
Il progetto sotteso a questa recentissima pubblicazione,
afferma Costanza, era quello di rivolgersi direttamente all’altra metà del
cielo, agli uomini; salvo poi accorgersi che la capacità di parlare agli uomini
lei non la possiede: “E’ così, purtroppo,
e non ci posso fare niente. Ci ho provato, ma niente. Intendo, a parlare
davvero, cioè a scambiare profondi pensieri che giungano alla mente dell’altro
e richiedano e provochino risposte” (op.
cit., p. 7).
Qual è la soluzione, quindi? Semplice: bando alle parole e
spazio ai fatti.
Come punto di partenza, occorre che le donne scelgano la
sottomissione, “[…] cioè decidere
liberamente e consapevolmente di mettersi sotto, come le fondamenta di cemento
armato che reggono la famiglia, con la capacità solo femminile di smussare gli
angoli, di mettersi in relazione, di essere per, di accogliere, di mediare, di
incoraggiare ed educare, cioè tirare fuori il meglio da tutti” (op. cit., p. 12).
Secondo tale ottica, le donne hanno il delicatissimo compito
di aiutare gli uomini a realizzare la loro vocazione più profonda, ovvero
quella di essere guide virili ed autorevoli (non autoritarie, cosa totalmente
differente). Una funzione, questa, che nella nostra società è andata
progressivamente perdendosi: oggigiorno gli uomini sono spesso disorientati,
incapaci di prendere delle decisioni, di prendere in mano con sicurezza le
soluzioni più delicate... Però, in una famiglia il padre dovrebbe essere “[…] la regola, la legge, ma anche la scoperta,
la ricerca, la conoscenza. […] Sono i padri che tagliano il cordone ombelicale
con la mamma, anzi, devono salvare i figli dall’abbraccio soffocante e a volte
mortale con lei, che è programmata per intuire e soddisfare tutti i loro
bisogni” (op. cit., pp.
142-3).
Uomo e donna, quindi, sono sì profondamente differenti, ma
sono ugualmente essenziali per costruire e mantenere sane la coppia e la
famiglia. Ognuno ha la propria personalità, i propri compiti e le proprie
peculiarità (se una donna riesce ad impostare la cena, parlare al cellulare,
separare due figli litiganti e leggere la ricetta della torta di mele
contemporaneamente, non si può pretendere che anche gli uomini facciano lo
stesso; così come non si può chiedere ad una donna di orientarsi in un mezzo a
mille strade e viuzze senza che abbia precedentemente lasciato tracce di pane
lungo il percorso).
E’ necessario quindi accettare con serenità il dato di
realtà della natura profondamente diversa dei due sessi e porre finalmente fine
agli sproloqui circa la “parità nella coppia”: la parità non esiste, punto. E’
infatti chiaro che spetta alla donna spendersi maggiormente nella cura dei
figli e della casa: perché le riesce meglio – e più facilmente – e perché la
vocazione propria della natura femminile è proprio quella di donarsi agli
altri. Altresì, gli uomini non devono essere costretti a fare i “mammi” e
domestici full time: il compito che è
loro richiesto (ed è già piuttosto gravoso) è quello di essere una presenza
solida, capace di dettare le regole e di rimettere in riga i figli che
sgarrano. E di essere, all’interno famiglia, una finestra aperta sul mondo: un
mondo che è ricco di bellezza, ma che ha insite in sé anche indubbie problematiche
e difficoltà.
Un ultimo appunto, forse il più importante: se non si mette
Cristo al centro della propria vita e a suggello del proprio matrimonio, crolla
il palco. Solo se si è certi della Sua presenza e del Suo sguardo
misericordioso sulla nostra vita, infatti, è possibile amare e donarsi senza
riserve, è possibile andare oltre il giudizio immediato, è possibile vivere con
gioia anche nelle difficoltà ed, infine, è possibile vivere anche la sfera
sessuale nel rispetto di sé e dell’altro.
Pubblicato il 26 settembre 2012
Se l'autrice di questo post e quella del libro si guardassero un po' più intorno, troverebbero sia uomini che non sanno leggere una cartina che donne che sono piloti da guerra (nonchè incapaci di cucinare un uovo à la coque). E maschi che non chiedono altro che passare tempo a occuparsi dei propri figli. Alcuni non hanno nemmeno avuto scelta, hanno dovuto crescerli per forza visto che una madre non c'era più; e nella maggioranza dei casi non se la sono cavata così male, anche senza progesterone in circolo nel loro sangue.
RispondiEliminaPer fortuna (e grazie a Dio, mi verrebbe da dire), il bello dell'essere umani è avere una volontà in grado di superare le inclinazioni biologiche - che pure esistono - e i ruoli che la cultura e le circostanze hanno fatto discendere da esse.
Se poi, nella loro libertà, molte donne si rendono conto che quei ruoli in fondo gli piacciono, e starsene a casa a badare ai figli E' la strada per la propria realizzazione, lo facciano; saremo felici per loro se ci riescono, sarà nostro dovere non impedirgli di perseguire questo obiettivo. Altre vorranno essere capitani d'industria o ispettrici di polizia. L'unica cosa importante è che sia una loro libera scelta.