di
Federico Catani e Isacco Tacconi
Una faida interna
all’Ordine ha creato uno schieramento (maggioritario) a favore della liturgia
nella forma extraordinaria e alle direttive del Ministro
Generale e fondatore dell’Ordine, p. Stefano M. Manelli, e uno schieramento
(minoritario) avverso al nuovo corso. Questa minoranza
dissidente ha richiamato così l’intervento delle autorità pontificie. Non ripercorriamo
tutta la vicenda. Ne hanno parlato magistralmente il
prof. Roberto de Mattei, la
coppia Gnocchi&Palmaro su Corrispondenza Romana, Francesco
Agnoli sul Foglio, Corrado
Gnerre su Il Giudizio Cattolico e il buon Sandro
Magister sul suo sito. Inoltre ormai tutta la blogsfera se ne occupa. In
sintesi, a partire dal 12 agosto, i frati FI non potranno più celebrare
liberamente secondo il Messale del 1962, ma dovranno chiedere, ognuno
singolarmente, l’autorizzazione al commissario posto alla guida dell’Ordine,
il cappuccino Fidenzio Volpi. P. Stefano, infatti, è stato destituito e
allontanato dalla guida dell’Istituto. Lui che, seguendo l’invito rivolto da
Paolo VI agli ordini religiosi di tornare allo spirito dei fondatori,
intraprese negli anni Settanta un ritorno alle origini del francescanesimo, con
una vita povera, umile, penitente ed obbediente, per seguire in tutto l’esempio
di San Francesco, dando vita, sull’impronta di San Massimiliano
Kolbe e del suo amore illimitato alla Madonna, all’Istituto dei
Francescani dell’Immacolata.
Con il provvedimento
della Congregazione per i religiosi si priverebbe della Messa antica quella
fetta crescente di fedeli che, grazie a Benedetto XVI, hanno riscoperto la
ricchezza della bimillenaria liturgia della Chiesa, “culmine e
fonte” della vita cristiana. Amata e custodita dai santi, alimento e vita dei
fedeli di ogni tempo e anche di coloro che vanno a Messa dai Frati Francescani
dell’Immacolata. Adesso che succederà? I fedeli laici si dovranno
rassegnare a vedersi privati di un loro diritto, riconosciuto da un documento
(il Motu Proprio) di rango giuridico molto superiore al decreto
della Congregazione dei religiosi, che impone una evidente ingiustizia. Il
provvedimento, infatti, recherebbe danno non solo ai FFI ma all’intero popolo
di Dio.
E allora qui è
il caso di non cedere. I
FFI hanno già detto che obbediranno al Papa, con autentico spirito
francescano. Dicono che accettano questo momento difficile certi che
l’Immacolata non li abbandonerà. Ne siamo sicuri. Eppure, dato che non possiamo
rassegnarci a veder penalizzata la perenne Tradizione della Chiesa,
manifestantesi nella Sacra Liturgia, ci permettiamo di suggerire qualcosa: perché
i padri FI fedeli al fondatore non chiedono udienza al Papa? Perché non
redigono un documento in cui, pur sottomettendosi all’autorità suprema del
Vicario di Cristo, non spiegano le loro ragioni difendendo il diritto dei
fedeli laici a beneficiare dell’Ufficio divino da loro svolto?
Detto ciò, ne
approfittiamo per rivolgerci filialmente a Papa Francesco. Santità,
anche noi fedeli legati alla Tradizione siamo pecore. Puzziamo come le altre e
pertanto La preghiamo di ascoltarci: abbiamo infatti imparato dai Suoi
discorsi che la Misericordia di Dio è infinita. Quindi siamo certi di ottenere
attenzione e comprensione. Siamo per lo più giovani, cerchiamo di
impegnarci nella vita di tutti i giorni per essere atleti di Gesù, come piace a
Lei, andando sempre controcorrente, proprio come Lei ci insegna. Non siamo
inamidati e nemmeno pelagiani, perché sappiamo bene che senza la
grazia di Dio non riusciremmo a salvarci. Ebbene, noi siamo riconoscenti ai
Francescani dell’Immacolata, perché ci hanno aiutato a vivere da buoni
cristiani. Questi frati sono poveri davvero, nei fatti, e non solo a
parole e questo a Lei dovrebbe piacere, Santo Padre. Quelli
che conosciamo non sono zitelli acidi, non hanno la faccia da peperoncino in
aceto: anzi, sono allegri, gioviali e simpatici, nonostante facciano una
vita dura. Non hanno macchine di lusso, né vivono in appartamenti
comodamente arredati. Ora, noi non sappiamo bene quali siano le motivazioni
profonde che stanno alla base di questa lacerazione interna all’istituto dei
FI, ma un tale provvedimento sanzionatorio recherebbe danno all’intero
popolo di Dio che beneficia del servizio liturgico in usus antiquior. La
liturgia, infatti, è un bene comune della Chiesa universale, anzi è “il bene”
che fonda e alimenta la Chiesa. Privandone i fedeli, contemporaneamente
si priverebbe l’intero Corpo Mistico dei frutti spirituali che da essa
scaturiscono.
I FI, pur con tutti i
loro limiti umani, ci hanno dato e ci danno un esempio concreto di santità
vissuta. Santo Padre, in Italia sono questi cari e amati “frati azzurri” a
garantire la celebrazione di molte Messe nella forma extraordinaria.
Se Lei impedisce loro di proseguire il lavoro svolto sin qui, che ne sarà di
noi giovani e meno giovani legati al Vetus Ordo? Grazie
alla generosità di S.S. Benedetto XVI, che Lei considera “un nonno saggio” da
ascoltare, ci siamo accostati all’antico rito e ce ne siamo innamorati,
senza per questo diventare scismatici. Molti di noi fanno anche
parecchi chilometri per assistere alla Santa Messa in usus antiquior.
Eppure non di rado incontriamo difficoltà ed ostacoli, incomprensioni e
pregiudizi, spesso proprio da parte di vescovi e preti, ma non solo. In questo
senso ci sentiamo davvero gente di periferia. E allora, Santità, Lei che
conosce e ama le periferie, venga a visitarci: anche noi abbiamo bisogno delle
sue cure e della sua protezione. Lei sa che c’è una povertà pure
spirituale, perché l’ha detto, anche se i giornali non se ne sono accorti.
Qualora si privasse il popolo di Dio della Messa nella forma straordinaria
e magari (Dio non voglia!) della spiritualità e della guida dei Francescani
dell’Immacolata si creerebbe un grande vuoto spirituale e un vulnus profondo
nel Corpo Mistico. Non crediamo che sia questo ciò che vuole. Noi ovviamente
vediamo in Lei il “dolce Cristo in terra” e a Lei ci sottomettiamo filialmente,
perché La amiamo come Padre. Ma proprio per questo, La preghiamo di ascoltare
le nostre buone ragioni e magari di spiegarci eventuali provvedimenti. Non
crediamo di sbagliare nell’amare la forma straordinaria da sempre circondata di
onore e venerazione e, Glielo assicuriamo, ciò non ci impedisce di sentire
cum Ecclesia. Tuttavia noi ci riferiamo alla Chiesa che ha
duemila anni di storia, non solo a quella che va dal 1965 ad oggi. Noi stiamo
con i Papi da San Pietro a Lei, e con tutti i Concili, da Nicea al Vaticano II. Santità,
mostri il suo volto amorevole e non voglia penalizzare noi fedeli. Nella
Chiesa c’è spazio per tutti e coloro che seguono la Messa nella forma
straordinaria non sono di certo una “maggioranza”. I provvedimenti
necessari per un rappacificamento interno dell’Ordine non sono di nostra
competenza, ma Le chiediamo di non privarci della Santa Messa celebrata
secondo il Messale del beato Giovanni XXIII, la quale non è
appannaggio o esclusiva dei Frati Francescani dell’Immacolata, di cui anzi essi
sono servi, ma dono di Cristo e della Chiesa al mondo intero come un tesoro da
cui si traggono cose antiche e cose nuove.
FIRMA QUI L'APPELLO DI "CORRISPONDENZA ROMANA" IN FAVORE DEI FRANCESCANI DELL'IMMACOLATA E DELLA MESSA TRADIZIONALE.
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