di Isacco Tacconi
Pare
proprio che l’osteggiata pellicola “Bella” sia finalmente entrata a far parte
delle programmazioni RAI. Il film prodotto nel 2006 dalla casa cinematografica
messicana “Metanoia”(che significa “conversione”), è un autentico gioiello sia
dal punto di vista della semplice considerazione tecnica (fotografia,
sceneggiatura, realizzazione ecc…) ma anche e soprattutto dal punto di vista
contenutistico.
La
storia narra il dramma di un giovane, astro nascente del calcio, con un futuro
ricco di aspettative in seguito ad un contratto con un importante club, che per
una distrazione al volante in un momento di euforia, investe ed uccide una
bimba. Il giovane calciatore, l’attore messicano Eduardo Verasteguì, che oltre
ad essere protagonista è anche coproduttore del film, segnato dalla terribile
esperienza, fugge il suo passato, tormentato dal rimorso, in cerca del perdono
e della redenzione che troverà nell’opportunità offertagli di salvare una vita
innocente.
Il
film lungi dall’essere un polpettone catechetico, risulta essere un realistico
ritratto del dramma della sofferenza umana. La storia infatti, che è ispirata a
fatti realmente accaduti, tocca il cuore degli spettatori che in qualche modo
vengono interrogati sul senso della propria vita, sulla sua fragilità e al
contempo della sua preziosità che la rende unica e irripetibile, nonostante le
sofferenze che sferzano l’esistenza di ogni essere umano. Bellissima e di una
profondità sfuggente, la frase inquadrata in un fotogramma del film, che un
cieco mendicante lungo le strade di New York espone su un pezzo di cartone :
“Dio mi ha chiuso gli occhi, ora ci vedo”. Questa dichiarazione rivela la
fiduciosa accettazione del male fisico inquadrato nell’ottica della provvidenza
divina, che tutto dispone per il bene. Ma anche la limitatezza della
comprensione umana che non vede al di là del proprio naso, al di là
dell’immediatezza degli eventi, incapace di scrutare il futuro, se non
attraverso uno sguardo soprannaturale che soltanto la fede può offrire.
Altra
cosa interessante e, a parer mio di gran merito, che contribuisce a dar valore
al film, è la totale assenza di qualsiasi riferimento religioso, a parte il
sopracitato, che lo pone al di sopra di ogni sospetto. Nonostante Eduardo
Verasteguì in seguito ad una forte conversione sia diventato un cattolico
osservante e prodigo nel campo dell’apostolato grazie appunto a questa nuova
casa cinematografica da lui fondata la “Metanoia”, non ha voluto inserire nella
pellicola espliciti rimandi alla fede. Ha infatti preferito lavorare su un
piano se vogliamo più sottile e a mio avviso più complicato, che è quello della
riflessione interiore, cercando di suscitare le domande nello spettatore, e
suggerendo quasi come un sussurro all’orecchio, la risposta. In maniera molto
delicata, entrando in punta di piedi nel cuore dell’uomo, si può far breccia
anche negli spiriti più induriti. Infine la freschezza e la limpidezza che
questo piccolo capolavoro lascia negli occhi di chi lo guarda, sopperisce a
quei seppur brevi momenti in cui il film sembra perder lena e coinvolgimento.
Una
vera celebrazione dell’amore, del Vero amore, quello che non appassisce neanche
nella vecchiaia, quando invece la bellezza esteriore avvizzisce. Una
celebrazione della famiglia, dell’amicizia, una festa di colori e di immagini
edificanti alle quali siamo sempre meno abituati, e che per questo danno luce
agli occhi. Un dipinto di emozioni semplici e spontanee, ma anche di temi così
intimi e profondamente radicati nell’animo umano che nella sua produzione e il
suo sviluppo, ha affermato Verasteguì :“ha cambiato la vita di molte persone,
inclusa la mia”.
Avulso
da ogni moralismo, il film non pretende porsi come da molti è stato definito un
manifesto “anti-abortista”, di questo il team della produzione e il regista,
molto astutamente, non hanno mai parlato. Evidentemente prevedevano le
difficoltà che una tale pellicola avrebbe incontrato nella distribuzione e
proiezione, dinanzi al veto delle lobby abortiste, e ad attestarlo è il
semplice fatto che nonostante il cast e la bravura degli attori questo film sia
sbarcato in Italia soltanto sei anni dopo la sua uscita, e solo sul piccolo
schermo! Qualcuno di voi lo ha visto al cinema? E questo pare essere lo stesso
burrascoso destino dell’altra pellicola, sempre targata “Metanoia”, intitolata
“Cristiada”, ancora in cerca di un distributore europeo, la quale racconta il
massacro dei messicani cattolici negli anni trenta del '900 da parte del governo
massonico messicano sostenuto e foraggiato dagli Stati Uniti. Non esattamente
ciò che definiamo un film politically
correct.
Perciò
aspettando l’uscita di quest’altro film, che si preannuncia piuttosto succoso,
godiamoci a casa in famiglia quest’altra “Bella” pellicola, su RAI Premium domenica 26 agosto alle 13.25 e sabato 15 settembre alle 15.45. Nella quale
indubbiamente viene toccata la tematica della tutela della vita nel ventre
materno, ma l’immagine riprodotta è ben più ampia, e le sfumature che ne
derivano mettono in evidenza il cuore pulsante del film: l’Amore, in tutte le
sue forme. Perciò in definitiva si potrebbe definire “Bella” come una
celebrazione della Vita e quindi dell’Amore, che, auspica il produttore, “possa
lasciare coloro che lo guardano con un senso di gratitudine” per tutto quello
che hanno ricevuto, in primis la vita
stessa, e in essa tutto il patrimonio di esperienze nel bene e nel male.

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