Non è vero che hanno arrestato il presunto assassino di Yara
Gambirasio, un colpevole certo già c’è ed è la famiglia. Questo, almeno,
ha lasciato intendere l’editorialista de La Stampa Massimo Gramellini che, facendo leva sulle oggettive particolarità di questo caso
di cronaca nera (il presunto assassino, sposato e padre tre figli, è
nato da una relazione clandestina da parte di un padre di famiglia)
ieri, trovandosi forse a corto di argomenti, ha scelto di avventurarsi
in una prolissa arringa contro l’istituto familiare. L’importanza di non
essere fraintesi né di mettere in bocca altrui pensieri mai espressi
impone di riportare integralmente il passaggio di “Bambini vittime dell’orrore di certe famigliole”,
l’articolo in cui l’apprezzato giornalista e scrittore ha messo nel
mirino la famiglia raffigurandola come una sorta di stanza degli orrori:
«La famiglia: luogo di convivenza forzata, culla e tomba di passioni, ma anche fabbrica di interessi e produttrice inesausta di misteri.
Come autore di un romanzo a sfondo familiare mi è capitato di
ritrovarmi depositario delle confidenze intime di lettrici e lettori che
mi hanno fornito un catalogo impressionante di tutte le meraviglie e gli orrori che la cellula della società umana riesce a produrre: complessi, rancori, scoperte tardive, agnizioni, invidie, gelosie e bugie, tantissime bugie. A fin di bene, a fin di male, a fin di niente. Si vive dentro una
bolla di non detti, si accumulano tensioni e illusioni e poi si
esplode, per fortuna non sempre con gesti da codice penale, ma in modi
comunque feroci che fanno vacillare le certezze. Ad esempio che ci si possa fidare almeno delle persone con cui si condividono le mura di casa».
Ora, dinnanzi ad una così evidente tendenza a generalizzare sarebbe
fin troppo facile ribattere ricordando la mole impressionante di
letteratura scientifica che da un lato attesta livelli più alti di
violenza interpersonale e di omicidi nelle coppie di fatto rispetto alle
coppie sposate (e quindi, direbbe Gramellini, in «convivenza forzata»),
e che, d’altro lato, spiega come il matrimonio giochi un ruolo
tutt’altro che irrilevante nel controllo e nella diminuzione di fenomeni
ritenuti socialmente devianti. Sarebbe facile – dicevamo -, ma meglio
astenersi, anche perché l’errore di coloro che vedono la famiglia come
una inquietante ed oscura «fabbrica di interessi» è più
generale e riguarda l’incapacità di distinguere l’istituto familiare in
quanto tale, coi suoi innumerevoli profili benefici ed il ruolo
insostituibile che riveste, e la famiglia nella quale crescono soggetti
devianti.
Si tratta di una differenza fondamentale, come del resto dimostra
l’intera letteratura criminologica. A partire dal celebre studio dei
coniugi Glueck i quali – focalizzandosi sull’eziologia della delinquenza
e monitorando per anni un campione assai vasto, composto da 500
minorenni in istituti di correzione e da altri 500 minorenni non
delinquenti simili però per età, facoltà intellettive e classe sociale –
arrivarono alla conclusione non banale ma intuibile che, fra i diversi
fattori che esercitano un ruolo chiave nella vita dei soggetti devianti,
spiccano l’inadeguatezza dei genitori, la poca coesione familiare e gli
scarsi o scadenti valori trasmessi (Cfr. Glueck S. – Glueck E. Delinquents and Nondelinquents in Perspective.
Harvard University Press, 1968). Tutti elementi che nulla dicono della
presunta pericolosità della famiglia ma, semmai, dell’importanza che
questa sia stabile e soprattutto guidata da genitori responsabili ed
equilibrati.
Diciamo questo – ovviamente – senza alcun riferimento, neppure
indiretto, verso quanti risultano a vario titolo coinvolti nella vicenda
della povera Yara Gambirasio, ma solo per sottolineare l’inopportunità
di associazioni fra questa storia, sulla quale peraltro dev’essere
ancora fatta piena luce, e prediche contro la famiglia; prediche
legittime, anche se quasi sempre destituite di fondamento. Come se pure
l’assenza della famiglia, in aggiunta ai casi di situazioni familiari
particolarmente difficili, non giocasse un ruolo chiave nel rischio di
condotte criminali, assenza che vale con riferimento alla figura materna
(si pensi agli studi di John Bowlby (1907 – 1990)) ed anche, se non di
più – come rilevato dagli stessi Glueck – a quella paterna (Cfr. U.S. Department of Health and Human Services, Washington, DC, 1993; Criminal Justice & Behavior 1978; Vol.14:403-26). Ma cosa importa, ciò che conta è che ogni occasione è buona, ormai, per sparare sulla famiglia.
http://giulianoguzzo.wordpress.com/2014/06/18/se-la-famiglia-diventa-il-vero-killer-di-yara/
Pubblicato il 19 giugno 2014
E che propone Gramellini concretamente? Di far concepire i figli in provetta, impiantarli in un utero in affitto e poi di farli crescere in brefotrofi pubblici? Oppure di vietare la procreazione e far estinguere l'umanità? Altre alternative alla famiglia non ne vedo.
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