di Alessandro Rico
Un giudizio sintetico sulle amministrative: male, malissimo. Male innanzitutto per il centrodestra, che a Roma, dopo la prova penosa della giunta Marino e contro un candidato squallido come Giachetti, riesce nel capolavoro di prendere, tra Meloni e Marchini, il 31% dei voti, senza poter accedere al ballottaggio. Pesa il tonfo di Forza Italia (poco più del 4%) e del suo candidato, pressoché doppiato dalla sfidante Meloni che pure si è attestata a quattro punti percentuali dal PD. Male perché nonostante il consistente arretramento del fronte renziano, il dualismo Berlusconi-Salvini ha riconfermato lo scenario tripolare, con la destra fanalino di coda dietro al Movimento 5 Stelle. Insomma, l’alternativa a Renzi sono i grillini, quelli del baratto, del benecomunismo e della funivia tra Boccea e Casalotti, statalisti fino al midollo e naturalmente pro-unioni gay, pro-adozioni, pro-eutanasia e chi più ne ha ne metta. Peggio: dentro il centrosinistra si afferma come leader anti-renziano il famigerato Giggino Flop, che a Napoli va al ballottaggio ma prende quasi il doppio dei voti dell’avversario di centrodestra. Vince la protesta e fatica la proposta.
Dove la coalizione di destra ha costruito una piattaforma fatta di serietà, rigore e credibilità istituzionale, però, le cose sono andate diversamente: a Milano Parisi è arrivato a un soffio da Sala, un candidato forte, che veniva da EXPO e sul quale per questo Renzi aveva puntato molto. Forza Italia ha ottenuto un lusinghiero 20%, surclassando la Lega che si è fermata all’11%. Se ciò sarà di lezione a livello nazionale è tutto da vedere, visto che da un lato Berlusconi non vuole rinunciare a un moderatismo che sa più di ambiguità e Salvini non sembra rendersi conto che la strategia della radicalizzazione non paga (si veda l’Austria).
Male, malissimo, dal punto di vista di noi cattolici, anche per le liste del Popolo della Famiglia. Alla luce del magro risultato, resta da capire il senso di questa operazione promossa qualche mese fa da Mario Adinolfi. Era un tentativo di pressing sulla CEI, ormai defilata e tentennante sui temi etici? O si trattava solo di una imprudente smania di protagonismo del direttore di La Croce? Fatto sta che a Roma, dove si presentava il suo leader, il PdF è allo 0,6% (per intenderci, meno di Casapound); a Milano ha preso meno voti dei Radicali; a Bologna, la città più difficile e dove Sentinelle in Piedi, Manif e altre associazioni hanno più volte subito persino aggressioni fisiche, il risultato di Mirko De Carli è stato migliore – ma sempre poco più dell’1% e al di sotto persino del Partito Comunista dei Lavoratori. Con questi numeri Adinolfi e soci si sono consegnati a un peraltro prevedibile fallimento, finendo con lo screditare pure l’enorme lavoro fatto dai comitati in difesa della famiglia e culminato nel successo indiscutibile dei Family Day di giugno 2015 e dello scorso gennaio. L’errore strategico è stato a nostro avviso mostruoso; ma pur non lesinando critiche ai nostri amici, che con noi combattono per la buona battaglia, continuiamo a sostenere quelle iniziative, da La Croce ai movimenti attivi nella cosiddetta società civile, che soli possono sperare di influenzare i pochi partiti che difendono valori non negoziabili.
Per chiudere, qualche nota retroscenista. Innanzitutto, non è detto che il risultato di Roma finisca col penalizzare il governo. Al Movimento 5 Stelle sta succedendo quello che proprio i grillini temevano: si concretizza la possibilità di guidare una città grande e importante, con ciò che ne consegue sul piano delle responsabilità amministrative e politiche. Visti i clamorosi fallimenti nelle realtà provinciali, da Parma a Livorno a Quarto, dove l’avventura grillina si è ridotta a epurazioni interne e inchieste giudiziarie, l’eventuale giunta Raggi partirebbe con pessime premesse. È il rischio che corre un’Italia disperata e disillusa, che si affida a guitti dilettanti, un rischio sul quale Renzi potrebbe giocare in vista delle elezioni politiche del 2018, presentandosi come l’unico leader capace di governare. Ci sarebbe poi da farsi due domande sul comportamento di Berlusconi, evidentemente stretto tra i falchi alla Brunetta e la tentazione verdiniana di inaugurare un consociativismo a trazione renziana. In ballo l’ex Cavaliere ha ancora parecchi affari e il destino delle sue varie aziende, squadra di calcio inclusa, che non vivono certo un momento roseo. L’impegno che ha profuso nel rovinare la partita romana potrebbe significare qualcosa di più che semplice miopia politica: favorire Giachetti e quindi Renzi nella prospettiva di lungo termine cui si accennava sopra. Tenendo presente che a quel punto qualsiasi scenario potrebbe avvantaggiare Berlusconi: un plateale fallimento dei grillini potrebbe riconsegnare al centrodestra il ruolo di alternativa a Renzi, mentre in caso di débâcle del PD il Cavaliere tornerebbe a far leva sull’ala intransigente di Forza Italia. In tutto ciò, ovunque avanza un fronte laicista che minaccia di realizzare l’agenda dirittocivilista a livello dei Comuni, proprio dove il cambiamento sarebbe più pervasivo e con il pieno sostegno delle leggi nazionali e della magistratura. Male, malissimo. Pubblicato il 06 giugno 2016
0 commenti :
Posta un commento