a cura di Ilaria Pisa
Il progetto imprenditoriale TUUM, fabbrica manifatturiera di gioielli,
nasce a luglio 2009 al confine tra Toscana e Umbria. I due fondatori, Michele
Alberti (classe 1970) e Simone Finocchi (classe 1973), sono entrambi
cresciuti a Sansepolcro (Arezzo), città nota per custodire preziose opere di
Piero della Francesca e per essere stata terra di pellegrinaggio di San
Francesco d'Assisi, cui venne donato l’eremo di Montecasale. Abbiamo avuto
l’opportunità di porre loro qualche domanda.
Tuum, una parola fortemente
evocativa per un cattolico: santificetur nomen tuum, adveniat regnum tuum,
diciamo nel Pater… Totus Tuus era il motto monfortano del Beato
Giovanni Paolo II. Come mai l’avete scelta per la vostra azienda?
Sulla scelta del nome, come del
resto sull'intero progetto, hanno influito in modo importante alcune
coincidenze molto particolari. La percezione che le nostre creazioni si
sarebbero rivolte ad un numero importante di persone ci stava guidando, per
necessità di renderci intelligibili a più destinatari possibili, ad utilizzare
un nome in lingua inglese... ma poi, leggendo e rileggendo il messaggio
impresso in rilievo sulla nostra prima produzione, ci siamo ritrovati davanti
agli occhi “TUUM”, come una spontanea rivelazione. La chiave del nostro lavoro era
già là! TUUM, tuo, quindi di tutti.
Come impresa, vi siete dotati di
una Carta dei Valori. La legislazione e la prassi dell’ultimo decennio ci hanno
abituati a “codici etici” di varia cogenza, adottati da enti o imprese private
come autoregolamentazione e/o pubblica dichiarazione d’impegno; il ruolo della
vostra Carta qual è?
Fare impresa non è cosa semplice,
in particolare in Italia, dove purtroppo la burocrazia da un lato, dall’altro
le tentazioni “malvagie” che si offrono all’imprenditore, sono una sintesi del
malessere economico che viviamo. In più, per fare impresa è necessario
affidarsi ad altre persone, occorre delegare, coinvolgere, avere fiducia... per
il bene di tutti noi abbiamo quindi voluto fortemente questa Carta dei Valori,
“forma e sostanza” di un progetto nato per gioco, ma ispirato ad un messaggio
di grandissimo valore. Ci siamo fermati a sette (rispetto, libertà, alterità,
solidarietà, responsabilità, legalità, creatività); forse potevamo aggiungerne
altri, ma la nostra maturità interiore all’epoca ha prodotto questo. Sono una
serie di concetti che ci permettano di ricordare chi siamo, da dove veniamo e
dove vorremmo andare.
Nel vostro sito campeggia una
bellissima citazione dall’Enciclica Sollicitudo rei socialis, scritta dal
Beato Giovanni Paolo II nel 1987. La riporto: “Lo sviluppo non può consistere
soltanto nell’uso, nel dominio e nel possesso indiscriminato delle cose create
e dei prodotti dell’industria, ma piuttosto nel subordinare il possesso, il
dominio e l’uso alla somiglianza dell’uomo e alla sua vocazione
all’immortalità” (n. 29) Fa piacere constatare che la Dottrina Sociale della
Chiesa non è ignota agli imprenditori: i fatti, a volte, lo farebbero supporre.
Grazie a Dio, sappiamo di non
essere gli unici ad osservare con rispetto e sensibilità certi valori.
Condividiamo l’amara riflessione che a volte, effettivamente, la prassi delle
imprese non lo renda così evidente. Tuttavia in noi vive una profonda fiducia
per un concreto cambiamento del settore: non dobbiamo dimenticare che si è
sempre uomini, anche quando si fa impresa, e questo senso di umanità deve
guidarci.
Nella medesima enciclica, il
Beato Giovanni Paolo II constata che “accanto alle miserie del sottosviluppo,
che non possono essere tollerate, ci troviamo di fronte a una sorta di
supersviluppo, egualmente inammissibile, perché, come il primo, è contrario al
bene e alla felicità autentica. Tale supersviluppo, infatti, consistente
nell'eccessiva disponibilità di ogni tipo di beni materiali in favore di alcune
fasce sociali, rende facilmente gli uomini schiavi del «possesso» e del
godimento immediato, senza altro orizzonte che la moltiplicazione o la continua
sostituzione delle cose, che già si posseggono, con altre ancora più perfette.
É la cosiddetta civiltà dei «consumi», o consumismo, che comporta tanti
«scarti» e «rifiuti». Un oggetto posseduto, e già superato da un altro più
perfetto, è messo da parte” (n. 28). Anche i gioielli incarnano il pericolo
descritto in questo passo? Non rappresentano essi un “superfluo” che rende
schiavi, un avvicinamento a Mammona piuttosto che a Dio?
Al contrario, TUUM trova una
delle sue massime espressioni e realizzazioni nella negazione della civiltà del
consumo e del possesso. Ogni nostro prodotto nasce come dono, quindi gratuità;
dono per l'anima, un dono potenzialmente perenne, un dono che ti accompagna
nella vita e che ben si dispone al passaggio generazionale (di padre in figlio,
da nonno a nipote). Abbiamo scelto il gioiello, un bene tanto strumentalizzato
dal consumismo, e ne abbiamo fatto un’occasione di riflessione per chi lo vede.
Grazie alla creatività (tipica di noi italiani!) siamo riusciti a valorizzare
l’incontro tra la nobiltà del metallo, un “frammento di madre terra”, e la
nobiltà del messaggio, dato che ogni gioiello riporta, impresse in rilievo, le
parole del Pater, dell’Ave, dell’Angele Dei...
Questo ci porta alle vostre
creazioni. Com’è nata l’ispirazione di “tradurre” la preghiera in un gioiello?
Qual è il significato di “indossare” una preghiera (senza che ciò degeneri in
esibizionismo o banalissima “tendenza”)? Mi permetto di citare ancora la Sollicitudo
rei socialis: “L'«avere» oggetti e beni non perfeziona di per sé il soggetto
umano, se non contribuisce alla maturazione e all'arricchimento del suo
«essere»”.
Per noi, è molto bello pensare di
aver dato gioia, e di continuare a darla, a migliaia e migliaia di persone che
tra le mani hanno un gioiello che può contribuire alla maturazione e
all'arricchimento dell’anima. Da quando lavoriamo in TUUM, ci sentiamo persone
migliori.
Trovo particolarmente suggestivo
che le fedi nuziali di vostra produzione rechino impressa la preghiera del Pater.
Immagino questo sia spia di una concezione del matrimonio piuttosto diversa dal mainstream utilitarista-modaiolo
che bada più alla lista dei regali e al regime patrimoniale, che al Sacramento.
Nella nostra fede nuziale, le
parole del messaggio sono talmente piccole che è difficile leggerle, è
un’autentica opera artistica di microscultura. Tuttavia sono lì, e rendono
l’anello un tributo a quella preghiera, oltre che un omaggio all’impegno della
persona che lo sceglierà per una promessa lunga tutta la vita. Crediamo che
quelle parole siano scritte, in qualche modo implicito, anche in tutte le altre
fedi... ma in quella di TUUM si possono “toccare”.
Mons. Piacenza, nel 2005, diceva
“la bellezza non è fine a sé stessa, ma strumento e modalità di espressione
dell’Essere. Ne è prova il fatto che la bellezza fine a sé stessa dopo poco si
corrompe e delude. Invece, se mantiene la sua relazione all’Essere, si rinnova
sempre”, in poche parole il tomistico “verum, bonum, pulchrum convertuntur”.
L’arte orafa fa eccezione?
Anche il gioiello di TUUM,
una volta indossato, porterà i segni del tempo... e sarà ogni giorno sempre più
bello, perché sempre più “tuo”. Noi due non siamo orafi professionisti, ma persone
“prestate” all'arte orafa per una “missione”. Sicuramente, nel campo
dell’oreficeria, abbiamo sensibilizzato l'attenzione sul tema della bellezza
non disgiunta dalla bontà.
Pubblicato il 01 giugno 2013



Sono davvero bellissimi :-) diciamo che sono i gioielli che aspiro a portare al collo, da cattolica praticante non mi interessa altro :-) Grazie a Ilaria per il bellissimo articolo :-)
RispondiEliminagrazie a te, dolce Stefania!
Eliminai gioielli sono lo sterco del demonio! dateci pane e lavoro invece.
RispondiEliminaveramente era il denaro ;)
Eliminasono a bocca aperta.
RispondiEliminada cattolico stra-moderato praticamente tendente all'agnosticismo inorridisco a vedere scritte, indossate ed ostentate (la pubblicità dell'azienda porta ad ostentare) testi di perghiere
avrei immaginato, da un sito come il vostro dove si disquisisce del tipo di copricapo del pontefice, fuoco e fiamme su questa tuum.....
«da cattolico stra-moderato praticamente tendente all'agnosticismo»
EliminaE allora che hai da rinfacciare ai cattolici veri? Pensa prima ad approfondire la tua fede, invece di fare il fariseo.
a me è parsa l'occasione per riflettere su a) la bellezza b) la DSC.
Eliminaquesti gli intenti.
«inorridisco a vedere scritte, indossate ed ostentate (la pubblicità dell'azienda porta ad ostentare) testi di perghiere»
RispondiEliminaE pensa che un tempo, la gioielleria cristiana comprendeva anche reliquie di Santi.
Comunque, da che esiste l'uomo, questi si è sempre fatto gioielli (inizialmente d'osso, conchiglia ed altri materiali "poveri") non solo a scopo estetico, ma anche a scopo cultuale, rituale ed identitario. Questi ipocriti pauperismi à la page lasciano – come sempre – il tempo che trovano.
non avrei saputo dirlo meglio!!
Elimina@Ilaria Pisa
Elimina"non avrei saputo dirlo meglio!!"
e su questo non ci sono dubbi
@Andrea Virga
facile concludere un ragionamento quando a me è impedito - tramite censura - di argomentare
Ovviamente commenti offensivi (sono stati e) verranno censurati.
RispondiEliminaNon capisco la ragione delle critiche. Le croci in oro e le medaglie della Madonna sono sempre esistite. Ora ci sono anche le preghiere. Cosa ci sarebbe di diverso?
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