Il 30 maggio si è tenuto ad Ancona un
incontro con il cardinale Carlo Caffarra, per la prima volta giunto
nella città dorica; tale incontro è stato organizzato
dall’Associazione Culturale Oriente Occidente, ed è la terza di
una serie di sette conferenze. Degli incontri precedenti ci siamo già
occupati (qui
il primo incontro, qui
il secondo), e ci occuperemo anche dei prossimi.
Il tema sul quale ha parlato il
cardinale emerito di Bologna è il più grande e drammatico
avvenimento che possa capitare ad una persona: l’incontro della
persona umana con la misericordia divina, e la susseguente
giustificazione dell’uomo (ossia cosa lo rende giusto). Tale
riflessione è stata articolata in 3 momenti, il primo dei quali è
iniziato citando sant’Ambrogio nel suo commento ai 6 giorni della
Creazione, nel quale si nota come Dio trovò il suo riposo dopo aver
plasmato l’uomo, non dopo aver creato il Cielo e la terra. Il
Creatore aveva uno scopo nell’atto di creare, ossia manifestare le
sue perfezioni nelle creature. Una di queste perfezioni è la
misericordia, attributo unicamente divino, e creando l’uomo è
venuto all’essere qualcuno su cui esercitare la misericordia. Il
peccato, che è un male, consente a Dio di manifestarsi come colui
che perdona, essendo il perdono parte del progetto creativo del
Padre. La misericordia divina è la chiave interpretativa delle
vicende umane: noi vediamo solo la superficie della storia, nello
stesso modo con cui vediamo la superficie del mare, spesso
increspata. Al fondo della storia vi è l’incontro tra il male
morale (ossia il peccato) che corrode le strutture fondamentali della
vita – quali il matrimonio, la famiglia, l’economia, lo stato –
e la misericordia di Dio che offre il perdono. Tutti hanno peccato,
ma sono giustificati gratis dalla Redenzione operata da Cristo,
sempre presente nel mondo. Questa e non altra è la chiave di volta
dell’arco della Creazione, senza la quale il peso del dramma della
storia umana diverrebbe insopportabile e schiacciante; non solo
riguardo le tirannie del passato, ma anche nelle presenti opere tese
a sradicare la libertà umana dalla verità sull’uomo, finendo così
sotto la tirannia di una libertà impazzita e capricciosa. Quale è
l’esito finale di tale incontro? Non ci è ancora noto, ma va
tenuto per certo che la misericordia è la proprietà che più di
ogni altra deve essere attribuita a Dio.
Il secondo momento dell’incontro si è
concentrato sul momento più grande della misericordia, ossia il
perdono del peccatore e la sua giustificazione. Tale atto divino è
più grande della stessa Creazione, poiché quest’ultima è
transitoria e mutevole, mentre il perdono introduce l’uomo a
partecipare della vita stessa di Dio. Tale atto è compibile solo da
Dio, e non ha altro scopo che rendere il peccatore, ormai
giustificato, partecipe della stessa vita divina, formando così una
nuova alleanza tra Dio e l’uomo. Vi sono quindi due attori, uno di
fronte all’altro, l’uomo di fronte alla divinità come soggetto
veramente libero nei suoi confronti. Questo è il cristianesimo. La
persona umana si trova nelle deformità del peccato, fuori della
Grazia divina, e tale operazione deiforme di perdono implica il
consenso libero della persona, il quale necessita della decisione di
abbandonare il peccato e del consenso all’offerta di Dio. Tale atto
supremo è chiamato conversione. Di tali esempi abbonda la Scrittura,
come nell’episodio di Zaccheo, nel quale Cristo conduce quel
pubblicano alla giustizia conformemente alla natura umana, cioè con
libertà; infonde così la Grazia che muove la libertà ad accettare
il perdono.
Nel terzo momento dell’incontro si è
evidenziato che esistono due modi erronei di narrare l’evento
misericordioso: in primo luogo, vi può essere l’annuncio della
misericordia di Dio senza l’invito alla conversione; oppure vi può
all’opposto essere l’esortazione alla conversione senza
l’annuncio di misericordia. Il primo modo di annunciare, rischio
che corre la Chiesa attuale, ha conseguenze devastanti sull’immagine
di Dio e della persona umana, perché si perde il concetto di
conversione, e quindi la libertà umana ne risulta del tutto svilita,
e Dio diventa un idolo senza giustizia o santità, perché si
negherebbe il fatto che l’uomo è in condizione di peccato. Si
censurerebbero così il giudizio e la santità di Dio. Il secondo
modo è invece errato perché ridurrebbe il cristianesimo ad una
proposta etica, ad un codice morale, non più quindi un evento di
misericordia che può cambiare la vita. È un errore che riduce la
Grazia ad una legge. L’uomo era come caduto nel gorgo del peccato,
e Dio non lo ha salvato insegnandogli a nuotare (cioè comunicandogli
un codice morale perfetto, una legge), ma buttandosi in acqua e
trascinandolo fuori. All’uomo è richiesto di lasciarsi
abbracciare, di convertirsi e di non peccare più. Si deve evitare di
corrompere la proposta cristiana formandosi una idea falsata di Dio;
e il proprio concetto di Dio è ciò che porta al culto o lo
preclude. Il primo atto di culto è l’obbedienza dell’intelligenza,
la quale si forma una immagine adeguata di Dio. Se dunque il primo
errore distrugge il concetto stesso di peccato e di conversione e
l’impegno morale necessario per non commettere più il male, il
secondo allontana da Dio perché ne dà una immagine falsata, come di
un moralista.
Nel quarto ed ultimo punto si è
parlato di quali condizioni spirituali custodiscono misericordia e
conversione: la prima è certamente custodire la propria coscienza
morale in intima purezza, ossia nel rimandare ad un rapporto con
Altro, e non abbruttirsi chiudendola in sé stessa. Se questo secondo
modo d’essere è più facile, è comunque il lasciapassare per le
tirannie di tutte le epoche. La seconda condizione è di avere
un’intima esperienza di libertà di fronte a Dio, in quanto la
libertà è maggiore quanto più grande ne è il referente. Se il
nostro referente è un bene creato, abbiamo una libertà finita; in
realtà ci siamo fatti schiavi di un idolo. Se non si è sperimentato
lo stare davanti a Dio, la misericordia è vuota parola. Per ultimo,
occorre avere presente il fatto che il peccato è il male massimo che
si possa compiere. Questi tre vissuti esistenziali, ormai assenti dal
pensiero comune dell’occidente, erano un sostrato comune a tutte le
civiltà precristiane.
Concludo con una riflessione personale:
solo una civiltà anti cristiana e post cristiana può azzardarsi a
sradicare queste 3 dimensioni esistenziali, ma così la libertà
dell’uomo finisce e inizia il potere totalitario sulle coscienze.
Solo il cristianesimo può quindi salvare l’uomo, perdonandolo per
come è e al contempo liberandolo dai suoi errori che ha accumulato
nel corso dei secoli. Solo così possiamo avere un futuro.
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