Amore, matrimonio e
famiglia possono essere considerati - in una qualche maniera - una
forma di proiezione nella realtà umana della trinità celeste. E' dunque
qualcosa di molto serio, specialmente visti i tempi duri d'oggi in cui un
brivido viene scambiato per amore totale, dove il "ti amo" non è da intendersi
come un ''è bello che tu esista come sei e se non esistessi io ti ricreerei
esattamente come sei. Difetti compresi", ma come un "ti voglio
possedere".
L'Amore è svuotato del suo scopo fondamentale ed è infangato da questa logica mercantileggiante dell'uso, consumo e riciclo. Ma chi crede in valori fondanti, chi ha un mos maiorum, non può certo accontentarsi di questi attimi effimeri e passeggeri ed è altresì chiamato a testimoniare il suo attaccamento alla Bellezza, a mostrare all'altro la felicità che si prova nel credere in Qualcuno.
La nuova evangelizzazione, dunque, presuppone che il cristiano si faccia carico di questa difficilissima missione e che soprattutto combatta la buona battaglia con le armi più giuste, innanzitutto utilizzando la chiarezza. In un mondo avvolto da vortici inestricabili di visioni discordanti della vita, dell'amore e della morte; la sua capacità espressiva non dev'essere inficiata dal dubbio e non dev'essere assolutamente lasciata alla libera interpretazione, altrimenti si vanifica lo sforzo comunicativo. In secondo luogo, non deve generare scandalo. La migliore condotta per dialogare con gli altri, specialmente se privi di conoscenze in materia, non deve essere un'imposizione, ma una proposta. Tenendo presente questi due punti, è importante aggiungerne un terzo, l'assoluta aderenza alla Dottrina. A questo punto, con spirito di sacrificio e tanta buona volontà, si può prendere in considerazione l'idea di farsi promotori della bellezza salvifica del Vangelo. Osservando la realtà, Amore, matrimonio e famiglia sono proprio i valori più combattuti da questa società modernista e progressista, che vuole impedire all'uomo di essere felice.
L'Amore è svuotato del suo scopo fondamentale ed è infangato da questa logica mercantileggiante dell'uso, consumo e riciclo. Ma chi crede in valori fondanti, chi ha un mos maiorum, non può certo accontentarsi di questi attimi effimeri e passeggeri ed è altresì chiamato a testimoniare il suo attaccamento alla Bellezza, a mostrare all'altro la felicità che si prova nel credere in Qualcuno.
La nuova evangelizzazione, dunque, presuppone che il cristiano si faccia carico di questa difficilissima missione e che soprattutto combatta la buona battaglia con le armi più giuste, innanzitutto utilizzando la chiarezza. In un mondo avvolto da vortici inestricabili di visioni discordanti della vita, dell'amore e della morte; la sua capacità espressiva non dev'essere inficiata dal dubbio e non dev'essere assolutamente lasciata alla libera interpretazione, altrimenti si vanifica lo sforzo comunicativo. In secondo luogo, non deve generare scandalo. La migliore condotta per dialogare con gli altri, specialmente se privi di conoscenze in materia, non deve essere un'imposizione, ma una proposta. Tenendo presente questi due punti, è importante aggiungerne un terzo, l'assoluta aderenza alla Dottrina. A questo punto, con spirito di sacrificio e tanta buona volontà, si può prendere in considerazione l'idea di farsi promotori della bellezza salvifica del Vangelo. Osservando la realtà, Amore, matrimonio e famiglia sono proprio i valori più combattuti da questa società modernista e progressista, che vuole impedire all'uomo di essere felice.
Il desiderio di creare un'unione
duratura nel tempo e che soprattutto, dia frutti, è la risposta più concreta
che si possa dare oggi per contrastare l'aborto, l'uso della pillola o del
preservativo. Ma che tipo di unione è quella che si crea nel matrimonio? E qui
viene il difficile. Certamente, non è da inquadrarsi in una logica di
unilaterale sottomissione, né di univoco sacrificio. La chiamata degli sposi al
matrimonio, tenendo ovviamente presente le loro differenze fisiche e naturali,
è omogenea. In che senso? Che entrambi (cioè ambedue, tutti e due, lui e lei,
uomo e donna insieme) sono chiamati a farsi carico (ed è per questo che
divengono coniugi) della piena realizzazione dell'Amore. La sottomissione di paolina memoria, nella
lettura del Magistero, è una condizione vigente tra marito e moglie nei confronti
della Chiesa e non tra moglie e marito o viceversa. Vi è assoluta parità. Non
più due corpi, ma una sola carne. Si tratta di una comunione totale, di
vicendevole dono, di amorevole scambio gratuito e disinteressato di attenzioni
e premure. L'amore, non segue alcun tipo di schema fisso e pragmatico. Non è
costrizione, infatti. Non è neppure potere, né dominio. E non è neppure un "aut
aut", ma un "et et". E nella logica dell'amore vero non c'è un chi sta sotto e chi
sta sopra, in quanto ontologicamente maschio o femmina, ma un continuo starsi
accanto: "io sono per te, così come tu sei per me." Giovanni Paolo II
ha dedicato gran parte del suo pontificato ad esplicare e sviscerare il
messaggio del Vangelo, affinché le nuove generazioni, potessero trovare
nell'unitaria visione del matrimonio non un elenco di ruoli e d'imposizioni, ma
l'essenza più profonda di una vita condivisa. Dissento totalmente anche da
quell'opinione che vuole che il sesso più debole di oggi sia l'uomo, in quanto
impoverito della sua originaria virilità. Premesso che con il termine virile
non deve intendersi una forza prettamente fisica, almeno non oggi, quanto
piuttosto una mancanza di prospettiva e un totale smarrimento; ritengo che
questo caos, allora, colpisca entrambi in egual misura, ma magari in modo
diverso. La donna è vittima della tentazione dell'aborto, della sterilità
volontaria, l'uomo del possesso sfrenato. Due errori complementari che hanno
entrambi il gusto di "emancipazione".
Ed è per questo che il matrimonio diventa l'ancora a cui aggrapparsi con
tutte le forze possibili. Quando la vita viene considerata un attimo fuggente
(e questa è la tentazione diabolica più forte in cui cadono uomini e donne),
non ha senso parlare di ritorno alla virilità, o alla femminilità, quanto
piuttosto ad una nuova comprensione del mistero della vita. E' una prerogativa
che coinvolge i due sessi. Se il Beato Giovanni Paolo II con la Mulieris
Dignitatem, non avesse adeguatamente risposto alle nostre esigenze e se le
argomentazioni in tal senso non fossero ancora sufficienti, c'è un'altro punto
da analizzare, cioè quello della generazione della vita e della conseguente
educazione della prole. La risposta più chiara ci vien data da un documento
della CEI, redatto dopo trent'anni di studi approfonditi, sul rito del
matrimonio riformato nel 2004. In questo documento, si legge con chiarezza che
l'intento della coppia che voglia accostarsi al matrimonio sia quello di una
totale e complementare apertura alla vita, in una logica che si fonda
chiaramente ed inequivocabilmente sulla Grazia che giorno dopo giorno, rafforza
l'unione, la solidifica nel tempo e la tiene al riparo dall'incostanza e
dall'infedeltà; nel rispetto delle promesse di sacrificio, di rispetto e di
dedizione reciproco. Ed è proprio all'interno di queste 132 pagine che si
legge, con rinnovata chiarezza, che l'unione matrimoniale non è verticale,
bensì circolare perché tra il marito e la moglie a far da collante è lo Spirito
Santo. Decadono, a questo punto, tutte quelle affermazioni originali e bizzarre
che vorrebbero la moglie zerbino (anche zerbino volontario) e il marito
padre-padrone. Affermazioni che diventano gravi nel momento in cui,
subdolamente, le si fa passare per messaggio universale della Chiesa. Dissento
ancora dall'affermazione che la donna sia chiamata all'accoglienza come se
questa fosse una prerogativa esclusiva. Sempre all'interno di questo documento,
è riportata la nuova formula dello scambio delle promesse matrimoniali ed è
l'uomo (addirittura!) che per primo si mostra accogliente ("Io X ACCOLGO
te Y"). Se quel "prendo te" è stato sostituito da un
"accolgo te" evidentemente, non è da ritenersi casuale, quanto
piuttosto indicativo del fatto che sia l'uomo come la donna sono responsabili
di fronte a Dio della retta conduzione della vita matrimoniale che va difesa
fino al sacrificio estremo della propria vita. E' una responsabilità che coinvolge la
coppia nella sua interezza.
La
parola amore si declina rinunciando a tutti quei verbi e aggettivi umani,
troppo umani, che ne snaturano la grandezza e la portata. Il cattolico d’oggi nel rispetto dei principi
di castità prematrimoniale, procreazione e dono di sé, deve invertire la rotta
dell’omologazione massificata e dev'essere esempio sincero e concreto di questi
valori. Non abbandonerà la sua nave, non sarà uno Schettino qualunque e la
condurrà al suo porto, facendo in modo che nel suo piccolo possa
brillare il seme misterioso della vita che nasce, cresce e non muore mai.
Sposatevi e siate felici!
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