Tra i tanti disagi provocati dal
falso ecumenismo (su cui B. Gherardini, Controversie
conciliari, Lindau, 2013), c’è senza dubbio l’idea, diffusa un po’ ovunque,
che, tutto sommato, le differenze tra le varie confessioni cristiane, ovvero tra
l’unica Chiesa fondata da Nostro Signore sul Calvario, e le mille chiesuole
della Riforma, siano secondarie e superabili. Dunque in quello slancio d’amore
e di benevolenza a cui ci invita il Concilio, appare segno di apertura mentale
il far finta che queste differenze non ci siano proprio, o almeno che oggi non sussistano più. Con questa
logica al ribasso e in questa ricerca del minimo comune denominatore, anch’esso
sempre più basso e lontano da Dio, si sono organizzati in questi ultimi 50
anni, innumerevoli riunioni, conferenze ecumeniche, meeting sincretisti e
blasfemi, iniziative “spirituali” o caritative, teologiche e antropocentriche,
finalizzate a trovare punti in comune, al di là di quella fede e di quella
morale che inesorabilmente divide… Un esempio recente.
Il Corriere della sera del 21 novembre 2013 titolava con gran gioia:
“Anglicani, sì alle donne vescovo. E Cameron: Le voglio tra i Lord” (p. 25).
Potrebbe sembrare soltanto l’ennesimo giubilo da parte laica, per l’ennesima
contraddizione di parte ecclesiastica, ma la faccenda è più grave. E’ vero
infatti che laikoni nostrani sanno
bene che queste inversioni storiche possono solo produrre, a termine, nient’altro
che confusione e incertezza, vie maestre dell’ateismo da loro auspicato. Ma
sullo stesso identico tema, perfino il quotidiano della Santa Sede, alcuni mesi
fa, era del tutto arrendevole dinanzi alle continue apostasie delle chiese
riformate. Rivederlo oggi, alla luce della “storica decisione” del Sinodo anglicano,
ci aiuta, in prospettiva, a cogliere i limiti di una mentalità post-conciliare,
votata allo sconto, al compromesso, all’indulgenza perpetua (immeritata)…
Sull’Osservatore Romano (10.7.2013, p.6) era intitolato “Una questione
che continua a dividere” un articolo anonimo dedicato al “prossimo sinodo della
Church of England [la chiesa anglicana]” e alla “proposta sulle donne vescovo”.
Proposta che, poi, si è risolta con 378 favorevoli alle donne vescove e 8
contrari. La “divisione” di cui sopra però non è tra i cattolici, che per fedeltà
alla Rivelazione sanno bene che le donne per
volontà di Dio sono escluse dal ministero e dal conferimento dei
sacramenti, e gli eretici anglicani, che lo ignorano. Ma la divisione del titolo fa riferimento
all’ennesima frattura all’interno della chiesa fondata da Enrico VIII, tra i
più progressisti, che vogliono andare sempre avanti nell’abbandono della Bibbia
e di Cristo, e i conservatori (anglicani) che cercano, molto spesso vanamente,
di salvare qualche vestigio di cristianesimo e di moralità. “Un impegno a proseguire la
discussione, con l’auspicio di approvare in via definitiva una nuova proposta
sull’ordinazione delle donne vescovo entro il 2015: è questa la principale
novità scaturita dal sinodo generale della Church of England, che si conclude
oggi [il 10 luglio 2013] a York”.
Gli elementi maggiormente
stupefacenti dell’articolo sono 2. Anzitutto il fatto che la chiesa anglicana –
usiamo la minuscola per distinguerla dalla sola Chiesa che ha Cristo come Capo
e Istitutore – è considerata, a torto o a ragione non saprei, la più
“conservatrice” o almeno “moderata” nell’universo tetro e caotico delle chiese nate
dalla Rivoluzione protestante del XVI secolo. E dunque i più conservatori tra i
protestanti, e per il fatto stesso i meno lontani dal Cattolicesimo romano,
hanno deciso di approvare in via definitiva – indietro, in queste cose, non si
torna mai… – una norma del tutto folle, radicalmente antitetica, non solo alla
chiarissima volontà di Dio e del Vangelo, ma anche a duemila anni di
cristianesimo (non esclusi i 500 anni di scisma anglicano). Cambiare una
tradizione così universale, così salutare e così naturale (l’uomo e la donna
infatti hanno ruoli diversi nella creazione divina, cf. Mulieris dignitatem n. 10), significa ribaltare completamente ogni
tradizione e ogni costume secolare, favorendo uno spirito di ribellismo, di
illegalità e anarchia che porterà certamente i più dinamici “fratelli
anglicani” a dirsi: se abbiamo tolto, nel 2013 o 2014, perfino l’episcopato
maschile, perché non togliere ora qualcos’altro? Perché non sopprimere la
necessità del battesimo, o il valore ispirato della Scrittura, visto che molti tra
noi già non vi credono più? Insegna la sana antropologia, che minando il valore
della tradizione, specie in cose sacre e religiose, si incide fortemente
sull’immaginario collettivo, inclinando l’assetto non del passato che come tale
non può cambiare, ma del presente e del futuro. Favorendo altri spostamenti e
nuove conquiste, che poi si pagano a caro prezzo…
La seconda cosa, ancora più
scioccante se si riflette sulla natura eversiva e sovversiva di cambiamenti
epocali di questo tipo, è l’ostentata indifferenza dell’Osservatore per una decisione del genere. Sappiamo bene che, dopo
il Vaticano II, si è permesso di tutto in tal senso e non mancano affatto
fotografie e video – internet per questo verso funge bene da memoria collettiva
– di alti e altissimi prelati che pregano, dialogano, conferiscono con diaconesse, pastoresse e vescovesse
varie, in perfetta armonia, tolleranza, simpatia evidente. (Si parla perfino di
una episcopessa che sarebbe impunemente circolata nelle sacre aule dell’ultimo
Sinodo dei Vescovi, con tanto di talare nera e colletto romano, tra lo
sconcerto di alcuni, veri Successori
degli Apostoli!). Così per l’Osservatore, come se si stesse parlando di fare (o meno) il ponte
sullo stretto di Messina, “con una maggioranza di 319 voti contro 84, la
riunione dei delegati della comunità anglicana nel Regno Unito ha infatti
stabilito che quella dell’ordinazione delle donne vescovo ‘continua a essere
una questione urgente’. In sostanza, la nuova proposta sarà esaminata al
prossimo sinodo, che si terrà nel novembre 2013, ma come è stato puntualizzato
per l’approvazione finale occorrerà attendere il 2015”. Quindi si dà per
scontata, con indifferenza o larvata simpatia, la vittoria degli anglicani più progressisti
e più eretici, e l’ammissione di una norma che allontanerà ancor di più la
comunione anglicana dalla Chiesa cattolica e per il fatto stesso dalla
giustizia e dalla verità. E infatti, l’OR di luglio profetizza ciò che è
accaduto esattamente il 20 novembre u.s.: gli anglicani avranno le vescovesse,
ma parrebbe solo dal 2014. La chiesa anglicana in effetti,
dalla tragica separazione da Roma sulla scorta di Enrico VIII, Cramner ed
Elisabetta la sanguinaria, ha sempre più aggravato la sua situazione teologica
e dottrinale, fino al punto che Papa Leone XIII, nel 1896, ha dichiarato nell’Apostolicae cure, l’invalidità delle
ordinazioni sacerdotali anglicane, per difetto e di forma e di intenzione (cf.
Denz. 3315-3319). Cioè i sacerdoti anglicani, oltre ad essere eretici e
scismatici come ogni anglicano adulto (salvo i dementi), non sono affatto
sacerdoti e restano semplici laici: i loro sacramenti rimangono del tutto nulli
ed invalidi. Secondo l’OR, che sembra essere indifferente a ciò che scrive, la chiesa anglicana
“consente alle donna, fino dal 1992, di diventare sacerdote ma la consacrazione
episcopale è stata sempre negata sulla base di motivazioni teologiche.
Tuttavia, la pratica dell’ordinazione delle donne vescovo, anche di quelle
dichiaratamente omosessuali, già avviene, per esempio, all’interno della
comunità episcopaliana (il ramo anglicano negli Stati Uniti); oppure nelle
comunità anglicane di Australia, Nuova Zelanda e Canada”. Non si capisce allora
a che pro attendere il prossimo Sinodo della chiesa d’Inghilterra, se
si tratta di una prassi, quella del conferimento dell’episcopato alle donne,
già praticata in comunità importanti dell’anglicanesimo mondiale. Ma trovare
una logica tra i figli di Lutero, di Melantone e di Calvino è sempre stato
arduo e oggi lo è assai più di ieri: alle eresie dei grandi Fondatori infatti,
si sono via via aggiunte vere e proprie svolte storiche, soprattutto in ambito
bioetico, andanti sempre nel senso della modernità, del progressismo e del
secolarismo. Ma chi vuole piacere al mondo, per il fatto stesso si fa nemico di
Dio (cf. 1 Gv 3).
Il quotidiano vaticano parla
dell’“arcivescovo anglicano” Welby, omettendo che trattasi di arcivescovo per
modo di dire e non davanti a Dio, riportando, senza alcun commento, le sue
parole al Sinodo anglicano. Egli assicura del suo “impegno a ordinare le donne
vescovo esattamente sulla base di come avviene già per gli uomini”. “Si tratta
di andare avanti ancora un po’ – ha proseguito Welby – e di lavorare sulla
proposta, considerando che vi è stato un cambiamento di umore negli ultimi sei
mesi”. La fede legata agli “umori”… Tra l’altro regolarmente creati ad arte
dalla stampa laica e massonica che vuole a tutti i costi il sacerdozio
femminile. Da un lato gli atei anti-cristiani vorrebbero abolire il sacerdozio
visto come una ingiusta discrimanzione del laicato; ma dall’altro vorrebbero
introdurre nella Chiesa cattolica, che odiano come la peste, il sacerdozio
femminile: incoerenza? oppure sanno bene che introdotta la donna sull’altare
finirebbe per crollare anche l’altare? Come quelle lobby gay che odiano il
matrimonio cattolico, ma al contempo lo chiedono per gli omosessuali.
Incoerenti, o coerenti con la loro volontà di distruggere la famiglia come Dio
l’ha fatta?
In realtà, sia Paolo VI (con due
lettere all’arcivescovo di Canterbury nel 1975 e 1976) che Giovanni Paolo II (Ordinatio sacerdotalis, 1994), avevano
messo in guardia le varie comunità della Riforma dal compiere gesti così arbitrari
e antitetici alla volontà di Dio, il quale non si pente di ciò che ha stabilito,
e le cui promesse e i cui doni (come il sacerdozio maschile e il silenzio delle
donne in assemblea, cf. 1 Cor 14,34-35) sono irrevocabili.
Pubblicato il 23 novembre 2013

<< E i nemici della Chiesa ben sanno l'importanza vitale del sacerdozio, contro cui [...] dirigono prima di tutto i loro colpi, per toglierlo di mezzo e sgombrarsi la via alla sempre desiderata e mai ottenuta distruzione della Chiesa stessa. >> .Pio XI - lett. enc. "Ad catholici sacerdotii", 1935.
RispondiEliminahttp://www.vatican.va/holy_father/pius_xi/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19351220_ad-catholici-sacerdotii_it.html
Francesco S.
Ho gia' chiesto un su un articolo su "Chiesa e Postconcilio" a cosa andra' incontro il Coetibus Anglicanorum, che staccatosi per motivi di cui all'art. sopra, e cercata la comunione con Roma, qui si ritrova l'ecumenismo ora (ed in seguito,ormai se ne parla da molto tempo, di celibato dei preti - sacerdozio femminile "dove probabilmente ci sara' anche donne vescovo") ed in seguito si ritrova da dove ha lasciato. La fede in Cristo fin dove regge? c'e' ancora gente che non ha capito che il conciliabolo ha arrecato danni irreparabili? e magari non sa' piu' dove collocarsi per ritrovare il vero Dio? perche' ovunque si colloca trova solo eretici, pagani e senzaDio. I nemici della Chiesa di Cristo sono ovunque e soprattutto proprio dove non l'immagineremmo mai.
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