di Paolo Spaziani
Alcuni di voi certamente conoscono Ross Douthat, giornalista statunitense di 37 anni, editorialista del New York Times e autore di alcuni volumi che hanno suscitato un discreto interesse negli Stati Uniti.
Nell’ottobre del 2015 Douthat è stato al centro di un attacco da parte di alcuni intellettuali del mondo cattolico progressista per un articolo pubblicato sul New York Times in cui lo stesso Douthat esprimeva le proprie perplessità sul pontificato di Papa Bergoglio. Nei giorni successivi l’intellighenzia progressista si mise in moto e produsse una lettera aperta in cui si ricordava al direttore del New York Times che Douthat non aveva alcuna qualifica professionale per scrivere di questi temi e nemmeno per accusare alcun membri della Chiesa di eresia.
Tra i promotori dell’anatema contro Douthat vi era anche Massimo Faggioli, esponente di quel cattolicesimo democratico sempre pronto a prendere le difese di Papa Bergoglio e attaccare coloro che osano semplicemente esprimere perplessità. Douthat non è però tipo da farsi intimidire facilmente, la sua storia è la dimostrazione di un percorso personale certamente non banale: nato da una famiglia episcopaliana, aderisce agli evangelici, per poi convertirsi al cattolicesimo all’età di diciassette anni. Nel 2013 Douthat ha vinto il “Christianity Today Book Award” per il suo volume dal titolo “Bad Religion. How we became a nation of heretics”.
Purtroppo il lavoro di Douthat non è mai stato tradotto in italiano, pertanto mi sono fatto coraggio e ho intrapreso la corposa lettura in lingua inglese. L’assunto da cui parte l’autore è originale: gli Stati Uniti rimangono un paese profondamente religioso, tuttavia un gran numero di americani ha aderito ad una “cattiva religione”, una propria versione di cristianesimo, abbandonando la sana dottrina in favore di una religione che esalta il proprio ego e indulge, se non addirittura celebra, i propri istinti peggiori. Questa fede fai da te è celebrata da politici, religiosi ed esponenti della cultura pop e molti di questi “predicatori” si definiscono cristiani. Il bersaglio principale di questa pseudo-religione è la persona di Gesù Cristo, sostituita nei cuori e nelle menti da una figura più congeniale chiamata da Douthat “Scegli il tuo Gesù”, che meglio si adatta ai nostri preconcetti circa come il Salvatore del mondo dovrebbe o non dovrebbe essere.
Negli Stati Uniti, scrive Douthat, l’insegnamento cristiano sull’unicità e preziosità di ogni essere umano è stato messo in discussione dai guru dell’amore libero e dell’autorealizzazione e a farne le spese è stata la concezione stessa del peccato originale. Eliminando ogni conseguenza ultima delle proprie azioni, la religione è diventata una licenza per il proprio egoismo, facilmente utilizzata per giustificare ciò che è ancora da considerarsi un peccato mortale. Il risultato è una società dove la vanità si è trasformata in “auto miglioramento”, l’orgoglio in una “salutare considerazione di sé”, mentre l’adulterio in “segui il tuo cuore”.
Douthat precisa che gli Stati Uniti sono da sempre un paese di eretici, con la differenza che in passato l’eresia non ha mai avuto campo libero. La potenza, la creatività e la resilienza della fede del popolo americano hanno sempre consentito in passato di contenere l’eresia in specifici movimenti o in fenomeni isolati. Per decenni l’ortodossia cristiana ha rappresentato il fiume dove confluivano anche i più piccoli rivoli della fede americana.
Secondo Douthat la rivoluzione sessuale e il mito del benessere economico hanno minato le basi dell’ortodossia, facendo credere alle persone che avrebbero potuto vivere serenamente e in libertà ignorando le parti “scomode” della dottrina. “Ogni argomento circa il cristianesimo, scrive Douthat, è in fondo un argomento circa la natura divina di Gesù Cristo. Le nostre eresie quotidiane sono tentativi di cancellare una parte del messaggio di Gesù, quella parte che consideriamo di intralcio”.
La tendenza all’eresia evidenziata da Douthat è stata fomentata dai fautori della prosperità e del sentimentalismo terapeutico e su questo punto Douthat cita la presentatrice Oprah Winfrey come esempio di predicatrice dell’individualismo più esasperato. Nelle conclusioni del libro, intitolate “The recovery of Christianity”, Douthat sottolinea come solo una vigorosa rivalutazione della sana dottrina e della dimensione pubblica del cristianesimo possano risolvere la situazione di confusione religiosa in cui oggi si trovano gli Stati Uniti. Il volume di Douthat guarda con attenzione specifica alla situazione degli Stati Uniti, ma buona parte delle riflessioni generali trovano certamente riscontro anche nel contesto europeo e italiano. Per questo la lettura del libro è consigliata, sperando in una traduzione in italiano del testo. Il volume termina con un sentito appello personale di Douthat: “chi cerca la perfezione dovrebbe iniziare a cercare la perfezione della propria anima. Chiunque intendesse salvare il proprio paese dovrebbe prima cercare di salvare se stesso. Cercate prima il Regno di Dio e la Sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta (Matteo 6, 24-34)”.
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