«So che appare mostruoso e, a dire il vero, anche incredibile, che uomini
con qualche pretesa di definirsi istruiti sostenessero seriamente che il più
stabile e ragionevole metodo di governo stesse nell'estensione del diritto di
voto - cioè, nel sovvertire tutto l'ordine eterno e logico delle cose, e
permettere all'inesperto di governare l'esperto, e all'ignorante e al mal
informato di controllare coi loro voti -
ovvero, col puro peso dei numeri - l'istruito e il ben informato. Ma fu così.»
(R.
H. Benson - L'alba di tutto)
Ed è proprio così che il 28
ottobre, ad urne chiuse, i risultati della breve tornata elettorale siciliana (nelle
precedenti elezioni si era votato anche di sabato) decretano la vittoria,
definita addirittura storica, del Partito Democratico alleato con l’UDC. Festeggiamenti,
canti di vittoria, pugni alzati, megafoni in bocca che urlano l’arrivo della
rivoluzione e del vento di cambiamento.
Siciliani, non temete. La risposta l’ha data il giovane Tancredi di Salina nelle pagine del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa: «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.» Ritengo che i fattori determinanti di questo scenario politico siano rintracciabili non solo in una sfiducia generalizzata dei cittadini nei confronti di una politica in cui non si vedono rappresentati, ma anche nella scarsa capacità di interessarsi alla cosa pubblica per cambiarne la rotta. Sono fermamente convinta che, se fosse possibile fare un sondaggio tra i votanti, una percentuale irrisosia avrà speso anche soli pochi minuti per leggere il programma politico dei vari partiti e movimenti. Come sempre, si parla per cliché, per slogan, si va a sentimento, per sentito dire. Questa non è solo la banale e gettonata disinformazione, ma è piuttorsto la totale mancanza di forma mentis adatta a comprendere la politica. Spesso la si immagina come qualcosa di distante ed intangibile, quando invece proprio dalle nostre scelte dipende il nostro futuro.
Trovo inqualificabile l’atteggiamento di chi ha scelto in scienza e coscienza di astenersi.
Non solo, dunque, il quadro politico è confuso e frammentato, ma - riprendendo l’interrogativo di cui sopra - ad aver vinto è la protesta, la protesta di quel 15% che ha scelto i grillini, dilettanti allo sbaraglio. Senza contare, il dato importante, ma non storico, della vittoria del PD.
Nel programma di Rosario
Crocetta, nuovo governatore dell’isola, si legge chiaramente l’intenzione di
una ridistribuzione delle risorse, di un taglio agli stipendi dei deputati, del
progetto di “una programmazione dal basso” e “di cacciare dalla Sicilia la
mafia” con la creazione di un grosso organismo antiracket, di cui, lasciando stare
la sostanziale inutilità, il costo neppure viene preso in considerazione. Si parla
di Sicilia come terra della rivoluzione, di “formare il nuovo cittadino a
questo spirito contro cosa nostra”, di “non rendere più vuota la parola parità”
e soprattutto: “lavoreremo per l’inclusione sociale di tutti abbattendo ogni
ghetto e ogni emarginazione, sposando anche le battaglie per i diritti civili
delle persone.” Questo e molto altro è contenuto
nel programma politico, che non si allontana molto da una forma di delirio e che
assume i contorni utopistici di una rivoluzione che, in quanto tale, non
sovverte alcun ordine, non procura nessun cambiamento e propone la minestrina riscaldata di un
progressismo vecchio e stanco che fino ad ora non ha attanagliato lo spirito
forte e combattivo dei siciliani.
La vera risposta che i siciliani si aspettano con forza è che il buco (quello di bilancio, s'intende...) di sei miliardi di euro venga risanato e che vengano date risposte certe in merito a progetti concreti per le famiglie, i giovani, le imprese e gli enti pubblici.
Pubblicato il 03 novembre 2012
La vera risposta che i siciliani si aspettano con forza è che il buco (quello di bilancio, s'intende...) di sei miliardi di euro venga risanato e che vengano date risposte certe in merito a progetti concreti per le famiglie, i giovani, le imprese e gli enti pubblici.
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