Visualizzazione post con etichetta Controriforma. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Controriforma. Mostra tutti i post

30 marzo 2017

Dacci oggi la nostra eresia quotidiana/02: Luteranesimo un tanto al chilo


del Cardinale Dal Sacco

Anno Domini 2017: 500 anni ci separano dalla riforma di Lutero, 300 dalla fondazione della prima loggia massonica speculativa e 100 sia dalla rivoluzione russa che dalla rotta di Caporetto. Non c’è che dire: siamo in buona compagnia per poter rafforzare la nostra fede e dedicarci allo studio della storia. E’ innegabile, tuttavia, che oggigiorno la cultura dominante ci porta a non ricordare questi eventi che, benché uno più drammatico dell’altro, fanno parte della nostra storia e della nostra identità di cristiani, italiani, europei. Similmente, non è ben chiaro se-come-perché commemorare e/o celebrare e/o ricordare (e volutamente uso questi termini che, avviso fin da subito, non ritengo essere sinonimi) questi anniversari da un punto di vista cattolico. Occorre dunque cercare di fare chiarezza in un’epoca di dubbi e di falsità dilaganti: sarebbe bellissimo analizzare ogni singolo anniversario di questo nostro martoriato 2017 ma preferiamo dedicarci, almeno in questa rubrica, al cinquecentesimo della riforma protestante.

In un prossimo articolo ci ripromettiamo di parlare dei semi protestanti disseminati oggigiorno dappertutto anche in molti componenti della Chiesa Cattolica (la quale, Corpo Mistico di Cristo, è sempre santa per opera dello Spirito Santo): piuttosto, ora, riteniamo doveroso fare alcune precisazioni lessicali che renderanno maggiormente capibile la nostra ermeneutica delle tendenze protestanti all'interno della Chiesa e, allo stesso modo, è nostro dovere capire cosa sta succedendo attorno a noi in occasione di questo centenario.

Da un punto di vista storico e storiografico, il termine di Riforma Protestante è ormai diventato di uso comune e generalizzato: alcuni storici hanno provato ad usare il termine di Rivoluzione Protestante ma non sono generalmente seguiti dalla massa degli studiosi. Essendo questo un articolo di Storia della Chiesa, che analizza ogni cosa alla luce del Catechismo della Chiesa Cattolica, preferisco usare il termine classico di riforma ma rigorosamente in corsivo e minuscolo riprendendo in un certo senso il termine con cui la Santa Sede ha per secoli definito i figli ed i nipoti di Lutero («i cosiddetti riformati»).

Non penso sia necessario spiegare il perché tutti i fedeli cattolici non possano celebrare questo anniversario: il concetto rimanda infatti alla festa ed alla solennizzazione di eventi che sono sia unitivi che comuni (qualità decisamente assenti negli eventi della riforma). Il concetto di commemorazione, invece, potrebbe essere utilizzato a patto tuttavia di non dargli il carattere sacro e liturgico che la Chiesa attribuisce ad alcune celebrazioni come la Commemorazione di tutti i fedeli defunti o la Commemorazione di un Santo durante un Tempo Forte. Bisognerebbe invece, a mio modesto parere, utilizzare il verbo ricordare (purché scevro dal carattere sacrale e liturgico, utilizzato in particolare nella Santa Messa, di rendere presente) inteso da un punto di vista storico: è innegabile che la riforma sia avvenuta, è altrettanto innegabile il fatto che – ci piaccia o non ci piaccia – perduri ancora oggi e che, pertanto, è nostro dovere analizzarla in ogni sua componente compresa la prospettiva futura di convivenza (perché l’epoca degli Stati confessionali è ormai tramontata da tempo) che la Chiesa ha sempre denominato tolleranza . Utilizzando la categoria storica del ricordo (il fare dunque memoria) si potrà parlare in piena coscienza, con meno acredine possibile, delle gravi colpe degli uomini della Chiesa del XVI secolo, di dottrine peregrine che all'epoca si insegnavano in ogni dove, dei morti dell’una e dell’altra parte, degli errori dottrinali di Lutero, ma anche dell’opera e dell’insegnamento dei Santi della contro-riforma, etc.

Per far questo però è necessario precisare due cose: 1) è impossibile cancellare 500 anni di storia (basti pensare che è difficile parlare in maniera serena di eventi ben più recenti e cronologicamente più modesti come il ventennio fascista) e 2) si è trattata di un’eresia all'interno della Chiesa Cattolica che si è propagata in tutto il mondo dando vita a numerosissime denominazioni cristiane che, secondo il loro modo di vedere, si riconoscono come l’unica vera Chiesa di Cristo.

Se non si parte da questi dati di fatto stiamo solamente rimestando l’acqua nel mortaio. Alla luce di quanto detto, è chiaro come il sole come si deve vivere questo triste anniversario: con mestizia ed il ritorno alla vera fede. E dobbiamo farlo con il cuore che gronda sangue perché non solo la Chiesa è ancora oggi lacerata nella sua unità ma anche perché ci sono milioni di anime che non possono attingere ai fiumi d’acqua viva che da essa sgorgano per mezzo dei Sacramenti: riflettiamo mai abbastanza a come siamo “fortunati” noi cattolici? Noi abbiamo la possibilità di stare bocca a bocca (etimologia di adorare) a Cristo nella Santa Eucarestia, i protestanti no; noi possiamo dire correttamente di aver avuto i peccati perdonati nella Confessione, i protestanti si devono appellare ad un atto di fede talmente puro per essere giustificati che è difficile solo immaginarlo; noi cattolici possiamo ricorrere al Magistero quando non comprendiamo appieno né la dottrina né la Sacra Scrittura, i protestanti invece sono lasciati come pecore senza pastore in balia dell’una o dell’altra corrente dominante; noi cattolici abbiamo la grazia di poter onorare la Vergine Maria, avendo in lei una sicura Avvocata presso suo Figlio, mentre i protestanti non riconoscono nessun intermediario tra Dio e l’uomo che non sanno (letteralmente) a che santo votarsi. Pensiamo mai a queste grazie come anche alle altre centinaia di cui è oggetto e deposito la Chiesa Cattolica? Contemporaneamente – repetita iuvant – soffriamo per tutte le anime delle chiese protestanti che non hanno nulla di tutto questo? Similmente, pensiamo mai al fatto che Lutero e tutti gli altri riformatori partivano da una critica feroce alla Chiesa che, all’epoca, appariva loro come una turba di uomini e donne alla ricerca non tanto della gloria di Dio bensì di quella del Mondo? E ci fermiamo mai a pensare adeguatamente al fatto che se queste persone hanno potuto confondere e travisare la sana dottrina l’hanno potuto fare perché non l’avevano degnamente studiata, compresa, amata e vissuta? Come non temere che l’abbandono degli studi di tutte le scienze sacre potrebbe generare sempre nuovi Lutero e Calvino? Come non avere paura della scarsa fedeltà dei religiosi pensando a tutti i conventi tedeschi che si svuotarono in brevissimo tempo a seguito delle prediche dei vari predicatori di turno?

Ma se è chiaro in che modo è possibile parlare del centenario della riforma, è altrettanto ovvio cosa sia da evitare. E qui, dispiace dirlo, siamo dinanzi veramente all'assurdo in quanto – è innegabile – ci sono fior fiore di prelati e di cosiddetti laici impegnati che tutto fanno tranne che ricordare: anzi, la riforma è esaltata, celebrata, lodata, festeggiata fin nei più piccoli consessi ecclesiali di tutte le Diocesi cattoliche. Si moltiplicano come funghi i gruppi ecumenici per preghiere in comune e per poter partecipare ad incontri organizzati quasi sempre dalle chiese protestanti con l’invito rivolto al parroco di turno, sempre presente a porgere il saluto dei cristiani altri (ebbene si: ci chiamano così) blaterando di cose che magari loro neanche conoscono. Ma attenzione: non dobbiamo solamente stigmatizzare questi comportamenti ma anche riflettere sul fatto che le chiese protestanti stanno lavorando alacremente per questo centenario togliendoci ogni possibilità di parola. Ebbene sì, signori: noi cattolici non ci siamo interessati della questione, o se si è fatto abbiamo davanti ai nostri occhi gli esempi di cui sopra, cosicché le chiese protestanti di varia denominazione stanno letteralmente impadronendosi del centenario, mostrandosi quindi non come una eresia che a sua volta ha prodotto la nascita di gruppi e gruppetti, bensì come uno dei tanti modi in cui il cristianesimo è presente sulla terra benché siamo tutti uniti in Cristo: e se ci sono vari modi, sono tutti validi, ed allora è inutile cercare l’unità privilegiando pratiche comuni da attuare giorno per giorno nelle singole comunità. Non stiamo discutendo di cose di poco conto, bensì di applicazione delle dottrine (ortoprassi) in quanto è risaputo infatti che i protestanti parlano di unità delle Chiese (che, pertanto, potrebbero anche convivere una accanto all'altra come in una federazione) e non dei cristiani: la Chiesa Cattolica afferma invece che la Chiesa è (e sempre sarà, logicamente) una e che, pertanto, semplificando il concetto, ogni singolo protestante (ma anche ogni singolo cristiano non cattolico) deve tornare in seno all'unica e vera Chiesa che è quella cattolica fondata direttamente da Cristo sulla roccia di Pietro. Non c’è altra via: le federazioni non possono esistere nella Chiesa Cattolica in quanto Cristo non ha stabilito più primati.

Dispiace dirlo, ma abbiamo commesso un enorme errore a lasciare in mano il centenario della riforma solo ai protestanti perché così si rinnova ancora una volta la dicotomia (a loro tanto cara) tra riforma e controriforma, in cui ovviamente la Chiesa Cattolica è vista come freno alle loro istanze riformistiche: ma – dicono loro – la riforma segue la decadenza, rappresentata dalla Chiesa Cattolica che sarà sempre ancorata a modelli da superare (se sono decadenti perché mantenerli?), e via di questo passo in una logica sempre più dialettica di progresso e regresso. La Chiesa Cattolica, manco a dirlo, afferma altro: la vera riforma è il ritorno alle origini e non uno stravolgimento della dottrina, della liturgia, della Sacra Scrittura come hanno voluto invece Lutero ed i suoi epigoni.

Ma c’è anche altro, in quanto ad ogni convegno che queste chiese organizzano, siatene certi, la Chiesa Cattolica è semplicemente ribattezzata come Chiesa Romana: non che non sia vero – per carità: Dio benedica la Cattedra di Pietro in ogni momento! – ma è emblematico che queste chiese, che non sono universali in quanto fin dalla loro denominazione (valdesi = di Valdo; luterani = di Lutero; calvinisti = di Calvino; etc), utilizzino un aggettivo “localistico” e “topografico” per poter affermare di avere esse uno spirito cattolico. Anche qui, non si sta subendo passivamente l’infamia che generazioni di cattolici inglesi e irlandesi hanno subito sulla loro pelle sentendosi appellare come papisti? E queste cose ce le dicono direttamente in faccia, non le mandano mica a dire: fatevi una navigata nel sito web della chiesa luterana italiana e vedrete, in relazione al celeberrimo incontro di Lund, che terminologia utilizzano per descrivere il Papa.

Sperando di celebrare degnamente ed allo stesso modo il centenario del Concilio di Trento, nel frattempo il quesito rimane: che cosa fare? E, soprattutto, cosa fare per non seminare scandalo tra i semplici che vedono che ci sono tante chiese diverse che vengono ricevute, accolte e finanche elogiate persino dai vertici della Chiesa Cattolica (compresa una certa persona di bianco vestita)? Innanzitutto pregare. E poi studiare: storia, filosofia, teologia, qualsiasi cosa possa aiutarci ad amare sempre di più la nostra Santa Fede Cattolica.

Riprendiamo in mano la storia, vera Magistra Vitae, da sempre elogiata e coltivata dalla Chiesa per il suo valore intrinseco, e non abbiamo paura di dire al mondo intero cosa è stata o cosa ha prodotto la riforma: divisione, iconoclastia, roghi, eresie e guerre di religione. Non nascondiamoci dietro un dito, tuttavia, e affermiamo altresì senza paura che la Chiesa dell’epoca mostrava tutto tranne la santità che le è propria come Corpo Mistico di Cristo. Ma soprattutto torniamo ad applicare San Paolo che invitava i cristiani del suo tempo, e dunque anche noi, a vagliare tutto e trattenere ciò che è buono: non solo la Chiesa può ma, anzi, deve dire la sua sulla riforma senza fare il pappagallo dei nipotini di Lutero.

https://labaionetta.blogspot.it/2017/03/eresia-quotidiana-luteranesimo.html

 

04 novembre 2016

San Carlo Borromeo tra nuove e vecchie eresie


di Alfredo Incollingo

Nessun cattolico è al sicuro da eresie, nonché da aperture dottrinali di dubbia origine e di significato incerto. Stiamo assistendo in molti casi a tentativi di compromette l'ortodossia, la verità, con il mondo perché la prima possa piacere (adeguarsi) alla moltitudine. Si spera che, confondendosi con la modernità, si possano aumentare i consensi, come se la Chiesa fosse un partito. A quanto pare, almeno in Europa, i risultati sono scarsi. La Chiesa, andando verso il mondo, ha perso ogni carisma? La società contemporanea ha già i suoi idoli e una Chiesa modernista è solo un orpello? Ci sono tante domande da porsi e tante risposte da trovare.
Il cattolico oggi giorno ha un gran da fare per capire quale sia l'ortodossia e deve destreggiarsi tra nuovi eresiarchi e uomini di Chiesa infedeli. A chi può rivolgersi nelle sue preghiere per chiedere la sua salvezza e quella della comunità dei credenti (cristiani cattolici)? A San Carlo Borromeo naturalmente, che per tutta la sua vita ha combattuto la riforma protestante e ha partecipato attivamente alla riforma della Chiesa.

Nato da una nobile e potente famiglia lombarda (Ancona, il 2 ottobre 1538), i Borromeo, a soli 12 anni, per volere paterno, entrò nell'ordine benedettino nel 1547, ricoprendo ruoli di rilievo all'interno dell'abbazia di Arona. Il giovane Carlo, nonostante le direttive familiari, mostrò una fede e un animo caritatevole che male si conformava alle pretese politiche del casato. A soli 21 divenne dottore in diritto civile e canonico e nel 1559, quando suo zio, il cardinale Giovanni Angelo Medici di Merigliano, venne eletto papa, prendendo il nome di Pio IV, si trasferì a Roma sotto la sua protezione. Carlo venne nominato cardinale a 22 anni e ricoprì a lungo diverse cariche di governo con numerosi benefici e laute ricompense. Spendeva le sue ricchezze in palazzi, servitù e in feste che dovevano celebrare la sua magnificenza e il suo casato. San Carlo visse anni di dissoluzione e di mondanità fino al 1562, quando alla morte del fratello Federico, ebbe un momento di crisi spirituale e comprese le vanità di cui si circondava. Abbandonò ogni dissolutezza per dedicarsi ad una vita di preghiera e penitenza. La sua conversione si rifletté sul suo operato, adesso più meticoloso e attento alle verità del Vangelo. A Milano e durante i lavori del Concilio di Trento partecipò attivamente alla riforma della Chiesa e seppe elevare le voci di opposizione verso qualsiasi tentativo di compromettersi con il fronte protestante. Spesso fu tacciato di fanatismo o di essere eccessivamente intransigente, ma questi inopportuni biasimi non limitarono la sua azione riformatrice. Nel 1563 fu consacrato vescovo, divenendo a tutti gli effetti pastore delle anime nella diocesi di Milano: qui si prodigò maggiormente nella riforma del clero dando l'esempio all'intero mondo cattolico. Le istanze del concilio furono difese e amplificate dall'operato di San Carlo e dal successore di suo zio, papa Pio V Ghisleri, che darà concretezza alle decisioni prese a Trento.
Nel 1566 si ritirò a Milano dando anche qui avvio ad una vasta opera di riforma che procurò non poche ostilità del clero. Il suo lavoro procedette dalla scrematura del corpo sacerdotale fino alla riorganizzazione della diocesi: l'iniziativa fu che d'esempio a tutti vescovi cattolici furono i suoi viaggi d'ispezione e pastorali che compì nel territorio milanese. Visitò tutte le parrocchie, controllando la moralità del corpo sacerdotale e quella dei fedeli. La sua fede e il suo servizio erano un pericolo per i corruttori e per chi si era arricchito con la mal gestione della diocesi. Il 26 ottobre 1569 quattro frati dell'Ordine degli Umiliati attentarono alla vita del santo, perché vedevano in pericolo i loro privilegi e questo gesto causò la repentina chiusura dell'ordine.
La cura per i suoi fedeli fu sempre al centro della pastorale di San Carlo, che non indietreggiò neanche di fronte alla peste: nel 1576 l'epidemia colpì Milano e i notabili della città, compreso il governatore spagnolo, fuggirono per evitare il contagio. San Carlo tornò in città e si adoperò per la cura dei malati e per limitare il più possibile il contagio, non si arrese mai e perpetuò le istanze riformatrici del Concilio di Trento viaggiando instancabilmente. Ormai anziano e provato dalle fatiche dei duri anni di vescovado, morì a Milano il 3 novembre 1584.
In tempo di crisi e di eresia, nei giorni di relativismo e di decadenza della Chiesa dobbiamo pregare per la nostra salvezza, invocando la protezione di San Carlo, lui che seppe riformare e ridare vitalità alla Chiesa nonostante i tanti nemici (soprattutto interni!) e i momenti di difficoltà. Nel 1610 venne canonizzato da papa Paolo V.
 

03 novembre 2016

Il senso cristiano della storia di fronte a Lutero, il rivoluzionario (II parte)


di Daniele Barale

Al momento, dopo la I parte, dovrebbero essere più chiari il contesto dentro il quale si muoveva Lutero e quegli aspetti storici profondi che gli permisero di trovare molti seguaci. Quindi, torniamo ai punti fondamentali della sua protesta contro le indulgenze.

Che Papa Giulio II avesse deciso nel 1506 di costruire una nuova chiesa di San Pietro non poteva costituire materia di serio biasimo in quanto la vecchia, eretta nel quarto secolo, era stata allargata e restaurata il più possibile e per cinquant'anni addirittura giudicata come malsicura e pericolosa. Allo scopo di sollecitare i contributi, il Papa promise un'indulgenza e non già, come superficialmente fu affermato, una particolare licenza per commettere peccati, dal momento che una delle condizioni fondamentali fu quella di confessarsi e di accostarsi alla Comunione. La confessione libera l'uomo dal peccato, ma non dalle pene temporali relative al peccato stesso; infatti Dio, come Padre, può perdonare un peccatore ed insistere sulla penitenza che il figlio deve compiere, proprio per ricordargli di non più peccare.

Comunque, poiché Cristo e i Suoi Santi hanno fatto più penitenza di quello che comportassero i loro peccati, esiste nella Chiesa quello che potremmo chiamare un tesoro di meriti. Perciò il Papa, con il potere di legare e di sciogliere risalente a S. Pietro, può esonerare, commutare, condannare e distribuire «indulgenze» per i vivi col mezzo dell'assoluzione e per i morti con quello della raccomandazione a Dio. Ora un tale insegnamento non veniva affatto impartito solo in quel momento allo scopo di vendere ai fedeli una specie di «obbligazioni bancarie», perché Papa Clemente VI aveva già chiarito questo principio dottrinale nel 1343. In Germania purtroppo il vero significato ed il vero scopo delle indulgenze furono spesso dimenticati. Certi chierici, specialmente il monaco Giovanni Teztel, ricorsero ad un vero e proprio mercimonio, ora offrendo indulgenze in cambio di aiuti finanziari. La sensibilità dei tedeschi ne rimase assai colpita e Lutero ebbe via libera. Sebbene questi avesse predicato in modo del tutto ortodosso in materia di indulgenze nel 1516, 500 anni fa, il 31 ottobre 1517, aveva deciso di esporre le sue 95 tesi contro le indulgenze.

Papa Leone X (1513-21), della grande famiglia dei Medici, non rimase affatto scandalizzato da quella protesta in materia di denaro, ma riconobbe subito gli errori dottrinali, da Lutero inseriti, coscientemente o no, nelle denunce; egli era anche disposto a transazioni sul piano della disciplina e della condotta, ma quanto alla dottrina no, perché non sta alla discrezione di questo o quel pontefice apportare modifiche alla tradizione del cattolicesimo, la quale è soprattutto un sacro deposito di verità rivelata da Cristo e dagli Apostoli, che è compito di ogni credente conservare e tramandare esente da errori. Perciò da Roma ci si sforzò di indurre Lutero a più miti consigli. Gli fu chiesto di recarsi a Roma per fornire chiarimenti e gli fu concesso di spiegarsi in Germania, quando l'invito a Roma venne sospettato come una trappola. Al duplice scopo di salvare la reputazione di Lutero e di evitare scandali, i rimproveri di Roma gli furono diretti per due anni in forma quasi privata. Prima i suoi superiori in religione, Volta e Staupitz, furono invitati a correggerlo, poi ci si provarono i rappresentanti del Papa, un ecclesiastico, il cardinale Caetani, ed un laico, Carlo di Miltitz.

Ma Lutero si inorgoglì e ottusamente rifiutò qualsiasi aiuto, e non volle riconoscere gli errori dottrinali nelle sue affermazioni. Può essere che in quel tempo il favore popolare gli fosse montato alla testa, come è pure possibile che la sua forte volontà si ribellasse all'idea di dover ammettere l'inconsistenza o l'imprudenza delle dichiarazioni fatte nella foga dell'indignazione. Una cosa è certa. Dai suoi scritti autobiografici emerge che si staccò dagli insegnamenti cristiani, a causa della sua particolare emotività e della continua ansietà della propria salvezza. Non fu certo una caratteristica fondamentale di Lutero quella di avere una natura prodiga di istigazioni carnali; fu invece una novità l'identificare la tentazione, per forte che sia, con il peccato. In breve, egli cadde nella trappola dello scrupolo. Angustiato per il numero e la durata di queste ribellioni dell'istinto, era giunto all'erronea conclusione che la natura umana è stata cosi profondamente ferita dal peccato originale che la libera volontà dell'uomo è ora completamente incapace di fare il bene.

Tali scrupoli alimentavano la sua critica contro le indulgenze. In questo modo colpiva le opere esteriori, come le elemosine, le penitenze, e soprattutto gli stessi Sacramenti. Perché? Se vengono considerati inutili i Sacramenti, di conseguenza non avrà senso conservare clero, gerarchia, in poche parole una Chiesa esteriore e visibile. E per Lutero (più utopista che realista) tali caratteristiche potevano e dovevano essere abolite, e con gran risparmio, anche di denaro. Al posto di tutto questo andava sostituita la fede secondo lui, vale a dire un'emotiva e cieca confidenza che le buone opere di Cristo, una volta compiute, sono sufficienti per la salvezza dell'umanità. I cristiani debbono credere che Cristo li ha salvati e che, nonostante non abbia cancellato i loro peccati, Cristo li dimentica, ricoprendoli come con un velo. Ora anche a questo proposito va osservato che Lutero respingeva il grande padre della Chiesa verso cui aveva nutrito devozione, Sant'Agostino, giacché aveva detto che Dio «che ti creò senza di te, non ti salverà senza di te» (Sermone 169, 11).

Potrebbe essere che la sua stessa emotività lo convinse, sotto forma di una luce interiore, di essere l'esatto interprete della Scrittura. La Bibbia rappresenta la sola regola della fede, ma cosi come è interpretata da Lutero. Perciò volle prepararne una traduzione tedesca e ne uscì un capolavoro letterario anche se non dottrinale. Dal momento che il suo arbitrario giudizio privato gli permetteva di apportare alterazioni nel testo allo scopo di adattarlo ai propri insegnamenti, egli, tanto per fare un esempio, aggiunse la parola “solo" alla parola fede nell'Epistola di San Paolo ai Romani (3, 20; 4, 15). Insomma, Lutero prese una posizione soggettiva e anarchica, che portava i germi del più profondo disordine religioso morale e sociale.

Le autorità legittime, sia il Papa sia l'imperatore non poterono far finta di niente. Dopo aver consumato invano i propri sforzi per indurlo a mutare opinione, essi si videro costretti a condannarlo. Il Papa Leone X, nel gennaio 1521, pronunziò la sentenza definitiva, seguito dall'imperatore Carlo V nello stesso anno. Lutero venne scomunicato dal Papa e sottoposto al bando imperiale come ribelle contro l'unità dei cristiani. In una cristianità sana e vigilante chi si fosse posto fuori legge come lui sarebbe stato rapidamente assicurato alla giustizia. Purtroppo, il secolo in questione soffriva anche del lassismo e dell'ignoranza generatisi durante il Rinascimento; lo si vedeva bene in Germania, ove una buona parte dei principi tedeschi non conosceva bene il significato della Santità.

Non stupisca se molti di loro, capeggiati dal sovrano di Lutero, Federico di Sassonia, si fecero avanti per proteggerlo; cupidi di beni ecclesiastici, in particolare delle terre, lo difesero dal bando imperiale e lo aiutarono a diffondere le sue idee religiose nei loro territori, mettendo le proprie forze a disposizione dei suoi discepoli e negando protezione agli istituti che desiderassero rimanere cattolici. Si impadronirono subito delle proprietà della Chiesa, ma si mostrarono assai meno solleciti a trasferirle nelle mani dei ministri luterani. A lungo andare costituirono addirittura un'alleanza militare, la Lega di Schmalkald, per proteggere tutte queste proprietà rubate, contro gli sforzi dell'imperatore tesi a far valere i legittimi diritti della Chiesa. Lo stesso Lutero si sentì in dovere di assistere i poveri della Germania maltrattati da quei nobili che si definivano i loro soccorritori e protettori. Egli non volle partecipare alla divisione del bottino delle pingui proprietà ecclesiastiche, ma non riuscì a trattenere o controllare gli altri.

Lutero toglieva alla fede la Chiesa visibile, il Papa, il clero, le indulgenze, le opere esteriori, per 'consegnarla' alla protezione dei prìncipi. Egli ripudiò un'autorità priva di forze militari, solo allo scopo di affidare la società ad un potere secolare che imponesse la propria volontà con mano di ferro. Allo stesso tempo, ammise che, se in passato il Papa era tutto, ora il sovrano tutto dominava. Così nacque il cesaropapismo, ovvero il sovrano civile che sostituisce il Papa. Una forte contraddizione, che attaccava l'inequivocabile distinzione di Cristo: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Mt. 22, 22). Così facendo, Lutero resuscitava il paganesimo, dando potere assoluto al sovrano e preparando la strada alle miserie dello stato totalitario. E non temette di dichiarare: “Un principe può essere cristiano, ma non deve governare da cristiano”. Il che significava bandire la religione dalla vita pubblica. Certamente, egli non aveva previsto tali risultati, però, gli sfuggì tutto di mano, tipico di chi non usa la ragione, giacché troppo emotivo. La sua prima idea fu quella di fondare una chiesa separata, un corpo invisibile di veri credenti. I suoi ministri dovevano essere senza giurisdizione in senso legale, ma dopo i disordini degli Anabattisti, riformatori e suoi seguaci ribelli, e la rilassatezza disciplinare della nuova chiesa, Lutero, convinto che il sovrano civile è il membro principale della chiesa, gli permise di designare sovrintendenti e ministri. Tale scelta segnò la divisione della Germania in campo religioso, come un triste presagio di quella più vasta scissione effettuata nell'intero corpo della cristianità dalla rivoluzione protestante. Scissione che divenne ufficiale dopo la pace di Augsburg (1555). Essa aveva assegnato alle autorità civili il controllo delle chiese nei propri stati in base al principio, famoso quanto assurdo ed intollerante, del Cuius regio, eius religio, così traducibile, la religione di una persona, luterana e cattolica che sia, è determinata dal luogo dove essa vive.

E a proposito di "nuova chiesa separata", occorre ricordare i disastri in campo liturgico. Per i protestanti (guardate, la superbia) si può trattare direttamente con Dio, la liturgia non ha bisogno di intermediari e nemmeno di troppe preghiere: l'esclusione dell'intercessione della Santa Vergine (immacolata ma non troppo, per i protestanti) e dei Santi non manca al rispetto dovuto a Dio, perché alla creatura non si può domandare quello che si dovrebbe domandare a Lui: il culto alla Vergine e ai santi, non fu/non è visto quale dono, aiuto, bensì come idolatria papista. In questo modo, furono espunti dal calendario tutti i nomi di uomini che la Chiesa romana iscrive a fianco del nome di Dio. Non solo ciò, Lutero ha distrutto il sacerdozio, dimostrando di essere stato ispirato da un'eresia antiliturgica. Perché sentiva che dove vi è un altare vi è un sacrificio, e quindi un cerimoniale mistico. Dunque dopo aver abolito la qualità del Sommo Pontefice, bisognava annientare il carattere del vescovo dal quale emana la mistica imposizione delle mani che perpetua la sacra gerarchia. La rivoluzione di Lutero provava a mettere fine al sacerdozio: da quel momento in poi, c'erano solo ministri laici. Solo laici, perché non vi era più liturgia. [Nda: ne riparlerò, meglio, in un prossimo articolo].

Non mancò nemmeno l'abolizione delle scuole cattoliche; con essa si era creduto di liberare il popolo da oppressioni e conformismi, ma in realtà le conseguenze furono le più gravi. Erasmo, deluso del movimento luterano, lamentò che «dove il luteranesimo prevale, là si assiste al tramonto della cultura». E non solo i poveri non vennero aiutati, anzi oppressi dai nobili e dai borghesi, satolli di beni ecclesiastici, ma lo stesso Lutero, spaventato dai disordini degli Anabattisti, che avevan eccitato i contadini sassoni a ribellarsi, si volse contro i contadini nel 1525, invitando le autorità civili ad “abbatterli, massacrarli, colpirli, palesemente o in segreto”. Ma i problemi non finirono qui. Altri disertori si fecero sentire. Melantone, assistente principale di Lutero, si mise in disaccordo con lui; Agricola, un altro collaboratore, esasperò a tal punto il rifiuto del maestro a considerare valide per l'eternità le buone opere, da condannare i Dieci Comandamenti come inutili. Lutero, nella sua qualità di decano del ramo teologico dell'Università di Wittemberg, congedò e scomunicò Agricola per disobbedienza ed eresia. Giustamente fu osservato: “Ma perché allora Lutero non ebbe torto, quando si ribellò al Papa?” Soltanto la realizzazione di un solido fronte unico contro i cattolici assicurò una momentanea ed esteriore unità fra i protestanti. Ma nel giro di una generazione dalla sua morte, il bagaglio originale della dottrina di Lutero era ormai decomposta.

Egli non riuscì a piegare del tutto la Germania e l'Europa alle sue dottrine. Quella che poteva e doveva rimanere una esplosione emotiva contro abusi correggibili aveva finito col distruggere l'unità cristiana e minare ogni autorità morale. Restava soltanto la forza dello stato, uno stato cui fu consentito di diventare così potente da essere una minaccia per tutti gli altri gruppi sociali, la Chiesa, gli organi intermedi - in primis la famiglia: il XX e il XXI secolo docent. Negli ultimi giorni Lutero qualche volta si chiese dubbioso se il suo movimento avesse realmente portato a termine una riforma: “Confesso di essere molto più negligente ora di quello che non lo fossi sotto il papato e di non poter trovare ora, sotto lo Spirito, lo stesso zelo di prima...”. Una volta ridendo si autodefinì il papa luterano; ma il professore e storico Federico Paulsen giustamente osserva che in tal modo si riduceva all'assurdo, in quanto tutto il suo criticismo antipapale si ritorceva contro di lui ed il lavoro di tutta una vita veniva smentito.

Un uomo dall'emotività sovreccitata produsse così non una riforma, ma una rivoluzione. Che non si fermò dopo la sua morte, anzi, continua tutt'oggi attraverso la proliferazione delle sette protestanti, spesso in lotta fra loro. Questo perché l'organismo luterano, una volta separato dalla Chiesa madre di Roma, non riuscì/riesce a rimanere unito. L'unità è ostacolata dal principio di Lutero della interpretazione privata della Bibbia ed il rinnegamento di ogni autorità ecclesiastica, tranne la sua (contraddizione forte).

Molti tra i suoi discepoli cominciarono ad operare cambiamenti ben più radicali di quelli che egli potesse desiderare. Il principale di questi, anche se rimase “luterano” per poco tempo, fu Calvino, che ad un certo punto realizzò una delle dittature più terribili della storia. Lo vedremo in un prossimo articolo.

https://labaionetta.blogspot.it/2016/11/obice-il-senso-cristiano-della-storia.html

 

02 novembre 2016

Il senso cristiano della storia di fronte a Lutero, il rivoluzionario (I parte)


di Daniele Barale

Qualsiasi cosa accadrà dopo Lund, noi del popolo dovremo essere uomini, essere vivi, essere realisti ed essere cristiani. Si tratta di quattro affermazioni di buon cuore e di volontà salda. Utili per non smarrirsi in questo tempo di confusione. Il modo migliore per riuscirvi è quello di fare tesoro della propria tradizione. Noi cattolici siamo chiamati a custodire le nostre radici, attraverso la conoscenza dei secoli passati che la Fede cattolica ha 'attraversato', partendo da Cristo, passando per gli apostoli i santi e giungendo fino ai nostri nonni e ai nostri genitori, che poi l'hanno consegnata a noi. Se risponderemo a questa chiamata, otterremo una sapienza tale da essere una luce nelle tenebre, che ci aiuterà a distinguere il male dal bene, per affrontarlo. E grazie alla Fede in Cristo in Maria e in tutti i Santi, il Signore non farà mancare la Sua Grazia santificante. Aiuterà noi e il Papa a non smarrire la strada giusta.

Il Prosper Guéranger afferma ne Il senso cristiano della storia: “Spetta allo storico cristiano additare ai credenti l'interpretazione corretta, e, nel fare ciò, dovrà scrivere senza concedere nulla ai filosofi, senza venire a patti con i nemici della fede ma dovrà esprimersi con quella intransigenza e quella forza che gli derivano dal fatto di narrare la verità. Gli insegnamenti dell'uomo-Dio rivelano con sovrana chiarezza il criterio di interpretazione che deve usare per giudicare gli avvenimenti, la loro moralità e la loro portata. Il criterio è unico, che si tratti di un uomo o di un popolo. Tutto ciò che esprime, conserva o diffonde l'elemento soprannaturale, è socialmente utile e vantaggioso; tutto ciò che l'ostacola, lo indebolisce e lo annienta, è socialmente funesto. Ciò che rende la visione ancora più solida e serena è la certezza che gli dà la Chiesa, la quale ininterrottamente gli rischiara il cammino come un faro e illumina di divino i suoi giudizi”.

Siccome sono anche studioso di storia, oltre che giornalista, desidero non tirarmi indietro e accettare l'invito del Guéranger, perché è una sfida affascinante. Con una certa cura, cercherò di descrivervi i problemi che le azioni rivoluzionarie di Lutero hanno causato alla Chiesa, rompendo l'unità cristiana in Europa.

Inizio. Martin Lutero (1483-1546) era un frate agostiniano – e Agostino era il suo nome in religione – profondamente e devotamente pio, addirittura scrupoloso nell'osservanza delle regole della comunità religiosa, alla quale apparteneva. Brillante, emotivo, chiuso in se stesso, facilmente portato all'indignazione. Di origini contadine, amava i poveri e si rammaricava di vederli oppressi. Non era avaro e questa caratteristica lo renderà favorito agli occhi di quei governanti civili desiderosi di incamerare i beni ecclesiastici. Non a caso, furono tra coloro che lo seguirono quando presentò il 31 ottobre 1517 le 95 critiche alle Indulgenze. Dopo questa data, Lutero divenne il campione popolare della Germania, che sfidava “la tirannia finanziaria di Roma”, e iniziò a propagandare nuove e pericolose affermazioni dottrinali.

Com'è possibile che un'intera nazione sia stata trascinata dalla polemica di un solo uomo. Sicuramente, l'eloquenza franca, cordiale, bizzarra e, va detto, volgare, dava a Lutero molta popolarità, come l'aiuto che questi riceveva da uomini potenti; e tra i suoi “alleati” bisogna aggiungere anche i chierici ignoranti e i teologi “ribelli”. Però, questi sono semplici epifenomeni, non spiegano tutto. Occorre indagare più in profondità, guardando ai secoli precedenti la stesura delle 95 tesi. In Germania più che altrove vi erano le condizioni favorevoli ad una rivolta. Da quasi tre secoli i tedeschi, laboriosi, frugali ed amanti della libertà, soffrivano di quello che può essere definito il complesso della “persecuzione papale”. Essi credevano di essere derubati del proprio denaro, guadagnato a fatica, allo scopo di finanziare i piani politici o addirittura le stravaganze della corte papale italiana. Già durante il tredicesimo secolo messi papali, inviati a raccogliere fondi per una crociata, erano stati scacciati da Magdeburgo.

Nel secolo seguente l'imperatore tedesco Ludovico il Bavaro (1314-47) aveva osato sfidare i papi per il corso di una generazione, ma, quel che è più grave, aveva sottoscritto la propaganda antipapale del Defensor pacis di Marsilio da Padova. Che definiva il papato come una istituzione puramente umana che aveva usurpato la divina autorità: sia in ordine alle funzioni spirituali sia come corte mondana dedita agli affari temporali, il papato non aveva determinato che «civili discordie e dissensi». Certo, gli insegnamenti di Marsilio, non buoni e pericolosi, vennero rifiutati dalla maggioranza dei suoi contemporanei perfino in Germania, ma è pur vero che non furono dimenticati, bensì ripresi dai nuovi ribelli. Nel corso del XV secolo i governanti civili germanici parteciparono ad un movimento che si proponeva di adottare in parte il programma di Marsilio

Esasperati dal protrarsi del grande Scisma di Occidente (1378-1417), durante il quale rivali italiani e francesi reclamavano il papato, i teologi tedeschi Langestein e Gelnhausen proposero di 'rimodellare' la Chiesa di Cristo su base aristocratica o quasi democratica, a seconda del punto di vista. Il Papa, invece di essere colui che per investitura divina incontestabilmente tiene le chiavi del Regno del Cielo, avrebbe avuto il compito di una specie di primo ministro responsabile di fronte ad un parlamento cristiano, chiamato concilio generale, ovvero un presidente che agisce “per e con il consenso “ di un senato (ndr: non ricordano i tentativi pericolosi odierni di cambiare la Chiesa e la figura del Pontefice?).

Ora un piano del genere potrà essere considerato vantaggioso o meno nel campo politico, ma in ogni caso non poteva venire applicato alla Chiesa, che quattordici secoli di storia indicavano non come una istituzione umana bensì come una società fondata da Dio stesso: la fede cristiana è chiara, e non si sbaglia, Gesù Cristo ha conferito il primato a S. Pietro ed ai suoi successori; non può essere discusso e neppure modificato nei suoi termini. Anche se la proposta di quei teologi fu respinta, non si riuscì a fermarla del tutto. Si diffuse con l'andare del tempo, trovando nei tedeschi, appunto, il sostegno. Al Concilio di Costanza (1414-1418) ritennero di essere stati oppressi dalle altre nazionalità. E un secolo prima di Lutero, nel 1417, diedero vita ad una prima veemente protesta; seguirono poi in anni successivi, nel 1437-47, ne 1460, nel 1478-79, nel 1510-12, ricatti al papato in materia di concessioni finanziarie con la minaccia della convocazione di un concilio generale o nazionale. In tutti questi casi, da come si può evincere, affiorarono gretti motivi di nazionalismo e di egoismo in misura maggiore di quel che si possa credere. Questo egoismo si unì a quello di altre nazioni. Non risposero agli appelli disperati dei Papi, avvantaggiando così i Turchi, che stavano divenendo sempre più una minaccia. Purtroppo i Balcani caddero nelle mani degli invasori, come i due terzi dell'Ungheria.