Visualizzazione post con etichetta Plinio Correa de Oliveira. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Plinio Correa de Oliveira. Mostra tutti i post

30 aprile 2019

Libri. "Cristianità. Dalla periferia al centro"

Questo testo del grande pensatore brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira raccoglie alcuni suoi saggi sulla civiltà cristiana: "Un elemento caratteristico dell'odierno disordine (e quindi di anticattolicesimo, giacché cattolicesimo ed ordine si identificano) è l’esistenza di mali opposti ed antagonistici che, purtroppo, invece di cancellarsi si aggravano a vicenda. Se da un lato l’eccesso di preoccupazioni scientifiche ha generato ai giorni nostri un abuso di scientismo, dall’altro il progressivo declino della capacità intellettuale dell’uomo moderno ha provocato una decadenza generale nella spiritualità, veramente funesta in ogni sua conseguenza. Fra questi due estremi, nati dal paganesimo, la Chiesa propone la soluzione equilibrata, e dunque cattolica, di una cultura razionale senza che sia razionalista e sufficientemente diffusa per impedire l’involuzione progressiva delle masse". Il Prof. Julio Loredo, nella sua introduzione, afferma: "Il processo rivoluzionario è esploso in ambito tendenziale e culturale, con l’umanesimo e un certo rinascimento, che hanno sovvertito in radice la mentalità dell’uomo medievale, innescando il processo storico poi identificato con la “modernità”. Nel secolo XVI, forse ritenendo che il terreno fosse ormai predisposto, la Rivoluzione tenta il grande colpo: col protestantesimo si scaglia direttamente contro la Chiesa, cercando di distruggerla nella sua costituzione organica, nel suo magistero, nella sua liturgia, nella sua disciplina. “Papato, vivo io ero la tua peste! Morto sarò la tua morte!”, furono le ultime parole di Martino Lutero, figura emblematica di questa rivoluzione. La risposta della Chiesa è stata immediata, profonda, esaustiva: una Contro-Riforma avente per nucleo il Concilio ecumenico di Trento e come guida una schiera di santi quale non si era vista da secoli, a cominciare dal Papa San Pio V. La Chiesa affrontò il problema a 360° gradi: dal campo teologico a quello liturgico, culturale, artistico e via dicendo. La vittoria è stata talmente schiacciante che la Chiesa uscita dalla Contro-Riforma è arrivata largamente intatta fino agli anni 1960. Sconfitta, la Rivoluzione ha cambiato approccio, passando a esercitare la sua azione deleteria con più intensità nel campo temporale, salvo poi da lì insinuarsi nella Chiesa. La mentalità dei cattolici – che al 99% vivono nella società civile – è stata gradualmente modellata dagli errori e dalle tendenze rivoluzionarie dilaganti in ambito civile, dall’illuminismo e la rivoluzione francese al comunismo e il sessantottismo. A partire da questo ambito è stato poi facile influenzare la Chiesa. Un’analisi degli errori ed eresie che hanno funestato la Sposa di Cristo negli ultimi due secoli – dal cattolicesimo liberale al Modernismo alla Nouvelle Théologie fino al progressismo – mostra che, senza eccezioni, essi provengono da infiltrazioni di errori e di tendenze del campo temporale, e sempre col pretesto di “adattare la Chiesa ai tempi”. In altre parole, le concezioni rivoluzionarie in campo civile sono diventati la matrice delle trasformazioni in campo religioso. È attraverso la sfera civile che gli errori della Rivoluzione finiscono per incidere sulla Chiesa".
Un testo ricco di contenuti che aiuteranno a ripensare in modo profondo il modo in cui il cattolicesimo ha approcciato la sfida con la modernità.

Disponibile su Amazon.


 

18 luglio 2017

Controrivoluzione e crisi nella Chiesa (parte II)

di Marco Sambruna

(prima parte)

LA GRANDE SEDUZIONE

Il volto sorridente della Rivoluzione nella sua fase più evoluta, quella del relativismo laicista, per de Oliveira ha sedotto anche la Chiesa nel corso del Concilio Vaticano II.
La grande seduzione è consistita nel far credere al clero e ai fedeli cattolici che la religione e il sacro dovevano essere desacralizzati, ossia ridotti a una dimensione umana, e socializzati nella convinzione che la promozione dell’egualitarismo non solo giuridico, ma anche economico fosse compito primario della Chiesa. La realpolitik vaticana è il frutto di questa seduzione cui alcuni settori della Chiesa hanno ceduto inaugurando così la stagione del “dialogo ecumenico” con i nemici storici della cristianità e del cristianesimo rappresentati dal comunismo e più recentemente dal laicismo militante. Va da se che in questa prospettiva la Chiesa doveva rinunciare o ridimensionare quegli elementi che costituivano un ostacolo al dialogo con gli agenti rivoluzionari il cui fine supremo era ed è il depotenziamento della visione cristiana del mondo e dell’uomo tramite il dileguamento di quei caratteri distintivi che del cristianesimo costituiscono il nerbo.
La rimozione delle peculiarità tipiche del cristianesimo in quanto ostacoli in vista del suo depotenziamento, implicavano l’esigenza di diluirlo all’interno di un processo che eliminasse tutto ciò che impediva il sincretismo religioso e culturale: ciò significava destabilizzare il Papato in quanto inviso ai protestanti,  accantonare la trascendenza in quanto invisa ai  materialisti, diluire i costumi morali in quanto invisi ai relativisti, impoverire la forma liturgica in quanto invisa ai  progressisti, compromettere le devozioni tradizionali in quanto invise a chiunque non fosse cattolico.
In realtà l’ugualitarismo economico della terza fase rivoluzionaria, quella comunista, come ci avverte de Oliveira, era solo introduttivo all’abolizione operata dalla quarta rivoluzione laicista di ogni forma di autorità e di gerarchia morale e caratterizzato dall’idea relativista secondo cui qualsiasi scelta è equivalente e dunque permutabile e fungibile con un’altra. Da questa concezione nasce anche la distorsione del diritto che non afferma più quale compito primario dello stato quello di indicare un modello verso cui tendere, ma quello di abolire la linea di demarcazione che separa ciò che è auspicabile da ciò che è riprovevole. Tale posizione rappresenta il supremo sovvertimento della visione dell’uomo tradizionale modellata dalla religione: non è più lecito ciò che è morale, ma è morale ciò che è lecito ossia quasi qualsiasi tipo di esperienza.

LA CONTRORIVOLUZIONE

Che sviluppi lascia intravedere oggi il pensiero di Plinio Correa de Oliveira ?
Riguardo il destino prossimo futuro della religione, vale a dire la sua permanenza, occorre stabilire prima cosa si intenda esattamente per Chiesa cattolica. Esistono infatti almeno tre modi di intenderla:

-Chiesa come comunità dei santi in unione con la Chiesa visibile;
-Chiesa come ordinamento gerarchico composta dal clero e dai fedeli;
-Chiesa come popolo di Dio indipendentemente dalla permanenza di una gerarchia cattolica.

L’esistenza della Chiesa nella Verità sarà garantita almeno tramite la sua prima forma: la Chiesa come comunità dei santi e dei credenti è destinata infatti a essere indistruttibile.
Ma se la Controrivoluzione non sconfigge la Rivoluzione a breve o medio termine la Chiesa intesa nella seconda o terza accezione si può trasformare in un apparato di supporto all’ideologia dominante.
Il pensiero debole laicista indurrà il clero e i fedeli del futuro a credere che il laicismo è la forma più compiuta di cristianesimo. In questo senso il laicismo e la società completamente secolarizzata saranno contrabbandati come una sorta di cristianesimo finalmente compiuto in quanto emancipato dalle persistenze del cristianesimo tradizionale che ne ha rappresentato solo la fase primitiva.
L’epoca cristiana sarà così riconsiderata come pre cristiana nella sua configurazione di forma larvale o germinale di cristianesimo invece pienamente realizzato nella società laicista e atea.
Si va così verso una “Chiesa gandhiana” i cui connotati sembrano richiamare il falso profeta dell’Apocalisse.
In questo periodo di vacanza della chiesa tradizionalmente intesa, solo un’entità politica cristiana potrà raccogliere il testimone della Controrivoluzione. Tale entità, la cui prefigurazione letteraria ha un illustre predecessore nel Veltro dantesco, dovrà essere identitaria e reazionaria dal punto di vista culturale, ma niente affatto nazionalista dal punto di vista ideologico.

DUE NATURE

Rivoluzione e Controrivoluzione appartengono a due nature non solo diverse, ma perfino opposte.
La Rivoluzione infatti costruisce se stessa sfruttando i conati della storia, ossia le quattro rivoluzioni dialetticamente concatenate; ciò significa che la Rivoluzione si pone come un già dato metastorico  quanto al suo aspetto progettuale, ma che interseca un piano storico dal punto di vista realizzativo o della sua costruzione che può avvenire solo nel corso della cronologia temporale. La Rivoluzione è dunque qualcosa di analogo all’idea hegeliana, una sorta di spirito che per rivestirsi di carne ha bisogno di ricorrere a moventi e sussulti storici: da qui la sua natura dipendente dall’azione cieca determinata dalle quattro rivoluzioni le quali, se non fossero finalisticamente destinate alla Rivoluzione, dopo essere sorte ricadrebbero immediatamente nel caos informe da cui sono scaturite.

La Controrivoluzione invece finora ha agito nel mondo grazie all’azione di un unico agente, cioè la Chiesa.
La Chiesa come centro promotore di sensibilità religiosa ha plasmato l’uomo, specialmente quello occidentale. Ma dire che la Controrivoluzione ha manifestato se stessa tramite la Chiesa equivale ad affermare che queste due entità, Chiesa e Controrivoluzione, si identificano.
La Controrivoluzione senza Chiesa è come un’anima senza corpo: la sua azione sarebbe inefficace nel contrasto alla Rivoluzione, anzi non potendo manifestarsi in atto sarebbe solo una forma potenziale priva non solo di visibilità, ma anche di vitalità. Analogamente la Chiesa senza Controrivoluzione non potrebbe essere perché la sua stessa esistenza si qualifica e si giustifica solo tramite l’azione controrivoluzionaria. La Chiesa infatti trae la sua ragion d’essere originale e distintiva dal fatto di essere animata dall’azione controrivoluzionaria che si concreta visibilmente nella necessità di narrare una storia del mondo secondo la metafisica cristiana. Tale narrazione deve conservare come elemento fondamentale la trascendenza;  ridurre infatti l’azione della Chiesa alla sola produzione nel sociale significa provocarne un deficit di essenza metafisica o, in termini filosofici, ridurla a mero accidente contingente e transitorio destinato a esaurirsi come molti altri episodi della storia.  A causa della decostruzione del suo profilo metafisico la Chiesa si sta trasformando da strumento combattivo a strumento acquiescente rispetto alla Rivoluzione.

Ma soprattutto Rivoluzione e Controrivoluzione divergono nel loro rapporto con la storia.
La Rivoluzione si manifesta lungo la timeline temporale nei quattro momenti rivoluzionari che la sviluppano dialetticamente. La Rivoluzione dunque ha la sua ipostasi in una serie di eventi storici che la co-costruiscono: si tratta di un ipostasi mutevole perché soggetta ai movimenti della storia e infatti il processo rivoluzionario si è servito di episodi o fenomeni storici alquanto eterogenei fra loro come la Riforma, la rivoluzione francese, il comunismo, il laicismo relativista scaturito dal Sessantotto

La Controrivoluzione invece agisce nella storia tramite la sua ipostasi nella Chiesa, ossia un elemento per lungo tempo rimasto immutato, alieno da condizionamenti temporali. Essa da un punto di vista temporale non è né un episodio, né un fenomeno, entrambi di breve durata, bensì una dinamica che permane per secoli o millenni.
D’altra parte poiché la Chiesa custodisce il depositum fidei l’ipostasi controrivoluzionaria da un punto di vista religioso è fondata sulla Verità. Ma nel momento in cui la Chiesa si inserisce nel circuito delle mutevoli vicende temporali decostruendo la sua metafisica e quindi da metastorica si fa storica, la Verità stessa diventa oggetto di dibattito frammentandosi di conseguenza in idee, opinioni, correnti.
L’aspetto interessante, e per certi versi incoraggiante, riguarda il rapporto fra Chiesa e Controrivoluzione: infatti a causa di questo legame la derelizione della Chiesa al secolo avrebbe dovuto determinare un depotenziamento della Controrivoluzione. Infatti se la Chiesa è l’ipostasi della Controrivoluzione il declino della prima avrebbe dovuto provocare il tracollo anche della seconda.
Premesso che qui per “Chiesa” intendiamo la sua connotazione visibile ossia la gerarchia cattolica, ora però assistiamo a un fenomeno imprevisto: osserviamo cioè come l’azione controrivoluzionaria continua ad essere alimentata da un insperato vigore, manifesto ad esempio nei successi delle politiche identitarie in Europa, negli Stati Uniti e in Russia, nonostante l’indebolimento della Chiesa e quindi della religione, del sacro e della fede.
Occorre dunque interrogarsi se è ancora possibile sostenere, in base a questa evidenza, che la Chiesa è l’ipostasi della Controrivoluzione o non piuttosto considerare la Chiesa solo come uno strumento transitorio o temporaneamente accessorio all’azione controrivoluzionaria come sembra dimostrare l’attualità politica.
Come il comunismo non è la Rivoluzione, ma solo una fase di essa, anche la Chiesa pare non identificarsi con la Controrivoluzione, ma solo con una fase di essa: in altre parole non è ancora chiaro oggi se è ancora la Chiesa ad alimentare la Controrivoluzione o non piuttosto la Controrivoluzione tragga da altre fonti il suo alimento in quest’epoca di vacanza della Chiesa. Occorre interrogarsi dunque sulla vera natura della Controrivoluzione: infatti nella congiuntura attuale sembra che essa per agire non necessiti della Chiesa come strumento; pare anzi che la Controrivoluzione, temporaneamente, possa fare a meno della Chiesa animando un altro corpo nel condurre la sua azione controrivoluzionaria.
Se così fosse la decadenza della Chiesa non implica affatto la sconfitta della Controrivoluzione, ma solo il transito di quest’ultima verso una nuova ipostasi fondata su un nuovo ente che gli presti corpo e visibilità.
Dunque a partire da questo scenario si possono immaginare due ipotesi:

-una fase provvisoria in cui la Controrivoluzione prosegue la sua lotta tramite un’entità politica cristiana cha avrà il compito di fronteggiare la Rivoluzione in attesa che la Chiesa recuperi il suo ruolo di leadership controrivoluzionaria. In questo caso la Controrivoluzione è causa efficiente che può servirsi del corpo della Chiesa quale strumento privilegiato, ma non esclusivo.

-una fase evolutiva in cui la Controrivoluzione, esaurito il compito storico della Chiesa, affida la difesa della verità a un’entità politica cristiana definitivamente autonoma rispetto a una sopravvivente gerarchia cattolica. In questo caso il cattolicesimo si connota quale cattolicismo, ossia uno dei tanti “ismi” della storia di cui tanto la Rivoluzione che la Controrivoluzione si sono serviti.

Alla luce del “non praevalebunt” di Cristo, i credenti devono propendere per la prima ipotesi: la Controrivoluzione ha una sua vitalità intrinseca che gli permette di animare il corpo del potere politico vicariando ad esso il ruolo di leadership controrivoluzionaria temporaneamente, in attesa che la Chiesa, uscita dall’eclisse, recuperi il suo ruolo di guida.
Se questa ipotesi è valida nella congiuntura odierna pare che la Controrivoluzione abbia affidato provvisoriamente ai movimenti politici identitari, la cui incarnazione storica più solida appare la Russia, il compito di ereditare quella leadership che già fu della Chiesa animando così una nuova ipostasi o corpo nell’ ambito dell’azione controrivoluzionaria.

 

16 luglio 2017

Controrivoluzione e crisi nella Chiesa (parte I)

di Marco Sambruna

Una lettura profetica e politica del pensiero di Plinio Correa de Oliveira in “Rivoluzione e controrivoluzione”.
Eclissi della Chiesa e ascesa del ruolo storico della Russia: nuove strategie controrivoluzionarie.

“Rivoluzione e controrivoluzione” è un agile saggio scritto col piglio del pamphlet dal pensatore brasiliano Plinio Correa de Oliveira. L’opera, pubblicata nel 1959, ha conosciuto una vastissima fortuna editoriale ed è imperniata sulla cosiddetta teoria delle quattro rivoluzioni avvenute durante la storia dell’umanità:

-prima rivoluzione religiosa: la riforma protestante facilitata dal naturalismo umanistico e rinascimentale;
-seconda rivoluzione politica: la rivoluzione francese;
-terza rivoluzione sociale ed economica: la rivoluzione comunista;
-quarta rivoluzione culturale: il ’68 e la rivoluzione sessuale.

Da sottolineare il fatto che per de Oliveira la Rivoluzione più che una categoria storica è una chiave interpretativa storiografica, cioè è un atto che si ripete più volte nella storia conservando determinate caratteristiche comuni e immutabili pur presentandosi con modalità diverse.
La Rivoluzione per de Oliveira non è né un evento  avente carattere episodico quale può essere, ad esempio, l’elezione di un Papa, né un fenomeno avente estensione transgenerazionale quale può essere, ad esempio, l’epoca medievale, ma è una dinamica dal carattere temporale ampiamente esteso quale, ad esempio, può essere la vicenda del cristianesimo che perdura da ben 2000 anni.

La Rivoluzione dunque è una dinamica storica che evolve dialetticamente attraverso quattro rivoluzioni o tappe  ciascuna delle quali presenta strategie diverse in permanenza però dell’ immutabile fine rivoluzionario: la fondazione di una nuova religione laicista e atea dopo la distruzione della religione e della fede cristiana. La Rivoluzione è difficilmente riconoscibile come dinamica storica unitaria perché agisce come un fiume carsico alternando epoche di latenza ad altre di emersione: essa dunque non è semplicemente un’ idea o un aspetto di una realtà più strutturata che la eccede come potrebbe essere il marxismo verso le teorie economiche o l’esistenzialismo verso la psicologia, ma una metafisica potentemente articolata la cui inerzia è in progressiva accelerazione.

Le quattro rivoluzioni altro non sono se non momenti dialettici o segmenti dell’ unica Rivoluzione, dei demiurghi o divinità minori al servizio della metafisica rivoluzionaria che li impiega come agenti.
La Controrivoluzione in Correa de Oliveira è invece l’azione volta a ostacolare il progredire e l’affermarsi della Rivoluzione, cioè un processo teso a impedire la formazione di una nuova visione del mondo e dell’uomo fondata sulla signoria dell’uomo in luogo della signoria di Dio sulle realtà naturali e spirituali.
Come vedremo se è relativamente semplice definire la fisionomia della Rivoluzione, appare molto più difficile cogliere la reale natura della Controrivoluzione.
Tuttavia per quanto riguarda l’epoca contemporanea il transito decisivo è rappresentato dal passaggio dal terzo momento rivoluzionario, quello comunista, al quarto momento rivoluzionario dalle chiare connotazioni liberaliste, liberiste, libertarie e relativiste riassumibili nella categoria onnicomprensiva di “laicismo”.
Quest’ultimo presenta dei caratteri così totalizzanti, oltre che totalitari, da potersi configurare come una vera o propria metafisica o “nuova religione” particolarmente efficace in ordine al progredire del percorso rivoluzionario ed anzi rappresenta probabilmente il compimento stesso della Rivoluzione.

LA SVOLTA
Il tratto peculiare del quarto momento rivoluzionario facente parte dell’unica Rivoluzione - la quale ultima pertiene l’inverarsi del laicismo relativista - consiste nel non aver bisogno di ricorrere alla coercizione per convincere le masse, trasformate in folla di consumatori, rispetto alla necessità indilazionabile dell’ugualitarismo e della liberazione non solo sessuale, ma anche sensuale.
In questo prospettiva il laicismo radicale è l’evoluzione del comunismo: ma mentre il secondo obbligava con leggi poliziesche all’osservanza brutale di un modello imposto, il laicismo convince ad aderire alla propria visione del mondo ricorrendo a strategie molto più sottili orientate a sollecitare le voglie istintuali e ad abolire il grande censore sociale costituito dal super io transpersonale, cioè la traduzione in termini psicologici delle leggi divine. Ciò ha potuto e può avvenire grazie soprattutto all’uso pervasivo dei mass media ossia la più formidabile arma di persuasione di massa mai realizzata. Per questo il laicismo, a differenza del comunismo, non ha bisogno di un apparato legislativo complesso e di uno stato di polizia onnipresente che faccia rispettare delle norme giuridiche.

La Rivoluzione si è servita del comunismo per detronizzare la millenaria metafisica cristiana con l’obiettivo di consentire al successivo momento rivoluzionario, il laicismo relativista, di erigere su quelle fondamenta la promozione, l’intronizzazione e infine l’incoronazione della dittatura delle voglie.
Credere quindi che il relativismo laicista rappresenti un’alternativa preferibile al comunismo oppure sia un antidoto nei confronti dello stesso e che in virtù di ciò rappresenti una minaccia di minor entità  verso la tradizionale cognizione religiosa dell’uomo e del mondo è un grave errore.
La modalità laicista non è altro che uno sviluppo ulteriore verso la maturazione finale della Rivoluzione. Il demiurgo scaturito dalla quarta rivoluzione laicista è più pericoloso del comunismo anche se apparentemente più dialogante e meno coercitivo; è più pericoloso perché persuade anziché coartare, lusinga l’ego anziché ridimensionarlo, seduce le voglie anziché imbrigliarle,  riesce con la dolcezza di un superficiale e sentimentale umanitarismo ad ottenere spontaneamente quel consenso che il comunismo poteva esigere solo col ricorso alla violenza.
Mentre il comunismo imprigionava il corpo, il laicismo colonizza direttamente la mente.



IL BUONISMO COME AGENTE RIVOLUZIONARIO

Il passaggio del testimone della Rivoluzione dalla fase comunista a quella laicista è avvenuta per il tramite di un periodo intermedio costituito da alcune strategie dialoganti ed ecumeniche verso le forze avverse alla visione religiosa dell’uomo che sono state etichettate con denominazioni generalmente amichevoli quali il “compromesso storico”, “il disgelo”, “la distensione” e analoghi.
L’attuale congiuntura rivoluzionaria caratterizzata dalle “rivoluzioni colorate” e delle “società arcobaleno” rientra in questa fase “amichevole” il cui scopo finale è quello di compiere la Rivoluzione in modo quasi inavvertito e di soppiatto, senza troppi clamori.

Occorre ricordare che la teoria delle quattro rivoluzioni di de Oliveira ha come fine quello di indicare l’esistenza di una sola e unica Rivoluzione che si sviluppa in fasi successive: prima la Riforma, poi la Rivoluzione Francese, la Rivoluzione comunista e infine la Rivoluzione sessuale.
In questa prospettiva dunque  non ha senso parlare di sconfitta del comunismo perché il comunismo non è stato sconfitto, ma ha solo subito un processo di metamorfosi mutando pelle come certi rettili. Anzi il passaggio dalla fase comunista a quella della rivoluzione sensuale di matrice laicista indica il procedere certo della Rivoluzione verso il suo obiettivo finale che abbiamo indicato nella fondazione di una “nuova religione” senza Dio.

Alcuni settori della Chiesa stessa che nel 1989 hanno salutato con favore il crollo del muro di Berlino e la fine del comunismo non hanno compreso l’essenza profonda della Rivoluzione; quest’ultima infatti è stata scientificamente pianificata con fredda determinazione secondo linee evolutive che contemplavano l’assoluta provvisorietà del comunismo in quanto destinato a sfociare nell’attuale laicismo relativista a partire dalla vicenda sessantottesca..


LA QUARTA RIVOLUZIONE

Credere che il laicismo relativista, cioè il frutto più maturo della quarta rivoluzione, sia una strategia alternativa o addirittura un  antidoto al comunismo, cioè la terza rivoluzione, si è rivelato un errore storico dalle conseguenze imprevedibili.
Trascurare il fatto che la Rivoluzione è una sola, per quanto articolata nelle quattro fasi qui più volte ricordate, ha generato un clima di ottimismo inopportuno che ha rischiato di disarmare il processo controrivoluzionario. In quest’ottica la Rivoluzione non è uno strumento del comunismo, ma al contrario è il comunismo a essere uno strumento della Rivoluzione, ossia un suo momento che sarà, ed anzi è già stato, dialetticamente superato.
Il comunismo peraltro ha svolto un compito fondamentale nell’ambito dell’economia rivoluzionaria: ha lanciato all’umanità una proposta scandalosa, inaudita e mai ipotizzata prima cioè l’inesistenza di Dio.

E’ ovvia la funziona di tale proposta: cominciare a fissare una “testa di ponte” psicologica, una sorta di “avamposto esistenziale” attorno a cui coagulare le frange più radicali del pensiero anticristiano. Stabilita questa “enclave” del pensiero anticristico all’interno della tradizionale rappresentazione  del mondo da sempre plasmata dall’idea dell’esistenza di Dio, è stato poi possibile ampliare l’ateismo non solo filosofico, ma anche e soprattutto pratico.
La filosofia marxista ha attecchito presso l’avanguardia intellettuale e a partire da questo “avamposto culturale” si è potuta propagare alla folla dei consumatori occidentali in una sua versione “sorridente” (il comunismo dal “volto umano”) così come da sempre è stato previsto dal pensiero rivoluzionario.
Il laicismo relativista non rappresenta dunque un cambio metodologico, ma una fase successiva e più efficace della stessa strategia: se il comunismo aveva come compito quello di lusingare l’occidente con una proposta scandalosa, il laicismo relativista ha come compito quello di accogliere tale proposta, valorizzarla e divulgarla in tutti i settori della vita: nella letteratura, nella storiografia, nella filosofia, nell’arte e infine anche nella Chiesa.

(continua)

 

13 ottobre 2015

Plinio Corrêa de Oliveira a vent'anni dalla morte

di Federico Catani
Vent’anni fa, il 3 ottobre 1995, moriva a San Paolo del Brasile (dove era nato nel 1908) Plinio Corrêa de Oliveira, il più grande pensatore controrivoluzionario del XX secolo, erede della scuola di Joseph de Maistre, Juan Donoso Cortés e di tanti altri che si sono opposti al nuovo corso scaturito dalla Rivoluzione francese. In questa sede ci sia consentito scrivere un brevissimo, incompleto e scarno profilo di questa figura così importante per chi ancora oggi voglia andare contro corrente in questo mondo ormai in putrefazione e così violentemente anticristiano.  

Dopo aver militato in gioventù tra le file delle Congregazioni Mariane, nel 1932 il dottor Plinio, (come era chiamato e conosciuto) promosse la formazione della Lega Elettorale Cattolica, nelle cui fila fu eletto deputato all'Assemblea Federale Costituente. In qualità di parlamentare, riuscì ad ottenere importanti vittorie per il mondo cattolico.
Nel 1933 divenne direttore del giornale «O Legionário», organo ufficioso della diocesi paulista, che riuscì a trasformare nel maggiore settimanale cattolico del Paese, dimostrando che la vita interiore, fatta di orazione, è fondamentale, ma va coniugata con la militanza. Sulla terra, infatti, sta la Chiesa militante, pronta a combattere per portare a tutti Cristo, sia ai singoli, sia alla società.
Nel panorama politico internazionale degli anni Trenta, si mantenne sempre in una posizione tanto anti-comunista quanto anti-nazista, denunciando la comune radice hegeliana dei due totalitarismi e rivendicando invece un Cattolicesimo pieno ed integrale, non subalterno ad alcuna ideologia politica dominante in quel periodo: solo l’ordine cattolico e la civiltà cristiana sono l’ideale da inseguire.
Nominato nel 1940 presidente dell'Azione Cattolica di San Paolo, Plinio Corrêa de Oliveira subito notò come in certi settori del movimento stesse prendendo sempre più spazio la corrente cattolico-democratica e neo-modernista, che lavorava per traghettare il mondo cattolico verso il progressismo. Fu così che nel 1943 pubblicò il suo primo libro, «In difesa dell'Azione Cattolica», in cui svelò quel che stava accadendo e ne prese nettamente le distanze. Riuscì ad aprire gli occhi a molti. Purtroppo però, come si vedrà chiaramente durante e dopo il Concilio Vaticano II, nella Chiesa la confusione sarebbe aumentata sempre più negli anni a venire.
Nel 1951 fondò il mensile «Catolicismo», che diresse fino alla fine dei suoi giorni. Come per il «Legionario», anche intorno al nuovo periodico si coagulò una corrente d'opinione che presto divenne un polo importante nel contesto brasiliano.

Ma il suo capolavoro il dottor Plinio lo scrisse nel 1959 (completato poi nel 1977): si tratta di «Rivoluzione e Contro Rivoluzione». Il libro analizza le diverse fasi della crisi secolarizzante che ha colpito l'Occidente cristiano fino ai nostri giorni e tratteggia un programma di restaurazione della Cristianità. Ne riassumiamo con estrema sintesi e semplicità il contenuto. Il processo di distruzione della civiltà cristiana occidentale è avvenuto in quattro “rivoluzioni”, ovvero drastiche rivolte contro l’ordine legittimo costituito: la prima è stata di tipo religioso, e si è avuta con la Rivoluzione protestante, preceduta e preparata dall'Umanesimo e dal Rinascimento; la seconda è stata di tipo politico, ovvero la Rivoluzione francese; la terza ha avuto carattere socio-economico, ed è stata la Rivoluzione bolscevica, che ha diffuso il comunismo nel mondo; la quarta, infine, è stata di tipo culturale e così si è avuto il Sessantotto. In quest’ultima rivoluzione siamo pienamente immersi e, anzi, stiamo andando persino oltre: dalla mera rivoluzione sessuale, infatti, si è giunti ad una vera e propria rivoluzione antropologica, che ha intaccato la stessa natura umana: come spiegare altrimenti i fenomeni della teoria gender e del matrimonio gay?
Corrêa de Oliveira individua le due cause principali che costituiscono la molla del processo rivoluzionario nell’orgoglio e nella sensualità. La "Contro-rivoluzione", invece, è il contrario della rivoluzione e consiste nella restaurazione dei valori e della civiltà cristiani, tra i quali in particolare il principio di autorità e di gerarchia contro l'ugualitarismo, prodotto dell'orgoglio umano, e la morale cristiana contro il liberalismo, considerato prodotto della sensualità.
Il Medioevo è ovviamente considerato il periodo storico più pienamente cristiano, il periodo in cui i princìpi del Vangelo hanno retto gli Stati, secondo le celebri asserzioni di Papa Leone XIII. Ciò che vi è da difendere e imitare del Medioevo non sono, evidentemente, aspetti contingenti e ormai superati, quanto piuttosto il modo di intendere la vita e il fatto che la società fosse permeata di Cristianesimo: si è trattato dell’epoca in cui più concretamente e più pienamente ha avuto realizzazione la regalità sociale di Cristo. E verso un nuovo Medioevo, ancora più splendente e più integralmente cattolico, dobbiamo mirare: con l’aiuto di Dio e il nostro sforzo, un’epoca di trionfo della Chiesa arriverà, come del resto promesso dalla Madonna a Fatima nel 1917.

Il dottor Plinio non ha però solo ripetuto quanto già detto dalla scuola controrivoluzionaria europea, ma ha dato il proprio originale contributo. Ad esempio prestando molta attenzione alla “dimensione tendenziale”. Il suo studio degli ambienti, delle fisionomie, dei tratti umani, del portamento, dell’abbigliamento, del linguaggio, e poi ancora dell’arte, dell’architettura e dell’urbanistica sono fondamentali per capire quali tendenze riflettono, quali idee e quali attitudini psicologiche sottendono. È evidente infatti che lo stile artistico medioevale indica un certo modo di vivere e di pensare; quello di oggi ne indica un altro, radicalmente opposto.  

Nel 1960, Corrêa de Oliveira fondò la Società Brasiliana per la Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP), associazione che poi si diffuse in tutto il mondo aprendo varie sedi. Così, il dottor Plinio passò a dedicare la sua vita integralmente alla direzione della TFP brasiliana e all'orientamento delle altre sezioni, svolgendo una continua opposizione alle diverse manifestazioni del progressismo rivoluzionario.
Non è possibile qui esaminare tutta la sua dottrina. Venti libri, più di 2.500 saggi ed articoli, più di ventimila conferenze ed interventi in commissioni di studio, riportate in oltre un milione di pagine, attestano la sorprendente prolificità di questo pensatore ed uomo d'azione brasiliano e non possono essere trattati degnamente in pochissimo spazio.
C’è da dire però che quanto il dottor Plinio ha insegnato è attualissimo. Quando ad esempio parlava di “trasbordo ideologico inavvertito”, delineava un processo che oggi vediamo pienamente all’opera nelle discussioni in tema di famiglia e di diritti civili: attraverso “parole talismano” come “misericordia” o “amore”, si approda a posizioni semplicemente folli ed eretiche.

Tra le “gesta” di  Plinio Corrêa de Oliveira e dei suoi sodali ne menzioniamo solo una. Nel 1990, lanciò la TFP brasiliana nella campagna "Pro Lituania Libera", ricevendo immediatamente l'adesione delle altre TFP. In tre mesi si raccolsero 5.212.580 firme in sostegno all'indipendenza della Lituania: una sottoscrizione che entrò nel «Guiness dei Primati». Di lì a poco, la Lituania ottenne la libertà ed il mostro sovietico crollò.

Molte polemiche sono state fatte e si continuano a fare in merito alla TFP. Spesso se ne parla come si trattasse di una setta. Si può essere più o meno d’accordo sulle idee di cui gli eredi del dottor Plinio sono portabandiera. Si può dissentire o acconsentire su certe posizioni o sfumature. Ma nulla di quello che le TFP fanno è in contrasto col Magistero della Chiesa. Nulla è al di fuori dell’ortodossia cattolica. Quanto alle calunnie, basti citare un caso risalente a qualche mese fa. Nel suo «Rapport 2008», la Miviludes (Mission interministèrielle de vigilance et de lutte contre les dérives sectaires), organismo ufficiale dello Stato francese, aveva inserito un paragrafo nel quale si faceva presente ai Ministri del Governo che la TFP francese era stata oggetto di diverse processi di carattere civile e penale. Faceva pure presente che la TFP francese era stata qualificata, in un altro Rapporto del Governo, come “setta”. Ebbene, la TFP ha trascinato in Tribunale il direttore della Miviludes, Georges Fenech, accusandolo di diffamazione e di calunnia. Tra processi e appelli, il caso è arrivato fino alla Cassazione, e poi alla Court d’Appel, massima autorità giudiziaria in Francia, che ha emesso la sentenza definitiva: la Miviludes ha calunniato e diffamato la TFP francese e dunque è stata condannata al risarcimento.


Da bambino, visitando l’Europa e le vestigia della sua storia gloriosa, il piccolo Plinio Corrêa de Oliveira rimase estasiato e, quasi illuminato, capì quale sarebbe stata la sua missione nella vita. Ricordando quel periodo, scrisse: "Quando ero ancora molto giovane, considerai rapito le rovine della Cristianità; ad esse affidai il mio cuore, voltai le spalle al mio futuro, e di quel passato carico di benedizioni feci il mio avvenire". C’è bisogno di chi continui a fare lo stesso. 

(La Croce quotidiano, 1 ottobre 2015)
 

08 dicembre 2013

La Madonna, Regina della Controrivoluzione

di Federico Catani 

Gaude Maria Virgo, cunctas hæreses sola interemisti in universo mundo. Rallegrati, Vergine Maria: tu solo hai distrutto tutte le eresie nel mondo intero. Questo si leggeva, sino al Concilio Vaticano II, nel Breviarium RomanumLa Madonna era celebrata come debellatrice di ogni errore dottrinale, come custode e garante indiscussa della Fede cattolica. 

Poi certi termini sono caduti in disuso, ritenuti ormai superati e poco adatti al mondo contemporaneo. E negli ultimi decenni la Madonna è diventata semplicemente Maria, l’umile ragazza di Nazareth, più o meno illibata, servizievole, buona moglie e madre di famiglia e niente più. È il mito della “ferialità” della Vergine Santissima. Sia chiaro, la Madonna è stata anche tutto questo, ma non può assolutamente essere ridotta a ciò. Secoli e secoli di Teologia cristiana hanno fatto sì che davvero de Maria numquam satis, con buona pace dei modernisti. Di Maria Santissima non diremo mai abbastanza. Di qui i dogmi e i privilegi mariani riconosciuti dalla Chiesa nel corso della storia: la Verginità perpetua, la Maternità divina, l’Immacolata concezione, l’Assunzione, senza dimenticare la proclamazione della sua Regalità e in attesa del riconoscimento dogmatico di Maria come Mediatrice di tutte le grazie e Corredentrice. 

La Madonna, già nel protovangelo (cf. Gen 3,15) ha visto delineata la missione affidatagli da Dio. Ipsa conteret caput tuum: è Maria Santissima che, cooperando all’opera della Redenzione in maniera tutta speciale, schiaccia il capo dell’infernale nemico. Proprio Lei assicura la vittoria sul demonio ad ogni singolo cristiano che le è devoto e alla Chiesa, di cui è Madre. La storia lo dimostra in modo inequivocabile. E testimonia pure come gli interventi della Madonna siano stati tutt’altro che feriali e dimessi. Anzi, potremmo dire, forse banalizzando un po’, che Nostra Signora è stata, è e sarà sempre tutt’altro che politicamente corretta. Basti prendere ad esempio alcuni episodi.

Chi ha assicurato la vittoria della Cristianità sul nemico islamico che minacciava di invadere l’Europa e persino la Basilica di San Pietro? A Lepanto (1571), così come a Vienna (1683), è stata proprio la Madonna a proteggere e guidare l’esercito cristiano. I Papi delle due battaglie hanno visto il suo materno intervento nelle vittorie conseguite. Infatti, dopo Lepanto san Pio V istituì la festa della Madonna del Rosario (la vittoria era stata ottenuta con questa potentissima ed efficacissima preghiera) e inserì nelle litanie lauretane l’invocazione Auxilium christianorum, ora pro nobis; dopo Vienna, invece, il beato Innocenzo XI riconobbe l’intervento della Madonna e istituì la festa del Santissimo Nome di Maria, che tanto era stato invocato dai buoni soldati cristiani. A quanto pare, dunque, la Vergine Maria non gradisce l’islamizzazione europea e non si è mai mostrata favorevole, ovviamente facendo la volontà del Figlio suo, verso il dialogo interreligioso così come lo si intende oggi. Che debba essere accusata di islamofobia e intolleranza?

Poi vi sono altri eventi. Forse non tutti conoscono uno splendido intervento mariano nella Guerra dei Trent’anni, che vide opporsi cattolici e protestanti. Nel 1620, l’esercito cattolico ottenne una vittoria epocale nella battaglia della Montagna Bianca. In questo modo, il dilagare della rivoluzione protestante venne frenato. Il successo si ebbe grazie ad una tavoletta raffigurante la Madonna e trovata in Boemia da un padre carmelitano scalzo. Dopo essere stata portata in trionfo in tutta Europa, oggi questa immaginetta si trova a Roma, nella chiesa di Santa Maria della Vittoria. Anche questo fatto, che i modernisti evitano di ricordare, sta con ogni evidenza a sottolineare che la Madonna non è ecumenica. E forse proprio per questo oggi verrebbe scomunicata. Così come verrebbe seriamente redarguita da certe autorità ecclesiastiche per quel che si è permessa di fare con Alfonso Ratisbonne, il 20 gennaio 1842. Mentre visitava la chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, a Roma, il Ratisbonne, che era ebreo, ebbe la visione della Madonna, che in pratica lo portò a convertirsi al Cattolicesimo e addirittura a farsi sacerdote. La Madre di Dio ha quindi confermato che solo in Cristo c’è Salvezza e che pertanto anche gli ebrei devono convertirsi a Lui. La comunità ebraica di oggi griderebbe allo scandalo, purtroppo insieme a molti cattolici, e sosterrebbe che la Vergine Maria è antigiudaica e, forse, persino un po’ antisemita. Non bisogna poi dimenticare i miracoli mariani avvenuti durante l’invasione giacobina dell’Italia alla fine del Settecento. Numerosi dipinti della Madonna, anche davanti allo stesso Napoleone, girarono gli occhi e piansero. La Vergine dunque non era contenta della Rivoluzione francese, né degli ideali da essa scaturiti. Una Madonna rivelatasi antimoderna, quindi, e contro quei presunti “diritti” dell’uomo voluti dalla massoneria…

Prima di queste vicende, ce n’è anche un’altra che merita di essere menzionata: l’apparizione della Madonna di Guadalupe, in Messico, nel 1531, quindi nell’epoca dei conquistadores spagnoli. La Vergine apparve ad un azteco convertito al Cristianesimo, san Juan Diego. Anche qui non si può non intravedere la benedizione che la Madonna diede all’opera di evangelizzazione delle Americhe portata avanti soprattutto dalla Spagna. Eppure oggi c’è chi ancora parla di imposizione della Fede con la forza, di colonialismo becero e quant’altro. Come in tutte le opere umane, ci sono luci e ombre. Ma l’aver condotto a Cristo un intero Continente è stato davvero un capolavoro della grazia divina, confermato, per l’appunto, dall’apparizione mariana tanto cara ai messicani e non solo. 

Infine, ma l’elenco sarebbe ancora molto lungo, non si può non parlare di Fatima. Innanzi tutto perché a Fatima, nel 1917, la Madonna ha messo in guardia l’umanità dal comunismo, con buona pace di quei tanti cattolici che, ieri come oggi, cercano un dialogo con le forze di sinistra. In secondo luogo perché proprio a Fatima la Vergine, oltre a esortare alla penitenza per la conversione dei peccatori (altro concetto risibile per i modernisti), ha profetizzato la crisi di fede che sarebbe avvenuta nella Chiesa e di cui siamo oggi testimoni diretti. Accanto a questo ha promesso il Trionfo del suo Cuore Immacolato. Un Trionfo che, si deve pensare, non sarà solo nei cuori dei suoi devoti, ma anche su tutta la società. Un Trionfo che porterà finalmente al cosiddetto Regno di Maria, un regno in cui la regalità sociale di Cristo sarà pienamente attuata, sempre con buona pace di chi ora straparla di laicità positiva e di libertà religiosa.  

D’altronde, alcuni prodromi li si è visti, per un po’, nelle vicende politiche del Portogallo. Nel 1931, dopo un periodo di grande caos e anticlericalismo diffuso, l’episcopato portoghese, rispondendo all’invito della Vergine, consacrò la Nazione al suo Cuore Immacolato. E il Portogallo non solo fu preservato dalle guerre, ma nel 1932 vide diventare capo del governo il prof. Antonio de Oliveira Salazar, fervente cattolico e amico intimo sia del patriarca di Lisbona, il cardinal Cerejeira, sia di suor Lucia, la veggente superstite di Fatima. Con Salazar si ebbe un ritorno all’ordine sociale cattolico, lo Stato tornò ad avere ottimi rapporti con la Chiesa, aumentò il numero di matrimoni religiosi e crebbero le vocazioni. Tra l’altro, fatto che farà storcere il naso a molti, la stessa suor Lucia ebbe da Dio l’incarico di esortare i vescovi portoghesi a sostenere Salazar alle elezioni del 1945. Pur rilevando alcuni limiti, la Veggente fece sapere che «Salazar è la persona che Dio ha scelto per continuare a governare la nostra patria, è a lui che saranno accordate la luce e la grazia per condurre il nostro popolo per le strade della pace e della prosperità». Dal che si evince l’approvazione dall’Alto, almeno relativa, di un governo di destra corporativa, certo non corrispondente ai canoni democratici prevalenti. E Salazar si recava a visitare suor Lucia, le telefonava e implorava le sue preghiere quando si trovava schiacciato da pesanti preoccupazioni.

Che aggiungere dopo questo breve excursus? Come scriveva Plinio Corrêa de Oliveira, Maria è «la patrona di quanti lottano contro la Rivoluzione. La mediazione universale e onnipotente della Madre di Dio è la più grande ragione di speranza dei contro-rivoluzionari. E a Fatima Ella ha già dato loro la certezza della vittoria». Dovremo passare attraverso i castighi, ma alla fine il Cuore Immacolato di Maria trionferà. E per diventare davvero i soldati e gli apostoli della guerra contro satana, affrettando così la preannunciata primavera, dobbiamo consacrarci alla Madonna, farci suoi schiavi, diventare suoi cavalieri. Cor Jesu, adveniat Regnum tuum! Adveniat per Mariam!

(da "Il Settimanale di Padre Pio", numero 23 del 9 giugno 2013)