Visualizzazione post con etichetta Alleanza cattolica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Alleanza cattolica. Mostra tutti i post

13 luglio 2015

"La Roccia": istruzioni per l'uso.


di Satiricus 

L’ultimo mio j’accuse ai danni di una testata amica è finito male: La Croce Quotidiano di lì a poche settimane ha concluso l’avventura del cartaceo. Mi dispiace, anche perché dissi e ribadisco che, pur non leggendolo, acquistavo volentieri il giornale per diffonderlo tra tanti amici e parrocchiani. Vediamo se l’esito del presente aggressus sarà meno infelice. Ospite della trasmissione è il bimestrale La Roccia, edito da Shalom Editrice, progettato nelle fucine di Alleanza Cattolica, diretto dal valido prof. Marco Invernizzi ed ormai giunto al suo quarto numero. Sarò severo più del dovuto, come è mia abitudine. I lettori poi avranno il buon cuore di formarsi un’idea personale, anzitutto preoccupandosi di comperare e leggere qualche copia dello stampato. Iniziamo dalla buona notizia: non c’è ancora il sito web corrispondente. Troverete invece annunci on-line, nonché l’immancabile pagina Facebook dedicata (un po’ dilettantistica e per lo più commerciale). Vorrei commentare l’iniziativa ricorrendo ad una battuta, in cui però si svela la principale criticità del bimestrale: La Roccia poteva ambire ad un grande ruolo, quello di scalzare e sostituire d’un colpo Famiglia Cristiana, Credere, Noi Genitori & Figli, infatti l’impressione è che si abbia a che fare con un surrogato dei su citati, decisamente spostato sul versante conservativo tradizionale; invece La Roccia finora sembrerebbe aver raggiunto un altro obiettivo, frammentare ulteriormente le disponibilità del lettorato cattolico, indebolendo al contempo le redazioni di altri media cattolici (su tutti Il Timone e La Nuova Bussola Quotidiana).

Mi limiterò a tre considerazioni, che sono poi tre opinioni altamente discutibili, ma dalle quali mi piacerebbe che i nostri lettori prendessero qualche spunto di riflessione critica.
La prima: anziché creare un nuovo prodotto, non era meglio sforzarsi di lavorare con maggior sinergia nelle redazioni già esistenti? E’ lampante che la comparsa di un nuovo giornale significhi, come scritto sopra, una lacerazione ideologica, una sottrazione di forze, una frammentazione di lettori. Aggiungo: anziché muovere chili di energie nella propaganda dell’ennesimo precario e probabilmente inutile cartaceo, non conveniva impiegare grammi di sforzi nel rilanciare le pubblicazioni robuste già esistenti? Che se poi si sfogliano i nomi, davvero l’abbonato medio si chiede il senso dell’impresa: altri soldi e altri formati per leggere le consuete firme: Invernizzi, Introvigne, Cantoni, Scaranari, Leoni, Ronza, Mantovano. Sembra la dinastia parallela nata da nozze combinate tra Cristianità e Popotus. Immancabile pure il Kattolico Cammilleri, quello che nei suoi formidabili Antidoti condannava la sterile moltiplicazione di giornaletti incapaci di convertire i cuori all’unica fede.

La seconda: mi preoccupa il papalismo, soprattutto se si tratta di franceschianismo mascherato da papalismo. E qui probabilmente troviamo il motivo principale di La Roccia, creare un foglio cattolico tradizionale, che non cadesse nella situazione di rimpiangere asfitticamente Benedetto XVI, accusando Francesco di ogni male anticristico possibile ed immaginabile. Che le voci cattoliche più pure si fossero alzate negli scorsi mesi a sottolineare l’atipicità del Papato corrente è vero; palpabile però è la variazione di toni con cui esse si sono espresse (il boato di Gnocchi&Palmaro, la tesi giuridiche di Socci, le riserve in punta di piedi di Messori); memorabile è l’epurazione vandeana che il cataro padre Livio, gran promoter di Invernizzi, avrebbe fatto di tutti i possibili critici di Francesco (incluso - roba da far impallidire la Cirinnà - Gianpaolo Barra, reo di aver premiato Socci per un libro che col papato e con Francesco non aveva nulla a che spartire). Sulla falsità di don Fanzaga si veda il punto successivo. Come valutare questo fenomeno? Con due accenni. Anzitutto, la reazione del mondo tradizionale a Francesco è stata a volte di cattivo gusto, ma a volte di ottimo gusto; se la sequela al Papa implica una rinnovata ottusità e l’abdicazione della ragione autonoma, allora il motto “seguire il papa sempre” che accompagna la rivista (unitamente alla quarta di copertina fissa: “Vi chiedo di pregare per me, perché ne ho bisogno! Grazie tante!” - il che poi solitamente avviene per obbligo nella più alta e fruttuosa delle preghiere cattoliche, il Canone della Santa Messa) è un motto sospetto e sospetto. Si aggiunga che, se i cristiani avessero seguito il Papa sempre, oggi altro che crisi finanziaria e crisi della famiglia, con tanti pontefici avari e lussuriosi che la storia ci ha concesso saremmo alla fine della civiltà, senza neppure bisogno di scomodare i califfati. Immagino che La Roccia sgorghi da una doppia ingenuità: temere che le critiche a Francesco, sia pur quelle più fini ed intellettuali, possano produrre un qualche scisma; e poi - ingenuità al cubo - ritenere che La Roccia possa rimandare lo scisma.

La terza: l’ipocrisia dei medjugoristi è insopportabile. Ho già scritto altrove, proprio nella mia querelle contro La Croce Quotidiano, che trovo intollerabile la falsità di quanti si dicono fedelissimi alla Chiesa, salvo ritagliarsi una fettina di autonomia decisionale, per esempio laddove si vagli la liceità del culto di Medjugorie con annessi e connessi. Qui più che mai sento di dover rinnovare la domanda. Questi paladini del Papato, che si mettono a stampare con le case editrici tra le più vicine al mondo delle apparizioni di Medjugorie, che faranno/farebbero nell’ipotesi che il Papa-da-seguire-sempre impedisse ai cattolici di riferirsi a quelle visioni? Direi di più, è abbastanza chiaro che una proibizione esplicita non verrà, almeno per il principio di evitare il più possibile gli scandali, non ritengono dunque tali fedelissimi dei Sacri Palazzi che il loro appoggio ideologico e finanziario (il fatto cioè di pubblicare con la Shalom e ovviamente di far girare soldi nelle sue casse) possa essere una forma di opposizione surrettizia all’indefettibile Francesco?

Mi spiace, ma il prezzo per fare i nudi e puri è esserlo. Questo ho pensato e scritto, nulla togliendo alla stima per tanti grandi firme e per autori che sicuramente operano con l’intento sincero di fare il più possibile il bene per il nostro Paese e per la Chiesa.

 

19 maggio 2014

Pas de Charité sans Vérité

di  don Mauro
E’ stato suggestivo, decisamente suggestivo partecipare alla conferenza tenutasi a Palazzo Isimbardi giovedì 15 maggio, presente un ospite di eccezione: Philippe Ariño. Chi è Philippe? Se cerchiamo su Internet scopriamo trattarsi di un omosessuale francese molto attivo nella contestazione del pensiero dominante LGBT nonché propugnatore di uno stile di vita conforme alla morale Cattolica. Potremmo anche aggiungere che aderisce e supporta con vigore associazioni e movimenti quali Homovox o la Manif pour tous. Con tutto ciò non faremmo però onore al nostro. Chiediamo a lui prima che al web come si presenti e otterremo una risposta diversa: io sono un “figlio di Dio, una persona”. Se poi, un po’ colpiti dalla discrepanza di identikit racimolati, insistessimo nel chiedergli se lui è omosessuale, rischieremmo una risposta spiazzante: per favore, smettiamola di parlare di omosessuali.

Una tesi dirompente, che va ovviamente al di là della pura e semplice descrizione da manuale e si pone subito nell’orizzonte di una precisa azione antropologica, pastorale e politica: lasciamo cadere i termini eterosessuale ed omosessuale, in quanto tengono vivo il senso di differenza e alimentano la rivendicazione anti-omofoba; ricominciamo a parlare di persone, perché ognuno riscopra l’identità che lo costituisce nel profondo, e nessuno più si fermi a identificarsi a quel livello importante ma parziale che è la sua sessualità.

Io resto spiazzato da questa proposta. Del resto è la serata nel suo complesso che si presenta in modo traumatico, cominciando dagli esordi: arrivo alla conferenza giusto giusto in tempo, con me due amici legati all’associazione Scienza & Vita. Nessun manifesto. Camionetta della polizia e agenti in borghese dentro e fuori il chiostro. Nessuno che sappia dove sia l'incontro. Qualcuno si sbottona: “siete in anticipo”, ma mancano sì e no cinque minuti. Dopo almeno quattro tentativi, finalmente capiamo qual è la sala, ci avviciniamo e chiediamo, i due gorilla sulla soglia fingono di non sapere, ci scrutano, intuiscono che siamo pacifici – non so quanto sia merito dell’abito clericale – e ci fanno accedere. Dietro la porta altri quattro ci squadrano. Si fanno dei cenni: possiamo passare. “Non ci aspettavamo questa sorveglianza, forse hanno ricevuto delle segnalazioni” ci confida il prof. Marco Invernizzi, responsabile di Alleanza Cattolica per la Lombardia e il Veneto, tra gli organizzatori della serata. In effetti non si registra alcuna protesta, ma il fatto basta a dire del clima di pressione cui sono sottoposte certe categorie: gli omosessuali contrari alle lobby gay anzitutto, ma anche tutte le associazioni che lavorano a loro sostegno, alcune delle quali presenti in sala: Operazione Chaire; i responsabili del gruppo AGAPO (Associazione genitori amici persone omosessuali); il dottor Giancarlo Ricci; rappresentanti delle Sentinelle in Piedi, e appunto Alleanza Cattolica (promotrice della conferenza insieme ad Operazione Chaire).

Ma a scioccarmi davvero, come anticipavo, sono proprio le parole di Philippe. Non nego di essermi infilato in sala alla ricerca di qualche strategia da spendere in risposta al dilagante Effetto Scalfarotto, e invece ho raccolto una splendida testimonianza circa la ricchezza personale di un uomo. Un uomo prima che un omosessuale. Un uomo capace di nominare quella ferita che lo accompagna continuamente circa la sua identificazione sessuale. Un uomo pacificato: non dall’accettazione disinibita delle proprie pulsioni affettive (a suo dire insoddisfacibili), bensì rigenerato da un impegno di vita casto secondo i consigli prudenti della Chiesa Cattolica.


Non vado oltre, ma prometto a Redazione e affezionati di C&dM una prossima recensione di “Omosessualità Controcorrente”, l’ultimo libro di Ariño. Si annuncia un bel testo, a partire dalle dediche: “A Benedictus (il mio nonno del Cielo e della terra)”. Benedictus è Benedetto XVI, il Papa della carità nella verità. Ed è proprio così che ci salutiamo io e Philippe, un abbraccio, una foto e un autografo personalizzato: “Caro Marco, pas de Charité sans Vérité!” E mi ha stupito questa frase. Mentre le militanze gay si ostinano a strumentalizzare le dichiarazioni di Papa Francesco circa la “misericordia” o il “chi sono io per giudicare”, Philippe chiede proprio un giudizio, perché l’omosessuale  - come ogni persona - “ha bisogno di qualcuno che gli dica la verità” circa se stesso, circa la Vocazione cui è chiamato. Da lì può nascere la carità! Per questo la serata culmina in un appello agli omosessuali eventualmente presenti: “Usate la vostra omosessualità come motore verso la santità a servizio di qualcosa di grande. Nessuna ferita è inutile, dunque utilizzatela. Ciò vi permetterà di donarvi e quindi di essere felici”.