 2016

La dedicazione delle basiliche dei ss Pietro e Paolo: alcune riflessioni sull’attualità ecclesiale


di Roberto De Albentiis

Il 18 novembre, in ricordo della grande Dedicazione che Papa Urbano VIII fece nel 1626 della Basilica di San Pietro, si celebra la solenne festa della Dedicazione delle Basiliche romane dei Santi Patroni di Roma, i Principi degli Apostoli Pietro e Paolo; col tempo, a questo giorno si unì pure il ricordo dell’altra Dedicazione, quella che Papa Pio IX fece il 10 dicembre 1854 della Basilica di San Paolo.
Le Basiliche romane sono estremamente importanti per la storia e il culto della Chiesa romana, ma in special modo quelle degli Apostoli, essendo del resto la Chiesa costruita proprio sugli Apostoli, e soprattutto su Pietro e Paolo; nelle Basiliche romane si compiono le Stazioni di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, e le Basiliche romane sono luoghi privilegiati di pellegrinaggio dei fedeli, soprattutto durante i Giubilei, come questo che si sta per chiudere.
Il Papa, Vescovo di Roma, è successore di San Pietro come capo visibile della Chiesa, ma, in qualche modo, lo è pure di San Paolo come dottore e missionario, e proprio per questo Paolo VI e Giovanni Paolo II, dopo secoli, decisero di intraprendere viaggi missionari; e in passato la festa dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno, era uno dei pochi momenti in cui il Papa celebrava personalmente la Santa Messa. La festa dei Santi Pietro e Paolo è importante tanto nella Chiesa latina quanto in quella greca, che anzi dispone in preparazione di essa un rigoroso digiuno, mentre in Occidente la sapienza della Chiesa ce ne fa festeggiare una seconda edizione in questo giorno.
In questo giorno particolare, in cui non possiamo non pensare al Papato e al Papa, successore a Roma proprio di Pietro e Paolo, vediamo la Chiesa  sempre più confusa e divisa, e quel che è peggio è che pare essere proprio il Papa causa (involontaria?) di questa divisione: è da almeno 700 anni, dal tempo di Papa Giovanni XXII, che aveva errato gravemente sul giudizio delle anime, che dei cardinali e dei teologi non muovono monizioni canoniche al pontefice, altrimenti sommo liturgo e sommo teologo. Eppure le ambiguità, quando non gli errori, di questo pontificato paiono essere così tanti che, juxta modo, nei modi opportuni e sempre rispettando e amando l’autorità, qualcuno deve intervenire; e del resto, in un famoso episodio, fu proprio San Paolo a riprendere San Pietro quando era caduto in errore.
Sia chiaro che la Chiesa appare in crisi e divisa non certo dall’avvento al soglio petrino di Papa Francesco: la crisi (dottrinale, dogmatica, liturgica, vocazionale, morale) nella Chiesa risale ad almeno cinquant’anni fa, e i due predecessori di Bergoglio non hanno potuto fare altro che mettere dei paletti, ma non certo risolverla pienamente; essa è una crisi prima di tutto di fede, e solo toccando la fede si è potuta toccare la morale, altrimenti secondaria e ancillare alla fede stessa. La Chiesa di oggi non appare forte e unita: le chiese e le piazze sono sempre più vuote, le vocazioni, anche nei Paesi di missione, hanno ripreso a calare, soprattutto l’insegnamento cattolico, per gli stessi fedeli, pare ormai essere diventato un optional, anzi, peggio, pare essere diventato indifferente, e purtroppo, spesso, ci si appella proprio al Papa, a prescindere dalle sue reali intenzioni (che, sono sicuro, sono buone, ma, purtroppo, anche volendo il bene si può ottenere un male), per giustificare tale situazione. E, ancora, si vede questa Chiesa, così misericordiosa a parole, non solo non correggere più gli errori, cosa essenziale per una vera opera di misericordia spirituale, ma, soprattutto, ricercare, emarginare, cacciare quelli che sono semplici fedeli rimasti legati all’insegnamento immutabile della Chiesa, e che sono ora sempre più disorientati, ora sempre più arrabbiati.
Il Papa stesso è dispiaciuto di ciò, di vedere divisioni e opposizioni, e sentire, per quanto in maniera informale e riservata, di una vera e propria demoralizzazione del Papa, per un fedele, ancorché a volte (e purtroppo sempre più spesso) critico con la linea di questo pontificato come me, è una cosa molto dolorosa; ma a questo dolore si somma il dolore di vedere che è stato spesso proprio il Papa regnante, volutamente o meno, a creare questo clima, e purtroppo ora si stanno ammassando i frutti, non solo nei confronti di Francesco, ma della Chiesa tutta, arrivata ad un momento estremamente difficile.
Noi vorremmo con tutto il nostro cuore che il Papa ci fosse padre, che ci istruisse e ci confermasse nella fede, che non ci criticasse sempre e a prescindere, anche quando non c’è bisogno, ma che anzi ci sostenesse tanto nelle nostre vite quotidiane quanto nelle nostre battaglie: noi vorremmo insomma che il Papa fosse davvero successore di San Pietro! E non vorremmo davvero più vedere la Chiesa divisa, indebolita, in preda all’ambiguità e allo scoraggiamento, come non vorremmo più vedere dei cardinali costretti a porsi in posizione diversa dal Papa o non vorremmo più sentire di un Papa triste e demoralizzato, come, anche, non vorremmo più sentirci tristi o demoralizzati per la Chiesa o per il Papa: perché se noi appariamo tristi o preoccupati (o, purtroppo, a volte, presi da erroneo zelo amaro) è perché noi amiamo la Chiesa e il Papa, crediamo e amiamo fortemente, e vogliamo da essa e per essa solo il meglio, come lo vogliamo per il Papa!
In questo giorno particolare, offriamo preghiere, digiuni e sacrifici per la Chiesa e soprattutto per il Papa: ci sia, Francesco, da padre e maestro, torni ad emozionarci come nei primi giorni del suo pontificato, ci mostri la vera Misericordia! Noi vorremmo essere i figli leali, obbedienti, anche consolatori, del Papa, e non vorremmo, invece, dispiacerci per lui e con lui. E preghiamo i Santi Pietro e Paolo affinché siamo sempre fedeli e obbedienti a questa madre autorevole e amorevole, affinché la ascoltiamo e la difendiamo, affinché perfino possiamo morire per essa!

 

12 novembre 2016

Viaggio sentimentale e devozionale a Roma: Domine, quo vadis? (Parte XVI)


di Alfredo Incollingo

San Pietro riuscì a fuggire dal Carcere Mamertino grazie all'aiuto di due carcerieri da lui stesso convertiti durante la prigionia, i santi Processo e Martiniano; ormai libero l'apostolo non perse tempo e fuggì da Roma lungo la via Appia. L'imperatore Nerone, per sviare ogni sospetto, aveva accusato i cristiani di essere i responsabili dell'incendio che aveva distrutto i quartieri popolari dell'Urbe, dando l'opportunità al popolo di sfogare la sua rabbia su una setta (all'epoca) che già era vessata da pregiudizi e minacce. San Pietro prese la via Appia per tornare probabilmente in oriente e lì trovare un sicuro rifugio: fu un atto di viltà, dettata dalla natura umana, ma il Signore vedendo il Suo apostolo lasciare la sua missione, si parò di fronte a lui, nel luogo dove oggi si trova la chiesa di Santa Maria in Palmis o del Domine quo vadis.
Immaginiamo per un attimo San Pietro che a fatica, provato dall'età e dalle numerose prove, procede a passo svelto, allontanandosi il più possibile dalla città che (per il momento) rifiuta la fede cristiana e mal tollera i cristiani (alla faccia dei tolleranti romani)! Si ferma per riposare e riprende subito la marcia per non perdere minuti preziosi. Ha naturalmente paura che i soldati romani o qualche delatore lo possano trovare. Un fulmine dal cielo o un bagliore del sole più forte del solito attira la sua attenzione. Il Signore gli si para di fronte e lo biasima delle sue mancanze. Tralasciamo però le scene grandiose, perché San Pietro può avere semplicemente incontrato per strada un uomo, un anonimo viandante, come tanti che percorrevano l'Appia. L'apostolo però non poteva non conoscere la sua identità. Infatti gli chiede in latino: “Domine, quo vadis?” (Signore, dove vai?). Gesù risponde: “Vengo a Roma per farmi crocifiggere di nuovo”. Le parole semplici ed incisive di Cristo, cui siamo abituate, sono un grave biasimo per l'apostolo, il quale comprendendo il suo errore, riprende la strada verso Roma, accettando il martirio.
Di quell'evento oggi c'è rimasta una sacra reliquia: si tratta di una lastra di marmo con impresse le orme dei piedi del Signore quando, apparso a San Pietro, lo ammonì del suo tentennamento (l'originale oggi è conservato nella basilica di San Sebastiano fuori le mura). Il reperto venne conservato in una cappella costruita nel IX secolo. Qualche secolo dopo, nel milleseicento, furono approntati una serie di cantieri che trasformarono la struttura medievale in una magnifica chiesa, Santa Maria in Palmis o del Domine quo vadis.
Il viaggio continua.

 

30 ottobre 2016

Viaggio sentimentale e devozionale a Roma: San Pietro in carcere (Parte XVI)


di Alfredo Incollingo

L'apostolo Pietro predicò a Roma durante l'impero di Nerone per poi subire il martirio nel 67 d.c.. Dopo aver predicato in Palestina e in Medio Oriente l'apostolo si spostò nell'Urbe continuando il suo apostolato. In città venne accolto e nascosto da diverse famiglie patrizie: risiedette a lungo nella villa di Prudente e le sue figlie, Santa Prudenziana e Santa Prassede. Queste subirono diversi anni dopo il martirio per il loro servizio nella comunità cristiana romana.
L'imperatore scatenò una feroce persecuzione contro i cristiani accusati di aver provocato il terribile incendio del 64 d.c. che aveva causato danni ingenti alla città. Probabilmente per allontanare i sospetti da sé e per ottenere maggior consenso popolare aveva accuso i cristiani di aver tramato contro lo Stato e l'ordine civile, sfruttando i già ben noti pregiudizi verso i primi fedeli di Cristo.
San Pietro subì l'arresto e con San Paolo fu imprigionato nel Carcere Mamertino, che ancora oggi si trova alle pendici del Campidoglio, su Via dei Fori Imperiali.
Nel corso dei secoli la prigione divenne un luogo di pellegrinaggio e nel IV secolo San Silvestro papa trasformò la cella del santo in una cappella e al di sopra di essa venne edificata una chiesa che fu intitolata “San Pietro in Carcere” per volere di papa Paolo III. Nel 1540 la Congregazione dei Falegnami ottenne in affitto l'intero complesso e tra il 1597 e il 1663 furono effettuati lavori di restauro. Quando terminarono, la chiesa venne dedicata a San Giuseppe dei Falegnami e ancora oggi conserva questo titolo.
Una serie di fatti miracolosi si succedettero durante la detenzione del santo nel Carcere Mamertino. Appena venne condotto in catene nella sua cella, San Pietro cadde sbattendo la testa e lasciando un'evidente impronta sulla parete. L'orma del suo capo dal 1720 è protetta da una grata per proteggerla dall'usura. I due carcerieri, i futuri santi Processo e Martiniano, turbati dall'evento compresero la santità di Pietro e decisero di farsi battezzare. Fu così che l'apostolo, facendo un segno della croce verso la Rupe Terpea, fece scaturire dalla roccia una sorgente d'acqua limpida che utilizzò per battezzare i due soldati romani .
La storia che seguì è ben nota ai fedeli. L'apostolo fu fatto evadere dai due soldati divenuti cristiani e, secondo una ben conosciuta tradizione popolare, tentò la fuga da Roma attraverso la via Appia.
Un percorso ideale alla scoperto dei luoghi santi di Roma potrebbe portare il pellegrino a visitare le reliquie petrine che testimoniano la sua predicazione e il suo martirio. San Giuseppe dei Falegnami è quindi una tappa fondamentale in questo cammino.
Il viaggio continua.

 

08 ottobre 2016

Viaggio sentimentale e devozionale a Roma: le catene di San Pietro in Vincoli (Parte XIII)


di Alfredo Incollingo

L'apostolo Pietro venne martirizzato a Roma nel 67 d.c. dopo l'arresto e un periodo di detenzione nel Carcere Mamertino. Il suo martirio fu tra i più brutali della storia (venne crocifisso, ma a testa in giù!) e un oggetto ancora oggi ricorda quei drammatici eventi: le catene che furono usate per imprigionarlo. Sono conservate nella chiesa di San Pietro in Vincoli, conosciuta ai più per lo straordinario patrimonio artistico che la impreziosisce: celebre è il Mosè con le corna, di Michelangelo, e gli affreschi del Guercino. In questa sede ci interessa soffermarci però sulla reliquia pietrina che ha per noi cristiani un alto valore simbolico e di fede.
Partiamo dall'inizio, dalla fondazione della chiesa che risale secondo la tradizione al V secolo d.c. per volere dell'imperatrice romana d'Oriente Eudossia Licinia. L'antico appellativo “basilica basilissa” (è il titolo dato alla moglie del basileus, l'imperatore bizantino) ha non poco avvalorato questa tesi. In realtà si è scoperto un inizio ancora più remoto: la basilissa avrebbe edificato l'attuale chiesa su una precedente fondazione che è stata attribuita a San Pietro, in ricordo dei cristiani morti in seguito alle persecuzioni neroniane del 64 d.c. (anno del famoso incendio). Non sappiamo se ciò sia vero, ma è certo che San Pietro in Vincoli venne costruito su un “titulus”, uno dei primi luoghi di culto della cristianità (esclusivamente domestico e celato a occhi indiscreti).
Eudossia Licinia volle la chiesa per custodirvi le catene dell'apostolo che aveva donato a San Leone Magno nel 442 d.c.. Nel corso dei secoli l'edificio è stato ristrutturato includendo nella sua struttura le tracce della successione dei movimenti artistici che hanno animato la città di Roma. Le catene petrine sono oggi venerabili al di sotto dell'altare maggiore, dove sono conservate in una teca di bronzo. Secondo la tradizione i cristiani gerosolimitani le custodirono dal 69 d.c. e fu un loro patriarca, Giovenale, a donarle un giorno all'imperatrice Elia Eudocia; questa a sua volta le cedette alla figlia come dono di nozze (Eudossia Licina sposò l'imperatore romano d'Occidente Valentiniano III). In realtà i cristiani gerosolimitani possedevano solo una parte delle catene: infatti a Roma era custodita l'altra metà, nel Carcere Mamertino, dove San Pietro fu tenuto prigioniero. Quando Leone Magno ottenne l'altra sezione della reliquia, accostandole, miracolosamente si unirono senza l'apporto di un fabbro. Questo episodio scacciò ogni dubbio e si riconobbe la santità dell'oggetto, quale testimone del martirio del primo Papa.
Il viaggio continua.

 

15 dicembre 2015

Sul concetto di Chiesa nell’era franceschiana


di Satiricus

L’attacco all’empio spettacolo di Castellucci, “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio”, i cui sviluppi peraltro si sono confermati ancor più truci del previsto, mi aveva impegnato per sei lunghi articoli, in tempi non sospetti di facili schieramenti, incluso un affondo a quell’Antonio Socci che dal 2013 in qua ha invece cambiato e volto e toni (https://satiricus.wordpress.com/2012/03/08/castellucci-e-cattolicucci-versione-integrale/). 
Per chi non ricordasse, Castellucci aveva inscenato un teatro in cui una colata di feci simboliche scendeva sulla gigantografia del Cristo di Antonello da Messina; gli sviluppi turpi, dei quali peraltro sono poco informato, includerebbero schiere di bambini invitati a gettare sassi contro al medesimo Volto. Sei articoli, ovviamente datati ai tempi dell’Università, quando avevo più spazio per certe imprese. Oggi vorrei ritrattare, vorrei accodarmi a Socci che definiva autentica arte, potente espressione dell’umano, quelle regie estreme di Castellucci. Devo farlo, altrimenti non saprei come giudicare lo spettacolo kitch dell’8 dicembre in cui, per dirla con un parafrasi condensata, la Chiesa si è lasciata sodomizzare dagli illuminati: fiat lux, un sequel di icone selvatiche, inneggio all’animalismo, spregio del principio antropico, negazione dell’Immacolata, sottomissione del teologico al politico, finanziate da enti abortisti e mondialisti, proiettate sulla facciata di San Pietro (http://www.corrispondenzaromana.it/spettacolo-animalista-proiettato-sulla-basilica-di-san-pietro/). Meglio la merda di un artista ateo sul volto di Nostro Signore; non bene, ma meglio. Il fumo di satana, entrato nella Chiesa, ora sembra fuoriuscirne da ogni stipite, fino ad avvolgerne e ad abbracciarne l’intera facciata. 
Avrei provato disgusto anche se si fossero proiettate le opere di qualche artista classico del sacro, San Pietro è simbolo di fede, non supporto per spettacolini. Che poi, ancora s’odono le risate di chi denuncia la partecipazione flebile del popolo agli eventi di Chiesa dell’8 mattina; riteniamo forse di supplirvi con mega-show pubblicitari da salotto? L’abominio: sui social amici di ogni tipo, inclusi quindi i molti moderati che neppur sospettano la mia anonima partecipazione ai blog del dissenso, mi contattano e definiscono così la pagliacciata vaticana, riferendosi all’abominio della desolazione. L’abominio però non sarebbe lo spettacolo, ma la situazione di totale resa culturale della Chiesa contemporanea, l’abominio sarebbe chi la sta mettendo in tale vergognoso stato, a partire dal popolo emotivo e dai preti da applauso. 
Dopo il vilipendio del pretorio mistico, vissuto da Benedetto XVI, sembra stiamo entrando nella fase dei tradimenti e delle flagellazioni. Benedetto XVI ci aveva avvisati, serviva una critica umile e profonda della Chiesa dal Concilio in qua. Non l’abbiamo voluta, non l’abbiamo voluto, il resto era tutto già scritto e ci avvilirà per molto ancora. Siamo solo all’inizio, temo. Morale della favola: i grandi maestri spirituali insegnano a fuggire con orrore le tentazioni, io fino a data da precisarsi, ritengo di fuggire con orrore il Vaticano e le sue non angeliche coorti. Di certo la soglia di San Pietro, la San Pietro di scimmie e fere, non vedrà il mio passaggio in quest’anno; vedrà invece il mio contributo l’impegno ad impetrare Misericordia da Dio, sulla mia fede fragile e incoerente anzitutto, e poi sulla Chiesa delle scimmie, che nemmeno più distingue, né tantomeno sa fuggire, atti di materiale apostasia. 

 

10 dicembre 2015

Il Giubileo è iniziato. Ma i pellegrini?


di Giuliano Guzzo

«Avrei desiderato il vero Giubileo dei pellegrini […] Nel ’99, dentro la Chiesa di San Pietro c’erano già i fedeli, non soltanto i fotografi come accaduto stavolta». Non è affatto tenero il commento del regista Ermanno Olmi sull’inaugurazione del Giubileo, tenutasi com’è noto a Roma l’8 dicembre. Il punto è che l’assenza dei pellegrini non si è notata solo «dentro la Chiesa di San Pietro», ma anche in piazza San Pietro: a pochi minuti dall’inizio della cerimonia – stando a più fonti – metà di questa era desolatamente deserta o quasi.
Sembrano essersi così concretizzati i timori che, a questo, nella Capitale circolavano già i giorni precedenti: «Apertura del Giubileo a rischio flop. Sos degli albergatori: gli attacchi a Parigi hanno provocato disdette per l’inaugurazione dell’Anno Santo: -50% di presenze a Roma nei bed & breakfast, -20 in hotel» (LaStampa.it, 6.12.2015). Dinnanzi a questa scarsa partecipazione di pellegrini all’inaugurazione del Giubileo – fenomeno inatteso e quindi sociologicamente interessante – le spiegazioni possibili sono molteplici.

Le più accreditate riguardano da un lato la psicosi terrorismo e, dall’altro, il “ponte” dell’8 dicembre, che potrebbe aver orientato molti aspiranti pellegrini verso altre mete. Ci sono però anche altre due possibili spiegazioni che non escludono quelle poc’anzi ricordate, ma che sarà possibile verificare nei prossimi mesi. La prima concerne il calo, in corso da mesi, del numero medio dei partecipanti alle udienze generali di Papa Francesco, precipitati dagli oltre 51.000 del 2013 ai meno di 15.000 degli ultimi tempi: l’inizio del Giubileo potrebbe aver cioè risentito di questa flessione.
C’è però anche un’ultima spiegazione di respiro più generale, vale a dire il progressivo distacco del popolo italiano dalla Chiesa e dalla messa domenicale. Un distacco che – nota lo statistico Roberto Volpi – si era sorprendentemente arrestato proprio «negli anni del pontificato di Benedetto XVI» con la partecipazione alle funzioni «tenuta costantemente oltre il 30 per cento, e mediamente attorno al 32-33 per cento», mentre ultimamente è ripreso toccando «un minimo nel 2014 (per questo 2015 agli sgoccioli occorrerà aspettare la fine del prossimo anno) del 28,8 per cento» (IlFoglio.it, 9.12.2015).
Si tratta di dati che stupiscono non solo, come detto, perché in contrasto con la tendenza registrata in Italia «negli anni di Benedetto XVI», ma anche perché il consenso di cui gode la figura di Papa Francesco, com’è noto, è molto alto; per non parlare, tornando all’inaugurazione del Giubileo, della copertura mediatica che ha avuto l’evento e di cui, in generale, gode appunto il Pontefice argentino. Forse si sta silenziosamente scavando un solco fra la simpatia personale di Papa Francesco da un lato e l’attaccamento effettivo della gente alla pratica religiosa dall’altro, il cui declino continua inarrestabile? Vedremo. In ogni caso un fatto è certo: il Giubileo è iniziato. Ma i pellegrini?

http://giulianoguzzo.com/2015/12/10/il-giubileo-e-iniziato-ma-i-pellegrini/
 

18 novembre 2014

Dedicazione delle Basiliche dei santi Pietro e Paolo


di Franciscus Pentagrammuli 

Terribilis est locus iste, hic domus Dei est, et porta caeli, et vocabitur aula Dei: così recita l'introito della Messa in Dedicatione Ecclesiae nel rito romano. 

Oggi, nella data tradizionale fissata dal beato Pio IX nel 1854, la liturgia commemora la dedicazione delle Basiliche di San Pietro e di San Paolo: con le basiliche di Santa Maria Maggiore (dedicazione il 5 agosto) e del Salvatore in Laterano (dedicazione il 9 novembre), esse formano l'insieme delle quattro basiliche patriarcali romane, che negli anni giubilari i pellegrini devono visitare per acquistare la grande indulgenza concessa dai papi ogni venticinque anni.

Dopo il martirio, i resti dell'apostolo Pietro furono sepolti nei pressi della via Cornelia, sepoltura poi segnalata ai fedeli da una edicola eretta da papa Anacleto, e che rimase fino al terzo secolo il luogo di sepoltura dei papi. L'imperatore Costantino fece costruire la prima basilica vaticana sopra questo stesso luogo: in essa fu incoronato Carlomagno, in essa si cantava la grande litania del 25 aprile, in essa, al termine delle Quattro Tempora, si celebrava la vigilia delle ordinazioni. Restaurata e rinnovata dopo la distruzione ad opera dei saraceni (806), la basilica soffrì dell'abbandono durante la cattività avignonese, tanto che Nicola V decise di demolirla per ricostruirla nuovamente: opera questa che impegnò i successivi pontefici da Giulio II fino ad Urbano VIII, che il 18 novembre 1626 consacrò la nuova basilica terminata.
Fu alla fine del medioevo che i papi, abbandonato il palazzo del Laterano, si stabilirono nel palazzo vaticano, facendo della basilica di San Pietro il centro di grandi solennità. Questa sostituzione fu resa definitiva dal Concilio del 1870, e le cripte della basilica accolgono oggi, oltre alle sepolture di tutti i papi da Innocenzo XI ad oggi, anche quelle di molti papi medievali, ivi trasferiti dalla basilica lateranense.

Presso la via Ostiense, invece, fu sepolto il corpo dell'apostolo Paolo, martirizzato alle acque Salvie, ed ivi sempre il papa Anacleto eresse un piccolo oratorio, simile a quello vaticano. Gli imperatori Costantino prima, e Valentiniano poi, edificarono la basilica, ultimata da Teodosio ed Onorio, e cinta di mura nel IX secolo per preservarla dalle incursioni saracene.
Così rimase la basilica fino alla notte fra il 15 ed il 16 agosto 1823, quando un incendio la distrusse.
L'intera Cristianità, e persino eretici ed infedeli, partecipò con donazioni alla riedificazione della basilica paolina, fino a che il 5 ottobre 1840 Gregorio XVI poté consacrare il transetto e l'altar maggiore, edificato sopra la tomba dell'Apostolo. In occasione della definizione del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre 1854), 185 cardinali, arcivescovi e vescovi assistettero il 10 dicembre alla dedicazione della nuova basilica, fatta dal beato papa Pio IX.
Il 27 agosto 1893 Leone XIII elevò la festa a rito doppio maggiore per la Chiesa universale.

Fonte: Guéranger.


 

01 marzo 2013

Tu es Petrus. L'ultima udienza di Papa Benedetto

di Ilaria Pisa

Il sole abbraccia la piazza, gremita ma non troppo. Non è un’adunata oceanica a salutare il Papa nella mattina della sua ultima udienza, ma un clima familiare, quasi intimo, creatosi nonostante le bandiere nazionali che fanno capolino accanto ai tanti striscioni e cartelli dedicati al Santo Padre siano numerosissime (colpisce lo sguardo lo scarlatto della bandiera cinese, e mi toccano il cuore i vessilli libanese ed indiano che mi sembrano portare in piazza, oltre all’amore della Chiesa vivente, il sangue di tanta Chiesa martire anche in questi giorni).