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22 ottobre 2018

Un elogio di Radio Maria

di Marco Sambruna

La separazione post conciliare fra seguaci dell'ermeneutica della continuità e seguaci dell'ermeneutica della discontinuità e dunque fra progressisti e conservatori è evidente nella polarizzazione fra due realtà odierne. Da una parte alcuni settori del mondo catto-progressista ligi alla narrazione secolare, per certi versi conformisti e qualunquisti e dall'altra parte la chiesa popolare quanto al seguito e impopolare quanto ai temi trattati rappresentata da molte realtà sul web e da un'emittente ormai di dimensioni planetarie come Radio Maria.
L'emittente diretta da padre Livio Fanzaga ha successo perché è una delle pochissime voci che valorizza ancora i quattro aspetti che hanno sempre distinto la chiesa da altre realtà impegnate nel sociale: la trascendenza, l’unicità della relazione fra uomo e Dio, il conflitto delle idee, il rifiuto di omogeneizzare la fede. In assenza di questi quattro aspetti che rappresentano la quintessenza e l’originalità della fede cattolica, il cristianesimo perde ogni fascino e capacità d’attrazione perché non ha più nulla di  diverso da dire rispetto a qualsiasi altra realtà filantropica.

In primo luogo Radio Maria ha un focus particolare sulla trascendenza, l’escatologia e altre dottrine demodé come l'immortalità dell'anima, la resurrezione della carne, il premio o il castigo eterno, cioè su quell’insieme di temi considerati non più comprensibili all’uomo contemporaneo a giudizio di  altre entità cattoliche mediaticamente incensate. Giudizio che peraltro confligge clamorosamente col fatto che questo immaginoso “uomo contemporaneo”  palesa una decisa renitenza a seguire i nuovi percorsi indicati dalla chiesa ong come dimostra la defezione al culto e l’accostamento a realtà politiche extra clericali più aderenti a una visione tradizionale.

In secondo luogo l’emittente mariana insiste sulla dimensione individuale della relazione fra l'uomo e Dio che è e deve essere per sua natura una relazione di tipo intimo, personale e mistica cioè vissuta ed esperita in modo assolutamente originale e singolare. La chiesa ong insiste  invece nel divulgare una relazione  Dio - uomo di tipo collettivo che quasi sempre finisce con l'appiattire l'esperienza religiosa sulla produzione nel sociale o sul mero rispetto delle leggi civili.

Terzo pregio di Radio Maria: l'emittente ha salvaguardato se stessa dal confondere la Verità da sempre proclamata dalla Chiesa con la pace o meglio con la pacificazione universale laddove lo stesso Cristo disse di essere venuto non ad unire, ma a dividere. La radio non ha paura di apparire in controtendenza nel sottolineare l’alterità della Verità di sempre rispetto alle idee dominanti di matrice laicista e soprattutto non è agita dal mito mondialista dell’unità come priorità assoluta anche a costo del compromesso auto demolitivo. Direi anzi che il palinsesto della radio non rifugge dalla contesa dialettica, dal conflitto delle idee, dalla polemica, dall'apologetica e perfino dall'invettiva dantesca. Radio Maria secondo me ha questo enorme merito: continua la battaglia contro quelle idee che dalla Rivoluzione Francese in poi hanno rappresentato non solo posizioni anticlericali, ma perfino anticristiche.

Infine, quarto tratto distintivo, Radio Maria evita il conformismo linguistico che al di la dei contenuti caratterizza certi documenti conciliari e post conciliari, certe encicliche papali, certe proposizioni della CEI, certa editoria cattolica.

Molti di questi testi hanno infatti lo stesso tono medio: un irritante ingenuo ottimismo che vorrebbe ricomporre qualsiasi divisione in nome di un malinteso senso della fratellanza da raggiungere come scopo supremo anche ricorrendo all’autodenigrazione masochistica. Una messe di dichiarazioni e panegirici dal linguaggio arido e noioso, debole e inconsistente, standardizzato su un registro piagnucoloso, voglioso di piacere, de-virilizzato e mai incisivo; un accalcarsi di proposizioni inconcludenti e vaghe, attente a non scontentare nessuno, ligie alla narrazione dominante, dove nulla che ripugna ai mass media è nominato: lo stesso nome di Cristo non appare quasi mai, ogni orizzonte trascendente è accuratamente emarginato e se anche appare è diluito, confuso e caotizzato in una serie di digressioni, specificazioni, approssimazioni, attualizzazioni socializzanti che lasciano un sapore di cenere in bocca.

In definitiva di Radio Maria si potrà dire qualsiasi cosa, ma non che abbia la pessima abitudine di voler andare d'accordo con tutti o che non sollevi interrogativi sullo stato presente della cristianità.
Vi trasmetto una mia sensazione: ascoltandola si ha spesso l’impressione di udire parole autentiche e non accomodate, verità di fede proclamate a chiare lettere non diluite in interminabili analisi e specificazioni, limpide parole che ribadiscono la dottrina di sempre senza astrattezze o simbolismi al fine di disinnescarne la forza eversiva. 

Raramente ho ascoltato a Radio Maria o letto nei libri di padre Livio parole che siano state omogeneizzate al fine di renderle facilmente digeribili senza troppe difficoltà da parte di chiunque. Viceversa ho ascoltato spesso parole necessariamente impervie: è ovvio infatti che dogmi di fede quali la risurrezione della carne o l'esistenza dei regni ultraterreni o sottolineare le criticità di certo ecumenismo non possono che urtare la narrazione corrente e forse anche alcuni ambiti del cattolicesimo contemporaneo.


 

05 novembre 2016

Radio Maria e lo scandalo del male


di Giuliano Guzzo

Debbo mio malgrado rinunciare a pronunciarmi sulla tesi – che avrebbe trovato spazio sulle frequenze di Radio Maria – secondo cui le scosse di terremoto di questi giorni sarebbero state, in qualche misura, provocate dalle unioni civili; non lo posso fare per il semplice fatto che di un’affermazione simile non c’è traccia né nell’audio della trasmissione oggetto di scandalo né, chiaramente, nella trascrizione dello stesso. Trascrizione dalla quale emerge qualcosa di diverso: un ascoltatore dell’emittente formula una domanda abbastanza chiara («le catastrofi naturali come il terremoto, possono essere una conseguenza di un popolo, di un legislatore che fa delle leggi contrarie?») cui segue, da parte del frate conduttore, una risposta molto cauta, nella quale comunque l’associazione causale tra nozze gay ed eventi sismici, semplicemente, non esiste.

Padre Giovanni Cavalcoli, infatti, da un lato invita alla prudenza («bisogna stare attenti»), e dall’altro fa un’affermazione – condivisibile, non condivisibile o assurda, pensatela come volete – che è la seguente: «Una cosa è sicura, che i cataclismi, la natura, i disordini della natura, tutte quelle azioni della natura che mettono in pericolo la vita umana sono di tanti tipi, le alluvioni, eccetera, hanno una spiegazione di carattere teologico». Nota bene: delle unioni civili come fattore scatenante il sisma, neppure teologicamente, nessun accenno. Zero. Perché allora tutta questa cagnara? Semplice: abbiamo giornalisti che ignorano la differenza tra Vaticano, Cei e Chiesa – tre cose ben diverse – e che, in questo caso, non solo hanno montato un caso sul nulla ma, per confermare fino in fondo la loro professionalità, hanno addirittura inizialmente attribuito la frase inesistente a Padre Livio, scrivendo che l’avrebbe pronunciata il 30 ottobre.

Peccato che non solo Padre Livio non abbia detto, appunto, niente di quanto poi riferito – i virgolettati inventati, sapete, sono una vera specialità di certo “giornalismo” –, ma non poteva farlo neppure lo avesse voluto giacché il 30 ottobre non ha tenuto alcuna diretta. La questione allora si potrebbe chiudere qui se nel frattempo – in aggiunta allo scandalo per una tesi mai formulata da nessuno, quella appunto del legame tra unioni civili e terremoti nel Centro Italia – non si fossero verificati due fatti. Il primo è la sospensione di Padre Cavalcoli dalla sua trasmissione, provvedimento che, anche per un ascoltatore non così assiduo di Radio Maria come il sottoscritto, appare abbastanza curioso e spiegabile solo con la comprensibile volontà, da parte dell’emittente in questione, di smorzare alla svelta una polemica sempre più arroventata.

Il secondo fatto è la presa di distanza del Vaticano – nella persona di monsignor Angelo Becciu, sostituto alla Segreteria di Stato – dalle affermazioni (quali?) di Radio Maria. Da giorni, ci si scanna insomma sul nulla. Non si capisce infatti che senso abbia, se non si è credenti, contestare la tesi di possibili punizioni divine – sotto qualsivoglia forma – in conseguenza dei peccati commessi e del peccato originale; se invece si è credenti, non si capisce perché attribuire a Radio Maria, Padre Livio o Padre Cavalcoli una tesi formulata già da tempo con queste parole: «Quando è tutto il popolo che pecca, la vendetta va fatta su tutto il popolo, come furono sommersi nel mar Rosso gli Egiziani che perseguitavano i figli d’Israele, e come furono colpiti in blocco gli abitanti di Sodoma; oppure va colpito un numero rilevante di persone, come avvenne nel castigo inflitto per l’adorazione del vitello d’oro».
Bene, sapete chi ha detto tutte queste cose? San Tommaso d’Aquino (cfr. Summa Theologica q. 108 a. 1 ad 5). Tommaso d’Aquino dal quale non risulta il Vaticano si sia mai dissociato. Viene a questo punto da porsi una domanda: scusate, ma di che cosa stiamo parlando? Abbiamo migliaia di nostri fratelli senza più una casa, senza più un lavoro, senza più nulla di quanto avevo prima. E tutto ciò, come se non bastasse, con pure il gelo alle porte. Forse – ma è solo personalissima impressione – anziché improvvisarsi teologi quanto non si è neppure credenti o ergersi a giudici implacabili quanto si dovrebbe essere testimoni della “Chiesa della misericordia”, è il caso di lasciar perdere e darsi fare per i nostri connazionali. Con aiuti concreti e anche, per chi teme i terremoti e sa che c’è Qualcuno, lassù, che tutto può, con preghiere. Non però per la professionalizzazione dei nostri giornalisti: quello sarebbe davvero tempo perso.


 

17 febbraio 2014

Difendo Roberto de Mattei

di Fabrizio Cannone

Pochi giorni fa, padre Livio Fanzaga, stimabile e dinamico direttore di Radio Maria, ha deciso, in modo a dir poco inatteso, e con ragioni risibili e ben poco convincenti, di cacciare il professor Roberto de Mattei dalla sua numerosa e importante equipe di collaboratori. Il sito internet che fa capo allo storico romano, Corrispondenza Romana, ha pubblicato sia la lettera di padre Fanzaga che la risposta, di ben altro spessore, del professor de Mattei.