C’era una volta il Corriere della
Sera. La più autorevole testata italiana, quella di Luigi Albertini, Mario
Missiroli, Giovanni Spadolini, Piero Ottone. Il quotidiano della borghesia
liberale, lombarda in particolare, di un establishment economico-sociale che
voleva essere classe dirigente a tutto tondo e dare, per così dire, il tono
all’opinione pubblica del Paese.
Provate a leggerlo oggi, il Corriere.
Non è tanto il caso di infierire sui contenuti del portale on-line, in
particolare sull’ineffabile blog “La 27esima ora”, del quale ci siamo già occupati
in più occasioni e che anche ieri confermava la propria fama di centrale di
propaganda dell’ideologia gender, presentando con
sicumera mirabolanti ricerche sull’alto grado di “felicità” dei “figli” delle
coppie omosessuali. Si sa: sul web si dà spazio un po’ a tutto, l’atmosfera è
più informale e può capitare di imbattersi anche in paccottiglia come questa,
per quanto essa sia forse più adatta al sito dell’Arcigay che a quello del
primo quotidiano italiano.
L’edizione cartacea – potrebbe
pensare un ignaro lettore – sarà tutta un’altra cosa, sarà sicuramente fedele
all’immagine di serietà, pacatezza e sobrietà che il Corriere della Sera, in
qualità di “giornalone” par exellence,
trasmette da sempre. L’ignaro lettore, sfogliando il quotidiano di ieri,
sarebbe rimasto rimasto senz’altro deluso. Si sarebbe per prima cosa imbattuto,
infatti, nell’articolo di tale Diego Marani, il quale ha pensato bene di
insolentire il Vescovo emerito di Roma, Benedetto XVI. Cogliendo al balzo
l’infelice battuta di un comico tedesco (“Papa Francesco parla solo in italiano
perché ormai questo è diventato la lingua dei poveri”), il nostro Marani – funzionario
della Commissione Europea e inventore di una lingua artificiale chiamata
europanto – si è lasciato prendere la mano e, in preda a una vera e propria
furia antiteutonica, si è lanciato in un’indignata requisitoria contro la
sgradevole durezza della lingua tedesca.
A farne le spese è stato il
povero – lui sì – Ratzinger, colpevole di esprimersi in un “italiano da
Sturmtruppen, dove ogni benedizione sembrava un rastrellamento”. Così,
testuale. Tanto terribili dovevano apparire queste benedizioni che proprio ad
esse e in generale all’accento teutonico era dovuta – ci assicura il Marani –
la nota “impopolarità” di Benedetto XVI, che ovviamente viene data per scontata.
Ora, non vogliamo fare i bacchettoni che non sanno apprezzare l’ironia,
anche perché in questo caso ce n’è veramente poca. Non c’è arguzia, né sagacia,
né brillante originalità in uscite del genere: c’è banale chiacchiera da bar,
per giunta rimasticata male. Ma soprattutto: ve lo immaginate il Corriere di
Luigi Albertini che si esprime in questi termini su Benedetto XV o su San Pio X?
Vi immaginate lo stesso Albertini che mette le pagine del suo quotidiano a
disposizione di un Marani qualsiasi, affinché questi possa scrivere le prime
cretinate che gli vengono in mente nel tentativo – chiaramente destinato al
fallimento – di riscattare la Patria rendendosi simpatico?
Continuiamo a sfogliare e troviamo l’articolo di Gian Antonio Stella, che si cimenta nello sport
nazionale più diffuso da qualche settimana a questa parte: criticare Beppe
Grillo. In sé, non ci sarebbe niente di male. E’ giusto sottolineare, come fa
Stella, quanto sia “rischioso giocare con la parola «tutti»”, quale sia il
pericolo di accomunare l’intera classe politica, senza distinzione alcuna,
sotto uno stigma negativo, quanto sia comodo e al tempo stesso irresponsabile scommettere
“sui fallimenti altrui”. Ma è stato proprio Stella a creare più di ogni altro l’état d’esprit, come dicono i francesi,
che ha consentito a Grillo di cavalcare lo scontento e la rabbia contro i
politici e di prendere il 25% dei voti. Insieme al suo collega Rizzo, ha
scritto un libro che ha fatto scuola addirittura nel titolo (“La Casta”), diventato
un vero e proprio tormentone fino alle recenti parodie feisbucchiane su “kasta contro
ggente”. Era comodo, allora, mettere alla berlina gli uomini politici per
indebolire la politica, rendendola più docile agli interessi così ben rappresentati
nell’azionariato del giornale milanese. Oggi, ci si accorge che il giocattolino
è sfuggito di mano. E allora il povero Stella corre ai ripari, un po’ come
Albertini nel 1922-3 di fronte a un fascismo prima vezzeggiato e poi temuto. Almeno
in questo, i borghesi del Corriere non sono per niente cambiati.
Pubblicato il 05 aprile 2013
e quindi?
RispondiEliminaquale sarebbe la colpa di Stella? di aver scritto un libro dove ha detto la verità?
no, dai, fammi capire...
ahahhahahahahahah mancini trpp dvrtnt!!!1!
RispondiEliminaStavolta Mancini poteva risparmiarsi di scrivere tutte le analisi banali che ha scritto. Capita...
RispondiElimina@ Anonimo delle 18.31
RispondiEliminaNo, erano delle verità.. ma può evitare di giustificarsi indirettamente o prendere le distanze dalla politica populista che ne è conseguita.
Il fatto che condivida le "verità" di partenza non vuol dire che debba condividere le soluzioni proposte da Grillo o il suo metodo!
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