di don Mauro
«Gli
omofobi, che lo siano in modo esplicito o implicito, necessitano di
venir curati, anche con la cultura. Il loro intendere gli amori
omosessuali è caratterizzato da ignobilità e viltà». Così recita
la didascalia al nostro video “Questa fobia è una abietta mania”.
La
Diocesi di Siri deve sopportare questi illuminati preopinanti alla
guida del Bene Comune, profeticamente eccelsi nello smantellare la
Concordia. Noi invece dovremmo lasciarci curare. Magari fosse così.
Ma perché allora la Sanità innalza e moltiplica di giorno in giorno
le sue tasse? Perché i soldi, anziché darli agli ambulatori
pubblici impegnati con malattie reali, li spendiamo per questi
quattro intellettuali, medici fittizi? Non è dato saperlo. Forse è
“contro natura” saperlo. E sia. Proseguiamo con la nostra
disamina di questo curioso corpo medico. E siamo al capitolo terzo,
“Genitorialità” (2.55 - 3.41). Ce ne parla Vittorio Lingiardi,
psichiatra e psicanalista.
Tra
l’altro, non vorrei essere offensivo, lo dico anzi con amarezza, ma
fino ad ora sembra che la difesa dell’ideologia omosessualista
spetti solo ad esperti di statistiche e di malattie mentali: vorrà
dire qualcosa? Genitorialità a noi!
Lingiardi
esordisce con una dichiarazione finalmente accettabile: «diventare
genitori non è un fatto esclusivamente biologico». Penso che
volesse dire: vi è una componente biologica ed una meta-biologica
(in quanto psichiatra nel mondo e del mondo, intuisco che per lui il
meta-biologico si limiti allo psichico, con buona pace dello
spirituale – ma forse mi inganno, e in ogni caso mi accontento).
Poi
però Lingiardi falla. A detta sua la genitorialità: «è una scelta
affettiva», con buona pace del momento fisico e fisiologico. E la
cosa dei gameti? E gli ovociti? E tutte quelle ore di terrore e
confusione per le verifiche di biologia al liceo?
Ma
è chiaramente un errore di dosi, quello del Lingiardi, un dissesto
di precedenze. Come la volta che mia madre mi disse di pensare al
bucato, ed io anziché un misurino di detersivo per 300 grammi di
vestiti, misi 300 grammi di detersivo per camicia. L’esito fu
doloroso alquanto. Così per la biancheria, e per i figli? Sono
indifferenti le primarietà? Chiediamolo alla mia trisavola: mal
gliene incolse quella sera nel granaio, nubile e senza lavoro. Ne
venne fuori il nonno, che è stato pure una brava persona, che ha
fatto pure cose belle, ma ciò non cancella il dato: il primo step
della genitorialità non fu affettivo, casomai passionale, e in ogni
caso biologicamente determinato (in barba a inconscio,
inconsapevolezza, ignoranza e beata gioventù). L’affetto dunque
venne in seguito e rimediò al malfatto (risultati in fondo più che
buoni, con riferimento a chi ora scrive), ma non fu sostanziale né
primario.
La
genitorialità non è anzitutto una scelta affettiva, ma uno stato di
legami che sbocciano da precise condizioni biologiche. Anche i
pazienti di Lingiardi, anche quelli mentalmente più rovinati, hanno
potuto in alcuni casi divenire genitori: ingravidare, partorire. Non
basta, è vero, ma è la base.
Quando
poi il genitore biologico manca di capacità affettivo-relazionali,
di valori, di carattere, ecco ovviamente costretti ad intervenire
psicologi, assistenti sociali, tribunali, comuni e istituti vari.
A
questo punto il bambino va affidato ad altri, genitori o no. «Un
adulto coscienzioso e capace di fornire cure, che sia etero o omo,
che sia uomo o donna, può essere un ottimo» educatore. Sì,
qualsiasi adulto maturo ed equilibrato, preparato e motivato, può
cimentarsi nel difficile compito di educare. Questo però ha a che
vedere solo in parte con la genitorialità, e non necessariamente con
quella biologica: ne sono esempio le centinaia di brefotrofi e
collegi gestiti da preti e suore fino a pochi decenni fa (e fuori dai
confini occidentali ancora oggi).
Ho
parlato però di “educatore”. Lingiardi invece sostiene che «un
adulto coscienzioso e capace di fornire cure, che sia etero o omo,
che sia uomo o donna, può essere un ottimo genitore».
E questo è un falso. L’omosessuale non genera nessuno, al massimo
riceve in affido il generato altrui.
Ma
il professore non demorde: la sentenza infatti non è sua bensì
della APA, quell’associazione che iniziò a depenalizzare il
giudizio sull’anomalia omosessuale, non in base a studi scientifici
di settore, ma su pressione politica e probabili tangenti delle
lobby. Viva le auctoritates.
E
si conclude. «Togliamolo allora il prefisso etero/omo dalla parola
genitorialità che in entrambi i casi può essere buona o cattiva».
Si consoli il Lingiardi, il prefisso etero/omo non va tolto per il
semplice fatto che non ce l’ho ha mai messo nessuno, se non forse
qualcuno del suo settore: tutti sanno che il genitore, colui che
genera, deve unirsi a un secondo genitore di sesso differente dal
proprio. I genitori non sono né omo né etero: sono un maschio e una
femmina. Eventualmente un gay e una lesbica. Ma pur sempre un maschio
e una femmina. Buoni o cattivi? Non dipende primariamente dal sesso,
anche se questo fattore viene a influenzare e pure pesantemente,
soprattutto le fasi di educazione alla sessualità. In ogni caso, lo
riconosco, è possibile avere buoni bambini nonostante pessimi
genitori; come anche buoni cittadini nonostante pessimi politici ed
intellettuali.
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