O di come non stanno le cose
«There is no heaven; it's a fairy story»
Stephen Hawking
Spero che Stephen W. Hawking abbia qualche nemico in questo mondo. Perché,
ora che è nell’aldilà, tutti qui lo lodano. Ora, abbiamo per forza di cose
tutti sentito quanto fosse geniale il povero Stephen W. Hawking.
Indubbiamente è stato un grande fisico e molto probabilmente il maggiore
esperto di quelli che la scienza ipotizza essere i “buchi neri”. Affari che
io non ho ben capito se esistano o no, visto che, in fine, prove empiriche
non ce ne sono. Indubbiamente è stato un uomo micidialmente malato.
Mirabilmente dotato di estrema resilienza. In ogni caso, per me rimane il
povero Stephen Hawking, uomo estremamente confuso sui principi ultimi
dell’Universo. Quando si tratta, infatti, di avere uno sguardo di insieme
sul reale, non è possibile pretendere di proporre una teoria olistica, come
la sua “Teoria del tutto”, a partire unicamente dalla fisica, che è
essenzialmente scienza della parte. Perché il reale non è solo fisico e il
mondo fisico è parte del mondo reale. Le scienze particolari, per di più,
non indagano sé stesse, non ne hanno i mezzi. La botanica, ad esempio,
studia i vegetali, ma non può studiare sé stessa, perché non è una rapa. La
scienza che si occupa dell’intero (compreso se stessa), di cui fa parte
tutto, è solamente la metafisica, negata la quale è preclusa la conoscenza
stessa del tutto.
Per questo motivo alcuni hanno definito la pretesa di questo astrofisico,
scomparso pochi giorni fa a 76 anni, una colossale truffa, perché – cito
Marco Respinti (Nbq)– «per lui Dio è solo un trucco: attribuire quel nome a ciò
che altro non è se non l’Universo stesso. E’ la grande “truffa” che ha
accompagnato il pensiero di Stephen W. Hawking».
D’altra parte fu proprio questo oracolo del miracoloso “Multiverso”
(sosteneva fra l’altro che non esisterebbe un solo Universo – qualche
scienziato a questo punto però dovrebbe verificare anche come fa lo
scienziato Hawking a verificare che esistono altri universi fisici oltre a
quello in cui verifica lui) a dire al modo varie affermazioni generalmente
su questo tono: «I regard the brain as a computer which will stop working
when its components fail. There is no heaven or afterlife for broken down
computers; that is a fairy story for people afraid of the dark». Per farla
breve: la sua “Teoria del Tutto” espone un Universo che si spiega da sé
attraverso le proprie stesse leggi. E con ciò possiamo già esser sicuri di
una cosa: questa Teoria non è una teoria ma un’ipotesi, perché le teorie
sono provate e non mi pare che nessuno abbia ancora provato che l’Universo
in cui viviamo (figuriamoci gli altri) si spieghi da sé. Ma sostenere che
l’Universo si spiega da sé, presuppone che 1. si crei da solo, o si
ingeneri e 2. che Dio è superfluo. Infatti, secondo Hawking sarebbe la
gravità stessa a generare l’Universo, anzi, la sua mera esistenza
produrrebbe l’Universo. Con ciò io non ho capito su cosa diamine gravi la
gravità prima dell’essere dell’Universo fisico da essa generato, ma
pazienza, non sono un astrofisico.
Ora, si badi bene, non l’ho definito confuso per giudizio temerario, ma
perché l’ateo Hawking si è sempre professato oltretutto panteista, come
dimostrato nella sua opera “Il grande disegno”. Per cui, non so se sia
altrettanto per gli scienziati, ma a me la cosa pare contraddittoria: o Dio
esiste come ente assoluto dal mondo fisico che Egli stesso ha creato,
oppure non esiste, e soprattutto, se non esiste, non può nemmeno coincidere
con la creatura (autocreatasi?), in quanto dovrebbe primariamente essere.
Mi sembra evidente l’insostenibilità intrinseca del discorso.
Ora, a parte che, come sappiamo, la fede non è opposta alla ragione, perché
entrambe sono forze epistemiche che lavorano per lo stesso obiettivo, che è
la ricerca della verità, anche se secondo aspetti e procedimenti
conoscitivi differenti, rimane il problema di fondo, che è sempre e sempre
sarà il problema dell’essere e della sua esplorazione.
L’uomo per natura conosce e per conoscere bisogna necessariamente che
conosca l’essere. Spero che siamo d’accordo su questo. Dunque,
l’esplorazione dell’essere, che è immenso, può avvenire, si può dire, in
due direzioni, una verticale ed una orizzontale. Entrambe certamente
importanti.
La prima cammina in superficie e studia tutte le cose, fra cui anche
l’essere umano, nei loro caratteri esterni e verificabili. Cerca ciò che
differenzia le cose fra loro. Si occupa delle quantità. Studia e controlla
i fenomeni.
Questa è l’esplorazione dello scienziato, o fisico, che studia le leggi
naturali che regolano le cose, le piante, i gravi e il movimento, perfino
quello delle stelle. Ma questa ricerca non riguarda – non dovrebbe mai
riguardare! – l’essere in quanto tale.
Il secondo approccio all’essere, invece, scende in profondità (e
nell’intimo), cerca ciò che unifica, ha di mira la qualità dell’essere, non
controlla empiricamente, perché ricerca la sostanza e il perché, i principi
primi e le cause ultime. A questa ricerca delle radici delle cose attende,
appassionato quanto il fisico, il metafisico o filosofo. Il filosofo non si
interroga su questo o quell’ente in particolare, non calcola l’esattezza o
meno di determinati fenomeni, il suo obiettivo è conoscere in profondità le
cose. Il suo quesito è di rilevanza universale, perché si occupa
dell’intero, che è il tutto, non solo come somma delle parti, ma anche
comprensivo dei legami che lo fanno essere come è tenendolo insieme.
Questa è la perenne attualità della metafisica, che non potrà mai essere
sostituita dalla fisica. Né un fisico come Hawking, né uno migliore o
peggiore di lui, potrà mai risolvere i grandi enigmi che assediano l’uomo
da ogni parte.
Ora l’astrofisico ha la prova provata, in quanto testimone oculare, di come
stanno le cose. A me sembra solo di sapere come non stanno, e cioè come ha
detto lui, per quanto abbia veduto milioni di copie. Spero solo che in
questo mondo abbia almeno qualche nemico, perché se ha convinto i milioni
di amici che Dio è una favola per chi ha paura del buio, chi diamine
pregherà per lui?
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