29 giugno 2017

I Santi Pietro e Paolo, Colonne della Chiesa, e il coraggio apostolico


di Roberto De Albentiis

Il 29 giugno si fa memoria solenne dei Santi Pietro e Paolo, Principi e Protocorifei degli Apostoli, Patroni della Chiesa Cattolica e di Roma; in un periodo, come quello estivo, in cui si tende molto alla distrazione e perfino alla frivolezza, capita a proposito il loro ricordo solenne, tanto che perfino nel messale nuovo, avaro di celebrazioni rispetto a quello antico, è rimasta la vigilia e la Messa vespertina in loro onore. Fino al nuovo Concordato la loro festa, come tante altre, aveva effetti civili in tutta Italia, e non solo a Roma, e ancora di più, nel mondo cristiano orientale, pure in quello ortodosso separato da Roma e dal Papa, la loro festa è così solenne che è preceduta da un digiuno, di durata variabile, che inizia il secondo lunedì dopo Pentecoste e che è dedicato alla preparazione spirituale alla loro festa.
Il 29 giugno è probabilmente il giorno in cui si festeggia la deposizione delle loro reliquie nelle basiliche romane loro dedicate, alcune delle più importanti della cristianità, che per secoli e ancora adesso sono state meta di devoti pellegrinaggi; antico giorno in cui si festeggiavano Romolo e Remo deificati, la Chiesa, finite le persecuzioni, volle cristianizzare tale data, e del resto Pietro e Paolo erano stati i fondatori della vera ed eterna Roma cristiana, come si legge in una famosa omelia di San Leone Magno, ripresa poi da Dante nel suo elogio al “Cristo romano” e al “beato Pietro” nella sua immortale Commedia. Una pia leggenda dei fedeli romani voleva che Pietro e Paolo avessero subito il martirio assieme, nel medesimo giorno, proprio il 29 giugno; sappiamo, da dati biblici e archeologici, che non è così, ma se questa bella leggenda non toglie niente e anzi aumenta la nostra fede, perché demolirla o criticarla? E del resto, come lo erano in vita, non sono stati uniti in morte e, dopo, nel culto, tanto che in ogni Messa di San Pietro deve essere citato San Paolo e viceversa?
Come Romolo e Remo, discendenti di Enea, venuto dall’Oriente, avevano fondato Roma, divenuta capitale del secolo, Pietro e Paolo, venuti anch’essi dall’Oriente, avevano stabilito la loro dimora a Roma, facendone la capitale spirituale e morale del mondo, e avevano versato per essa, ottenendone in seguito la conversione, il loro sangue, che si andò ad unire al Preziosissimo Sangue di Gesù, da loro magnificato nelle loro epistole e peraltro festeggiato liturgicamente due giorni dopo, il 1° luglio; i loro insegnamenti ci sono da faro, soprattutto in questi tempi difficili per noi.
Ricorriamo oggi alla loro intercessione per impetrare dal Cielo la grazia di avere un saldo insegnamento pontificio: in questi anni di turbamento, perfino sconforto e sofferenza, chiediamo che il Papa sia fermo nel difendere e ribadire la fede ortodossa, chiediamo che il Papa si comporti da Pietro e non da Simone! Secondo la tradizione, rinvenibile negli Atti di Pietro e confermata in ultimo da San Giovanni Paolo II, San Pietro, scoppiata la persecuzione neroniana, preso da timore fuggì dall’Urbe, ma ad un certo punto incontrò il Signore che portava una grande croce, e Gli chiese dove stesse andando, e Lui rispose che tornava a Roma a farsi crocifiggere di nuovo (“Domine, quo vadis?”; “Eo Romam iterum crucifigi”): San Pietro, scossosi, tornò in sé e affrontò coraggiosamente il martirio, venendo crocifisso a testa in giù, su sua richiesta, ché non si considerava degno di morire come Gesù. Chiediamo per noi il coraggio di soffrire anche la persecuzione e la morte per Gesù, e chiediamo anche, con supplica e dolore, che il Vicario di Cristo e Successore di Pietro, si comporti davvero da Pietro e da dolce Cristo in terra; l’angosciante silenzio del Papa sulla triste vicenda del bambino inglese malato Charlie è terribile, ed è solo l’ultima, e a maggior ragione preghiamo per questo con l’intercessione dei Santi Pietro e Paolo!
Chiediamo la fede semplice di San Pietro, l’umile apostolo pescatore, non certo privo di pecche o difetti, l’apostolo che, sul Tabor, non seppe dire altro se non proporre di costruire una tenda, e che durante la Passione fuggì; eppure proprio su di lui e la sua fede, e non su San Giovanni, che riposò sul Suo petto, Gesù fondò la Chiesa. E chiediamo anche il coraggio zelante e la missionarietà di San Paolo, di San Paolo che, quando Pietro stava per cadere in errore, lo riprese pubblicamente e lo corresse, di San Paolo che è Patrono e modello dei missionari, tanto laici quanto consacrati. Perché come diceva il Beato Paolo VI, che da lui volle prendere il nome, il Papa è successore non solo di Pietro, ma anche di Paolo, e come lui deve predicare il Vangelo in tutto il mondo. Che possiamo avere anche noi questo zelo per la missione e per la verità!
Chiudo questo articolo con la citazione iniziale di una famosa dichiarazione ufficiale di Monsignor Marcel Lefebvre, grande vescovo missionario del secolo scorso, strenuo amante e difensore del papato e della romanità, che, fondando la sua Fraternità Sacerdotale San Pio X, volle che tutti i suoi seminaristi, prima dell’ordinazione, venissero a passare un periodo a Roma per respirare l’aria romana, l’aria di Pietro, e che mai, pur nel culmine dello scontro, disconobbe i Papi regnanti, vedendo sempre in essi, comunque, San Pietro: “Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l'anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità. Noi rifiutiamo, invece, e abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono scaturite”.

 

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