di Giuliano Guzzo
«Noia, sesso stanco, litigi per i
figli: le coppie omo e eterosessuali si assomigliano nella crisi ma le prime ci
mettono più impegno per risolverla e restare uniti. È questa la traccia della
conferenza “La famiglia omogenitoriale: nuovi orizzonti, nuovo benessere”» si
legge sul sito de LaStampa.it in un pezzo firmato da Alessandra Di Pietro che
francamente somiglia tanto ad uno spot alle “famiglie arcobaleno”, le quali –
oltre che maggiormente equilibrate – risulterebbero pure l’ambiente ideale per
la crescita dei figli, dal momento che in queste, rispetto alle famiglie
vintage composte da papà e mamma, si riscontrerebbe «una maggiore comunicazione».
E’ proprio così? L’articolo in questione, volto a presentare una conferenza il
cui citato titolo – “La famiglia omogenitoriale: nuovi orizzonti, nuovo
benessere” – tradisce analogo trionfalismo targato LGBT, non sembra lasciare
margine a dubbi, eppure una sua lettura minimamente attenta fa sorgere il
sospetto che, forse, si sarebbe dovuti essere più cauti.
Nel testo si trovano infatti appena
due rinvii a ricerche che dovrebbero definitivamente sdoganare quell’incompresa
– dai bigotti, s’intende – meraviglia che è la “famiglia arcobaleno”. Il primo
è a un elenco di studi corposo ma privo di qualsiasi spiegazione – ma la
quantità non è qualità -, il secondo è ad uno studio italiano (Sexuality
Research and Social Policy 2015, Vol.12;1) realizzato su 40 genitori
omosessuali e 40 eterosessuali, con campionamento di convenienza [1], che non
consente – né potrebbe farlo – alcuna valutazione generale, e senza considerare
fattori decisivi come per esempio classe sociale e quindi possibilità
economiche: «There were important limitations to our study», ammettono gli
stessi autori. Ma per il barbaradursismo imperante – e per i tanti giornalisti
che ne sono campioni – questo conta zero, così preparatevi pure a leggere
ancora, e a sentirvi ripetere, che «tutti gli studi» dicono che mamma e papà
sono ferri vecchi e che – come direbbe l’hippie interpretato da Verdone in “Un
sacco bello” – è l’amore che vince, perché finisce sempre così.
[1] Viene chiamato campionamento di
convenienza perché «legato alla semplicità dell’estrazione, o al basso
(inesistente) costo di estrazione»: Levine D.M. – Krehbiel T.C. – Berenson
M.L., Business Statistics, Pearson 2006 (trad.it Statistica, Apogeo 2006,
p.221); nello specifico, i “genitori omosessuali” partecipanti a questo studio,
non scelti casualmente fra la popolazione, sono stati reclutati direttamente –
si legge nell’articolo – presso l’«Italian Rainbow Family Association».
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