L’accusa di omofobia è giochino astuto: zittisci subito
l’interlocutore, facendolo passare per intollerante, e qualsivoglia
argomento passa in secondo piano. Una strategia dialettica assai
efficace quindi, ma fino ad un certo punto.
Può infatti capitare che questa si riveli del tutto inapplicabile. Soprattutto quando, per esempio, sono proprio dei gay dichiarati a schierarsi contro le tesi del mondo omosessualista, prima fra tutte quella inerente la famiglia e la presunta equivalenza tra la famiglia tradizionale e quella omosex, in stile Elton John.
Può infatti capitare che questa si riveli del tutto inapplicabile. Soprattutto quando, per esempio, sono proprio dei gay dichiarati a schierarsi contro le tesi del mondo omosessualista, prima fra tutte quella inerente la famiglia e la presunta equivalenza tra la famiglia tradizionale e quella omosex, in stile Elton John.
Un caso di questi è quello di Richard Waghorne, ricercatore in
filosofia politica e commentatore su diversi quotidiani anglosassoni, il
quale non ha esitato – pur essendo dichiaratamente gay – a schierarsi
contro il matrimonio omosessuale: «Il matrimonio tradizionale viene
ostacolato in nome del popolo gay, con conseguenze per le generazioni
future [...] i bambini devono essere cresciuti da un uomo e una donna
[…] non mi sento minimamente discriminato per il fatto che non posso
sposare una persona dello stesso sesso»[1].
Del tutto simile è la posizione di Andrew Pierce, opinionista del Daily Mail
giunto persino a criticare il proprio premier, David Cameron,
accusandolo – con riferimento al matrimonio gay – di portare avanti «arrogantemente
[…] una questione che scalda i cuori ai suoi compagni nella elite
metropolitana, ma che non interessa i sentimenti di milioni di persone
normali che, come ha dimostrato un sondaggio dopo l’altro, sono contrari
ad essa». Non contento, Pierce ha scelto di rivolgersi direttamente a Cameron con una domanda davvero interessante: «Signor Cameron, io sono omosessuale, e mi oppongo al matrimonio gay. Sono un bigotto?» [2].
Il bello è che adesso, a rafforzare queste tesi, ci si è messo anche
un pezzo da novanta della galassia gay: Rupert Everett. L’attore – che
fece outing 20 anni fa, quando la cosa aveva effettivamente un che di
scandaloso e ben prima dei vari Tiziano Ferro e Cecchi Paone – ha
infatti scelto di intervenire nel dibattito sulla famiglia gay e sulla
sua presunta idoneità a crescere dei figli. Sparando a zero con
affermazioni che sarebbe eufemistico definire inequivocabili: «Non riesco a pensare niente di peggio che essere tirato su da due papà» [3].
Ora, a questo punto la domanda è: ma chi ci dice che nozze ed
adozioni gay siano una vera esigenza del mondo omosessuale? Perchè
mai il legislatore dovrebbe occuparsene? Le nette prese di posizione di
Waghorne, Pierce ed Everett – che si vanno a sommare a quelle di tanti
altri noti omosessuali, da David Starkey e Alan Duncan – hanno forse
meno valore di quelle di altri militanti ed esponenti gay? Oppure sono
da considerarsi anch’esse espressioni di omofobia?
L’impressione, a giudicare dall’accanimento con cui anche molti etero
si impegnano su questi versanti, è che – a forza di reclamare diritti
gay – molti abbiano scelto di andare avanti a prescindere. A prescindere
anche dal pensiero di molti gay.
[3] Everett R. cit. in Bagnoli M.R. Rupert Everett:”Orribile crescere con due papà”, « La Stampa», 17/9/2012, p. 14.
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