Torniamo nuovamente sull'attacco terroristico che ha colpito Parigi nella giornata di giovedì. Il nostro primo articolo, scritto e pubblicato nelle ore immediatamente successive alla strage, era destinato a suscitare un ampio dibattito: come in tutte le riflessioni scritte a caldo e che mirano peraltro a mettere in discussione la narrazione dominante, i contenuti e soprattutto i toni erano forti, ma proprio per questo esso ha provocato una discussione vera, non retorica. Prova ne sia la vasta eco che il post ha avuto negli ambienti più disparati. E tale dibattito ha coinvolto anche la nostra redazione, chiamando in causa temi come il rapporto con l'Islam e con l'Occidente secolarizzato, la relazione tra fede, violenza e ragione, l'atteggiamento dei cattolici di fronte a tutto questo.
di Enrico Maria Romano
I
tristissimi fatti del 7 gennaio 2015 stanno alla Francia e probabilmente
all’Europa (l’Occidente non sappiamo cosa sia…), come l’11 settembre 2001 sta
all’America. Ovvero, si tratta in entrambi i casi di date simbolo, le quali
assumono la natura di evento, di rottura, di stacco, creando per il fatto
stesso un prima e un dopo.
La
denuncia dell’attentato vile e mostruoso perpetrato dalle milizie dell’Islam contro
le Torri Gemelle (senza entrare nelle dinamiche dello stesso e le sue varie
interpretazioni), non ha certo significato l’approvazione della politica del
paese che, da almeno 100 anni, è al contempo il più imperialista, nichilista e consumista
del mondo intero. Così, analogamente, la condanna della disumanità dell’azione
terroristica di Parigi non comporta, minimamente, la canonizzazione delle
vittime di Charlie Hebdo, tra i più squallidi settimanali esistenti sul
pianeta, né comporta la solidarietà con il Governo Hollande, tra i primi
responsabili sia della decadenza europea (con il mariage homo e la laicità
dogmatica) che della stessa diffusione dell’Islam in Francia e in Europa.
Non
ci interessa particolarmente la cronaca dei fatti, e nemmeno la dietrologia e i
complottismi che sempre emergono in questi casi. Ci interessa invece la lettura
dei fatti, che nel nostro caso proponiamo ai lettori del blog, sia alla luce
della conoscenza che abbiamo del mondo francese (frutto anche della permanenza
in loco durata due anni) sia della visione teologica che sempre ci guida, e che
coincide con il cattolicesimo puro e schietto della Chiesa di Roma.
Notiamo
quindi, per mettere ordine, le tare dei ragionamenti fatti a commento dei
tristi accadimenti del 7 gennaio.
1.
Non è vero che Charlie Hebdo rappresenta il giornalismo del mondo intero, la
libertà di espressione e di pensiero. Quel settimanale, osceno e provocatorio,
rappresenta da anni la libertà di insulto, di calunnia, di volgarità e di
bestemmia. Tra le battaglie storiche del settimanale, da noi consultato già
negli anni ’90 del secolo scorso, si ricorda quella in favore del “droit au
blasphème”, ovvero del diritto alla bestemmia! Volgari e abominevoli le
copertine degli ultimi anni, le quali non se la prendevano solo col Profeta, ma
anche con Cristo, Maria, il Papa, la santissima Trinità, etc.
2.
Non è vero neppure che i giornalisti francesi, eredi dell’illuminismo e dello
spirito volterriano, sono aperti e tolleranti anche verso la stampa e la satira
“irriverente”. Se l’irriverenza e l’insulto riguardano la Chiesa e i preti, la
destra e la polizia, allora sì. Ma se toccano i gay e i socialisti, gli Ebrei o
le persone di colore, i giornalisti laici francesi, di Charlie e di Le Monde,
optano per la censura e l’intolleranza. Why? La Francia è uno degli Stati
europei che, con la legge Gayssot, ha imposto certe ricostruzioni storiche per decreto
legge (come le discutibili tesi di Norimberga), creando ex nihilo delle verità
sacre e intoccabili (con pene per i loro negatori) e mai la stampa laica e
libertaria si è indispettita.
3.
Non è vero che la Francia laica e socialista, in nome dei diritti dell’uomo e
della democrazia, ha contrastato l’Islam radicale e il fondamentalismo. E’ vero
il contrario: da molti anni autori di destra e cattolici, ma ormai anche laici
e atei, come Houellebecq e Onfray, criticano l’avanzata dei fondamentalisti
islamici, ma costoro ricevono insulti e censure dal potere e dai mass media di
Stato. La sinistra intellettuale francese (tipo Bernard Henry Levy), fortissima
e potente sostegno del governo Hollande, tende ad approvare guerre inique come
quelle contro Assad e Gheddafi, ma favorisce l’immigrazione di massa,
l’edificazione di moschee, l’indottrinamento coranico nelle scuole, le mense
con cibo hallal (perfino per i non mussulmani!), l’adozione di un calendario
laico-catto-islamico da strapazzo, la rilettura della storia patria come mero
colonialismo, etc. In tutto ciò vi è grande coerenza di vedute tra la sinistra
laica di Hollande e i fondamentalisti “religiosi”.
4.
Non è vero che Hollande vuole, come ha detto in questi giorni, l’unione
nazionale (l’union nationale) di tutti i francesi contro il terrorismo. I
milioni di francesi che da anni e anni appoggiano il Front National hanno
subito ogni sorta di discriminazione e di marginalizzazione, violenza e
ingiustizia, o dal potere socialista o dai suoi complici. Hollande non è,
checché ne dica ora, il presidente di tutti i francesi: ma solo dei suoi
adepti, con una particolare predilezione per gay, ebrei, mussulmani, rom, etc.
5.
Non è vero che il cordoglio dei mass media e della politica sia dovuto alla
morte, pur iniqua, di inermi giornalisti. Se fossero stati uccisi giornalisti
di Presént, il quotidiano (nazionalista e cattolico) fondato da Jean Madiran o
i redattori del settimanale Rivarol, del quindicinale Faits & Documents o
del bimestrale tradizionalista Fideliter, chi avrebbe difeso costoro,
regolarmente calunniati dal sistema, come “araldi della democrazia e della
libertà di espressione”? Certi giornalisti dunque valgono di più di altri e
certi cittadini hanno più tutela di altri: questa è l’égalité promossa dai
socialisti.
6.
Non è vero poi che il fondamentalismo islamico sia l’unico responsabile della
violenza e del male, mentre l’Islam sarebbe una religione di pace e di
progresso. La pace è la “tranquillità dell’ordine” (s. Agostino) e nell’Islam,
come tale, non ci può essere ordine, se si ammette, come ammettono tutte le
scuole islamiche, la poligamia, il ripudio, la lapidazione, l’aborto (seppur in
casi limitati), la confusione dello spirituale col temporale, etc. etc. Non è
solo il fondamentalismo ad opporsi al cristianesimo, ma altresì l’Islam
moderato: si pensi al rifiuto esplicito della Trinità nel Corano, alla
negazione della morte (redentrice) di Cristo in croce, alla superiorità dell’uomo
Maometto su Gesù, unico Figlio di Dio, al disprezzo per il celibato e la
castità, alla visioni materialistica del paradiso, alla negazione del libero
arbitrio, etc. San Giovanni Paolo II nei libri intervista ha messo in luce
chiaramente ciò che ha rappresentato la religione mussulmana nella storia delle
idee religiose: una involuzione.
7.
Non è vero poi che i cristiani debbano fare oggi una crociata contro l’Islam,
moderato o radicale che sia, simile a quelle giuste spedizioni medievali
bandite per liberare la Terra Santa. Noi cristiani, nell’amore universale che
deve contraddistinguerci (cf. Mt 5,43-48) e nella temperie atea del presente, dobbiamo
anzitutto difendere la fede, la morale, la Chiesa e la verità del Vangelo (cf.
CCC 1303). Con la parola, l’esempio, la predicazione, l’apostolato e la
militanza. Non si tratta di bandire crociate (senza cristiani…), ma di
evangelizzare e illuminare il mondo intero (cf. Mt 5,13-16), senza escludere né
i seguaci di altre religioni, né i seguaci delle moderne irreligioni.
Pubblicato il 10 gennaio 2015
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