di Giuliano Guzzo
Niente visita alla mostra «Bellezza Divina» in corso a Palazzo
Strozzi, a Firenze, per i bambini della scuola elementare Matteotti,
importante presidio alle porte del centro: è per venire incontro alla
sensibilità delle famiglie non cattoliche
dato il tema religioso della mostra, fanno sapere dal consiglio
interclasse con cui è stata presa la decisione. Intanto a Lucca, dal 21
novembre prossimo, prenderà il via una mostra fotografica Photolux con
esposto anche Andres Serrano, autore di «Piss Christ» («Cristo di piscio»,
letteralmente), una fotografia del 1987 che mostra un Crocifisso
immerso nell’urina: ma di scuole che abbiano escluso di voler visitare
questa seconda mostra – che pare abbia persino il patrocinio del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, oltre che del
Comune di Lucca e della Provincia – al momento non si ha notizia.
Sono i piccoli ed enormi paradossi di questo tempo apparentemente
dominato da variopinto pluralismo ma in realtà estremamente coordinato,
persino conformista, quando si tratta di esibire ostilità al
Cristianesimo. Come si spiega il fenomeno? Certamente gli errori – gli
orrori, in alcuni casi – di alcuni uomini di Chiesa possono aver
generato in molti ostilità verso la religione cristiana. Ma
l’atteggiamento ben più benevolo che il mondo della cultura – lo stesso
che non fa mistero del proprio anticristianesimo – per esempio riserva
generalmente al comunismo, dei cui orrori non si è mai parlato
abbastanza a dispetto delle decine di milioni di vittime innocenti,
conferma come il problema sia di altra natura e che le colpe che si
rimproverano ai cristiani, più che altro, siano pretesti dietro ai quali
serpeggia altro.
Su cosa esattamente sia questo “altro” si potrebbero scrivere libri,
ma voglio azzardare un’ipotesi per spiegare contemporaneamente
l’ostilità laica, per così dire, al Cristianesimo e lo scarso
attaccamento di cui non di rado gli stessi cristiani, in nome del
Dialogo – divinità nuova ma sostenuta da devozione fervente -, danno
prova rispetto al proprio Simbolo. L’ipotesi, in sé semplice, è che
ancora oggi ci si vergogna di Gesù Cristo. Così come duemila anni fa
venne preso a bastonate e sputi oggi la Sua immagine viene vilipesa, e
come allora i suoi, a partire da Pietro, si vergognarono di Lui
lasciandolo solo oggi è più facile incontrare battezzati inclini a
spiegare quanto siano belli amore e perdono, o persino a sconsigliare
mostre dal sapore cristiano, piuttosto che pronti a ripetere senza
esitazione chi sia, Lui solo, «la Via, la Verità e la Vita».
Se siamo insomma al punto in cui siamo, con l’anticristianesimo
dentro e fuori le mostre, non è per un deficit di cultura democratica o
per una sovrabbondanza di egoismo; né c’entrano la scarsa conoscenza
della Costituzione o il tramonto delle buone maniere. Il guaio è difatti
più serio e deriva dal fatto che l’uomo – dalla Giudea all’Unione
Europea – in fondo non è poi così cambiato. C’è sempre una immensa
difficoltà a fare i conti con Gesù perché Costui non è entità astratta e
non può essere liquidato come questione filosofica, essendo stato
un uomo convinto di essere il Figlio di Dio; non ha detto “amico”,
“simpatizzante”, “emissario”, no: ha preteso di essere proprio il Figlio
di Dio. E il fatto che per questo abbia accettato una morte orrenda
mentre invece l’uomo non riesce ad accettare neppure una vita agiata
senza sperimentare tormenti, disturba. Lasciando intatta la stessa
domanda di allora: «Quid est veritas?».
Pubblicato il 13 novembre 2015
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