Esiste un lembo di terra francese
in cui si parla tedesco, anzi, un dialetto alemanno. E’ l’Alsazia, luogo simbolo
della secolare rivalità franco-tedesca. Il capoluogo alsaziano, capitale ideale
dell’Europa (dopo Roma) ed esempio di pacificazione di atavici conflitti in vista
di un futuro migliore è una delle tre sedi del Parlamento europeo. Di
Strasburgo ricordo il traffico, le salsicce e una curiosa, incessante,
sensazione di trovarmi in Germania. D’altra parte ci sono rimasto soltanto poche
ore, meno del tempo sufficiente a Papa Bergoglio per fare un discorso straordinario.
Il discorso che attendevo.
Il pontefice romano è tornato a
parlare nell’emiciclo di vetro “dopo oltre un quarto di secolo” dalla visita di
San Giovanni Paolo II nel 1988, il cui discorso è stato richiamato più volte.
Allora il mondo era diviso in due blocchi, oggi è frantumato; al tempo della
minaccia sovietica l’Europa Unita era una speranza, oggi è un superstato
burocratico, una burocrazia assoluta, che si occupa di inculcare nei cittadini
dei vari stati dell’Unione un’unica visione del mondo ideologizzata, legata alle
esigenze della massoneria internazionale – dalle normative sulla pesca al calibro
delle pere ed alla corretta curvatura delle banane – non tenendo conto del
meraviglioso patrimonio storico-culturale che i popoli europei custodiscono,
uniti dalla tradizione cristiana declinata nelle diverse culture locali, perché
«l'unità non significa uniformità politica, economica, culturale, o di pensiero».
Discorso laico, quello del Papa,
e, a differenza di quello di Wojtyla, di singolare scaltrezza gesuitica. Ha fatto
riflettere infatti, dopo gli applausi, il fatto che, nel giorno in cui tutto il
mondo ha potuto vedere in bella mostra le icone russe nella Stazione Spaziale
Internazionale – trionfo di Maria di Fatima con buona pace del cosmonauta Jurij
Gagarin che non aveva visto Dio –, il Santo Padre non abbia mai nominato, ma
nemmeno una volta, il nome di Gesù Cristo.
Per quanto io avrei preferito che
tuonasse a suon di Sacre Scritture, Papa Francesco ha esortato a “tornare alla
ferma convinzione dei Padri fondatori dell'Unione europea” e soprattutto a
riscoprire le Originarie radici greco-romane e giudaico-cristiane su cui l’Europa
fonda la propria civiltà, e da cui sono scaturiti quelli che oggi chiamiamo “diritti
umani”: «Tale consapevolezza culturale trova fondamento non solo negli
avvenimenti della storia, ma soprattutto nel pensiero europeo, contraddistinto
da un ricco incontro, le cui numerose fonti lontane provengono “dalla Grecia e
da Roma, da substrati celtici, germanici e slavi, e dal cristianesimo che li ha
plasmati profondamente”, dando luogo proprio al concetto di
"persona"». Quindi la priorità del Parlamento europeo dovrebbe essere
quella di fare leggi adeguate alla “dignità trascendente dell’uomo”, perché
«parlare della dignità trascendente dell'uomo, significa dunque fare appello
alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a
quella "bussola" in scritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso
nell’universo creato».
Mentre, invece, oggi la civiltà
europea sembra soccombere in favore dei tecnicismi burocratici delle proprie
istituzioni, che parlano ormai una lingua che nessuno capisce, professano una
fede laica avulsa dalla storia e dalla memoria dei popoli, insegnano una cultura
di morte che “ruba la speranza” alle persone. Questo è il grande equivoco che
avviene «quando prevale l'assolutizzazione della tecnica», che finisce per
realizzare «una confusione fra fini e mezzi». Risultato inevitabile della
"cultura dello scarto" e del "consumismo esasperato". Al contrario,
affermare la dignità della persona significa riconoscere la preziosità della
vita umana, che ci è donata gratuitamente e non può perciò essere oggetto di scambio
o di smercio.
E dato che, se mi è concesso
citare un grande filosofo sudamericano, Nicolás Gómez Dávila, «il paganesimo è
l’altro antico testamento della Chiesa», ecco un esempio fornito dall’affresco
nella Stanza della Segnatura, "la Scuola di Atene" (1509-1510) di Raffaello
Sanzio (1483 – 1520): «un'immagine che ben descrive l'Europa e la sua storia,
fatta del continuo incontro tra cielo e terra, dove il cielo indica l'apertura
al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l'uomo europeo, e la
terra rappresenta la sua capacità pratica e concreta di affrontare le situazioni
e i problemi. Il futuro dell'Europa dipende dalla riscoperta del nesso vitale e
inseparabile fra questi due elementi. Un'Europa che non è più capace di aprirsi
alla dimensione trascendente della vita è un'Europa che lentamente rischia di
perdere la propria anima e anche quello "spirito umanistico" che pure
ama e difende.
Proprio a partire dalla necessità
di un'apertura al trascendente, intendo affermare la centralità della persona umana,
altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso
ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato
nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il
contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale
contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per
l'indipendenza delle istituzioni dell'Unione, bensì un arricchimento. Ce lo indicano
gli ideali che l'hanno formata fin dal principio, quali la pace, la
sussidiarietà e la solidarietà reciproca, un umanesimo incentrato sul rispetto
della dignità della persona».
Un discorso laico che tutti
possono capire, un discorso che non offre il fianco alle solite strumentalizzazioni.
Un discorso chiaro per dare una svolta alla concezione di Europa che
immaginiamo e che vogliamo, per non vivere nell’omologazione, “nella concezione
omologante della globalità”, nel regno del sofisma.
Perché «dare speranza all'Europa
non significa solo riconoscere la centralità della persona umana, ma implica anche
favorirne le doti. Si tratta perciò di investire su di essa e sugli ambiti in
cui i suoi talenti si formano e portano frutto. Il primo ambito è sicuramente
quello dell'educazione, a partire dalla famiglia, cellula fondamentale ed
elemento prezioso di ogni società.
La famiglia unita, fertile e
indissolubile porta con sé gli elementi fondamentali per dare speranza al
futuro. Senza tale solidità si finisce per costruire sulla sabbia, con gravi
conseguenze sociali».
Molto altro ancora si potrebbe
dire riguardo al grande discorso di Strasburgo, che va letto integralmente e
meditato, ma questo era quanto mi stuzzicava raccontarvi... Ma avranno capito,
lassù a Strossburi?
Grazie ragazzi!
RispondiEliminaMatteo