di
Paolo Maria Filipazzi
Torniamo per l’ultima
volta ad occuparci del “caso Ricca”. Il 25 luglio
Sandro Magister insiste: “A detta degli apologeti di Ricca – molto attivi
sia in Vaticano che fuori – colpendo lui la 'vecchia guardia' curiale vuole
bloccare il risanamento della 'banca del papa'. Ma i fatti dicono l'opposto.
Con o senza il prelato, la bonifica dei conti e dell'apparato dello IOR va avanti a ritmo accelerato". E poi: “La vicenda di monsignor Ricca è un caso di studio sulla zizzania che papa Jorge Mario Bergoglio vuole estirpare dalla curia vaticana”. Ed aggiunge particolari: “Dopo che la notizia dell'incombente scandalo uscì il 3 luglio su www.chiesa Francesco volle rivedere il fascicolo personale di Ricca. Anche questa volta glielo mostrarono immacolato. La catena di comando composta dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, dal suo sostituto Giovanni Angelo Becciu e dal delegato per le rappresentanze pontificie, cioè dal capo del personale Luciano Suriani, neppure fece il gesto elementare di richiedere alla nunziatura di Montevideo, per una verifica, la copia dei rapporti del nunzio dell'epoca, Janusz Bolonek, arrivati a Roma ma qui evidentemente fatti sparire”. E infine: “Quando invece corrisponde in tutto ai documenti – ecclesiastici e delle autorità civili – conservati in copia nella nunziatura, compresa la lettera con cui Bolonek implorava le autorità vaticane di inviargli al posto di Ricca un nuovo consigliere 'moralmente sano'. In Uruguay almeno cinque vescovi che furono testimoni diretti dello scandalo sono pronti a riferire. 'Es todo verdad', è tutto vero, hanno dichiarato fonti ecclesiastiche al primo giornale di Montevideo, 'ElPaís'. Dopo aver visto L'Espresso, papa Francesco ha alzato lui stesso il telefono e ha chiamato persone di sua fiducia in quel paese, per avere conferme definitive sui fatti. 'Sicuramente il Santo Padre, nella sua saggezza, saprà come fare', ha dichiarato laconico l'attuale nunzio Guido Anselmo Pecorari”.
Fatto sta che il 30
luglio il Papa, parlando con i giornalisti sull’aereo di ritorno da Rio de
Janeiro ha detto: "Nel caso di monsignor Ricca ho fatto quello che il
Diritto canonico indica di fare: una investigazione previa. Non è stato trovato
nulla di ciò di cui veniva accusato. Non abbiamo trovato niente! Tante volte
nella Chiesa si vanno a cercare i peccati di gioventù e poi si pubblicano. Non
stiamo parlando di delitti, di reati, come gli abusi sui minori che sono
tutt'altra cosa, ma di peccati. Ma se una persona laica, o prete o suora ha
commesso un peccato e poi si è convertita e si è confessata, il Signore
perdona, dimentica. E noi non abbiamo il diritto di non dimenticare, perché
altrimenti rischiamo che il Signore non si dimentichi dei nostri peccati. Tante
volte penso a San Pietro che ha commesso il peccato più grave, ha rinnegato
Cristo. Eppure lo hanno fatto Papa. Però ripeto, su monsignor Ricca non abbiamo
trovato niente". Dunque, queste parole sembrano chiudere definitivamente
il caso Ricca. Ne prendiamo atto ma a questo punto ci chiediamo: Magister ha
toppato (ma
lui dice di no)? Oppure il Papa si è fatto infinocchiare? Oppure, terza
opzione: non è che il Papa si
trova nell’antipatica situazione di aver nominato la persona sbagliata e di non
poterla sostituire a soli pochi mesi dalla nomina per non compromettere la
credibilità del proprio pontificato e dei propri propositi di riforma?
In quest’ultimo caso
avremmo un triste precedente: quello di Benedetto XVI con il cardinale Tarcisio
Bertone, il Segretario di Stato il cui operato è stato criticatissimo da tutte
le parti, tradizionalisti e modernisti. Benedetto XVI si è trovato per un lungo
periodo a difendere il suo Segretario di Stato, il cui discutibile operato
in molti casi si è svolto in barba alle linee dettate dal Papa (vedi la vicenda
del regolamento applicativo delle norme anti-riciclaggio emanate da Benedetto
XVI, regolamento che di fatto le vanificava), ma la cui defenestrazione avrebbe
rischiato di essere un boomerang per la credibilità del tentativo di riforma
già iniziato sotto il pontificato benedettiano. Il fatto che un Papa dovesse
intervenire in difesa del Segretario di Stato è stato un singolare
capovolgimento di ciò che si era sempre visto, con il secondo “meridiana” del
primo, ed era un segno di come, con il cardinal Bertone, la Segreteria di Stato
fosse diventata, fatto senza precedenti, un centro di potere autonomo,
sfuggente al controllo del Papa stesso. Leggendo
fra le righe, a qualcuno è parso di poter identificare proprio la presa di
coscienza della gravità della situazione, rapportata alla propria mancanza di
forze, con una delle ragioni della rinuncia. Ora, anche se si tratta solo di un
monsignore “qualunque”, Dio non voglia che Papa Francesco si trovi in una
situazione analoga. E, a dirla tutta, in mezzo a tutti i proclami di imminente
“riforma della Curia”, un posto non indifferente dovrebbe averlo
l’avvicendamento alla Segreteria di Stato ed ai vari dicasteri. Invece il
cardinal Bertone, in barba alle critiche e a ripetute fughe di notizie, se ne
sta ancora lì…
Già che ci siamo,
precisiamo anche un paio di cose sulla fantomatica “apertura ai gay” del Papa
strombazzata dai media, che hanno riportato la frase imprecisa: “Chi sono io
per giudicare un gay?”. Dunque, la prima parte della dichiarazione è quella
sopra riportata, in cui si parla chiaramente di peccatori che, se convertiti,
ottengono il perdono. Insomma,
di peccato di tratta, da cui convertirsi. Prosegue poi il Papa: "Si scrive
tanto della lobby gay. Io
finora non ho trovato in Vaticano chi ha scritto 'gay' sulla carta d'identità.
Bisogna distinguere tra l'essere gay, avere questa tendenza, e fare lobby. Le
lobby, tutte le lobby, non sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore
con buona volontà, chi sono io per giudicarlo? Il Catechismo della Chiesa
cattolica insegna che le persone gay non si devono discriminare, ma si devono
accogliere. Il problema non è avere questa tendenza, il problema è fare lobby e
questo vale per questo come per le lobby d'affari, le lobby politiche, le lobby
massoniche". Dunque, dove sarebbe la rivoluzione? Il Papa si riferisce al
Catechismo della Chiesa cattolica, il
quale non condanna l’omosessualità in sé, ma la pratica, cioè il peccato, dal
quale però ci si può sempre liberare convertendosi. Per cui, “se una persona è
gay e cerca il Signore con buona volontà”, se cioè compie un serio percorso di
conversione, non va giudicata ma accolta e perdonata. Come predica Cristo col
suo Vangelo. Come predica Santa Romana Chiesa da due millenni. Il che, non ha
nulla a che far con deliranti rivendicazioni giuridiche, né tanto meno con
l’infame “legge sull’omofobia” di cui i nostri scellerati legislatori si stanno
occupando.
P.S.
Il Papa ha parlato di “lobby massoniche”. Nessuno se la fila, questa
dichiarazione?
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