di Paolo Maria Filipazzi
Fra le tante
“rubriche aperte sui peli del Papa” (per citare una vecchia
canzone di Battiato), tese ad esaltare ed esaltarsi su aspetti
secondari ed insignificanti ed a tralasciare i passaggi capitali del
pontificato, un avvenimento fondamentale è stato passato quasi come
notizia di servizio da dimenticare subito il giorno dopo: la visita
diplomatica del presidente russo Vladimir Putin in Vaticano.
Se è vero
che Putin non è il primo capo di Stato russo ad essere ricevuto da
un Papa, va detto che questa visita ha avuto poco dell’incontro di
routine. Con
l’elezione di Bergoglio al soglio pontificio, sembra infatti,
essere iniziata una svolta nella politica estera della Santa Sede.
Che Papa Francesco abbia voluto dare un nuovo slancio alla diplomazia
lo si evince già dall’avvicendamento alla Segreteria di Stato fra
il cardinal Bertone e monsignor Pietro Parolin, avvicendamento che ha
segnato il ritorno al secondo ufficio più importante della Chiesa di
un diplomatico di carriera. Conseguenza di questo “cambio della
guardia” è stato, da un lato, un drastico ridimensionamento del
coinvolgimento diretto nella politica interna italiana, che ai tempi
di Bertone aveva trascinato la Santa Sede in situazioni assai poco
edificanti, ed un ritorno della “competenza in materia” a tutti
gli effetti in capo alla Conferenza Episcopale. Dall’altro lato,
sembra essere in atto un rinnovato slancio del ruolo della Santa Sede
a livello internazionale.
Già prima
dell’entrata in carica di monsignor Parolin, questa svolta era
stata ben chiara in occasione delle isterie guerrafondaie del premio
Nobel per la Pace Barack Obama, ansioso di intervenire in Siria al fianco di Al Qaeda per abbattere il legittimo governo
laico del paese (misteri della psiche umana). Allora per il Vicario
di Cristo l’interventismo fu quasi obbligato: la posta in gioco era
anche la sopravvivenza stessa delle comunità cristiane in luoghi che
avevano visto il cristianesimo muovere i primi passi, un’esistenza
messa in serio pericolo dalla furia fondamentalista. Oltre alla
veglia di preghiera per la pace il 7 settembre, il Papa era entrato
in scena con tutto il peso del proprio ruolo, inviando proprio a Putin, impegnato in quei giorni a presiedere il G20
(nonché a tentare di scongiurare a sua volta le intemperanze
obamesche), una storica lettera che aveva rafforzato non poco il
ruolo del leader russo in quel frangente. E proprio sulla grave
situazione siriana si è registrata la convergenza fra il Papa ed il
Presidente anche nel corso dell’incontro in Vaticano.
L’ empatia
manifesta, però, agli occhi di chi non sia totalmente cieco, ha un
chiaro significato che va al di là delle contingenze storiche: alla
caduta del comunismo è seguito il vero e proprio miracolo del
ritorno della gran parte del popolo russo alla fede cristiana e del
ritorno della Chiesa ortodossa ad un ruolo di guida. Putin, da
statista quale è (al di là dell’autenticità della sua presunta
conversione su cui tanto si ricama), non ha potuto non tenerne conto,
così come non ha potuto non prendere atto di come il crollo
dell’Unione Sovietica sia dovuto precisamente ad un materialismo
che, negando Dio ed ogni valore spirituale e metafisico, nega alla
sua radice anche l’uomo ed ogni valore umano.
Da questo
consegue anche il suo atteggiamento verso l’Occidente e l’Europa.
In un recente discorso ha dichiarato: “I paesi euro-asiatici stanno
ripudiando le loro radici, persino le radici cristiane che sono alla
base della civiltà occidentale. Essi negano i principi morali e
tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e
financo sessuali. Stanno applicando direttive che parificano le
famiglie a convivenze di partners con lo stesso sesso, la fede in Dio
con la credenza in Satana.”
E’ ormai
del tutto compiuta una sorprendente e beffarda eterogenesi dei fini:
mentre l’ex impero comunista diventa un faro di civiltà,
l’Occidente assume sempre di più i connotati del nuovo Impero del
Male. La politica inaugurata dal Beato Giovanni Paolo II, che vedeva
Chiesa ed Occidente come strettamente legati, è ormai superata nei
fatti. L’eroica battaglia di Benedetto XVI contro il relativismo,
volta a puntellare e salvare dal crollo il pericolante Occidente, non
ha sortito gli effetti sperati. L’Occidente ha del tutto reciso le
proprie radici cristiane ed ha inalberato la bandiera di un’ideologia
che, prima di essere anticristiana, è innanzitutto anti-umana. E se,
almeno fino alla presidenza di George W. Bush, nella strategia
americana e quindi occidentale, la Chiesa cattolica rimaneva una
colonna ed un prezioso alleato in certe battaglie (anche se spesso
strumentalizzata), con la presidenza “solovieviana” di Obama
anche questo ultimo appiglio sembra caduto. E sembra essere sul punto
di avverarsi la lugubre previsione che il filosofo Massimo Cacciari
fa nella conversazione con Maurizio Blondet in apertura de “Gli
Adelphi della dissoluzione”, quando preconizza lo scontro mortale
fra Chiesa ed Occidente. Forse non è davvero peregrina l’ipotesi
di chi sostiene che dietro alla rinuncia di Benedetto XVI stia anche
la presa di coscienza dell’impossibilità di sostenere oltre il
ruolo di “katèchon”, di elemento frenante la degenerazione
occidentale. E che il suo successore abbia a sua volta ben presente
tutto questo e stia agendo di conseguenza. Sbaglierebbe però chi
pensasse che agire di conseguenza corrisponda alla resa del Papa e
della Chiesa. La Guerra Fredda è ormai solo un ricordo. Il mondo di
oggi è ribaltato. Ed il Papa lo sa…
Pubblicato il 02 dicembre 2013
Per gli ortodossi il Santo Padre è un impostore e un usurpatore. Non ci vuole solo cautela ma molta fermezza dottrinale per questo incontro, caratteri pregnanti di Benedetto XVI. Quella di Francesco mi sembra un'operazione più consona al suo stile da marketing e vendibilità del "prodotto", non diversa da altre sue uscite anarchiche.
RispondiEliminaNoi siamo cattolici apostolici romani, eredi di una tradizione ininterrotta, non siamo ortodossi. Se la rinascita del cristianesimo (anche quello riformato?) dovesse partire dalla Russia, cosa ne sarà della centralità petrina? Un vecchio rottame? Il Papa non è più Cristo in terra? Il Papa è un uomo, ma non è un uomo qualsiasi. Non si deve insistere così eccessivamente sulla quotidianità apparentemente banale della vita di un Papa. Spero che Francesco lo intenda presto.
Bisogna provarci a far cambiare idea agli ortodossi russi. E' necessario che si arrivi all'unità dei cristiani, anche se l'impresa può sembrare ardua. Papa Francesco non è un anarchico.
EliminaNel racconto di Soloviev il papato ha trasferito la sua sede in Russia. Ancora fino a pochissimi anni fa appariva come una previsione molto ardita e improbabile ... .
RispondiEliminaCredo che dovremmo uscire dai tentennamenti , ogni giorno che passa ci sono meno remore vedendo come hanno ridotto l'Italia e L'Europa:
RispondiEliminahttp://tinyurl.com/nnu5u8t