di Riccardo Zenobi

Nell’odierno dibattito culturale in occidente, quando non si parla di “diritti gay”, la scena è pressoché monopolizzata da certe figure, a metà tra lo scienziato e il filosofo, che dall’alto di una loro specializzazione si mettono a parlare di tutti gli argomenti “caldi” che si possano concepire; ovviamente a modo loro. Sto parlando dei sedicenti guru delle nuove generazioni, i “new atheists”: i vari Odifreddi, Onfray, Dawkins, Dennet, Hitchens, Hack e compagnia bella. Nonostante ognuno di essi sia specializzato solo in una materia, sia essa la matematica, la biologia o, nel caso di Dennet, la stessa filosofia, non esiste dibattito pubblico in cui non intervengano. Come detto, si occupano di tutti gli argomenti possibili, ma “a modo loro”, parlando spesso di religione. Ma mostrando un odio inviperito per tutto ciò che non rientra nelle loro teorie e una ignoranza imbarazzante su tutto ciò che non riguarda le loro teorie.

Nell’odierno dibattito culturale in occidente, quando non si parla di “diritti gay”, la scena è pressoché monopolizzata da certe figure, a metà tra lo scienziato e il filosofo, che dall’alto di una loro specializzazione si mettono a parlare di tutti gli argomenti “caldi” che si possano concepire; ovviamente a modo loro. Sto parlando dei sedicenti guru delle nuove generazioni, i “new atheists”: i vari Odifreddi, Onfray, Dawkins, Dennet, Hitchens, Hack e compagnia bella. Nonostante ognuno di essi sia specializzato solo in una materia, sia essa la matematica, la biologia o, nel caso di Dennet, la stessa filosofia, non esiste dibattito pubblico in cui non intervengano. Come detto, si occupano di tutti gli argomenti possibili, ma “a modo loro”, parlando spesso di religione. Ma mostrando un odio inviperito per tutto ciò che non rientra nelle loro teorie e una ignoranza imbarazzante su tutto ciò che non riguarda le loro teorie.
Il libro che veniamo ora a recensire, "The last superstition – a refutation of the new atheism", di Edward Feser1, intende appunto mettere in
luce come tutti costoro siano una massa di ignoranti totali a livello
filosofico, che piuttosto di controbattere in questo campo
preferiscono utilizzare argomentazioni “ad hominem”, sputando sull’avversario e caricaturandone le credenze.
Nella prefazione l’autore espone i due motivi principali per cui ha scritto il saggio: in
primis, è stato disgustato da come i new atheists trattano ogni cosa
che non rientra nel loro sistema come semplice “fede” intesa come
“volontà di credere senza argomenti”; in secondo luogo, è stato
disgustato da come certi scrittori religiosi o conservatori difendano
la “fede” stessa, accettando la definizione che viene data dai
primi. Il saggio vuole esporre come il nuovo ateismo e
la visione scientista e materialistica del mondo si siano generati da
un errore filosofico, il quale ha partorito dopo qualche secolo
l’ideologia liberal propugnata dai new atheists, con le conseguenti
applicazioni nella società occidentale e altre metastasi nel mondo.
Il primo capitolo intende fare il punto
del problema: i new atheists mostrano una ignoranza totale del pensiero
filosofico e della sua storia, ed è solo su questa ignoranza che può
fondarsi la loro pregiudiziale visione degli argomenti attinenti alla
religione e alla morale. Più che ad argomenti ricorrono a degli a
priori. Un fatto che lo mette in luce – esempio tra i tanti che
si potrebbero fare – è dato da come è stato accolto da questi
pensatori l’abbandono dell’ateismo da parte di Anthony Flew
(morto nel 2010), il quale fu investito da una valanga di insulti da
parte dei vari Dawkins & co., e che ebbe a dire “sono stato
denunciato dai miei compagni non credenti per stupidità, tradimento,
senilità e qualsiasi cosa si possa pensare, e nessuno di loro
ha mai letto una sola parola di cosa ho scritto”2.
E a giudicare dalle opinioni che gli stessi hanno della filosofia,
Feser puntualizza che questo non è limitato ai soli lavori di Flew.
Se questa ignoranza filosofica è grossomodo da attendersi in autori
come Dawkins e Odifreddi (che non sono filosofi), è inescusabile in
Daniel Dennet, il quale insegna filosofia in un college americano.
Più avanti nel libro ci si interroga sui motivi per cui anche in
ambienti accademici ci sia una ignoranza che porta al fraintendimento
di autori come Platone e Aristotele, e secondo l’autore un abbozzo
di risposta può venire sia dalla iper-specializzazione di molti
ricercatori, sia da come sono condotti gli insegnamenti su autori
premoderni, che quasi sempre vengono visti con gli occhi della
modernità, evitando in tal modo di comprendere cosa sostengono e
quale sia il senso delle loro argomentazioni. Nel libro, un esempio è
dato da come viene recepito l’argomento cosmologico: tutti “sanno”
che tale argomento per l’esistenza di Dio dice “tutto ha una
causa, quindi l’universo ha una causa, chiamata Dio”, e questo
argomento è facilmente rifiutato da “se tutto ha una causa, cosa
ha causato Dio?”. Tutto fila, tranne per il fatto che l’argomento
cosmologico non è quello che ho appena esposto (e che i new atheists spacciano come unica formulazione, mai sostenuta nel corso dei
secoli). Stessa cosa per i rapporti tra religione e moralità: tutti
“sanno” che la morale è una serie di comandi decisa
arbitrariamente da Dio sotto pena di finire all’inferno, se non
fosse che questa è solo una caricatura che nessun filosofo che
difende il rapporto della morale con la religione ha mai sostenuto.
I limiti di un articolo non mi permettono
di affrontare separatamente tutti gli altri capitoli (sono sei in tutto), e in questa sede non si possono trattare tutti i ragionamenti che
sono svolti; mi limito pertanto a dire che tutto il libro è una
panoramica storico-teoretica della filosofia, dalle origini greche
allo sviluppo medievale, per finire alla modernità; l’autore
mostra come siano perfettamente coerenti e fondati gli argomenti
classici della metafisica per quanto riguarda l’esistenza di Dio,
l’immortalità dell’anima e la legge morale naturale; come la
modernità sia una rivolta contro la filosofia aristotelica e il
realismo scolastico; che la “rivoluzione scientifica” non ha
avuto nulla di rivoluzionario che abbia portato a ripensare la
filosofia “classica” (mito questo che risale al XVIII secolo, e
che poi è diventato “retroattivamente vero”). In particolare, le
assunzioni filosofiche su cui riposa la scienza non negano la
causa finale e la cause formale, ma semplicemente le ignorano
perché semplicemente si è voluto così a tavolino. Non è un caso
che nel libro molto spazio viene dedicato alla spiegazione di cosa si
intende con causa finale e causa formale, per evitare fraintendimenti
(quando non vere caricature), i quali hanno portato (nella modernità)
a far nascere i problemi “classici” della filosofia: il
problema dello scetticismo, dell’induzione, dell’identità
personale, del libero arbitrio, dei diritti naturali e della moralità
in generale; l’ultimo capitolo è dedicato alla “vendetta di
Aristotele” nelle neuroscienze, e meriterebbe di essere riportato
parola per parola.
Un'ultima curiosità: un libro come
questo non sarà mai scritto in Italia. Qui, da parte dei credenti,
si preferisce fare ricorso al “dialogo”, al “dibattito”, al
“contributo degli atei alla fede”, tanto che le prefazioni dei
libri di Mancuso e di Enzo Bianchi sono scritti da ecclesiastici.
Negli Stati Uniti questo problema non sussiste, e gli pseudo-argomenti
dei nuovi atei sono trattati con le parole che meritano. Ma la
polemica è solo accessoria, il libro riposa tutto su una salda
argomentazione filosofica i cui passaggi sono ben mostrati dalla
prima all’ultima pagina.
1
Il suo blog è a questo link: http://edwardfeser.blogspot.it/
2
Nota 6 al capitolo 1 del libro in questione, che rimanda ad un
articolo di Stuart Wavell, “In the beginning there was something”,
The Sunday Times, 19 dicembre 2004
feser completamente distrutto qui http://wmbriggs.com/blog/?p=6079
RispondiEliminail libro e' buono solo per per far credere a chi e' gia' convinto di avere anche ragione
tsk...
Eliminahttp://edwardfeser.blogspot.it/2012/08/briggs-on-tls-and-tone.html
Sì, è vero, Cornelio Fabro ha scritto parole definitive contro l'assurdità metafisica, filosofica, logica dell'ateismo. Basti la sua monumentale “Introduzione all’ateismo moderno”.
RispondiEliminaNon conosco il testo recensito (ma me lo procurerò, grazie a Zenobi per la segnalazione). Però, in linea di principio, perché rinunciare ad apporti come questo, probabilmente adatto alla modestia intellettuale del mondo anglosassone, considerata anche l'assoluta inconsistenza, ignoranza e volgarità logico-filosofica (e spesso anche esistenziale) dei propagandisti dell'ateismo?
se il modo di rispondere alla volgarita' e alle inesattezze di personaggi come dawkins o odifreddi consiste nella volgarita' e nelle inesattezze filosofiche di fraser preferisco chi li ignora e si dedica a personaggi di spessore piu' ampio come ha fatto fabro.
RispondiEliminaPrego leggere questo
RispondiEliminahttp://www.uncrediblehallq.net/2009/02/25/review-of-edward-fesers-the-last-superstition-part-i-morality/
http://www.uncrediblehallq.net/2009/03/10/the-last-superstition-part-ii-ditching-aristotles-metaphysics/
Grazie molto,
HallQuist
Feser è un pessimo elemento per la causa apologetica, ha fatto suoi molti dei comportamenti fastidiosi dei "nuovi atei" che vuole criticare e alla lunga questo modo di fare sarà controproducente. In occasione di un raduno di atei Feser ha scritto nel suo blog che quella è una manifestazione di massa e tutte le manifestazioni di massa sono cattive. Un Dawkins potrebbe chiedergli cosa ne pensa allora delle Giornate Mondiali della Gioventù. Feser è un filosofo troppo arrabbiato per rendersi conto del danno che fa con le buone intenzioni di cui l'inferno è tappezzato.
RispondiEliminafeser lasci perdere i non filosofi come i nuovi atei dawkins e amici che non capiscono molto la filosofia e si confronti con veri filosofi dell'ateismo moderno che sconosciuti al pubblico generalista
RispondiEliminaThe Non-existence of God (Nicholas Everitt)
The Wisdom to Doubt (J.L. Schellenberg)
Objecting to God (Colin Howson)
Arguing about Gods (Graham Oppy)
God in an Age of Science (Herman Philipse)
Logic and Theism (Jordan Howard Sobel)
Arguing for Atheism (Robin Le Poidevin)
On the Nature and Existence of God (Richard Gale)
Nonbelief and Evil (Theodore Drange)
A Physicalist Manifesto (Andrew Melnyk)
Toh, quanti atei militanti e "colti" in questo sito cattolico. Se fossi la Redazione, ne sarei felice. Significa che è efficace.
RispondiEliminaPoi, come nota a margine: ho dubbi, molti dubbi che le Giornate Mondiali della Gioventù possano assere considerate "cattoliche"....
Certo Silente. Pensavo la stessa cosa un attimo prima di leggerti. (..delle Giornate Mondiali)
EliminaUna distinzione che genera molti equivoci è quella tra “classical theism” e “personal theism”, lo stesso Feser, collocandosi nel primo filone, vi dedica nel suo blog post estremamente interessanti.
RispondiEliminaI New atheist, facendo di tutta l’ erba un fascio, si accaniscono in realtà sull’ approccio “personal”, il più intuitivo, cosicché, Feser, da buon “classical”, ha buon gioco nel dire che costoro non sanno nemmeno di cosa parlano. Il dibattito intorno al concetto di “causa” è un buon esempio di questo corto circuito.
Un indizio che suffraga questa ipotesi è l’ inaspettata stima che Dawkins ha tributato a Richard Swinburne (un “personal” di rilievo). Forse sarà dovuta al fatto che è suo collega ad Oxford ma forse anche al fatto che con lui è potuto entrare più nel merito delle questioni anziché essere liquidato in partenza come un tale “che non ha capito niente” di cio’ che critica.