René Laennec era nato a Quimper in Bretagna nel 1781, orfano di madre a cinque anni, viene affi-dato ad uno zio medico che abita a Nantes, da lui riceve la vocazione per la scienza medica. Non studierà molto nelle università, ma farà direttamente apprendistato presso gli ospedali e nel servizio sanitario dell’esercito napoleonico. Riesce a laurearsi nel 1804, ma si rende conto che la medicina nei suoi tempi è arretrata. Non esiste ancora l’anestesia, non sono neppure conosciuti i microbi come causa delle infezioni, e i medicinali più comuni come l’aspirina, dovranno attendere ancora un secolo prima di venire scoperti ed utilizzati.
René diventa presto un medico esperto e richiesto dalla clientela ricca, ma non dimentica che i poveri soffrono le stesse malattie dei più abbienti, e il loro corpo, i loro organi non differiscono in nulla da quelli degli aristocratici.
Dal 1803 infatti, Laennec si avvicina alla fede e fa parte della congregazione Sancta Maria Auxi-lium, fondata a Parigi da padre Delpuits. La medicina per René non è solo applicazione di scienze e tecniche, ma di volontà e spirito, che può far crescere le proprie virtù. Le sue intenzioni ed il suo esempio si diffondono ed arrivano alle personalità più famose. In quel tempo il Papa Pio VII si trova in Francia, ospite nel castello di Fontainebleau ma in realtà prigioniero dell’imperatore Napoleone. Forse il pontefice avrà occasione di incontrare il dottore bretone, infatti lo definirà “medicus pius”. La pietà è la colonna portante della medicina, che così diventa un dovere di carità scelto vo-lontariamente e che va adempiuto in maniera completa, come una vocazione ed un ordine sacerdo-tale.
Sarà stata una grazia, un’illuminazione divina? René pensa a come avviene l’auscultazione dei battiti cardiaci; o testando il polso del paziente, oppure appoggiando l’orecchio direttamente sul suo petto o sulla sua schiena. Posizione scomoda, si sente poco, e il curante rischia pure di essere contagiato da qualche malattia. Laennec dapprima usa dei semplici fogli di carta arrotolati a tubo, ma poi prende dei pezzi di legno di cedro ed ebano che riesce a tornire egli stesso. Diventano così canne lunghe una trentina di centimetri, con un appoggio piatto per l’orecchio. I battiti cardiaci sono chiari e distinti, nasce così un nuovo strumento medico, lo stetoscopio, che in greco significa “esplorazione del petto”. Al momento l’utilità è distinguere le malattie cardiache da quelle polmonari, ma più tardi con l’invenzione dello sfigmomanometro sarà indispensabile per la misurazione della pressione sanguigna.
Come ogni nuova e utile invenzione, lo stetoscopio verrà contestato dai “baroni” della medicina, ma il principio così semplice dell’amplificazione del suono è apprezzato non solo in campo medico; il valorizzatore del cattolicesimo francese, lo scrittore Chateaubriand diventa un fautore e propagandista di questo strumento.
Oltre ai trattati di medicina tra le sue carte ci sono profonde meditazioni morali e religiose:
“Per seguire Gesù Cristo, bisogna imitarlo via in exemplo; è necessario che la sua vita sia il modello della nostra, che i suoi precetti diventino la regola invariabile delle nostre azioni e dei nostri pensieri, che i suoi consigli siano costantemente presenti nel nostro spirito, come il mezzo per arrivare alla perfezione verso la quale dobbiamo tendere sempre, anche quando la nostra debolezza sembra impedirci di arrivare al massimo”.
René Laennec aveva inventato il modo per sentire il cuore degli eseri viventi, ma sapeva ascoltare soprattutto la voce del proprio.
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