di Salvatore Cammisuli
Non
sapevo che esistesse ancora «Miss Italia»
e probabilmente avrei continuato a vivere serenamente in questa
ignoranza se sulle piattaforme sociali (per gli anglofili, social
networks)
non si fossero scatenate due polemiche dopo l’elezione dell’ultima
miss.
La
prima polemica riguarda la stessa eletta, una diciottenne della
provincia di Viterbo, ragazza bella ma non bellissima, a detta dei
detrattori. Ma in fondo questa è una polemica consueta: tutte le
ragazze dicono che, dài!, non è poi così bella, e i fidanzati non
possono smentire, per la loro incolumità. Diversi hanno notato che
la nuova Miss ha i capelli corti e – dicono – questo la fa
sembrare un maschio. Da brutto reazionario posso dire che comunque
una miss che sembra
un maschio è comunque meglio di una miss che è
un
maschio. En
passant:
un vecchio articolo del regolamento di Miss Italia prevede che le
candidate siano femmine dalla nascita. Non so se la regola è già
stata «superata», come si dice in questi casi.
Polemica
più interessante è quella sui gusti storici della neoeletta miss.
Alla domanda del giurato Claudio Amendola, attore dei Cesaroni
(capite già la gravità dell’argomento) su quale fosse l’epoca
storica in cui sarebbe voluta vivere, la eligenda miss,
nel suo costume da bagno,
ha
risposto che sarebbe voluta vivere nel 1942 «per vedere realmente la
seconda guerra mondiale, visto che i libri parlano pagine
e pagine,
beh la volevo… vivere». Apriti cielo!
Ora,
mettetevi nei panni di questa povera liceale (metaforicamente,
intendo dire): i suoi compagni di classe che s’interessano di
politica si spaccano tra fascisti e comunisti. L’imprescindibile
valore politico gelosamente custodito delle Vestali del politicamente
corretto è l’antifascismo. Intorno alla guerra si appuntano tutte
le solennità del calendario liturgico civile (25 aprile, 2 giugno) e
incivile (10 febbraio). Ogni anno per una settimana la scuola e la
televisione di Stato la martellano con le storie degli ebrei e dei
partigiani perseguitati dai fascisti.
La
stessa parola «fascista» è l’ultimo insulto rimasto nella
società del pluralismo e del capriccio elevato a diritto – ed è,
del resto, un insulto polifunzionale: si può applicare a tutto.
Hitler, uno dei tanti criminali di quel romanzo splatter che è stata
l’ultima coppia di secoli, le è stato presentato fin dalle fasce
come l’archetipo del Male; il genocidio degli ebrei, una delle
tante ecatombi celebrate sugli altari delle ideologie, le è stato
spiegato come il Massimo Crimine della Storia; i partigiani le sono
stati raccontati come i migliori paladini del Bene mai apparsi sulla
terra… permettete che un po’ di curiosità le venga?
E
del resto, quale altra epoca avrebbe dovuto scegliere? È esistito
qualcosa prima della seconda guerra mondiale? La memoria – a
maggior gloria della Rivoluzione – è stata soppressa. Nella mente
dei liceali il passato è una piatta brughiera. Un amico m’ha
raccontato che, spiegando a uno studente l’editto di Tessalonica
(anno di grazia 380), si è sentito domandare: «E dopo che c’è?
Hitler?».
Il
passato è come il nonno lasciato alla casa di riposo: sappiamo che
esiste ma è meglio lasciarlo dov’è perché tanto è noioso e non
serve a niente. Sia chiaro, ci sono le eccezioni: quand’è il
momento di attaccare i cattolici, ad esempio, tutti si ricordano che
i Crociati facevano le guerre per convertire i Mori, che Galileo
Galilei è stato torturato e messo al rogo, che l’Inquisizione nel
Medio Evo bruciava gli eretici, le streghe e, secondo gli ultimi
aggiornamenti, gli omosessuali.
Il
resto non esiste: i cattolici a un sondaggio su quali sono stati i
due papi del Concilio Vaticano II possono rispondere Giovanni Paolo
II e Benedetto XVI, secondo i partecipanti a un quiz televisivo Ezra
Pound ha visitato l’Italia nel 1979 e così di seguito seguitando:
a meno che non ci sia da resuscitate Lutero per dedicargli una
piazza, tutto è appiattito sulla contemporaneità. Il passato è
stato abrogato. Amen.
Post
scriptum: a dire la verità, la miss
ha aggiunto un dettaglio: «tanto so’ donna: il militare non
l’avrei fatto, sarei stata a casa!». Il maschio va alla guerra e
la femmina resta a lavare i piatti: limpido esempio di pregiudizio di
genere. Urge un piano straordinario del Ministero dell’Istruzione
per la rieducazione gender in tutte le scuole di ordine e grado. Per
la storia si può aspettare.
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