Con questo articolo inizia la sua collaborazione con noi Mario Padovano, nato
il 20/08 (giorno di S. Bernardo di Chiaravalle) del 1983 a Benevento, laureando in
Lettere e filosofia a Napoli (Federico II) con una tesi su Cornelio Fabro.
Realista, studioso di San Tommaso d'Aquino e discepolo di mons. Antonio Livi e
don Massiliano Del Grosso, collabora come Co-redattore del SEFT (www.formazioneteologica.it/).
Il sociologismo, il culturalismo e tutte
quelle correnti di pensiero che fanno del cristianesimo in se stesso ora un
semplice messaggio di giustizia sociale ora una radice culturale di chissà
quale continente o paese hanno tutte per denominatore comune il richiamo, per
loro fondante, al principio d’immanenza per cui in generale l’annuncio stesso
di Cristo è visto e talora vissuto come un prodotto dell’uomo che nelle sue pur
finite potenzialità pretende di riporre la stessa speranza di salvezza.
E se le
eresie dei primi secoli si muovevano spinte dagli influssi del neo-platonismo
pagano e da elementi giudaizzanti, non si può nascondere la derivazione
necessaria delle ricadute moderne in quegli stessi errori dai presupposti di
fondo di un antropocentrismo intrinsecamente ateo in cui, ammesso o non ammesso
Dio esplicitamente, ciò nondimeno è l’uomo il fine di tutto finanche dell’Onnipotente. Proprio come se Dio non potesse esistere senza il mondo e in particolar modo
senza l’uomo, idealisticamente inteso come quell’essere che solo perché
razionale si fa contraddittoriamente fondamento ontologico di sé stesso e che
«originariamente, ossia senza la sua attività, è assolutamente nulla: deve
farsi da sé con la sua attività ciò che deve diventare»[1],
per cui «…se l’essenza divina non fosse l’essenza dell’uomo e della natura,
allora sarebbe certamente un’essenza che non sarebbe nulla…»[2].
Un criptoateismo[3], dunque,
dove pur non volendo forse all’inizio antropomorfizzare Dio si è cercato di
divinizzare l’uomo al punto da fare alla fine di Dio stesso proprio «un idolo
da loro scolpito» (Is 45,20), completamente soggetto alla contingenza, alla
finitezza. E specialmente per quel che riguarda l’hegelismo e i suoi derivati
teologici, «in questa immanenza, ormai è chiaro, se dal punto di vista formale
il finito è nell’Infinito dal punto di vista reale è l’Infinito che è e circola
e si attua nel finito …e l’Uno non si manifesta che nei e mediante i molti»[4].
Pertanto «la natura, la storia, l’umanità non sarebbero altro che i momenti
decisivi della manifestazione dell’Assoluto nella coscienza di sé»[5]in
cui addirittura è alla medesima autocoscienza umana per se stessa e non a Cristo
Gesù vero Dio e vero Uomo a cui si assegna profanamente “il disegno di
ricapitolare in sé tutte le cose”, dove «nella forma dell’Io penso è nello stesso tempo il mondo e Dio, il fenomeno e il
noumeno, il soggetto e l’oggetto»[6].
È da questo criptoateismo, da questo ateismo virtuale del principio d’immanenza,
per dirla ancora con Fabro, e dalla conseguente
filosofia religiosa, che si sviluppano quelle rivisitazioni del cristianesimo
che fanno di Gesù un semplice profeta o addirittura uno pseudo-mistico d’Oriente
con un rapporto certo particolare con Dio ma che non va al di là di una inabitazione della virtù divina in Gesù
come in un tempio, al modo di un contatto morale inteso in senso adozionista
come συναφϑείς τη σοφία ossia “congiunto con la sapienza”.
E non poteva essere
altrimenti in un sistema come quello razionalistico e idealistico dove non c’è
spazio per una rivelazione trascendente in quanto nulla può essere in essa tale
e tutto immanentisticamente si rivela nella compiutezza stessa dell’autocoscienza
umana e ad essa appartiene, per cui Gesù Cristo stesso non può non essere, in
questa corrente di pensiero, che un individuo umano tra i tanti, seppur con una
sua privilegiata quanto limitata esperienza del divino. Si veda già quanto
afferma l’olandese Hulsbosch, sedotto da Teilhard de Chardin che nega
manifestamente per diretta applicazione del principio d’immanenza la divinità
di Nostro Signore, il quale attingerebbe, per lui, il divino non essendo altro
che una semplice manifestazione di Dio che sintetizzerebbe soltanto quella
comune di tutte le altre creature al loro modo finito e limitato. Ecco ad
esempio come si esprime: «Come uomo visibile Cristo è l’immagine di Dio
invisibile. Posso chiamare Cristo creatura e allora dico che Egli è uomo; posso
chiamare Cristo rivelazione di Dio e allora dico che è Dio»[7].
Proprio come la manifestazione dello Spirito Assoluto in Hegel, «con un doppio
movimento [nientificante!], quello di “svolgere” Dio dall’interno dell’immanenza
della coscienza umana e quello di elevare o collocare la medesima coscienza
umana all’interno della manifestazione di Dio»[8].
Gesù pertanto non farebbe altro che inserirsi, come afferma anche l’altro teologo
novello Schillebeeckx, col suo essere uomo quasi cosmico, culminante
manifestazione di Dio nella creazione universale e semplicemente a livello di
questa. Manifesto è così il ripudio della stessa formola calcedoniense Una Persona in due nature e la ricaduta
in un indifendibile nestorianesimo, con la compromissione della vera Divinità
di Cristo.[9]
[1] J.G. Fichte, Werke, ed. Meiner, Leipzig 1908-1912, vol.II, p. 444
[2] G.W.F. Hegel, Philosophie der Weltgeschichte, Einleitung; ed. Lasson, I,
p.38
[3]
Cfr. C. Fabro, La risoluzione atea dell’idealismo,
in Introduzione all’ateismo moderno,
Ed. Studium, Roma 1964, p.535
[4]
C. Fabro, Principio moderno d’immanenza o
di appartenenza e principio tomistico di trascendenza o di causalità, in
idem Introduzione all’ateismo moderno, p.
970
[5]
R. Pettenuzzo, L’Io di Gesù, Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2008, Parte I, p.20
[6]
Ibid.
[7] A. Hulsbosch, Jezus Christus, gekend als mens al Zoon God, in Tijdshrift voor Theologie 6 (1966),pp.
250 ss.
[8]
C.Fabro, Risoluzione dell’Idealismo,
in Introduzione all’ateismo moderno, Edizioni
Studium, Roma 1964, p.545
[9]
Cfr. E. Schillebeeckx, Gesù. La storia di
un vivente, trad. it., Editrice Queriniana, Brescia 1976

Si vabbè, ma gli iota sottoscritti?
RispondiElimina(scusate il commento da normalista perfido).
E poi non condivido né punto né poco. La critica a Schillebeeckx - legittima, intendiamoci - andrebbe argomentata meglio, mostrando passi inequivoci.
RispondiEliminaargomentando come fa Padovani, il discorso non è affatto chiaro, se mi è lecito.
Padovano, pardon.
RispondiEliminaPer chi volesse approfondire, http://www.formazioneteologica.it/antropocentrismo-cristologico-filosofia-religiosa-immanentistica-385.html
RispondiEliminaSono d'accordo, anche se guardo con preoccupazione soprattutto a certe interpretazioni del cristianesimo che anche senza sconfinare nella teologia della liberazione, trasformano l'escatologia in un messianismo politico.
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