Un libro di Giacomo Biffi
Alla chiusura del cosiddetto Sinodo dei giovani, il Papa, in un discorso a braccio, ha ricordato che la Chiesa è santa, pur avendo figli peccatori: «Noi figli della Chiesa siamo tutti peccatori, ma lei, la Chiesa nostra madre non va sporcata. È un momento difficile perché il grande accusatore tramite noi attacca la madre e la madre non si tocca». Il Sommo Pontefice ha anche parlato di “casta meretrix” a riguardo della Chiesa, ma l’espressione merita una spiegazione per evitare facili fraintendimenti o incomprensioni. È stato, infatti, il cardinale Giacomo Biffi ad avere chiarito la questione, precisandone ed evidenziandone i termini, mediante un libretto – esattamente quello che oggi poniamo all’attenzione di tutti –, in seguito inserito nel suo Liber Pastoralis Bononiensis.Se è sant’Ambrogio a definire la Chiesa come “casta meretrix”, tale ossimoro ritorna attuale – spiega Giacomo Biffi – grazie all’ambigua «utilizzazione di von Balthasar (in Sponsa Verbi, Brescia 1985)» (p. 5), tanto che Hans Küng afferma nel suo trattato su La Chiesa: «C’è solo una chiesa che èallo stesso tempo santa e peccatrice, una “casta meretrix”, come fin dall’epoca patristica la si è spesso chiamata».
Ed ecco il fraintendimento: per prima cosa, “casta meretrix” non significa che la Chiesa è, nel medesimo tempo, santa e peccatrice. In secondo luogo, sostenere che “fin dall’epoca patristica la si è spesso chiamata” in questo modo è un errore, poiché è solamente sant’Ambrogio, e non i Padri, a usare tale dicitura. Tale utilizzo, inoltre, avviene “ non spesso”, bensì una volta sola e, quindi – conclude Biffi –, «nessuno ha parlato di “casta meretrix” prima di lui, e nessuno dopo di lui, tra i Padri, l’ha imitato» (p. 7).
L’interpretazione esatta di “casta meretrix” non è, dunque, quella di definire la Chiesa santa e peccatrice, ma mostrare la sua santità: “ casta” indica la fedeltà a Cristo, mentre “meretrix” la disponibilità nei confronti di tutti per attirarli a questa stessa fedeltà. Rahab – scrive Ambrogio – «nel simbolo era una prostituta ma nel mistero era la Chiesa, congiunta ormai nei popoli gentili per la comunanza dei sacramenti» (In Lucam, VIII, 40). E ancora: «Rahab, che nel tipo era una meretrice ma nel mistero è la Chiesa, indicò nel suo sangue il segno futuro della salvezza universale in mezzo all’eccidio del mondo: essa non rifiuta l’unione con i numerosi fuggiaschi, tanto più casta quanto più strettamente congiunta al maggior numero di essi; lei che è vergine immacolata, senza ruga, incontaminata nel pudore, amante pubblica, meretrice casta, vedova sterile, vergine feconda» (In Lucam, III, 23).
Il Vescovo di Milano vede, pertanto, in Rahab, che si rende disponibile al progetto di Dio, una prefigurazione del mistero della Chiesa che accoglie i fuggiaschi – i nuovi figli –, quale segno della redenzione operata dal Verbo per tramite dell’Incarnazione redentrice. Rahab diventa, dunque, simbolo della Chiesa che si apre alle genti e, proprio perché assunta dal Cristo, lei stessa viene a essere santificata. Sembra suggerire sant’Ambrogio: più uno rimane unito a Cristo più si santifica per mezzo della Chiesa.
«Nel suo significato originario, dunque – conclude Biffi, mostrando il giusto metodo con cui la teologia dovrebbe ricercare la Verità –, l’espressione “casta meretrix”, lungi dall’alludere a qualcosa di peccaminoso e di riprovevole, vuole indicare – non solo nell’aggettivo ma anche nel sostantivo – la santità della Chiesa; santità che consiste tanto nell’adesione senza tentennamenti e senza incoerenze a Cristo suo sposo (“casta”) quanto nella volontà di raggiungere tutti per portare tutti a salvezza (“meretrix”). E non appartiene ai Padri ma al solo Ambrogio, che nella spregiudicata libertà della sua fede l’ha coniata coll’unico intento di esaltare la Sposa di Cristo» (p. 13).
Pubblicato il 31 ottobre 2018

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