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27 agosto 2017

Ritornare all'ortodossia occidentale/2. Benedetti Norcini

O Rifondare l'ortodossia latina


«I presagi son quei segnali di cose future che riconosciamo quando il futuro è ormai scivolato nel passato» (I nostri padri, p. 237, Tate Allen)
 
di Matteo Donadoni
Fragili foglioline tremolanti nella brezza di una sera. Questo sono diventati gli studenti universitari americani? Tanto deboli culturalmente da sentirsi minacciati dalle statue degli eroi del passato, da non accorgersi del veleno che li uccide è presente, l’ideologia demenziale del politically correct, definizione debole di un contenuto brutale: menzogna. Poverini, hanno buttato soldi in scuole inefficienti e il buonsenso per cause non solo sbagliate, ma inventate. Se non fosse un vegetale, un giovanotto di questo tipo, inferocito da una rabbia ideologica, sarebbe uno studentello col cervello di un uccello. Perciò sono foglioline che non sanno di essere cresciute sopra un albero. Hanno imparato a rigettare la propria storia, le proprie origini, la propria fede. Vogliono essere belli al sole come se non dovesse piovere mai, non sono né liberali né tolleranti, ma intransigenti viziati e manipolati, per questo sono spaventati da sentimenti come orgoglio e onore: li hanno segati insieme al ramo sul quale sono seduti al sole, li hanno vomitati dalla propria anima e perciò non li capiscono. Non possono. “Heritage not hate” è un adagio che ormai si vuole ignorare da entrambe le parti, suprematisti e foglioline. Eppure non è mai stata una questione razziale, come invece si vorrebbe far credere, basti pensare che la gran parte dei generali sudisti non aveva schiavi o li aveva liberati prima della guerra. Robert E. Lee, poi, era un uomo dall’animo nobile.

Chi non lo capisce non solo non ha capito la storia, ma nemmeno l’economia, né il principio di democrazia, non ha un futuro. Da qui il terremoto di deficienza che ha epicentro a Charlottesville, VA. Sì, Virginia, e per noi filoconfederati, preoccupati solamente di morire, di sposarci e dell’onore della Virginia, assistere a questo degrado perpetrato da quelli che dovrebbero essere gentiluomini del Sud è una vera tristezza. Ne dobbiamo oltretutto assorbire l’eco amplificata dall’ignoranza nostrana, come se non avessimo già catastrofi casalinghe, le cui macerie sono ancora vergognosamente per terra.

Ma il passato è storia, come mi ha detto padre Agostino Wilmeth, uno dei monaci benedettini della terremotata Norcia. Ha 24 anni, viene dal South Carolina, altro stato grigio, e ha una lunga barba di fuoco, fiammeggiante quasi quanto il suo sguardo. E’ un grande birraio. Da un’intervista allo stesso frà Agostino si può apprendere come dietro al business del luppolo ci sia una filosofia più profonda: «Prendiamo i frutti della terra, acqua, grano e lievito per creare qualcosa di buono. La birra non è necessaria per vivere, ma le cose importanti non sempre sono necessarie. Neanche noi lo siamo, con la nostra preghiera. Ma questo lavoro ci permette di avvicinarci a tutti perché, nonostante la nostra vita di isolamento e preghiera, sembriamo più “normali”, più vicini alla gente comune». L’arte della birra come forma di evangelizzazione: «molte persone entrano nel nostro negozio interessate alla birra e poi possono avvicinarsi anche alla religione». Sono ragazzi americani di tutt’altra pasta questi monaci, hanno tanta fede e consapevolezza, gioia e fortezza, sono ragazzi svegli. Non solo, la Regula di san Benedetto per loro è veramente un'esperienza viva cui rifarsi costantemente, sono restauratori. Restauratori di chiese fisiche e metafisiche, ora et labora a Norcia non è un vecchio simpatico detto, è il distillato della vita.

Quando salite la strada sterrata che conduce al monastero di san Benedetto al Monte e vi sfiora il dubbio di esservi persi, non temete, ci sono cartelli di legno, scritti a mano in carolina, e una campana: suonare forte e aspettare. Io, dopo aver scampanato come un bambino, sono stato accolto da un monaco dai tratti orientali, tutto impolverato, in saio blu da lavoro (sic!), che mi ha mostrato la cappella provvisoria (per la verità molto bella), dove ho potuto assistere alla loro Messa antica, meravigliosamente cantata e commovente. Ha celebrato proprio quel padre Basilio, altro statunitense ma di origine messicana, che ho avuto la grazia di conoscere: non esagero definendo padre Basilio il ritratto limpido della mitezza evangelica. Ha riservato alla mia famiglia un’accoglienza straordinaria, ha colpito per la sua bontà, per il fatto che fosse sinceramente felice di conoscerci. Da Norcia si torna migliori.
Dobbiamo essere grati a Dio e sostenere questi monaci che, cacciati dal loro monastero, chiamano grazia questa ingiustizia.

D’altra parte, ormai, appare chiaro a tutti che la basilica di Norcia, quanto le è accaduto, quanto ne rimane, non sia altro che la metafora della Chiesa cattolica. Quella facciata ne è la cifra. Il presagio che fu è oggi il segnale che ci svela il futuro. Il segno dei tempi. Il cartello in carolina che indica la strada da percorrere a noi pellegrini nella crisi, in cammino verso la piccola Chiesa profetizzata dal Ratzinger teologo nel 1969: «Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica».

La Chiesa può ripartire da piccoli gruppi, di monaci e di laici, poche persone determinate a restaurare la Chiesa di Cristo, come ha per altro ben intuito Rod Dreher, editorialista di The American Conservative, il quale, dieci anni fa, cominciò a parlare di “Opzione Benedetto”. E l’anno scorso, incoraggiato da molti, ha deciso di scrivere un libro sull’argomento, così, a gennaio è uscito nelle librerie americane “ The Benedict Option – A Strategy for Christians in a Post-Christian Nation ”, libro in cui si esamina la situazione attuale cercando di individuare una strategia.

Basta una semplice costatazione, che poi è collegata direttamente alla mia sorpresa di fronte alla felicità di padre Basilio: «Ci siamo assimilati al mondo: la gente non vede differenze fra un cristiano e un non cristiano». Io stesso ero talmente abituato a conoscere sacerdoti distratti da pseudo attività oratoriali da stupirmi dell’accoglienza di un sacerdote semplicemente innamorato di Cristo, che vuole solo poter avere l’occasione di amare e servire il suo Dio, e trasmettere questo amore ad uno sconosciuto scompigliato e male in arnese come me. Lo stesso vale per noi laici: lo sguardo di uno sconosciuto può cogliere la nostra fede? Nel parlare quotidiano siamo il sale della terra o siamo il solito perbenismo sciapo? O peggio siamo l’unto della terra? Siamo tutti chiamati. Siamo chiamati individualmente ad un esame profondo, che ci costringa a prendere atto della verità: «O Cristo è il Signore della tua vita al cento per cento, o non è il Signore della tua vita». È finito il tempo della fede “democristiana”, perché a furia di ciarlatani è crollato tutto l’edificio ecclesiale, e tuttavia, per quanto non sia un problema fra differenti spiritualità, come credono certi ingenui, non basta rivendicare una Tradizione nostalgica o di stampo pseudosuprematista perché il Vetus Ordo Missae è più bello, occorre che la fede sia viva, perché la Tradizione non vive se è passato, ma vive se è futuro. Assistere ad una santa Messa a Norcia è un modo pratico di comprendere il concetto e vale più di tante parole. Norcia, infatti, per il suo valore simbolico, è decisamente il fulcro della restaurazione dell’ortodossia latina in Italia e potrebbe anche divenire uno dei centri spirituali del mondo. Con buona pace di Bangui.
 

31 ottobre 2016

Le macerie di Norcia e dell'Europa


di Francesco Filipazzi e Alfredo Incollingo 

La mattina del 30 ottobre un terremoto ha definitivamente distrutto la Basilica di Norcia, uno dei simboli del monachesimo europeo. Qualcuno è partito in quarta cercando di spiegare che i terremoti di questi giorni e il crollo norcino siano una punizione per le celebrazioni di Martin Lutero programmate da Papa Bergoglio per il giorno successivo, il 31 ottobre. Questa appare però come una tesi piuttosto temeraria, anche solo per l'idea che una punizione per una eventuale apertura ai protestanti vada a colpire coloro che custodiscono la Tradizione cattolica pura e immutata, come i monaci di Norcia. Non si è mai visto che Dio punisca a casaccio sparando nel gruppo.
Ciò che però è vero e va detto senza timori, riguarda i tempi in cui viviamo. Il periodo storico attuale è stato descritto, ormai siamo quasi sicuri di questo, in numerose profezie, che hanno messo in guardia l'umanità. Il mondo sta cambiando, non siamo in grado di capire come, ma siamo in grado di cogliere i segni di questa mutazione, poiché siamo in grado di leggere i simboli e di percepire la loro forza. La data del 30 ottobre 2016 è per certi versi escatologica, come molti avvenimenti storici. Si pensi alla Riforma Protestante, alle rivoluzioni francese e russa, alla prima Guerra Mondiale. Alla distruzione del Tempio di Israele. Momenti in cui finivano epoche, si chiudevano delle storie e ne iniziavano altre.

Il Santo di Norcia
Nel medioevo un santo aveva dato speranza ad un'Europa prostrata e barbara, sconvolta da pestilenze, guerre e eresie. San Benedetto da Norcia e i suoi confratelli avevano fondato una vasta rete di monasteri, non solo nei luoghi civili, ma soprattutto nelle regioni più inospitali e selvagge. Alla ricerca perenne di eremi e deserti per invocare e pregare il Signore, i monaci portavano la Croce di Cristo in quei luoghi che sembravano abbandonati da Dio. Dove si stabilivano crescevano conventi, villaggi, scuole, ospedali e la terra era bonificata e coltivata; le lettere tornavano in auge e le popolazioni venivano alfabetizzate; i barbari erano convertiti e civilizzati; la sapienza antica era trascritta e tramandata ai posteri. I monasteri benedettini, seguendo l'insegnamento del santo norcino, divennero piccole isole di civiltà tra le tenebre dei primi secoli successivi alla caduta dell'Impero, contribuendo al risveglio dello spirito europeo sotto le insegne di Gesù Cristo. Questo racconto non è epica o fantasia, è la storia di un gruppo esiguo di confratelli, riuniti intorno ad un Santo, che riuscirono ad unificare culturalmente e spiritualmente un intero continente. Non c'era regione limitrofa della Germania o della Scandinavia che non facesse parte dell'ecumene europea senza la presenza di un monastero benedettino. Il sisma del 30 ottobre che ha devastato l'Italia centrale, facendo crollare la medievale basilica di San Benedetto a Norcia è stato un duro colpo per tutti i cattolici. Nella città umbra vide i natali il santo monaco e qui il giovane Benedetto forse ebbe la prima chiamata del Signore, prima di andare a Roma, dove di fronte alla mondanità del clero scelse una vita di preghiera e di penitenza. Il risveglio europeo ha per baricentro Norcia, questo piccolo paese dell'Appennino umbro, che è diventato il cuore religioso pulsante dell'intera cristianità occidentale. I monaci benedettini custodirono questi luoghi e l'antico rito romano che celebrava l'unica vera fede dell'intera Europa.
San Benedetto è il nostro padre spirituale e culturale, il vero artefice dell'unità europea che i burocrati di Bruxelles dovrebbero non poco invidiare. Il duro e intenso lavoro del santo e dei confratelli è stato vanificato nel corso dei secoli. L'Europa è oggi divisa e febbricitante: la Riforma luterana e i malanni del materialismo hanno spossato un continente che nel medioevo, tra alti e bassi, si sentiva partecipe di un unico destino.

Segni dei tempi
Il crollo della basilica norcina è un segno dei tempi, o quanto meno potrebbe essere inteso come tale. Il terremoto non è un castigo di Dio, ma, come scriveva Joseph De Maistre in Le serate di San Pietroburgo, è un fenomeno legato alla natura mortale dell'uomo. Mortale in quanto corrotta dal rifiuto del Bene divino. Un Dio di (vera) misericordia si sacrificherebbe per mondare i Suoi Figli (come ha già fatto) e non li ucciderebbe (come un Dio sovrano e tirannico). La Chiesa è in pezzi e i suoi servitori sono infedeli. L'immagine della Chiesa in rovina ci ammonisce per i nostri errori che hanno ridotto in frantumi la cristianità che San Benedetto ha contribuito a fondare. Eppure c'è qualcuno che tra le rovine rimane in piedi, anzi, in ginocchio. Non tutto è perduto e la mattina del 30 ottobre dopo il sisma un gruppo di fedeli ha pregato nella piazza e ha preservato una fede matura, senza cadere nel panico e nell'isteria castigatrice. Anche questo gesto così semplice è carico di valore perché ci ricorda che solo pregando e credendo si può vincere una guerra e affrontare le tempeste più ostiche. La chiesa è crollata e la si può ricostruire con il nostro aiuto, e San Benedetto è sempre lì, al cospetto del Padre, che prega per noi e per la salvezza del continente.
Dunque oggi cosa ci dicono le macerie di Norcia? La cristianità è sotto o sopra quelle macerie? Qualcuno è in piedi fra le rovine? Senza troppi giri di parole, dobbiamo essere consapevoli che un'epoca si sta chiudendo e che l'ecumene cattolico nei prossimi decenni dovrà essere rifondato. Ricostruire dopo il crollo. Teniamoci pronti.


 

24 agosto 2016

Dall'ignoranza liturgica all'ignoranza esistenziale


di Amicizia San Benedetto Brixia

L'ignoranza liturgica genera ignoranza sacramentale, l'ignoranza sacramentale genera ignoranza teologica, l'ignoranza teologica genera ignoranza religiosa, l'ignoranza religiosa genera ignoranza esistenziale.

Mi piacerebbe elevare tale aforisma a motto rappresentativo della linea di riflessione della nostra Amicizia. In parte ciò è scontato e dovuto all'interesse speculativo del nostro gruppo, ma vari indizi ci permettono di considerare valido tale percorso. Non è certo un caso se il Concilio Vaticano secondo aprì i propri lavori con una riflessione liturgica, né va dimenticato che la prima e fontale piaga ecclesiastica denunciata dal Rosmini è nuovamente quella liturgica; d'altro canto è di qualche interesse il fatto che nei secoli siano mutate prassi canoniche e tesi teologiche, mentre la liturgia conservava la perennità degli usi, o almeno la parvenza di una quasi-perennità (rimando in merito a Le Forme del Sacro, del nostro socio Luigi Martinelli, ed. Cavinato - già recensita su questo blog in due parti, I e II). Forse il fatto che dalla maldestra riforma del '69 ad oggi si siano individuate gravi crisi teologiche (confusione approdata ad un culmine notevole con l'avvento dell'era Amoris Laetitia) e religiose (l'accelerazione del secolarismo col virare da una fase ateistico-anticlericale ad una di relativismo immanentista con aperture antinomiche) non è senza collegamenti. La conclusione non può che essere tragica, di quella tragedia letta da Nietzsche in chiave dionisiaca, marchiata da sfumature di esaltazione intellettuale e capace di fini seduzioni individuali, però destinata a diffondere la desolazione sociale e a sancire la decadenza epocale. La frantumazione del senso cattolico tradizionale, il clima di rottura subitanea - altro che perennità! altro che parvenza di quasi-perennità! -, l'atmosfera di eresia che aleggia tra i pastori, il sapore di scisma ed inimicizia che abita nel clero (perseguitati e promossi, dispersi e carrieristi), tutto questo non può che ottenere la polverizzazione della Catholica nel sentire sincretismo del mondo - lontani solo dal rischio fondamentalista islamico, se questo può consolare e se con sicurezza possiamo dire di non averlo alimentato noi stessi occidentali. Mentre i teologi più aggressivi e più dotti si avvicinano ad accarezzare l'apice della loro bramata rivoluzione, la cima epifanica del loro edificio babelico, il cristianesimo perde ogni giorno di più la propria specificità e pregnanza, finalmente ammansito e ricondotto nel novero delle religioni-oggetto, disponibili alle esigenze dell'Ordine in capo, ovviamente massonico. Difficile capire se si tratti della autentica Kenosi, lo spogliamento che imita il dono di sé fatto da Cristo in croce, o se invece sia in atto un più miserrimo tradimento, inconsapevole come del resto fu maldestro l'accordo tra Giuda e il Sinedrio.
Torniamo a noi. Quale che sia o che sarà il verdetto della storia, più grande e più terribile di ogni pontificato, teologia ed opinionismo, ci è consentito di sentirci come la Chiesa medievale, inerme e polverizzata dalle calate barbariche, schiacciata tra venti di lingue e usanze incomprensibili, sentori di Apocalisse, rivoli di frenesie pauperiste, peraltro a lungo privata di una figura papale significativa e/o interpellabile. In tale clima fu prudente, umile, fecondo e robusto l'istinto benedettino, che ridusse la cristianità all'essenziale, al centro la liturgia, attorno la custodia del lavoro e di una minima fraternità, senza ambire a fare di più per il proprio tempo e per il proprio impero, eppure ottenendo così è così solo gli immensi benefici a tutti noti. A questo spirito ci sia caro tornare: questa la nostra risposta, la nostra proposta, a Dio piacendo la nostra salvezza.

 

11 luglio 2016

San Benedetto da Norcia, il Santo Padre dell'Europa


di Alfredo Incollingo

Non è sbagliato affermare che San Benedetto da Norcia è il padre spirituale e materiale dell'Europa. Non sono stati Kalergi e Spinelli a fondare l'unione continentale, ma Benedetto e i suoi monaci, la sua Regola e il suo spirito evangelizzatore.
C'era un tempo in cui l'Europa era sconvolta dalla disgregazione della civiltà romana: un crogiolo di nuovi e vecchi popoli, divisi e in perenne contrasto. Goti, franchi, latini e longobardi erano lontani per origini e culture, ma potevano ben dirsi fratelli nella fede. Le differenze non erano nulla di fronte alla fede in Gesù perché, come dice San Paolo, “Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.”
Le guerre e i conflitti continuarono, così come i saccheggi e gli assedi, ma i popoli europei erano pronti a inchinarsi e a riconoscersi solidali e figli di uno stesso Signore. Prima di essere una realtà materiale (politica) l'Europa fu un'entità spirituale e culturale. Le singole identità e tradizioni erano parte integrante della Chiesa e della tradizione cristiana. Si era goti e latini, ma si era concordi nell'essere europei. Questa consapevolezza era probabilmente più forte all'epoca di oggi, dopo i travagli nazionalisti e il laicismo.
San Benedetto da Norcia e i monaci benedettini sono stati i protagonisti di questa nascita e rinascita della civiltà dopo la decadenza che seguì la caduta dell'impero romano. Arrivarono dovunque e lì fondarono monasteri, che non erano solo luoghi di contemplazione, ma officine culturali e materiali. La Regola benedettina seppe equilibrare il bisogno contemplativo con la vita attiva, riconoscendo in essa le virtù che avrebbero sostenuto un'esistenza di preghiera. Dovunque andarono fecero conoscere alle genti Cristo e quindi civiltà e dignità, contribuirono a fondare regni, città, cattedrali e a forgiare uomini di lettere e re.
Oggi l'Europa ha, guarda caso, perso la memoria e fa “fatica” a riconoscere il proprio passato, specie se in contrasto con le aspirazioni laiciste imperanti. Benedetto XVI (il cui spirito europeo è profetico quanto quello del santo patrono) il 24 marzo 2007 così parlava al Parlamento Europeo per i cinquantanni dalla nascita dell'EU: “Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa.” Furono dichiarazioni controcorrente per gli eurocrati, specie nel denunciare lo stato di lassismo morale, di decadenza etica e di relativismo in cui versava l'intero continente.
“Non piegatevi alla logica del potere fine a se stesso! Vi sia di costante stimolo e sostegno l’ammonimento di Cristo: se il sale perde il suo sapore a null’altro serve che ad essere buttato via e calpestato (cfr Matteo 5,13).” Il cristianesimo è il “sale” che dà sapore, è la sostanza spirituale dell'Europa, che saggiamente vivifica i particolarismi e rivela di essere parte di una realtà universale.
Anche Francesco ha espresso preoccupazioni per lo stato di decadenza europea così come gli osservatori ecclesiastici e laici più lucidi e meno ideologizzati. Questa riscoperta del senso perduto è possibile solo se si riscopre chi nel concreto ha creato questa ecumene spirituale. Celebrare San Benedetto da Norcia l'11 luglio non è solo il momento per ricordare un grande personaggio storico, ma è l'occasione per rivivere la grande esperienza evangelizzatrice e cristiana del Santo Patrono d'Europa. Preghiamo affinché possa intercedere per la nostra salvezza e per il bene del continente di fronte alle sfide del terrorismo e della decadente civiltà occidentale. Camillo Langone, dopo i risultati del Brexit, ha scritto “Dio dei popoli, Dio degli antenati, Dio del sangue anziché dell'oro”: non possiamo non ripetere queste parole ricordando che Dio è il nostro pilastro, come San Benedetto da Norcia ci ha insegnato.