di Marco Mancini
Ieri il nostro
Luca Gili ha detto la sua sulla crisi dell’euro, presentandoci il nuovo
libro di Thilo Sarrazin e difendendo la posizione della Germania, restia a pagare per salvare le spendaccione cicale del Sud Europa, di
cui – ovviamente – facciamo parte anche noi.
Chi scrive è un “noto, ma
arcinoto ammiratore dei tedeschi” (vedi qui a 0:50), per cui non
può essere accusato in alcun modo di essere pregiudizialmente ostile al più
grande Paese europeo. Anzi, credo in realtà che la polemica anti-teutonica che,
rafforzata dagli eventi degli ultimi due anni, comincia a prendere piede anche
da noi centri sostanzialmente il bersaglio politico sbagliato. Proprio per
questo, tuttavia, dobbiamo dirci le cose come stanno. Se i tedeschi non sono (almeno non completamente) i nostri carnefici,
non sono neanche le formiche indifese, costrette a lavorare anche per sopperire
alla nostra pigrizia, che Sarrazin e gli altri vorrebbero far credere.
Sarrazin è un personaggio
interessante ed alcune delle sue considerazioni sull’euro meritano senz’altro
di essere condivise. Che la moneta unica
sia stata più il prodotto di una forte volontà politica che di una ponderata
scelta economica, è un fatto indubitabile (se poi questo abbia a che fare con i
sensi di colpa tedeschi o con un eccessivo
fervore ideologico, non saprei dirlo con precisione). Che l’euro sia stato introdotto in assenza di
un’area valutaria ottimale, presentando così un’estrema
vulnerabilità in caso di shock asimmetrici, è altrettanto vero. Possiamo,
dunque, essere d’accordo su una parte della diagnosi, cioè sul “peccato originale”
che fa sì che la moneta unica europea versi oggi in condizioni di estrema difficoltà,
come persino sulla terapia, che Sarrazin riassume nel titolo “L’Europa non ha
bisogno dell’euro” (insomma, ognuno per sé e Dio per tutti). Il punto, però, è
che l’attuale leadership tedesca non sembra dello stesso avviso: pare che
l’euro voglia salvarlo.
Questo perché proprio l'euro è
stato per la Germania tutt’altro che un cattivo affare: in questo decennio
la moneta unica ha sensibilmente accresciuto la competitività dell’export
tedesco, a danno di Paesi come l’Italia, storicamente avvezzi a una valuta
decisamente più debole (l’obiezione di Sarrazin, secondo il quale le
esportazioni teutoniche sono cresciute di più verso i Paesi extraeuropei che
verso quelli della zona euro, non coglie nel segno). La Germania trae vantaggio persino dalla crisi dell’euro: l’aumento
dei tassi di interesse sul debito dei Paesi più in difficoltà ha determinato,
per converso, una diminuzione di quello sui più “sicuri” titoli tedeschi (gli
interessi sui Bund decennali sono ai minimi storici) e quindi un risparmio
che si aggira nell’ordine dei 10 miliardi per il solo 2012. I tedeschi, al netto dell’inflazione, si
finanziano quindi a tassi negativi: a pensar male, si potrebbe sospettare
che la Merkel voglia prolungare di proposito l’agonia dell’Eurozona.
Del resto, afferma Sarrazin, la
causa della crisi non sono i mutui sub-prime USA, ma i debiti pubblici
esorbitanti dei PIIGS, che sono stati così più esposti alla tempesta. Se questo
discorso può avere un senso per Grecia e Italia, è però completamente sballato
per Paesi come Spagna e Irlanda: le loro finanze pubbliche non avevano alcun
problema (il rapporto debito/Pil spagnolo, pur essendo raddoppiato in questi
anni, è appena
superiore al 70%), prima di essere
costrette a salvare le banche, indebitate anche a causa dei “titoli spazzatura”
provenienti dagli States, con i soldi dello Stato (il liberismo vale solo
quando conviene a lorsignori…). Sempre a proposito di banche, quelle
francesi e tedesche erano zeppe di titoli di Stato ellenici: per questo si è
preferito non lasciar fallire subito la Grecia (cosa che avrebbe determinato
perdite massicce per tali istituti), ma mantenerla in un lungo coma attraverso
due anni di lacrime e sangue che l’hanno trascinata nella miseria più assoluta.
Insomma, sono stati i greci a pagare per
non fare andare in perdita gli investitori stranieri: in cambio, hanno avuto e
continuano a ricevere qualche soldo prestato a strozzo, orwellianamente
definito “salvataggio” e più propriamente etichettabile come “accanimento
terapeutico”. E la responsabile di questa strategia quasi unanimemente ritenuta
fallimentare, almeno per la salute dell’euro, ha un nome e un cognome: Angela
Merkel, fino a prova contraria cancelliere tedesco.
Per uscire dalla crisi, gli Stati
europei sono nell’impossibilità di optare per una politica fiscale espansiva di stampo keynesiano,
stanti i vincoli di bilancio risalenti a Maastricht e addirittura rafforzati
dal c.d. fiscal compact. Ma non possono neanche, a causa dell’euro,
utilizzare le tradizionali leve della politica monetaria, vale a dire la
monetizzazione del debito e la svalutazione competitiva. Se gli Stati,
soprattutto quelli più deboli, sono dunque stretti all'interno di una camicia di forza che
impedisce loro qualsiasi mossa, sarebbe
forse opportuno che tali politiche venissero messe in atto a livello europeo,
ad esempio dando alla BCE la facoltà di stampare moneta. Certo, c’è il
rischio di inflazione: ma è il caso di ricordare che la Germania nazista è più
il frutto della deflazione successiva alla crisi del ’29 che dell’iperinflazione
dell’immediato dopoguerra. Non siamo
chiamati a decidere tra buono e cattivo, ma a scegliere quale male sia
preferibile.
Sarà pure vero che l'Europa non ha bisogno dell'euro, ma essa ha sicuramente bisogno della Germania: spetta dunque alla Germania decidere cosa fare dell'Europa. La Germania della signora Merkel
non vuole accollarsi gli oneri dell’impresa? Perfetto, allora si abbia la
coerenza di Sarrazin, si mandi la Grecia in default e si metta la parola “fine”
sulla moneta unica. La cosa che, invece,
non è più tollerabile è continuare a far finta di salvare l’euro, lucrando ampi
guadagni sulla sua agonia.
Pubblicato il 21 giugno 2012
Allora la paura della Merkel di partecipare alla copertura del debito dei paesi dell'Europa del Sud (Italia compresa), secondo me deriva dal fatto che le cifre del debito che ci propina la TV sono molto più basse di quelle reali, cifre che invece la Merkel conosce benissimo e sa anche che sono così alte che la stessa Germania NON E' IN GRADO DI FARVI FRONTE. Se è come temo io, l'Euro ha i mesi contati!!!
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