di Isacco Tacconi
La guida turistica statunitense
“Frommer’s”, attenendosi ad una statistica europea, ha redatto un’indicativa
classifica delle città “gay-friendly” italiane. Per i turisti americani che desiderano
avventurarsi nelle “selvagge” terre sicule, si avverte: “I turisti omosessuali in Sicilia corrono il rischio di essere
picchiati”. Roma occupa il secondo posto come tolleranza e “vivibilità
omosessuale”, mentre il primo posto sul podio è tutta della Milano della moda,
eletta “capitale gay d’Italia”.
La Milano di Dolce&Gabbana, delle discoteche gay e dell’alta moda,
ovviamente regolata e monopolizzata dalle potenti lobby già apertamente denunciate
dall’ex-omosessuale convertito Luca di Tolve, il quale a suo tempo ne fu uno
sponsor influente. Nonostante la cosiddetta “papessa” della moda italiana
Franca Sozzani, direttrice di Vogue Italia, a tale affermazione abbia smentito:
“la lobby gay nella moda è un mito”. Beh, ma giustamente: che deve dì?! Che la
fanno da padroni?! Non sembra quindi stupire che una guida turistica di fama
internazionale come Frommer’s abbia sentenziato sul Bel Paese, da una parte
elogiando Milano città “feliciotta” della tolleranza, e dall’altra accusando
l’isola maggiore d’Italia, la Cattolica Sicilia come “Roccaforte dell’omofobia
in Europa”.
Ma qual è il capo d’imputazione?
Le aperte manifestazioni di disapprovazione da parte degli isolani dinanzi ad
effusioni “amorose” (se di amore possiamo parlare) tra persone dello stesso
sesso. E cosa c’è di strano? La
sensibilità di un paese, la sua tradizione, come la sua legislazione
d’altronde, non devono forse essere rispettate dai visitatori di qualsiasi
etnia, razza, sesso o età? Oppure sono proprio i cittadini che devono
conformarsi coattivamente, pena la morte civile, all’omofilìa importata? Come
se non ci bastasse già quella proliferante sul nostro suolo!
Ma la questione è l’uso ormai indiscriminato e spregiudicato
del termine “omofobia” inventato a tavolino negli ultimi anni, da chi?
(vedi sopra). Sembra proprio che si voglia additare e imbavagliare tutti coloro
che disapprovano pubblicamente un comportamento evidentemente scorretto,
disordinato, innaturale. Senza scendere nella diatriba filosofico/religiosa,
peraltro pienamente legittima dato che ancora l’Italia è un paese a maggioranza
cattolica, qui si parla dell’elementare esercizio della libertà. Infatti
vengono tacciati di omofobia tutti coloro che si mostrano in disaccordo o
dubbiosi riguardo le unioni omosessuali. Siamo o non siamo in un paese libero? E’ ancora lecito o no essere pienamente
liberi di manifestare il proprio dissenso, non verso le persone, esseri umani,
figli di Dio, a immagine di Dio, ma verso i comportamenti immorali che tali
persone vorrebbero adottare in pubblico? Se vengono bollati, accusati e giudicati
omofobi tutti coloro che disapprovano, e protestano in difesa della ragione,
dell’uomo e in definitiva della libertà, allora si vuole instaurare un clima di
vera e propria caccia alle streghe, in cui al rogo civile e morale vengono
gettati coloro che la pensano diversamente dagli architetti della società
contemporanea.
Stando inoltre al sondaggio
riportato da Frommer’s, Milano è “la città con la comunità omosessuale più
numerosa e visibile, soprattutto durante la settimana della moda i viaggiatori
omosessuali si sentono particolarmente a casa”.
Scusate e noi che siamo di casa possiamo “sentirci liberi” di decidere
come si sta a casa nostra?
Pubblicato il 22 giugno 2012

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