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08 febbraio 2018

Il partito di Olivelli

di Marco Crevani
Chi votiamo?...
Io voto il Partito di Olivelli.
Il partito di Olivelli non c'è. Il partito di Olivelli, di Aldo Gastaldi "Bisagno", di Eugenio Corti, di Giovanni Guareschi. Gente troppo impegnata a fare l'Italia, a insegnare senza cattedre, a lavorare sul serio, a indignarsi senza odiare nessuno, a combattere senza ferire. E' un partito che non c'è, ma non per opportunismo, non per trasformismo.
I partiti politici nascono, riempiono di simboli e parole d'ordine l'anima di tutti, spaccano il mondo a parole e dopo dieci anni spariscono, si trasformano, si fondono e si rifondano, e in queste tempeste in bicchieri d'acqua tanti galleggiano e sorridono sempre.
Olivelli e i suoi non erano musoni, ma sorridevano quando c'era da sorridere. Non parlavano quasi mai di diritti, troppo impegnati a fare il loro dovere. Per questo il loro partito non esiste.
I partiti politici parlano sempre di diritti, non si va a chiedere voti parlando di doveri. L'unico dovere che vi chiedono è quello di votare per loro, poi diritti per tutti, anche i più strampalati e capovolti.
Il partito di Olivelli, di Bisagno...tutta gente morta da decenni?
No, c'è ancora gente così. Oggi sono i cristiani siriani e iracheni che tornano a ricostruire le loro case e le loro chiese, che non hanno ceduto alla creazione dell'ennesima milizia armata, convinti che certe cose le debba fare uno stato, e piuttosto si arruolano.
Sono i cristiani cinesi, che dopo settant'anni ancora si ostinano a pregare con vescovi e preti veri, non violenti che si fanno decenni in campi di concentramento ma che, non essendo promossi dai media, non diventeranno mai dei Mandela.
Sono i ragazzi Pachistani che muoiono custodendo le chiese da quelli così convinti di un dio onnipotente e misericordioso da farsi saltare per aria loro e decine di innocenti.
Sono quelli che muoiono perdonando.
Ci sono anche tanti italiani che solo lo Spirito Santo tiene ancora in piedi, mentre la famiglia va a pezzi, lo stipendio di un lavoro precario è ormai come quello di Pechino, che mandano i figli a scuola e li educano ancora a qualcosa mentre anche tanti preti tacciono o peggio dicono che va bene tutto. A loro vorrei direi: non ho partiti da suggerirvi. Ma non sto zitto.
Io sto con Olivelli.

da la Grande Guerra
 

07 novembre 2013

Il sano e cattolico amor di Patria

di Andrea Virga
Lo scorso 4 novembre, trovandomi in centro a Lucca con molto tempo libero, ho deciso di partecipare alle celebrazioni cittadine relative alla Festa Nazionale delle Forze Armate, in memoria della Vittoria finale ottenuta dalle nostre forze contro l’Austria-Ungheria nel 1918.

In generale, sono stato sorpreso molto positivamente. La chiesetta di Santa Maria della Rosa, la stessa frequentata da Santa Gemma Galgani, di per sé molto pregevole dal punto di vista artistico, era gremita di gente per la Santa Messa. Non mancavano, allineati lungo le pareti, le varie rappresentanze d’arma: alpini, paracadutisti, bersaglieri, reduci, mutilati e invalidi di guerra, volontari della libertà, carabinieri, poliziotti, ecc. Tutti erano in alta uniforme, coi labari e i gonfaloni, recanti le medaglie al valore. Insieme a loro, svettavano i gonfaloni dei comuni di Lucca e della provincia, e in prima fila stava il Sindaco con la fascia tricolore. I banchi erano poi riempiti da intere scolaresche delle elementari e delle medie, accompagnate dalle maestrine, che hanno seguito la funzione senza creare confusione.

Il sacerdote ha celebrato coram Deo la Messa in forma ordinaria, accompagnata dall’organo e dai canti dei fedeli. Nell’omelia si è dilungato senza tuttavia riuscire noioso, riuscendo ad attirare anche l’attenzione dei bimbi presenti sull’importanza non solo della difesa della Patria come virtù civile e religiosa, ma anche della buona battaglia contro il peccato, riallacciandosi al noto brano paolino sull’armatura della fede. Grande emozione alla Consacrazione, quando i vessilli sono stati elevati in onore del Santissimo Sacramento.

Solo dopo la cerimonia religiosa, si è proceduto alla cerimonia civile, sulla piazza antistante il vicino municipio, ossia dinanzi a Santa Maria Forisportam. Una compagnia mista formata da una banda musicale e da squadre in rappresentanza delle Forze Armate (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri) e dell’Ordine (Polizia di Stato, Polizia provinciale e municipale, Vigili del Fuoco, Guardie di Finanza, Guardie Forestali) era schierata sull’attenti. Al suono della banda, sfilano le insegne delle associazioni d’arma, poi quelle della Provincia, della Città e degli altri comuni della Lucchesia e della Garfagnana, e infine, da solo, il comune martire di Sant’Anna di Stazzema. Poi sta alle autorità civili e militari, rappresentate dal Prefetto e dal Comandante provinciale dei Carabinieri, passare in rassegna la compagnia.

La cerimonia procede con momenti di intima commozione, quando sulle note dell’Inno Nazionale, si compie l’alzabandiera, e soprattutto quando i fanciulli delle elementari, con le loro voci bianche, cantano la prima strofa della Canzone del Piave. Persino i discorsi dei politicanti hanno sprazzi di patriottismo autentico, quando il sindaco del PD parla di “Quarta Guerra d’Indipendenza” o quando un anziano reduce nomina, a fianco dei caduti di Cefalonia, gli eroi di El Alamein e reclama il rientro in Italia dei marò imprigionati in India. Si riesce quasi a perdonare i discutibili accenni alla “dittatura nazifascista” o alla “resistenza”, ma non il silenzio sull’occupazione militare statunitense o sulle missioni di “pace” per conto NATO. Ahimé, non si può pretendere troppo da uno Stato satellite.

Eppure, celebrazioni come queste sono ormai una boccata d’aria per questo Paese nelle cui tribune politiche si ciarla di reati d’omofobia e di negazionismo, di gender e di ius soli. Non mancano, purtroppo, i cialtroni come quel sindaco che ha esposto la bandiera pacifista, offendendo così le autorità militari presenti e le centinaia di migliaia di Caduti di cui si celebra il ricordo. Tuttavia, è degno di nota che in questo Paese esistano ancora autorità che rendono omaggio al sacrificio dei militari che hanno difeso la Patria e che educano la gioventù a questi alti propositi.

Ancora meglio è che queste celebrazioni continuino ad avvenire nel pieno rispetto dell’importanza capitale che ha la religione cattolica per la storia, la cultura e l’identità della nostra nazione. Come se questa fosse ancora la religione ufficiale dello Stato, si prega ufficialmente Nostro Signore Gesù Cristo perché protegga e assista il nostro popolo, i nostri militari, le nostre autorità (e Dio sa se, soprattutto quest’ultime, ne hanno bisogno!). Gli acattolici non sono costretti a prendervi parte, ma hanno la decenza di non protestare in nome di una malintesa laicità.


Questa situazione mi ricorda quando alle elementari eravamo condotti in chiesa per l’inizio dell’anno scolastico o quando al Liceo si celebravano Messe d’istituto per occasioni particolari come la fine dell’anno scolastico o la morte del Papa. Si trattava di scuole pubbliche statali, beninteso, e ciò avveniva negli anni ’90 e 2000. E i politici e i docenti di cui stiamo parlando sono moderati di centrodestra o di centrosinistra, non certo feroci nazionalisti o cattolici integralisti. Eppure questi omaggi a Dio e alla Patria sono ritenuti ancora naturali e doverosi dalla maggioranza, e bisogna lottare perché non si ceda ulteriore terreno, ma si rafforzi questo sentimento di amore verso quei beni immortali che trascendono l’individuo.