di Marco Massignan
Il documentato lavoro di Nico Spuntoni, «Vaticano e Russia nell’era Ratzinger», Tau editrice, ricostruisce i rapporti tra Cremlino e Santa Sede da un lato, e tra Chiesa ortodossa russa e Chiesa cattolica dall'altro, negli anni che vedono Joseph Ratzinger protagonista della vita ecclesiale, tra la fine del Novecento e l’inizio del terzo millennio.
La prima parte si sofferma sul periodo in cui il Cardinale Ratzinger è stato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (dal 1981 al 2005), sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, nonché teologo conosciuto e stimato negli ambienti russi. Sono gli anni delle perestrojka di Gorbaciov, culminata con la caduta dell'Unione sovietica; della disastrosa leadership di Eltsin e poi, ancora, di nuovi ripensamenti e attriti tra Santa Sede e Patriarcato di Mosca negli ultimi anni del papato wojtyliano. Alcune pagine del primo capitolo sono dedicate al "filo diretto" tra la profezia di Fatima e la Russia.
La salita di Putin cambia le carte in tavola. Scrive Spuntoni: «l’asse culturale tra cattolici ed ortodossi russi viene interpretato in ottica politica dal Cremlino: effettivamente Putin vi rintraccia l’opportunità per creare una connessione con la Roma cattolica, utile in considerazione dell’autorevolezza di cui essa dispone all’interno della società occidentale».
In Russia, inoltre, si ristabilisce un'alleanza tra trono e altare: sulle fondamenta religiose dell'anima russa e sulla riscoperta dell'identità nazionale. Nota l'autore: «la transizione al comando statale da Eltsin a Putin e quella al vertice ecclesiale da Alessio II a Kirill intensifica notevolmente questa correlazione, evidenziata da una sovrapposizione di posizioni ed interessi sempre più vistosa».
Il secondo capitolo è dedicato al pontificato di Benedetto XVI (2005-2013) e al miglioramento dei rapporti tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa russa. Come scrive nella prefazione mons. A. Mennini, primo nunzio apostolico nella Federazione Russa: «Quando ho lasciato la Russia nel 2010 la percezione della Chiesa cattolica era molto migliorata rispetto al giorno del mio arrivo nel 2003. Nell'instaurazione dell’attuale clima positivo tra il Patriarcato di Mosca e la Chiesa di Roma ha contribuito indubbiamente il pontificato di Benedetto XVI».
Pur ponendosi in continuità con Giovanni Paolo II, Papa Ratzinger è riuscito a sciogliere le tensioni del passato e ad instaurare un nuovo clima di fiducia e stima reciproca: «la nuova disponibilità del Patriarcato e l’effettiva apertura di Ratzinger nei suoi confronti provocano un clima di fraternità che agevola la realizzazione di un significativo avvicinamento tra le due Chiese dal 2005 in poi. I moniti di Benedetto XVI contro il relativismo morale ed in difesa delle radici cristiane d’Europa fanno sì che la Chiesa ortodossa russa rintracci sempre più spesso nella Chiesa cattolica un valido alleato di fronte alle comuni sfide poste dalla modernità».
Questo avvicinamento è ben accolto, se non a tratti sollecitato, dal Cremlino, che «nelle critiche di Benedetto XVI alla globalizzazione e nella storica avversione del Vaticano all'unipolarismo, rintraccia una possibile sponda a sostegno della visione multilaterale delle relazioni internazionali», puntualizza l'autore.
L'eredità di Ratzinger è il tema dell'ultimo capitolo. E arriviamo ai giorni nostri, con lo storico incontro del 2016 nella sala d'attesa dell’aeroporto dell'Avana a Cuba tra papa Francesco e il patriarca Kirill, coronamento di un processo che parte da lontano. Conlude l'autore: «l’analisi condotta sui rapporti russo-vaticani negli anni che vanno dal crollo dell’URSS fino ad oggi, dimostra il contributo decisivo di Joseph Ratzinger alla loro stabilizzazione e al loro sviluppo positivo».

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