
All’inizio furono due facoltose donne romane, Fabiola e
Marcella (parliamo del ruolo delle donne nel cristianesimo?), ad istituire, nel
quarto secolo, i primi ospedali. Questa tradizione proseguì con il
monachesimo (i monasteri furono isole di salvezza nel mondo che crollava) e con
la storia medievale, che resero possibile la nascita
(sostenuta da cospicue e riparatorie donazioni) di ospedali resi magnifici sia
per motivi artistici, sia per le qualità umane di chi accoglieva e si prendeva
cura dei bisognosi. Anche nei tempi moderni l’opera della Chiesa è continuata:
Bologna, Padova, Roma furono per secoli, nel campo della medicina, punti di
riferimento per l’Europa intera. All’interno degli ospedali, infatti, come conseguenza dei valori dell’ospitalità
e della carità che ne erano alla base, cominciò presto a svilupparsi anche un
forte interesse scientifico volto a ricercare nuove cure per i malati. Questo
per chi non ricordi le radici cristiane dell’Europa.
Mi permetto di presentare alcuni spunti di riflessione.
Il primo riguarda il
ruolo della medicina nella storia: sebbene la medicina fosse nata in Grecia
e poi trasmessa al mondo romano, non esistevano (e non sarebbero potute
nascere) strutture paragonabili agli ospedali della Cristianità. “Sono degni di
cura solo i cittadini liberi e soprattutto quelli che possono guarire
sicuramente” dice Platone nella Repubblica. E soprattutto chi se lo poteva
permettere.
Il secondo spunto è di tipo antropologico. Dal momento che Cristo si è incarnato, il
corpo stesso assume un significato nuovo: non più prigione disprezzata dell’anima,
bensì componente materiale della persona umana, per la prima volta
concepita e apprezzata in modo unitario (come anima e corpo), anche in
prospettiva escatologica (la resurrezione dei corpi). Viene introdotto inoltre il concetto di persona, di prossimo, ben
diverso etimologicamente dal concetto di umanità tanto caro ai moderni,
come scrive Dostoevskij nell’Idiota: “Nell'amore astratto per l'umanità quasi
sempre si finisce per amare solo se stessi”. Infine, solo questa concezione del
corpo ha permesso lo sviluppo della medicina, possibile solo all’interno di una
relazione di amore (di donazione e gratitudine) tra curante e curato: la
medicina diventa dedizione (anche scientifica) per il sofferente che va curato,
e la conoscenza della sua situazione di indigente rafforza l’impegno dello
scienziato e del medico, sempre nei limiti delle capacità umane. Vi sembra che
assomigli alla medicina (e alla scienza) odierna?
Il terzo punto è quasi un’analisi controfattuale: perché gli ospedali sorgono nell’Europa
cristiana, e non per esempio nel lontano Oriente, o in Africa, o all’interno
dell’Islam? Anche qui la concezione antropologica è d’aiuto: se la malattia
viene concepita come colpa ereditaria, come decisione definitiva di Dio, come
retaggio di vite passate, il malato è un reietto da abbandonare a se stesso, ed
anzi aiutarlo è un atto di hybris nei confronti della divinità o delle
tradizioni (le violente reazioni alle prime opere umanitarie di Madre Teresa di
Calcutta sono un chiaro esempio).
L’ultimo punto, che è già stato accennato ma che
rappresenta il nucleo centrale, si fonda sull’aspetto teologico. La guarigione (in senso lato) degli ammalati
nasce dall’identificazione del malato con Cristo sofferente: il malato non
necessita solo di cure naturali, ma anche di medicine soprannaturali. Si
ricordi inoltre ai naturali interlocutori dei malati, i medici e gli
scienziati, che Gesù è stato anche guaritore, che riesce a trarre il Bene dal
male (“Christus medicus et infirmus” dicevano i teologi medioevali).
Ancora una riflessione personale, che riguarda il ruolo della
scienza: di questi tempi sembra che la scienza sia sufficiente a risolvere (anche)
il problema della malattia, ma il ruolo della medicina non è solo quella di
guarire, ma di assistere, anche nel momento in cui l’uomo rimane impotente di
fronte al male incurabile ed inspiegabile, e di fronte al tabù dei tempi
moderni che è la morte. Non è un caso che, senza
amore e senza speranza, molti siano tentati di lasciarsi morire. Come spesso
taluni “medici” consigliano.
Pubblicato il 09 giugno 2012
Bell'articolo, e segnalo questo:
RispondiEliminahttp://it.wikipedia.org/wiki/Chirurgia,_anatomia_e_Chiesa_cattolica_nel_Medioevo
scritto da Francesco Santoni, fatto molto bene (cosa che non si può dire per tutti gli articoli di wikipedia).