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27 novembre 2017

A proposito della Leadership


di Niccolò Mochi-Poltri

E’ risaputo che tre indizi fanno una prova. In ordine cronologico, il primo indizio è stata l’amara sconfitta alle elezioni del comune di Roma. Il secondo indizio sono state le numerose e talvolta sorprendenti vittorie alle elezioni amministrative. Il terzo indizio infine è stata l’elezione di Nello Musumeci a governatore della regione Sicilia. Tre indizi dunque che provano in maniera inequivocabile come l’unica possibilità per le forze politiche di cdx di vincere le prossime elezioni politiche sia coalizzarsi.

Eppure all’approssimarsi dell’appuntamento elettorale pare che la discussione politica si stia vieppiù affossando nella questione della leadership, ovverosia su chi dei tre leaders delle tre maggiori forze politiche di cdx debba essere il candidato dell’intera coalizione. Già qui sarebbe opportuno fugare un’ambiguità imbarazzante a proposito di come quei tre leaders interpretano il ruolo a cui ambiscono. Le possibilità possono essere fondamentalmente due: 1) essi interpretano la candidatura come mero espediente di contabilità elettorale, nel senso che ritengono il proprio nome più adeguato strategicamente a condurre la coalizione alla vittoria e per giustificare il proprio peso specifico all’interno della coalizione stessa 2) essi interpretano la candidatura in un’accezione ad un tempo più nobile e più gravosa, cioè proponendosi come “guida” della coalizione: in tale senso il candidato sarà anche colui che condurrà il popolo del cdx fuori dal deserto degli ultimi cinqu’anni, verso la terra promessa del governo d’Italia. Nei discorsi politici pubblici tale ambiguità non viene affatto risolta, ma anzi viene aggravata dalla malcelata faziosità con cui i capi stessi o i loro epigoni interpretano i dati delle vittorie e le ambizioni della coalizione. Si tratta di un atteggiamento che invece di rafforzare la coalizione la rende vulnerabile, e che soprattutto mortifica  tutti quegli elettori, assicurati o putativi del cdx, che prima di tutto tengono alla sconfitta della sx e del M5S, anziché ai giochetti di gabinetto.
L’ambiguità che ho poc’anzi rilevata falsa a priori una possibile soluzione alla questione della leadership. Ma volendo indagarla più a fondo, è possibile scoprire ulteriori difficoltà. Anzitutto, i possibili candidati non sono adeguati ad assumere la leadership, e pertanto, qualunque sistema possano escogitare per stabilirla, sarà destinato a fallire. Silvio Berlusconi si è compromesso in maniera imbarazzante all’epoca del “patto del Nazareno”; Matteo Salvini è persona troppo intemperante e pressapochista; Giorgia Meloni, infine, è immacolata ma decisamente troppo debole e troppo poco carismatica. A tale problema di merito, si aggiunge un problema di metodo: è da mesi che si sente insistere sul “problema della leadership” come in ambito calcistico si potrebbe discutere del “problema del top-player”. L’attenzione viene fossilizzata sul singolo talento, distraendo dall’evidenza che è il gioco di squadra ad assicurare la vittoria; che le giocate del talento possono sì risultare incisive, ma la gestione della partita è affidata fondamentalmente a tutta la squadra, panchinari e società compresa, che devono credere nel progetto.
Quest’ultima constatazione ci conduce a rilevare qual è il vero problema della leadership in Italia. Negli ultimi venticinque anni di storia politica del nostro paese ci siamo assuefatti all’idea che una forza politica possa vincere solo se condotta da un leader carismatico, ma contemporaneamente abbiamo smarrito il senso autentico del “carisma”. In altri tempi il potere politico non avrebbe potuto sussistere senza la legittimazione carismatica. Ma in una democrazia liberale sarebbe opportuno diffidare del “leader carismatico”, perché una tale figura tende a dirigere la società verso lo scivoloso crinale di quella che uomini più saggi di noi avrebbero stigmatizzato come oclocrazia – governo delle masse dirette da un demagogo.
L’idea della necessità di un leader carismatico anche in una democrazia liberale fu introdotta e sviluppata in Italia da Silvio Berlusconi, e poi adottata da pressoché chiunque, Matteo Renzi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni [sic!], Giuliano Pisapia (Pisapia!), etc. Oltre al problema inerente al concetto di “carisma”, quell’idea ne pone immediatamente un altro, a mo’ di corollario: alla crescente importanza del leader corrisponde l’indebolimento e la rarefazione della forza politica, incarnata nella forma del partito. Il partito smette progressivamente d’essere luogo di elaborazione e diffusione di idee e di proposte, smarrisce il suo ruolo di trait d’union coi cittadini, per diventare una mèra cassa di risonanza per la volubilità del leader. E mentre al leader vengono attribuiti troppi poteri e conseguentemente troppi oneri, i militanti del partito vengono corrispettivamente deresponsabilizzati, quando invece dovrebbero esser loro i primi responsabili di un’attività politica sana ed onesta.
Da tutte queste considerazioni, non posso che trarre una conclusione: nell’attuale circostanza storica, in cui il supremo obiettivo è coalizzarsi per vincere, le forze politiche del cdx devono comprendere come il “problema della leadership” sia in verità un falso problema, su cui è sterile, per non dire dannoso, indugiare. Che le forze politiche del cdx, e dunque i loro leaders, si comportino alle prossime elezioni politiche come si sono comportate alle scorse elezioni amministrative e regionali: cioè investendo del loro potere un candidato alternativo che sia essenzialmente una figura politicamente credibile ed onesta umanamente. A conferirgli il mandato di governo sarà infine l’elettorato italiano.



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02 febbraio 2016

L'invidia dei Luxuria non fermerà la primavera. Auguri Giorgia!


di Francesco Filipazzi

Di fronte alla gravidanza di Giorgia Meloni, Vladimir Luxuria si é trovato ancora una volta di fronte alla realtà. Lui non potrà mai partorire. Questo deve avergli provocato un moto di invidia, che lo ha portato, lui trans, ad augurare a GM, come se fosse cosa negativa, di avere un figlio trans. Un cortocircuito. Mesi fa l'aveva anche derisa per vicende familiari. Da uno che si offende se lo si chiama al maschile ci si aspetterebbe più rispetto.

In generale il moto di rancore e odio che ha sommerso la leader di Fratelli d'Italia appare inspiegabile e sta mandando in tilt la stampa radical chic, che ha scoperto di essere portavoce di un mondo che vive di cattiveria e di sfregio quotidiano, che sa solo insultare e boicottare. Lo sapevamo già perché molti di noi ne sono già stati vittime, nel nostro piccolo. Ora però il bubbone è scoppiato e deve fare male.

L'utero in affitto è una pratica molto simile a quella utilizzata per ingravidare le mucche artificialmente, dunque coloro che difendono il diritto di trattare le donne come mucche, si sono sentiti defraudati dalla rivoluzionaria normalità di una donna che rimane incinta normalmente.

Quando Giorgia, la chiamiamo familiarmente con il nome, ha dichiarato in mondovisione di essere in stato interessante, non pensava di ricevere una valanga di insulti, ma soprattutto non pensava in quel momento di essere l'elemento demolitore di una propaganda furiosa e martellante. Di solito i leader politici sono uomini e quando annunciano di essere in procinto di diventare padri, sono percepiti come meno coinvolti, perché la gravidanza è nella mente del 99,9% delle persone legata alla donna. Oggi ci troviamo di fronte a una leader che il figlio lo porta in grembo il che evidentemente ha avuto un certo impatto, accresciuto dalla totale innocenza dell'annuncio. Ma l'innocenza ormai non trova più posto.

Giorgia, forse al momento la donna più famosa d'Italia, annuncia quindi di essere rimasta incinta come lo sono rimaste tutte le donne della storia fino a pochi decenni fa. A parte Una. "Le foglie sono verdi in estate", "Due più due fa quattro". Insopportabile per qualcuno. Inaccettabile. La donna che si presenta nella sua forma pura, di madre in attesa, ha demolito le coronarie dei portatori dell'Invidia del demonio. 

Dunque brindiamo alla vita che nasce, facciamo gli auguri a Giorgia Meloni e ad Andrea Giambruno. Campari per tutti. L'invidia dei Luxuria non fermerà la primavera.
 

29 maggio 2014

Consigli fraterni e italiani a Giorgia Meloni

di Federico Catani
Francamente ci aspettavamo di più. Il 3,66 % ottenuto da Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale alle elezioni europee di domenica scorsa non ha permesso ai suoi candidati di andare a Strasburgo. Un vero peccato. Certo è che, rispetto alle elezioni del 2013, gli elettori sono abbondantemente raddoppiati, diventando 1 milione, e in ben 350mila hanno dato la loro preferenza a Giorgia Meloni. Un risultato, questo, che incoraggia a non mollare e ad andare avanti. E proprio perché bisogna proseguire per la strada intrapresa, il sottoscritto si permette, da italiano, di dare alcuni consigli fraterni alla Meloni e alla classe dirigente di FdI-An, specialmente dopo alcuni gravissimi errori (ma sarebbe meglio dire colpe) commessi.

L’idea di costruire un Partito della Nazione, che sia erede della gloriosa storia del Movimento Sociale Italiano, è ottima. L’Italia ha infatti urgente bisogno di ricostruire la destra, quella vera. Il richiamo ad Alleanza Nazionale è pure buono, se con essa ci si vuole rivolgere a tutti quegli italiani innamorati del proprio Paese, purché ovviamente, non ci si snaturi troppo. Sappiamo tutti, infatti, come e perché è finita An e c'è da dire che anche alcune premesse della neonata formazione politica lasciano alquanto a desiderare… C'è da chiedersi però come mai tanti elettori di destra abbiano votato, in questa tornata elettorale, Lega Nord. I dirigenti di FdI-An dovrebbero farsi qualche domanda e trovare pure facili risposte. È del tutto evidente, infatti, che l’ottimo Matteo Salvini ha giocato all’attacco, sin da subito, mentre la Meloni ha inseguito e arrancato. Certamente bisogna considerare che il primo congresso di Fratelli d’Italia-An è stato celebrato solo il 9 marzo, mentre la Lega è già rodata. D’altra parte, è comunque innegabile che molte prese di posizione forti (vedi ad esempio la battaglia contro l’euro) sono arrivate un po’ tardi e sono state anche un po’ troppo sotto tono e scarsamente motivate, cosicché non hanno convinto appieno l’elettorato di stampo conservatore. Per ripartire con slancio e rinnovato vigore, occorre quindi tenere a mente alcuni punti fermi.

Innanzitutto, visto anche l’esito delle ultime elezioni a livello europeo, è necessario rafforzare convintamente e decisamente le posizioni euroscettiche. Dire NO all’euro, all’Europa delle banche, della finanza, del Gruppo Bilderberg, dei poteri forti e della massoneria è ormai un imperativo morale per una formazione che voglia essere autenticamente di destra. Bisogna rivendicare la sovranità nazionale in tutti i campi, compreso quello monetario, per costruire la vera Europa, quella dei popoli e delle nazioni. La Lega su questo è stata chiara e coerente, non ha ceduto a tentennamenti né a sciocche paure di impopolarità e difatti ha ottenuto consensi. Un partito della Nazione che si rispetti non può che fare altrettanto e non può che distaccarsi con forza dal PPE. Sarà la storia a dar ragione agli euroscettici, dobbiamo starne certi. Per cui, avanti su questa strada, con convinzione.

Altro punto su cui non si può restare indietro sono i quesiti referendari che la Lega propone. Su immigrazione, legge Mancino, legge Fornero e anche, perché no, sulla prostituzione, Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale non deve restare alla finestra. Anzi, c’è da chiedersi perché finora tutti sono rimasti a guardare. Si tratta infatti di battaglie tipicamente destrorse. Un partito della Nazione non può non contrastare amnistie, decreti “svuota-carceri”, immigrazione clandestina, discriminazioni positive degli extracomunitari e via discorrendo. E non deve nemmeno dimenticare la giustizia sociale e l’attenzione verso i più deboli. La destra italiana è stata sempre anche sociale, non dimentichiamolo. Sulla scorta di tutto ciò, anche per ricostruire un polo di “destra-centro” credibile, occorre collaborare con Matteo Salvini. E questo, pare lo si sia capito. Il modello, oltre al Front National di Marine Le Pen, dovrebbe essere il partito Fidesz del premier ungherese Viktor Orban, sebbene si collochi nel Partito Popolare Europeo.

Non si può poi tralasciare il Cattolicesimo. Certo, i tempi che corrono, soprattutto Oltretevere, non sono entusiasmanti. Ma una autentica destra italiana ha il dovere di attuare fattivamente la dottrina sociale della Chiesa. Su questo punto FdI-An sembra aver fatto più enunciazioni di principio che altro, mettendo in secondo piano battaglie che oggi sono vitali. Anzi, con lo squallido voto a favore del divorzio breve, il partito si è macchiato di una gravissima colpa, che esige subito una riparazione. Il vecchio Msi era contro il divorzio e l'unità della famiglia è sempre stata un punto cardine dei programmi delle destre: vergogna La Russa! Vergogna Meloni! Se si è contro questa Europa di massoni e speculatori finanziari, lo si è anche perché questa Europa non è quella di Carlo Magno, né quella di s. Pio V o del b. Innocenzo XI, ma un’Europa che mira alla creazione di una Res Publica giacobina e sincretista, in cui ogni differenza viene annullata in nome di un mondialismo senz’anima che disgrega i valori della civiltà cristiana. All’Europa del denaro e del mercato, si deve opporre quella dello spirito cavalleresco e crociato, quella, per l’appunto, degli Stati nazionali cattolici e dei Comuni. Giorgia Meloni e collaboratori dovrebbero essere molto, ma molto più attivi nell’ambito dei temi etici, dalla difesa della vita a quella della famiglia (la famiglia naturale e indissolubile, fondata sul matrimonio!!!), dall’opposizione all’ideologia del gender alla lotta contro la dittatura omosessualista: peraltro si tratta di battaglie di buon senso, condivisibili anche da chi cattolico non è. Vi sarebbero tante possibilità di organizzare incontri, conferenze, scuole di formazione, in collaborazione con tante buone associazioni cattoliche non progressiste che potrebbero dare una mano: perché lasciare questo merito ai neodemocristiani del Nuovo Centrodestra, che governano con Renzi e difendono questa Unione Europea all’insegna di un deleterio moderatismo?

Importante è anche la politica estera, da fondare sugli interessi nazionali e non su quelli di altri Stati. Ridimensionare l’occidentalismo filo-Usa e filo-Israele, senza peraltro diventare filoislamici, è oggi indispensabile: si cerchi invece una visone più ampia, equilibrata, consona alle sfide e agli scenari attuali.


Concludo ricordando l’importanza della cultura e della formazione delle giovani generazioni. Si studi la storia, la politica, il diritto, l’economia, la filosofia e la letteratura. Si dia spazio alla cultura controcorrente e contro-rivoluzionaria, senza temere di essere politicamente scorretti. Un tempo nelle sezioni del Msi si leggeva Codreanu (ma a me piacerebbe recuperare soprattutto il Cattolicesimo di stampo franchista e salazarista). E oggi? Tutti borghesi in doppio petto? Si compiano poi studi e ricerche di livello sui grandi problemi del mondo e dell’ora presenti, per evitare di parlare a suon di meri slogan. 

Abbiamo bisogno di recuperare l’orgoglio di essere italiani, di tornare a sventolare in ogni occasione il Tricolore (non solo alle partite di calcio) e di inculcare in tutti, specie ai giovani, l’amore per la Patria. Ecco, Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale deve recuperare il mai passato slogan: Dio, Patria, Famiglia. Se non lo farà,  e se non si porrà alla testa di una riscossa nazionale e di una purificazione morale del popolo, sarà solo un fallimento. 
 

31 marzo 2014

Storace, il (grande) bluff

di Federico Catani
I bluff muoiono. E che Francesco Storace fosse un bluff ce ne eravamo accorti da un pezzo. Il leader de La Destra, dopo mille giravolte, ha deciso finalmente di scoprire le carte e farci sapere cosa vuole dalla vita: una poltrona. Il 29 marzo, infatti, al Comitato centrale del partito, il grande Ciccio Storace ha decretato che alle prossime elezioni europee i candidati del suo piccolo movimento verranno inseriti nelle liste di Forza Italia. Il motivo? La commovente lettera che Silvio Berlusconi (cui va sempre la nostra umana simpatia) gli ha inviato chiedendogli di unirsi a lui nella lotta per la democrazia e la libertà. 

Ma come? Una semplice missiva avrebbe mandato all'aria tutti i proclami (che forse seguivo solo io) sui temi forti della destra sociale? E il ritorno ad Alleanza Nazionale? E la lotta all'euro e ai poteri forti di Bruxelles? E le battaglie per la sovranità nazionale? E le critiche contro il relativismo etico e culturale? Vendute per un piatto di lenticchie. Ragazzi, si stava scherzando! Ora sappiamo che quando Storace faceva il prezioso, adducendo obiezioni ridicole, con Giorgia Meloni, non era perché ci tenesse davvero alla ricostruzione di un grande partito di destra in Italia. Il vero motivo della sua ritrosia a fondersi, come sarebbe stato logico, con Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale era il non voler perdere i suoi privilegi, le sue rendite di posizione, il suo potere. Ma ve lo immaginate uno come Ciccio che si rimette in gioco, per di più lasciandosi guidare da una pischella della Garbatella? Non sia mai! Eppure la scelta operata nel 2007, quando si staccò dalla vecchia An dell'ormai morto e sepolto Gianfranco Fini fu lungimirante, perché profetica. All'epoca si trattò di un gesto ammirevole, coerente, di grande coraggio. Un coraggio e una coerenza che non ebbero i vari La Russa, Alemanno e nemmeno Giorgia Meloni. Oggi però la situazione è cambiata e bisogna prenderne atto. La politica è anche sapersi adeguare alle mutate situazioni. 

Se fino alle ultime elezioni politiche La Destra poteva ancora costituire un punto di riferimento per i non allineati che facevano sul serio (ricordiamoci che Fratelli d'Italia era su posizioni molto più moderate sino a non molti mesi fa), ora non è più così. Non si può blaterare ancora di fascismo e poi andare a braccetto con la Brambilla, la Carfagna e Verdini. Non si può essere "sociali" e vivere con Brunetta, Galan e Bondi. In poche parole, non si può rifondare un polo di destra candidandosi con la nuova Forza Italia. Non faccio analisi politiche complicate. Parlo la lingua del cuore, come fa qualcun altro. Ciò che manca all'Italia, lo vediamo, è un Partito della Nazione, davvero conservatore, capace di difendere gli interessi della Patria. Ebbene, oggi come oggi, pur con tutti i limiti che ci possono essere, questo partito è solo e soltanto Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale. Avrei voluto che i responsabili de La Destra e magari anche quelli di altri piccoli raggruppamenti aderissero al progetto della Meloni con convinzione, mettendo da parte campanilismi e ripicche da quattro soldi. Purtroppo però non si può ragionare con gente che non ragiona. Non si può chiedere razionalità a chi non ce l'ha. Soprattutto, non si possono rivolgere inviti a chi ha già fatto la sua scelta di comodo, infischiandosene di un popolo in cerca di punti fermi. E quindi, ognuno per la sua strada. Ma nessuno venga più a parlare di fedeltà all'ideale, di passione politica e di bene comune. Storace ha dimostrato di pensare solo e soltanto al suo tornaconto personale e, quel che è peggio, ha preteso e pretende di mascherare questo meschino interesse con la scusa della coerenza. Vergognati Ciccio! Gli eventi del prossimo futuro ti faranno cadere, più di adesso, nel cimitero dei politicanti falliti. La tua fine politica è quella di Mastella. 

A questo punto mi permetto di rivolgere un appello ai nostri lettori. Alle prossime europee, votiamo per Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale! Ci piaccia o meno, è l'unico movimento nazionale (la Lega rappresenta solo il Nord e nemmeno tutto) che ultimamente ha preso posizioni forti. Sui valori etici è affidabile; sulla sovranità monetaria e nazionale è chiaro, avendo finalmente detto NO all'euro e a questa Europa di burocrati massoni; su temi tradizionali di destra come sicurezza, immigrazione e attenzione ai ceti in difficoltà possiamo stare tranquilli; e infine, la dirigenza è composta principalmente da gente giovane, in gamba, fresca e sveglia, senza alcun legame particolare con un passato forse ingombrante (ma senza per questo rinnegare nulla di una storia gloriosa). Insomma, che manca? Cosa ci dovrebbe far ancora tentennare? Se continuiamo a fare le pulci e ad essere schizzinosi, guardando sempre la pagliuzza nell'occhio altrui e fingendo di non accorgerci delle travi che ci sono in giro, non andremo mai da nessuna parte. L'ottimo, dice il proverbio, è nemico del bene. Pertanto, anziché cercare con la lente il partitino dello zerovirgola, che non avrà mai alcuna influenza, cominciamo a dare fiducia, sostenere e incoraggiare un movimento piccolo, sì, ma con buone speranze di crescere. Il rischio è altrimenti quello di rinchiudersi in una torre d'avorio, puntando il dito contro tutto e tutti e pensando di essere gli unici appartenenti ad un'eletta schiera di perfetti. Un atteggiamento tipico di certi ambienti. Che poi, alla fine, spesso nascondono altri obiettivi e finiscono per imboccare la strada scelta da Storace. Quod Deus avertat! 
 

18 settembre 2012

Atreju 2012: tante idee (un po' confuse) e qualche buon motivo per sperare

di Marco Mancini

Fabio Volo e Stefano delle Chiaie. Non preoccupatevi, non sto delirando. Si tratta semplicemente dei due autori che si dividono a pari merito la terza piazza nella graduatoria dei libri più venduti ad Atreju 2012, la festa nazionale della Giovane Italia. Per cinque giorni centinaia di militanti dell’organizzazione giovanile del PdL (ma anche non giovani e non militanti) si sono dati appuntamento all’ombra del Colosseo, tra dibattiti, incontri, mostre e spettacoli.
 

13 settembre 2011

Dopo Atreju un solo invito: daje Angelì!

di CampariedeMaistre
È fatta. Almeno a livello giovanile, la tanto auspicata fusione tra gli Azzurri e la celtica si è realizzata. Ad Atreju 2011, la festa dei giovani del Pdl (nei fatti la festa dei giovani ex An), tra un immancabile stand tolkeniano e una maglietta con la citazione di Ezra Pound, si possono trovare ormai a loro agio anche le bellissime e liberal militanti ex forziste. Certo, c'è ancora molto da fare. Ad esempio, uno dei più grandi misteri della destra di inizio decennio rimane capire come Annagrazia Calabria sia finita a capo della Giovane Italia. In molti permane poi quel lontano sentore di cameratismo nepagano che meriterebbe di finire nel ripostiglio. E tutto questo, ovviamente, ci piace poco. Nonostante ciò, il materiale umano su cui lavorare non manca, sebbene si trovi in mano ad una classe dirigente vecchio stampo e priva dei riferimenti etici che una "vera" destra (che per noi si avvicina molto a quella "divina" di Langone) dovrebbe avere.

Ma andiamo agli eventi succosi di questa edizione, che poi sarebbero gli unici a cui abbiamo assistito. Quello che doveva essere il clou, ovvero l'epifania del Cavaliere, ci ha lasciato insoddisfatti. Un po' come quelle cene in cui ci si alza da tavola ancora affamati. Innanzi tutto, manco è arrivato e già stava inciampando sui gradini di fronte alla suddetta Calabria. Come immaginavamo, Berlusconi è apparso stanco, provato e a corto di barzellette (sebbene un gesto dell'ombrello l'abbia concesso). Ci ha pure detto che è uno che fa fioretti (sta a vedere che la Began ha ragione) e che non gioca manco più al Totocalcio, forse il vero motivo per cui si è comprato il Milan.
Ormai è un po' come quei nonni che, giunti al capolinea, dispensano consigli ai nipoti su come cavarsela in avvenire. Terminata la legislatura, il suo ruolo dovrà essere uno solo: quello del padre nobile, che dispensa consigli e tira fuori i quattrini.

Ci siamo sentiti molto meglio acoltando Alfano (mitiche le magliette con la scritta "Daje Angelì!"). Pur premettendo che consideriamo il Pdl il male minore, pur ribadendo che siamo dei disillusi e che deve accadere proprio qualcosa di moooolto eclatate per farci entusiasmare, non possiamo non prendere atto che il discorso del Delfino ha infiammato il cuore di chi militante del centrodestra italiano lo è davvero. Il segretario del Pdl, nonostante sia diventato tale con metodi bulgari, può davvero conquistare la fiducia e la stima di tutti. Ne ha le capacità e sembra persino ben formato. Non sarà proprio il cattolico ideale, ma di certo rappresenta un passo avanti rispetto a Berlusconi. Se davvero riuscirà a realizzare quel che ha promesso - e a tenersi stretto Formigoni - sarà un successo e il centrodestra vincerà almeno per i prossimi dieci anni. Di una cosa sola lo preghiamo: cominci a fare pulizia e a togliere di mezzo o quantomeno a mettere ai margini personaggi alquanto imbararzzanti che non fanno certo onore al popolo di area vagamente conservatrice.

P.S. Non possiamo non complimentarci con Giorgia Meloni, una donna vera e genuina, la cui freschezza e spontaneità devono fungere da esempio per tutti i pischelli di Roma Nord con la puzza sotto il naso che vogliono buttarsi nell'agone politico.