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La genealogia umana di Gesù ci viene presentata soltanto a conclusione del terzo capitolo [di Luca] e anch’essa ha un’impostazione diversa rispetto a quella di Matteo. Intanto vediamo che essa torna indietro nelle generazioni, cioè inizia con Gesù, che “come si credeva” era figlio di Giuseppe, per poi tornare a Davide e da Davide ad Abramo. Inoltre Luca aggiunge le generazioni da Abramo ad Adamo, il primo uomo, presentato come “figlio di Dio”. Comprendiamo subito che l’Evangelista ci dice che questa genealogia parte da Dio (Gesù, il Messia, riconosciuto da Dio Padre come Figlio) a Dio, il Padre Celeste che creò l’uomo, Adamo, “a Sua immagine e somiglianza” e per questo Suo figlio. È il compimento della Promessa.
Mentre San Matteo precisa che l’umanità di Gesù è data dalla figliolanza in Maria e Giuseppe ha il compito di dare legittimità legale, San Luca apparentemente scrive che Gesù è figlio di Giuseppe. Dico apparentemente perché sarebbe così soltanto se non dessimo valore all’espressione “come si credeva”. Infatti, a mio parere con questa espressione l’Evangelista vuole dirci che era il popolo a credere che Gesù fosse figlio di Giuseppe il falegname, ma in realtà Egli è figlio di Dio. Questa dualità paterna Luca ce la presenta già al capitolo 2, quando al versetto 49 Egli risponde alla madre: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. E al capitolo 4, al versetto 22, dopo che Gesù si è riconosciuto Messia interpretando su di sé la profezia di Isaia (Is 61), è scritto: “Non è il figlio di Giuseppe?”.
La genealogia di Luca è più ampia rispetto a quella di Matteo: egli ci presenta da Adamo a Gesù 77 generazioni. È ancora la gematria protagonista, segno della santità di tale genealogia, santità data anche dal centralismo del numero 7, il qual è sinonimo di pienezza, quindi del compimento della Promessa messianica. Ma sette sono anche i bracci della menorah, come sette sono i giorni della settimana, come sette sono gli Arcangeli, come sette sono i doni dello Spirito Santo, come sette sono le fiaccole che ardono davanti al trono di Dio (Ap 4,5). Il 7 quindi è un numero che indica la santità e che fa riferimento a Dio e rimanda alle profezie messianiche, prima fra tutte quella delle “Settanta Settimane” del profeta Daniele.
Detto ciò, possiamo pure ritenere che la genealogia scritta da Luca sia molto più precisa e completa rispetto a quella di Matteo, data la consueta precisione che l’Evangelista usa in tutto il suo Vangelo.
Nel primo capitolo, San Luca indica la classe sacerdotale di appartenenza di Zaccaria e ci dice che questi ebbe la visione dell’Angelo quando “secondo l'usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l'offerta dell'incenso” (Lc 1,9), come a volerci indirettamente indicare il mese e il giorno di tale avvenimento. Nel secondo capitolo, nel raccontare della nascita di Gesù, egli inizia indicando la situazione politica: si è al tempo di Cesare Augusto, quando l’Imperatore indisse il censimento degli abitanti dell’Impero e quando Quirinio era governatore della Siria. Al terzo capitolo, L’Evangelista ci dice che la predicazione di Giovanni iniziò “nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa” (Lc 3,1-2).
A differenza di Matteo, Luca non nomina i re di Giuda. Infatti, come figlio di Davide egli indica Natàn e non Salomone. È la stirpe di Natan, fratello di Salomone, che interessa all’Evangelista Luca.
Prima di Davide le due genealogie sono pressoché identiche, al netto di alcuni nomi scritti in maniera probabilmente diversa (Salmòn e Sala sono la stessa persona?) e alcuni nomi mancanti in Matteo (come figlio di Esrom, Matteo indica Aram, mentre Luca indica Arni e aggiunge un altro nome, Admin, prima della generazione di Aminadàb). Dopo Davide, come abbiamo detto, le genealogie si dividono: San Matteo continua con la stirpe di Salomone e dei Re di Giuda, mentre San Luca prosegue con la stirpe di Natan, fino a Salatiel e Zorobabele, dopo l’esilio babilonese, che sono citati da entrambi gli Evangelisti. Ma anche qui c’è una differenza sostanziale: Matteo indica Salatiel come figlio di Ieconia, il re destituito ed esiliato, mentre Luca dice che è figlio di Neri, quindi della stirpe di Natan. Dopo Zorobabele, però, le due genealogie tornano a divergere nei nomi fino a Giuseppe.
Proprio in San Giuseppe si rileva un’altra divergenza: Matteo lo indica come figlio di Giacobbe, mentre Luca come figlio di Eli. La Tradizione cristiana ormai ritiene che la genealogia di Matteo indichi gli antenati di San Giuseppe, mentre quella di Luca indichi invece quella di Maria Vergine, Gloria della stirpe di Davide, quindi anch’Ella discendente del re Davide. Secondo la Tradizione, se Giuseppe legittima l’ascendenza regale di Gesù, Maria la legittima secondo la carne, passando dal ramo cadetto di Natan.
Ma perché in Luca Giuseppe viene indicato come figlio di Eli e non di Giacobbe? Se quella di Luca è la genealogia di Maria, Eli non dovrebbe essere il padre di Maria? Chi è allora questo Eli?
Eli è semplicemente San Giacchino. Eli infatti è il diminutivo del nome Eliachim, o Eliachin, un nome molto comune nell’onomastica ebraica, oltre che nella stessa genealogia scritta da Luca: troviamo infatti un Eliacim come padre di Ionam e figlio di Meléa, tra i discendenti di Natan. Un altro Elìacim è indicato invece da Matteo come figlio di Abiùd, a sua volta figlio di Zorobabele. Ma Ioiachin è anche il nome ebraico di Ieconia, re di Giuda, che Matteo indica come figlio di Giosia, ma che in realtà è figlio di Ioiakim, diciannovesimo re, che per volontà del faraone Necao cambiò nome dopo essere salito al trono. Prima il suo nome era Eliakim (2Re 23,34). Il nome di Gioacchino ha una sua tradizione e diffusione quindi anche tra i discendenti di Davide e tra la stirpe reale.
Un’ulteriore conferma del fatto che l’Eli nominato da Luca sia in realtà San Giacchino, ci viene da quanto ci dice la mistica Beata Anna Katherina Emmerick. Nelle sue visioni, la monaca di Dulmen cita una donna chiamata Maria Heli, o Maria di Heli. Secondo Anna Katherina, questa donna sarebbe la sorella maggiore della Vergine Maria. Maria di Heli era la moglie di Cleofa, e loro figlia era Maria di Cleofa. Quest’ultima fu sposata in prime nozze con Alfeo, da cui nacquero gli Apostoli Simone detto Zelota, Giacomo il Minore e Giuda Taddeo. Da un secondo matrimonio con Saba, nacque Giuseppe Barsaba, che è citato negli Atti degli Apostoli. Da un terzo matrimonio con un certo Giona, nacque Simeone, che fu poi il secondo vescovo di Gerusalemme (Vincenzo Noja, Visioni e Profezie di Caterina Emmerick, Ed. Segno, pp.84-85).
Heli o Eli era quindi il nome con cui era conosciuto San Gioacchino e ciò ci fa affermare con una buona certezza che Gioacchino e Eli per L’Evangelista Luca siano la stessa persona. A questo punto, Giuseppe viene indicato come figlio di Eli usando una prassi comune anche da noi, secondo cui il suocero adotta come proprio figlio il marito della figlia naturale.
Se nel Vangelo di Matteo, Giuseppe “adotta” Gesù per porlo legittimamente nella discendenza regale di Davide e Salomone, nel caso di Luca è Gioacchino che “adotta” Giuseppe per porlo nella genealogia, chiamiamola “principesca” o “cadetta”, di Natan.
Le Scritture ci indicano già all’Antico Testamento che la casa di Natan è seconda a quella di Davide. Il profeta Zaccaria la nomina in un suo oracolo messianico:
Farà il lutto il paese, famiglia per famiglia:
la famiglia della casa di Davide a parte
e le loro donne a parte;
la famiglia della casa di Natàn a parte
e le loro donne a parte;
13 la famiglia della casa di Levi a parte
e le loro donne a parte;
la famiglia della casa di Simeì a parte
e le loro donne a parte;
14 così tutte le altre famiglie a parte
e le loro donne a parte». (Zc 12,12-14)
Zaccaria è un profeta di stirpe sacerdotale che vive negli anni del ritorno dei giudei nella Terra Promessa dopo i settant’anni dell’esilio babilonese. In questo periodo le profezie messianiche sono molto sentite. La venuta del Messia è considerata come conseguenza successiva della ricostruzione di Gerusalemme e quella del Tempio (un po’ come ai nostri tempi, alcuni premono per vedere Gerusalemme capitale di Israele e per costruire il Terzo Tempio, perché propedeutici all’avvento del Messia).
Da questo passo del profeta Zaccaria notiamo che da Babilonia è tornato un resto d’Israele, il quale ha mantenuto la propria coscienza storica e sociale. Si nominano alcuni casati, tra i quali il primo è quello di “Davide”, la casa reale. Subito dopo si nomina la “casa di Natan”, e ancora dopo la “casa di Levi”, seguita da quella di “Simeì”. Probabilmente si tratta di una delle case dei discendenti di Levi di cui leggiamo al capitolo 6 del primo libro delle Cronache : “Figli di Levi: Gherson, Keat e Merari. Questi sono i nomi dei figli di Gherson: Libni e Simei” (1Cr 6,1-2); “Suo collega era Asaf, che stava alla sua destra: Asaf, figlio di Berechia, figlio di Simeà, figlio di Michele, figlio di Baasea, figlio di Malchia, figlio di Etni, figlio di Zerach, figlio di Adaià, figlio di Etan, figlio di Zimma, figlio di Simei, 28 figlio di Iacat, figlio di Gherson, figlio di Levi.” (1Cr 6, 24-27). Ma la sua famiglia è meglio specificata nel libro dei Numeri: “Da Gherson discendono la famiglia dei Libniti e la famiglia dei Simeiti, che formano le famiglie dei Ghersoniti.” (Nm 3,21).
Nel passo della profezia leggiamo che Zaccaria pronuncia prima il nome di Davide e poi quello del figlio Natan, seguito dal nome di Levi seguito da un suo discendente, Simeì. È dunque specifico in questo caso, mentre in seguito parla più in generale, ritenendo forse che non sia necessario specificare le altre famiglie: “così tutte le altre famiglie a parte e le loro donne a parte” (Zc 12,14).
Se diamo un giusto valore alle parole del profeta Zaccaria, dobbiamo desumere che al ritorno da Babilonia la famiglia di Natan è presente ed è seconda solo alla famiglia di Davide, cioè alla casa reale. Essa avrà avuto quindi una certa importanza nella tribù di Giuda, che insieme a quelle di Levi e Beniamino fa parte del “Resto d’Israele”.
(continua) Pubblicato il 02 gennaio 2019
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