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22 marzo 2018

L'ultimo uomo di Pennetta e il transumanesimo

di Federico Cavalli
Reagire a una violenza fisica per difendersi è quanto di più istintivo si possa osservare nella natura umana; percependo il pericolo si cerca di reagire nel modo più efficace possibile così da poter evitare qualsiasi danno per la propria sopravvivenza. 

Tale tipo di reazione, tanto naturale quanto elementare, viene troppo spesso limitata a questa singola tipologia di violenza come se, oltre alla forza, non ci fossero altri modi per mettere in pericolo la vita e la dignità di un individuo; la società con cui giornalmente ci troviamo a convivere è immersa in un’enorme ipocrisia di fondo: ogni genere di violenza fisica viene condannata duramente (almeno in apparenza, se poi ad essere picchiato e legato è un’esponente di un certo tipo di pensiero politico ci si può benissimo passare sopra come se nulla fosse successo), mentre non si batte ciglio per una brutalità di egual se non maggiore pericolosità: stiamo parlando della violenza culturale. 

Quest’ultima ha il suo più grande punto di forza nel riuscire a passare del tutto inosservata, grazie al sapersi camuffare perfettamente fra le conquiste della civiltà contemporanea; se non si percepisce il pericolo vien da sé che non ci sarà resistenza alcuna. Eppure, nonostante l’intorpidimento di una grandissima parte del mondo degli intellettuali, che sembrano ormai essersi completamente dimenticati di ciò che è fondamentale per poter migliorare il mondo, ovvero sviluppare una mentalità critica del proprio tempo, si può notare come ultimamente qualcosa sia cambiato grazie alla nascita di piccoli ma agguerriti gruppi di controcultura che evidentemente hanno fatto tesoro delle più belle parole gramsciane: “Occorre invece violentemente attirare l'attenzione nel presente così com'è, se si vuole trasformarlo. Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà”. 

È questo il caso dell’ormai avviata realtà dell’Intellettuale dissidente, quotidiano online che brilla, da anni e a ragion veduta, di luce propria; se infatti è raro assistere a dibatti e manifestazioni culturali aventi come protagonista il pensare controcorrente, è ancor più raro trovarne di alta qualità e, puntualmente, ciò che porta la firma di questa piccola ma importante realtà culturale rientra a pieno titolo in questa rarità di casi; l’incontro che si è tenuto mercoledì 14 marzo ne è una prova evidente.

Il convegno in questione, ospitato nella sala teatro della fondazione Cristo Re, è stato un vero e proprio atto di resistenza critica nei confronti delle politiche economiche e sociali del nostro tempo, e non sarebbe potuto essere altrimenti data la caratura dei due relatori: Ettore Gotti Tedeschi ed Enzo Pennetta

È proprio dall’ultimo libro di quest’ultimo, L’ultimo uomo edito circolo Proudhon, che si è preso spunto per i temi trattati durante l’appuntamento in questione; Malthus, Darwin, Huxley sono solo alcuni dei nomi illustri che sono stati menzionati nell’analisi critica portata avanti dai due oratori durante un dialogo strutturato abilmente con domande e risposte precise, accattivanti ed esaustive.

Ciò che è emerso da tali considerazioni è estremamente preoccupante: durante l’ultimo secolo si è voluto ricostruire e rimodellare l’uomo completamente, in tutta la propria natura, dando di fatto origine ad una vera e propria nuova genesi, una genesi laicista. L’uomo è stato sradicato completamente e reso orfano di senso per poter permettere una vera e propria rivoluzione antropologica in favore dell’uomo nuovo, completamente devoto alla Gnosi (la “conoscenza”, la tentazione, l’atto di presunzione ed orgoglio posto in essere da Adamo ed Eva verso il Dio Creatore). Questa la premessa per giungere al cosiddetto  trans-umanesimo.

Questa rivoluzione/involuzione umana, che vede al momento la propria apoteosi, nonostante fosse già stata denunciata a più riprese negli “scritti corsari” di Pier Paolo Pasolini e sebbene sia tutt’ora avvertita e svelata da una piccola parte del mondo intellettuale contemporaneo, continua giornalmente la sua ascesa al potere (ormai si tratta solamente di consolidamento) nell’indifferenza dei più. Ma tutto ciò come è potuto divenire realtà? Come si è potuti arrivare a tanto senza ribellione alcuna? 

Le teorie economiche di Malthus hanno un filo diretto e sono state legittimate, nel senso proprio del termine, dalla teoria darwiniana. Quest’ultima, dopo avere vissuto un periodo di eclissi dovuta alla riscoperta delle leggi di Mendel, è stata riportata in auge non tanto per ragioni scientifiche (delle quali lo stesso Prof. Pennetta nelle sue pubblicazioni ha ampiamente trattato i limiti), quanto perché funzionale alla nuova visione distopica e perversa del mondo, dove un mezzo di per sé neutrale (il mercato) viene mal gestito a discapito dell’uomo, trasformandolo da mezzo a fine; la nuova genesi umana è poi passata attraverso vere e proprie rivoluzioni culturali che, avvalendosi di organizzazioni sovranazionali (ONU, UNESCO, UNICEF…), sono riuscite a cambiare il modello di uomo nella quasi totalità del globo. Tutte queste tematiche sono affrontate ottimamente all’interno del libro del professor Pennetta, ma sentirle divulgate dal vivo aiuta ancora di più a prendere coscienza di quanto avvenuto in questi ultimi decenni. 

Il “nuovo fascismo” (che ha prodotto ambientalismo, teoria del gender, disumanizzazione…) si è affermato, il modello di uomo è stato cambiato, ora più che mai serve una presa di coscienza netta, ora più che mai è necessario dissentire con tutte le forze. Come? Vivendo questa vita con la dignità di esseri umani che ci appartiene e non abbassandoci a vivere come la Gnosi ci impone, da automi, da semplici bacilli, o da bestie da soma; ciò che è morto non può che seguire la corrente, solo ciò che è vivo può opporsi ad essa. Deve svilupparsi una nuova resistenza culturale, sociale ed umana; non possiamo permetterci di perdere altro tempo. Considerando che nel 1974 Pasolini denunciava il pericolo della nuova civiltà dei consumi, siamo già in ritardo di 44 anni.


 

24 agosto 2017

Papa Francesco e lo Ius Soli: l''ennesima fake news (fino ad un certo punto)


di Federico Cavalli

Le dichiarazioni del Santo Padre, contenute all’interno del documento per la giornata mondiale dei migranti 2018 (qui il testo integrale), hanno sollevato un grande polverone mediatico, e non sarebbe potuto essere altrimenti dato il tema che si è affrontato: l’immigrazione.

Sui social, così come si poteva facilmente immaginare anche solo leggendo le prime pagine dei quotidiani nazionali, si è acceso un forte dibattito sulla questione che si è sviluppato soprattutto intorno alla seguente affermazione del Pontefice: “Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita”. Alcune testate giornalistiche nazionali, prima fra tutte Repubblica, esercitando una notevole disonestà intellettuale, hanno intitolato in prima pagina: messaggio di Papa Francesco: “si allo ius soli e allo ius culturale” (qui il link dell’articolo di Repubblica); se si inserisce una dichiarazione fra le virgolette, si vuole fare intendere al lettore che quella determinata frase è stata detta dallo stesso Papa Francesco, quando ciò non è mai avvenuto.

Vi invito a cercare, nel documento ufficiale, esattamente quell’affermazione che è stata virgolettata dal giornalista di Repubblica; non la troverete. Si parla spesso, e la maggior parte delle volte anche sulle pagine del quotidiano sovra citato, di quanto sia indispensabile agire contro le fake news prendendo pesanti contromisure nei confronti di chi le diffonde; se mai dovesse essere approvata una legge del genere, Repubblica dovrebbe essere la prima testata nazionale a chiudere i battenti, visto e considerato che non è la prima volta che interpreta ed “inventa”, a proprio piacimento e per fini facilmente intuibili, le parole del Santo Padre.
Urge però sottolineare come, sui social, una parte considerevole del popolo dei fedeli abbia espresso il proprio disappunto su ciò che è stato detto dal Papa poiché, anche se non direttamente, hanno interpretato tale discorso come un via libera al così detto “ius soli”, legge che da mesi sta agitando l’opinione pubblica della nostra penisola. Sebbene non vi sia alcun passaggio esplicito dove si afferma ciò, posso comprendere come un testo del genere possa essere interpretato, piuttosto facilmente, come un vero e proprio intervento a “gamba tesa” nella vita politica italiana, da parte di Francesco, a favore di tale legge; ciò è dovuto soprattutto al fatto che, come abbiamo già visto, le parole del Santo Padre vengono puntualmente strumentalizzate da giornalisti che hanno a cuore esclusivamente , non il racconto della verità, ma il proprio interesse ideologico/partitico.

Sebbene non vi sia quindi un esplicita apertura allo ius soli bisogna però ricordare, per onestà intellettuale, alcuni punti fondamentali per interpretare, nel miglior modo possibile, le molteplici reazioni che sono scaturite da questa vicenda: Papa Francesco ha più volte dimostrato nel corso del suo pontificato, una totale e piena fiducia in Repubblica; le osservazioni di Francesco all’interno del documento sono, in molti punti, come fa notare giustamente Francesco Agnoli in un interessante post di Facebook , non solo molto opinabili ma vanno verso una notevole apertura (lo ius soli non è nominato, ma è difatti suggerito) invitando a:

a) concedere «possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione» e ad «un impegno concreto affinché sia incrementata e semplificata la concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare»;

b) «ad anteporre sempre la sicurezza personale (del migrante) a quella nazionale» (come se quella nazionale non fosse la sicurezza di singole persone);

c) a concedere la nazionalità: essa «va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita»;

d) a «favorire il ricongiungimento familiare — con l’inclusione di nonni, fratelli e nipoti — senza mai farlo dipendere da requisiti economici»;

e) all’«offerta di cittadinanza SLEGATA da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel paese».

Ci dispiace inoltre sottolineare come, su un tema così tanto politico, il Santo Padre si sia più volte espresso abbastanza chiaramente (secondo noi legittimamente), mentre su temi prettamente etici, come le leggi che hanno introdotto il matrimonio gay in Irlanda e Germania, o le unioni civili qui in Italia, si è scelta la discutibile via, se non del silenzio, di un qualcosa che vi si avvicina. Così come ci appare assurda la nomina, di consulente per la comunicazione, in vaticano, di padre James Martin, attivista LGBT che, proprio in questi giorni, ha ricevuto un premio “arcobaleno” e, ringraziando per tale onore, ha detto: “le persone omosessuali e transessuali sono così perché Dio le ha fatte così” (fonte).

Da tutto ciò si può intravedere uno scenario veramente preoccupante: larga parte dei fedeli cattolici vorrebbe più chiarezza su certi temi, chiarezza che è invocata ormai da anni e che, quando arriva, è seguita da scelte che generano ulteriore confusione. Non vorremmo che questi fedeli si sentano messi da parte per far posto a gente ideologicamente schierata, come padre James Martin. Detto ciò, viva il nostro attuale Papa e teniamo sempre presente il suo invito di inizio pontificato: preghiamo per lui e per la Chiesa cattolica. Voglio inoltre chiarire che ritengo assurdi ed inaccettabili gli innumerevoli insulti rivolti al Papa da parte di quelle persone che, in queste ore, si sono lasciate prendere dall’indignazione più profonda e violenta.

http://www.motoretrogrado.it/2017/08/23/le-vere-fake-news-papa-francesco-e-limmigrazione/

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21 agosto 2017

Memoria a breve termine


di Federico Cavalli

È strano come bastino pochi mesi di distanza da un attentato all’altro per far ricadere nel terrore l’intera Europa; eppure non credo sia possibile dimenticare tanto facilmente la lunga serie di attentati che hanno visto il vecchio continente e i suoi abitanti come bersaglio principale. Ora Barcellona, prima Londra e prima ancora Parigi, senza dimenticarci di Manchester, San Pietroburgo e Stoccolma. A sentire i telegiornali e leggendo i vari quotidiani sembra che venga tutto puntualmente dimenticato; ci si pongono sempre le stesse domande a cui seguono delle risposte vuote, che sembrano ormai dettate dall’abitudine e non da un reale interesse. Poco importa se, qualche mese prima, erano rimaste uccise ventitré persone, sono bastati pochi mesi affinché tutto tornasse alla normalità; si ha l’impressione che nessuno qui riesca ad imparare dai propri errori.

Sembrerà cinico come ragionamento, ma com’è possibile che un furgone possa tranquillamente, e in modo del tutto indisturbato, gettarsi ad alta velocità lungo le Ramblas di Barcellona, per più di 600 metri, dopo che ci sono stati nel giro di un anno, otto attentati che si sono svolti nella stessa identica maniera? C’è chi scrive, sul Corriere della Sera , che ormai i terroristi hanno perso la “fantasia” poiché agiscono sempre nello stesso rudimentale modo, e ciò dovrebbe essere una grande vittoria per l’Europa intera poiché, secondo Beppe Severgnini, ciò starebbe a significare la totale decadenza e debolezza di questo impianto terroristico che non riesce ad organizzare attentati più “elaborati”.

In realtà sia l’attentato di San Pietroburgo che quello di Manchester, entrambi molto vicini nel tempo, sono stati effettuati attraverso l’innesco di cariche esplosive, provocando decine di morti; dunque non è vero che gli attentatori hanno perso la “fantasia”, sanno perfettamente agire in modalità differenti; il loro obbiettivo consiste nello spaventare le masse gettando l’intero occidente nel terrore, poco importa se per farlo debbano usare un ordigno rudimentale o un furgone fiat, il risultato è lo stesso e non è razionalmente possibile interpretare ciò come un segnale di indebolimento del terrorismo islamico. Semmai, da tutto ciò, si può evincere esattamente l’opposto: i terroristi hanno trovato un modus operandi perfettamente funzionante, anche se rudimentale, e noi forze occidentali non riusciamo a fermare il più semplice degli attentati… forse ciò dovrebbe essere interpretato come un nostro enorme indebolimento e non come una mancanza di “fantasia” da parte di chi esegue attentati.  Ad ogni attentato, inoltre, viene sempre ripetuta la litania, ormai del tutto insignificante, che l’Europa non deve cedere e che deve portare avanti i valori che da sempre la contraddistinguono…ma quali sono questi valori?

Come possiamo credere di fronteggiare e capire appieno il terrorismo se dall’altra parte vi sono uomini, come noi, che riescono a dare la vita per un ideale, una logica che a noi sfugge completamente e che ci siamo dimenticati da tempo. Qualcuno potrebbe giustamente obbiettarmi che l’Europa vede il proprio fondamento ideologico nello slogan rivoluzionario “libertè, egalitè, fraternitè!”. Ebbene ciò potrebbe anche, in parte, essere vero, ma a differenza di chi si trova dall’altro lato, la maggior parte dei giovani d’oggi (di cui io faccio parte, e dunque posso osservarlo molto da vicino poiché lo vivo quotidianamente) non sono minimamente disposti a difendere questi ideali se non con qualche post sui social network. Non mi credete? Basta guardare i terribili video della morte di Niccolò Ciatti, il ragazzo pestato a morte davanti a centinaia di persone, senza che nessuno intervenisse. Non mi sembra che la fratellanza tanto amata ed invocata da tutti, si sia manifestata degnamente in quell’occasione. Siamo noi i deboli, non gli altri.

http://www.motoretrogrado.it/2017/08/18/memoria-a-breve-termine/

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06 marzo 2017

Irlanda, la fossa comune e la tragedia delle fake news



di Federico Cavalli

Fare informazione è da sempre uno dei mestieri più difficili in questo mondo, causa la necessità di metter da parte ogni convinzione ideologica per riportare una notizia veritiera quanto più possibile. Partendo proprio da questo presupposto, da qualche mese a questa parte, il mio metodo di approccio con i telegiornali e le principali testate giornalistiche italiane è basato sulla diffidenza; questo metodo ha fatto si che riuscissi a dubitare, rispedendo al mittente, alcune delle più grandi “fake news” degli ultimi tempi. Come scordarsi delle migliaia di profezie nefaste che si sarebbero dovute attuare, a partire proprio dal giorno successivo delle votazioni, in caso di una vittoria del “no” al referendum costituzionale tenutosi lo scorso 4 dicembre? Profezie di cui, dopo esattamente 3 mesi, non se ne scorge nessuna traccia.

Lo stesso procedimento venne applicato anche qualche mese prima, precisamente nel giugno del 2016, con la tanto temuta “brexit”; anche qui, dopo circa 9 mesi dal voto, sembra non essersi abbattuta sull’Inghilterra l’apocalisse economica annunciata dall’establishment. Ebbene, anche solo questi due esempi che ho riportato dovrebbero avervi fatto capire che le notizie che si leggono, o si sentono, dai principali mezzi di informazione, vanno sempre verificate, cercando di togliere quanti più filtri ideologici possibili. Operazione che mi sono ritrovato a compiere anche ieri sera, dopo aver ascoltato al telegiornale la sensazionale notizia del ritrovamento, in Irlanda, di un’immensa fossa comune, rinvenuta in un orfanotrofio gestito da suore a Tuam, contenente i resti di circa 800 bambini.

Il servizio, andato in onda nell’edizione del tg1 delle ore 20.00 del 3 marzo, è stato introdotto da poche e semplici parole: “un’altra pagina nera nella storia della chiesa cattolica Irlandese, rigida e bigotta”; seguiva quindi un servizio dove si illustravano, oltre alla scoperta in sé, anche le presunte cause di decesso dei bambini: maltrattamento, abusi, malnutrizione. Se dapprima la notizia mi aveva turbato sin nel profondo, dopo poco decisi di approfondire quanto avevo appreso dal servizio, spinto anche da un ricordo che mi ritornava alla mente; avevo l’impressione, infatti, che si trattasse di una notizia di qualche anno fa, fatta passare nuovamente come “scoop” per poter rimarcare le colpe della chiesa cattolica in un evento del genere.

Impressione che ha trovato conferma attraverso un piccola ricerca sul web: il 5 giugno 2014 Il Fatto Quotidiano riportava la stessa notizia, usando esattamente gli stessi toni usati ieri dal tg1, con la differenza che nel 2014 si erano trovati i documenti che attestavano i decessi, oggi si è effettivamente trovata la fossa comune: ritrovamento che ha confermato la scoperta di 3 anni fa ma che non si può definire come una clamorosa scoperta in sé. Altro aspetto che mi aveva particolarmente colpito della vicenda era la sicurezza con cui si attribuivano queste morti al convento e, di riflesso, alla chiesa cattolica irlandese: se dalle ossa dei cadaveri rinvenuti si può dedurre una morte per malnutrizione, non si può invece accertare, dopo circa 80 anni dall’accaduto, se effettivamente i bambini subirono violenze o maltrattamenti e di ciò non vi è traccia neppure nei documenti rinvenuti dalla ricercatrice Catherine Corless nel 2014.

Volendo ben approfondire la questione mi sono imbattuto nel seguente sito irlandese dove venne pubblicato, sempre nel 2014, un articolo sulle condizioni economiche e sociali dell’Irlanda proprio a partire dal 1925, anno in cui il tanto discusso convento di Tuam aprì i battenti. Cito testualmente: ”Nel 1920 l’Irlanda si trovava in uno stato disastroso. La guerra di indipendenza, la guerra civile e una depressione economica stavano soffocando la società. Nel 1924 il governo interno in una nota ufficiale dipinse un quadro molto cupo: nell’industria e nel settore commerciali si ebbero più di 47.000 disoccupati, nell’agricoltura circo 40.000”. Sempre all’interno dell’articolo si può leggere di come i raccolti del 1924 furono disastrosi, il Manchester Guardian nel febbraio del 1925, definì quello che stava accedendo in Irlanda come una violenta carestia, il popolo moriva di malnutrizione e fame. Il Presidente del Consiglio esecutivo dello stato libero d’Irlanda, William Thomas Cosgrave, descrisse la situazione con le seguenti parole: ”La situazione di disagio è notevolmente maggiore rispetto al normale, ma ciò non può essere paragonabile alla carestia del 1847. Non vi è alcun problema di carestia in questo senso.”.

Usando come termine di paragone la più profonda crisi alimentare della storia moderna europea, facilmente si riesce a declassificare una carestia, tuttavia le parole che pronunciò illustrano perfettamente la profondità della crisi. In un panorama del genere si può quindi facilmente capire come,  essendo gli orfanotrofi in una grave difficoltà economica , non sia poi così assurdo avere avuto 800 decessi fra i bambini; morti che, anche solo a pensarci, creano un profondo senso di dolore, ma che non possono essere imputate totalmente alla chiesa irlandese. Ciò non toglie che effettivamente ci sia una corresponsabilità, ma contrastare la fame non avendo risorse economiche a disposizione non è poi così semplice.

http://www.motoretrogrado.it/2017/03/04/irlanda-la-fossa-comune-e-la-morte-dellinformazione/

 

17 febbraio 2017

L'ultimo uomo: la rivoluzione francese ed il secolo dei lumi


di Federico Cavalli

Con questo articolo continuiamo il progetto fatto iniziare con questo pezzo; raccontare ed approfondire le tematiche trattate il 20 gennaio scorso dai professori Enzo Pennetta e Gianluca Marletta, durante l’incontro “l’ultimo uomo” organizzato dal centro studi Minas Tirith

Con la rivoluzione francese si decide dunque di fare a meno di Dio, di creare una società completamente libera da ogni tipo di vincolo religioso, così da poter ottenere un controllo assoluto del potere statale senza essere sottoposti ad una morale umana generata da quel modello antropologico venuto alla luce con la figura di Gesù Cristo; per la prima volta uno stato decide di fare a meno di Dio. La nuova divinità imperante è la dea “ragione”, si instaura dunque un modello sociale del tutto nuovo, frutto di quel movimento culturale chiamato “Illuminismo”. L’esperimento di uno stato senza alcun vincolo morale ed etico, se non quelli imposti della ragione, porta ad un fallimento totale dando inizio ad una delle più violente persecuzioni anticristiane della storia.

La politica antireligiosa suscitò un grande scontento fra la popolazione tanto da sfociare, in alcuni casi, in vere e proprie rivolte, la più famosa delle quali ebbe luogo in Vandea. La controrivoluzione fu fatta principalmente da realisti e cattolici che ritorsero contro la repubblica il diritto all’insurrezione per ottenere la libertà. La rivolta venne soffocata nel sangue, si calcola che su una popolazione di 800000 vandeani ne vennero uccisi più di 117000. Spesso si è soliti, davanti ad atrocità del genere, domandarsi dov’era Dio in tutto ciò; mi domando invece dov’erano l’uomo e la sua ragione in quei momenti. Coloro che operavano per conto della dea Ragione furono i principali artefici delle numerosissime condanne a morte, emanate durante il così detto “regime del terrore”; regime che finì il 9 termidoro dell’anno II (27 luglio 1794) con la caduta e l’esecuzione dei tre più influenti membri del Comitato di salute pubblica: Maximilien de Robespierre, considerato la principale personalità politica del Terrore giacobino, Louis Saint-Just e Georges Couthon.

L’esperimento fallì perché l’essere umano, privato del riferimento divino, crea una società senza freni morali e ciò ha quindi portato alle atrocità rivoluzionarie. Questo particolare risultato viene elaborato da Auguste Comte, filosofo e sociologo francese considerato il padre del Positivismo. Egli ha suddiviso in “fasi le epoche storiche: quella teologica, quella metafisica e quella positiva.
Se la prima rappresenta “l’infanzia del mondo” (la spiegazione dei fenomeni naturali è attribuita ad entità soprannaturali) e la seconda l’adolescenza ( la realtà si spiega attraverso i concetti astratti della filosofia) l’ultima fase è il momento in cui tutte le discipline (etica, politica, filosofia) vengono assoggettate totalmente ad una spiegazione di tipo scientifico. La scienza è quindi strumentalizzata, deviata, modificata per farla divenire il sostituto di qualcosa di cui non può essere, ovvero la religione; la scienza non può sostituirla poiché essa non dirà mai se c’è un fine per le cose.
La contrapposizione fra fede e scienza va quindi rigettata giacché una si occupa del fine delle cose, l’altra della descrizione di meccanismi. Con la rivoluzione francese si passa dal periodo teologico a quello metafisico, l’Illuminismo e la sua Weltanschauung fondano un’altra ideologia, si spodesta il dogmatismo religioso per fare spazio alla necessità di superare le interpretazioni a carattere religioso e animistico trovando, di fatto, un’alternativa al mito della Creazione.

Durante il Secolo dei Lumi la teologia lascia il posto all’indagine del mondo fisico, si vuole e si ha bisogno di una nuova Genesi laica e naturalistica; necessità che incomincerà ad essere soddisfatta grazie agli studi del naturalista Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, che formulò una propria teoria ispiratagli dall’osservazione della rigenerazione degli arti dei gamberi, da cui suppone che l’origine spontanea della vita avviene per via della naturale tendenza delle molecole ad aggregarsi fra di loro secondo delle determinate forme. Teoria smentita dagli esperimenti di Lazzaro Spallanzani, definito da Voltaire stesso “il più grande naturalista d’Europa”.
Il pensiero pre-evoluzionista della teoria di Buffon, secondo cui ogni specie vivente si distingue per piccole sfumature genetiche che nel corso del tempo subiscono lievi cambiamenti, continuò a sopravvivere e ad influenzare le teorie successive . Negli stessi anni in Inghilterra Erasmus Darwin, nonno di Charles ipotizza che gli esseri viventi derivino da un unico antenato comune. Si stavano costruendo tutte le fondamenta necessarie per una nuova società, processo che continuerà ad essere approfondito nei prossimi articoli


 

31 gennaio 2017

L'ultimo uomo


di Federico Cavalli

Venerdì 20 Gennaio 2017 si è tenuto il primo incontro culturale organizzato dal neonato centro studi “Minas Tirith”, dando così il via alla serie di eventi denominata  “Ecce Homo. La sfida dell’umano al transumano”. Il ciclo di conferenze è stato pensato, dai fondatori del centro studi, come un vero e proprio percorso di formazione, non solamente per i giovani ma per un’intera comunità.

L’incontro in questione, intitolato “L’ultimo uomo”, ha ospitato due relatori di grande livello culturale: il professor Enzo Pennetta, docente di Scienze al liceo, e il professor Gianluca Marletta, insegnante di Lettere e Storia nella scuola secondaria di primo grado. Provo un certo orgoglio nel poter dire di essere stato il moderatore di quest’incontro, visto anche il numero e la qualità delle pubblicazioni dei due professori che danno, maggiormente, l’idea dello spessore culturale dell’incontro; per percepire ciò basta anche solo riportare i nomi di alcuni di questi scritti, come “L’ultimo uomo” del professor Pennetta, o “La fabbrica della manipolazione” del professor Marletta.

Avendo l’incontro un “format” molto leggero, che prevedeva un singolo intervento dalla durata di 25 minuti per ciascun relatore, non si è potuti scendere molto nel dettaglio delle questioni trattate; si è quindi scelto di mettere a fuoco i punti centrali, gli snodi fondamentali dell’argomento trattato: l’invenzione dell’antropologia capitalista. Proprio per questo motivo la redazione di motoretrogrado.it ha deciso di scrivere dei piccoli approfondimenti su ciò che si è andato a trattare nell’incontro stesso. Il primo a cui ho dato la parola è stato il Professor Enzo Pennetta, che si è voluto soffermare sul perfetto abbinamento fra il titolo della serie di incontri ” Ecce homo”, e dell’incontro in questione “l’ultimo uomo”.

Ogni ideologia nell’esporre la propria idea di mondo deve, per necessità, soffermarsi su una concezione dell’uomo che andrà a popolare proprio quella società che si vuole costruire; un sistema di potere deve, quindi, fondare un’idea antropologica su cui formare la società. Nella storia dell’occidente, il modello antropologico di maggior impatto è stato, senza ombra di dubbio, la figura di Gesù; Ecce Homo infatti,  è l’espressione con la quale, nel Vangelo di Giovanni (19,5), Pilato presenta alla folla il Cristo flagellato e coronato di spine, quello stesso Cristo che poco prima (Giovanni 18,37-38) aveva risposto, alla domanda di Pilato, affermando di esser venuto nel mondo per testimoniare la Verità. Per la prima volta la verità viene trasposta sull’uomo che, nella civiltà cristiana, tende a prendere come modello da seguire il Figlio di Dio; la società, conseguentemente, si plasma su questa immagine e l’Uomo diviene colui che ha in eredità il mondo, differenziandosi totalmente dagli altri esseri viventi.

Si incomincia, quindi,  a gestire la società attraverso la figura centrale dell’individuo, che ha alle proprie spalle il nucleo fondamentale della famiglia, colonna portante di tutta la società; individuo che deve seguire quelle regole imposte dallo Stato, che si è a sua volta formato proprio sul nuovo insegnamento evangelico. Per secoli colui che gestiva il controllo assoluto del proprio paese si è sempre dovuto confrontare con questo modello di Verità, avendo di fatto un vincolo che lo limitava, sia nella gestione del potere che nella manipolazione del popolo; nacque quindi la necessità di ottenere un vero e proprio controllo assoluto sulla società, liberandosi di questo modello antropologico troppo vincolante, nato grazie alla figura di Cristo. Il primo episodio storico in cui si cerca di far ciò è la rivoluzione Francese. In che modo? Ve lo dirò nel prossimo articolo, continuando ad approfondire tutto ciò che si è detto nell’incontro organizzato dal centro studi “Minas Tirith”.