di Enrico Maria Romano
Da molti anni si registra un continuo e imperterrito
declino etico del Movimento per la Vita,
segnalato da varie pubblicazioni come quella del dottor Luca Poli, un ex del
Movimento e quella più argomentata e di fondo curata da Francesco Agnoli (cf. Storia del Movimento per la Vita. Tra eroismi e cedimenti, Fede e Cultura,
2010). Il testo di Agnoli faceva stato, in modo schietto e documentato, dei
vari incresciosi cedimenti dottrinali dei leader del movimento anti-abortista,
oltre ai numerosissimi eroismi praticati dai volontari dei Centri di Aiuto alla
Vita (CAV), in modo silenzioso e incoraggiante.
In un articolo del 2012, l’attuale direttore del Timone e della Bussola Riccardo Cascioli, rifletteva sulle evoluzioni possibili e
auspicabili del MPV scrivendo che al di là del cambiamento del leader Carlo Casini,
il problema era di fondo: “Ma il nodo fondamentale
a questo punto non sono i nomi, quanto la strategia
per il futuro. Il MPV deve decidere se provare a interpretare i cambiamenti
avvenuti nella società italiana ponendosi a servizio e punto di riferimento di
un mondo pro life variegato e in crescita costante (non ripetendo l’esperienza
di un presidente-politico), oppure continuare a difendere l’esistente
accettando di diventare una fra le tante sigle del mondo pro life (seppure la
più importante e radicata sul territorio)”.
Purtroppo la nuova gestione di Gian Luigi
Gigli non pare aver corretto la deriva silente e incresciosa del principale movimento
pro life italiano. E proprio nel senso stigmatizzato sopra di “difendere
l’esistente”, cioè la legge 194 in Italia, e più in generale l’attuale assetto
politico-societario che di fatto ha integrato l’aborto come uno dei diritti
fondamentali ed indiscutibili della donna incinta.
Se ne è avuta una riprova nell’articolo dello
stesso presidente Gigli pubblicato sul mensile NOI famiglia & vita (settembre 2016) uscito assieme al
quotidiano dei vescovi italiani Avvenire
(25.9.2016, p. 25) e intitolato “Usa, né Trump né Hillary credibili su vita e
aborto”.
Questi né
né enfatici - che ovviamente possono essere giusti in certe condizioni,
come quando nelle aspre lotte degli anni ’70 del secolo scorso taluni
scrivevano sui muri né Usa né Urss – a volte nascondono una equidistanza vile e
pericolosa. Questo è il caso, e non è il primo né sarà l’ultimo della storia
politica europea e occidentale.
Ebbene nel rifiutare sia Donald Trump, forse
il politico più detestato dai mass media del Sistema degli ultimi anni, sia
Hillary Clinton, forse la donna più incensata dalle lobby di potere degli
ultimi decenni, è chiaro che si evita una scelta di campo che invece, proprio
in nome dei valori non negoziabili (e statutari) dovrebbe essere ovvia.
Gigli stesso, pur mischiando le carte in
tavola e imitando Casini nella preferenza di sbagliare con la sinistra invece
che far bene con la destra, se ne avvede all’inizio del suo pezzo: “La scelta
degli elettori sarà tra Donald Trump e Hillary Clinton. Quale risultato può
augurarsi il popolo della vita? A prima vista sembrerebbe facile: Trump si è
dichiarato contro l’aborto, mentre la Clinton è una decisa sostenitrice del pro-choice”. Quindi? Beh, “Non è,
tuttavia, così semplice”…
E come mai?
Già il fatto di dichiararsi pro life è oggi fonte di immani contrasti
da parte delle lobby malthusiane e dei mass media di grido, e così Trump è
stato certamente coraggioso. Il coraggio poi è una dote importante per fare
bene il presidente. La Clinton d’altra parte non solo è una pro choice convinta (per il diritto delle
mamme di sopprimere il figlio che hanno in grembo fino al nono mese di
gravidanza), ma ha sistematicamente attaccato i valori sacri della vita,
della famiglia, della pace nel mondo, del matrimonio e della religione, in nome
del più becero e squallido relativismo (guerrafondaio) made in Usa.
Non sarà anche per questo opposto
posizionamento etico che i sostenitori della “cultura della morte” come Obama e
Hollande appoggiano fanaticamente la Clinton e al contrario Trump è presentato
come un futuro dittatore dalla stampa più politicamente corretta e progressista?
Lo capirebbe anche un liceale.
Secondo Gigli però “Occorre chiedersi (…)
quale sia la credibilità di Trump come paladino della vita, non solo per la sua
esistenza personale, burrascosa e controversa, e per la sua indubbia volgarità
[nulla a che vedere con vita e famiglia,
però]. Si tratta della credibilità politica di chi, pur dichiarandosi
contro l’aborto, resta un convinto assertore della pena di morte, della libera
vendita delle armi da fuoco, dei muri per arrestare i flussi migratori dal
Messico”…
Siamo al delirio!
Anzitutto tirare fuori la vita privata dei politici
non è un argomento e questo sì è volgare e del tutto fuori luogo (anche perché
non si dice nulla di particolare scrivendo “esistenza controversa e burrascosa”).
Pure la Maddalena aveva avuto comportamenti burrascosi e controversi prima di
arrivare alla luce, ma Gesù la ascoltò e non la umiliò. Gesù però non era un
manicheo…
Il passato di un politico, specie per ciò che
attiene alla vita privata, dice ben poco sulla sua eventuale validità come Presidente
di una nazione. La Clinton poi sarà meno volgare di Trump, ma anche i “medici”
che cancellano i bambini negli ospedali di Stato non paiono volgari, ma questo
che vuol dire?
Totalmente non cattolico poi l’argomento del
cattolico Gigli sul paragone tra pena di
morte (moralmente lecita) e aborto
(illecito e causa di scomunica per chi lo pratica ottenendone l’effetto,
secondo il Codice di diritto canonico, promulgato da Giovanni Paolo II nel 1983).
Lasciamo perdere la vendita di armi e i (legittimi) muri anti migranti: con la
difesa della vita e della legge naturale non c’entrano un bel nulla. Inoltre
anche con la presidenza dei democratici alla Obama si è rispettata la
tradizione tutta statunitense dell’arma facile, e lo stesso sarebbe se vincesse
la Clinton.
In un passato recente alcuni democratici
americani usarono l’argomento pena di
morte contro i repubblicani asserendo più o meno così: noi siamo per
l’aborto, ma voi repubblicani siete in favore della pena di morte, quindi dal
punto di vista della Chiesa siamo entrambi non in regola.
Il cardinal Ratzinger però in vari commenti
spiegò la totale asimmetria fra i due temi. Proprio per questo è importante
ribadire sempre la legittimità morale (che
non implica la necessità politica)
della pena di morte dal punto di vista etico (come insegna il Catechismo della
Chiesa cattolica, al n. 2267).
Caro Gigli, te lo dico con tutto l’affetto
possibile, a che giova passare per politicamente corretti, come nel caso del né né di cui sopra, se la vita umana e
la famiglia tradizionale non sono più difese, a spada tratta, neppure dal
Movimento per la Vita?
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