La
bibliografia su papa Pio IX è sterminata, ma nessuno finora si è occupato
specificamente della sua vicenda agiografica. A questa carenza ha sopperito il
prof. Fabrizio Cannone con il suo documentatissimo “Il Papa scomodo. Storia & retroscena
della beatificazione di Pio IX” (Edizioni Ares, pp. 440, € 24,
prefazione di Roberto de Mattei).
Cannone, dopo aver esaminato la vita dell’ultimo Papa Re e messo in luce soprattutto la santità dell’uomo Giovanni Maria Mastai Ferretti, affronta tutta la storia del suo lungo, tortuoso e discusso processo di canonizzazione che, specie negli anni seguenti al Concilio Vaticano II, è stato motivo di scontro tra gli ambienti progressisti (contrari) e quelli conservatori (favorevoli).
La
vasta fama di santità di Pio IX e la corrispondente devozione alla sua figura
erano già grandi durante la vita e ancor di più al momento della morte. Non è
un caso che, già immediatamente dopo il decesso del Pontefice, le lettere per il
riconoscimento delle stesse furono numerosissime. Particolarmente attivi in tal senso gli ambienti dell’intransigenza
cattolica, che poi confluirono nel grande movimento antimodernista. Questa
corrente di pensiero, col suo desiderio di “ricostruire
una societas christiana ispirandosi
al modello della cristianità medioevale, fu un appoggio stabile e sicuro alla
causa di canonizzazione di Pio IX” (p. 303), visto indubbiamente come
simbolo di un certo modo di intendere la Chiesa. Nonostante ciò, Leone XIII, pur
non lesinando elogi pubblici al predecessore, non aprì la causa, probabilmente
per non inasprire ulteriormente i rapporti con il neonato Regno d’Italia. Non
ebbe remore invece san Pio X, che nel 1907 diede inizio al lungo iter che avrebbe portato Pio IX
all’onore degli altari. L’impulso dato da Papa Sarto alla causa di Papa Mastai
Ferretti si arrestò un poco, sempre per ragioni politiche, sotto i pontificati
di Benedetto XV e Pio XI, mentre riprese nuovo slancio con Pio XII.
Grande
devoto di Pio IX fu Giovanni XXIII che aveva intenzione di canonizzarlo alla
chiusura del Concilio Vaticano II, “per dare un’interpretazione dello stesso
assai diversa da quella dei settori progressisti. Al contrario si può dire
davvero che il Papa buono mise il Vaticano II sotto il segno e la ‘protezione’
di Pio IX” (p. 311). Ma fu proprio negli anni turbolenti del post-concilio
che la causa sembrò arenarsi. Se fino ad allora un documento come il Sillabo era stato visto come uno dei
grandi meriti dell’ultimo Papa Re, nel
nuovo clima di aggiornamento permanente e di dialogo con il mondo esso
rappresentava ormai un ostacolo alla beatificazione. La figura di Pio IX
era diventata “un’ombra scomoda che da
taluni si preferiva non solo non ricordare ma persino dimenticare o rimuovere”
(p. 231). Tuttavia, Paolo VI, nel centenario della morte del suo predecessore, lo
ricordò con elogi uniti a stima e affetto personali, puntualizzando tra l’altro
che, nonostante i
cambiamenti avvenuti nel mondo cattolico fossero di tutto rilievo, nessuna
opposizione si doveva riscontrare tra la Chiesa di Pio IX e del Concilio Vaticano
I e quella del Vaticano II. Con l’ascesa al soglio pontificio di Giovanni Paolo
II, infine, la causa di Pio IX è arrivata alla conclusione della prima tappa, la
beatificazione del 3 settembre 2000. In quell’occasione, è stato proclamato
beato anche Giovanni XXIII. Come fa notare Cannone, non si tratta di un dato di
poco conto.
Papa Wojtyla ha
voluto lanciare un chiaro messaggio a tutti quei settori della Chiesa che si
sono opposti alla beatificazione di Pio IX in nome della difesa del Concilio
Vaticano II, mettendo in rilievo che quest’ultimo “non può essere assolutizzato a discapito dei concili precedenti e del
loro insegnamento tradizionale” (p. 38). Secondo il prof. Cannone, quella scelta da Giovanni Paolo II è stata una linea “di vistoso ‘recentrage’ sulla Tradizione” (p. 37).
Beatificando Pio IX il Papa ha voluto affermare “che tutte le novità che sono
state promosse dalla Chiesa negli ultimi 50 anni non intendono minimamente
cancellare o misconoscere il precedente magistero ecclesiastico, ma debbono
riceversi, dai fedeli cattolici, in stretta dipendenza e continuità da quello”
(p. 320).
P.S. Vista la profonda amicizia che mi lega all'autore, riconosco di non essere proprio imparziale. Ma, poiché mi vanto dell'etichetta di inquisitore (che peraltro mi è stata attribuita in maniera del tutto inspiegabile), mi permetto di ordinarvi l'acquisto e la lettura del libro. E chi non lo fa vada a confessarsi o sarà inesorabilmente punito!
Pubblicato il 20 settembre 2012
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