di Riccardo Zenobi
“Quando parlo del prossimo, la mia bocca nel servirsi della lingua è da paragonarsi al chirurgo che maneggia il bisturi in un intervento delicato tra nervi e tendini: il colpo che vibro deve essere esattissimo nel non esprimere né di più né di meno della verità. Un'ultima cosa: pur riprendendo il vizio, devi fare attenzione a non coinvolgere la persona che lo porta. Ti concedo di parlare liberamente soltanto dei peccatori infami, pubblici e conosciuti da tutti, ma anche in questo caso lo devi fare con spirito di carità e di compassione, non con arroganza e presunzione; tanto meno per godere del male altrui. Farlo per quest'ultimo motivo è prova di un cuore vile e spregevole. Faccio eccezione per i nemici dichiarati di Dio e della Chiesa; quelli vanno screditati il più possibile: ad esempio, le sette eretiche e scismatiche con i loro capi. E’ carità gridare al lupo quando si nasconde tra le pecore, non importa dove.”
“Quando parlo del prossimo, la mia bocca nel servirsi della lingua è da paragonarsi al chirurgo che maneggia il bisturi in un intervento delicato tra nervi e tendini: il colpo che vibro deve essere esattissimo nel non esprimere né di più né di meno della verità. Un'ultima cosa: pur riprendendo il vizio, devi fare attenzione a non coinvolgere la persona che lo porta. Ti concedo di parlare liberamente soltanto dei peccatori infami, pubblici e conosciuti da tutti, ma anche in questo caso lo devi fare con spirito di carità e di compassione, non con arroganza e presunzione; tanto meno per godere del male altrui. Farlo per quest'ultimo motivo è prova di un cuore vile e spregevole. Faccio eccezione per i nemici dichiarati di Dio e della Chiesa; quelli vanno screditati il più possibile: ad esempio, le sette eretiche e scismatiche con i loro capi. E’ carità gridare al lupo quando si nasconde tra le pecore, non importa dove.”
San Francesco di Sales, Filotea, parte III capitolo XXIX

Non commenterò le loro ultime
uscite, visto che ne sfornano a getto continuo (se volete, potrete trovarne
alcune, per esempio qui e qui, mi focalizzerò invece su due punti
fondamentali: i fondamenti della loro dottrina e la loro pericolosità.
Se mi mettessi ad elencare i
punti della loro dottrina che sono in contrasto palese con il cattolicesimo, non
finirei più (anche perché ogni tanto ne inventano una nuova), basti per i fini
pratici di questo post che tutte le loro teorie sono fondate su qualcosa che
non è Gesù Cristo e la sua Rivelazione, non è quindi teologia nel senso proprio
del termine (ossia indagine razionale sul deposito della Rivelazione); il loro
pensiero non rientra neanche nella filosofia, vista l’assoluta ambiguità e
vacuità dei termini che usano disinvoltamente, come “dialogo”, “condivisione”,
“solidarietà”, dentro i quali mettono tutto e il contrario di tutto, snaturando
perfino il vocabolario. Ciò che questi tizi fanno è ciò che monsignor Livi
definisce “filosofia religiosa”: un discorso che non ha né il fondamento della
teologia, né il rigore terminologico di una scienza, né l’indagine di una
filosofia. Se chiedete loro cosa intendono con il “dialogo”, avrete come
risposta una supercazzola, perché non sanno né cosa si intende con questo
termine, né quali mezzi usare, né su cosa dialogare, né tantomeno il fine da
raggiungere. Risponderanno che il dialogo è “cercare una base comune su cui
costruire un’etica condivisa”, ma non saranno in grado di definire quale sia
questa “base comune” né come debba essere questa “etica condivisa”. Il dialogo
diventa così un mero esercizio retorico, un semplice scambio di opinioni, con
alla base un “va bene ogni opinione, purché non si venga alle mani” che
contrasta apertamente con la persona di Gesù Cristo, il quale non aveva remore
a dichiarare ipocriti gli ipocriti e bugiardi i bugiardi, che è venuto a
portare non la pace, ma la spada, e ad essere segno di scandalo e di
contraddizione, non di pace e riconciliazione hegeliana. Tale “dialogo” fa
capire che nemmeno questi tizi credono più in Gesù Cristo, ma solo in un
personaggio inventato da loro, che con il vero Gesù non ha nulla da spartire,
se non il nome.
E questo ci porta al secondo
punto: la pericolosità. Se infatti persone come queste, che spacciano per
verità di fede cose che sono contrarie alla fede cattolica, si limitassero ad
uscire dalla Chiesa e a fondare una loro congregazione, parlerebbero solo per
loro stessi, e non farebbero danni se non a coloro che, accordandogli
l’assenso, sarebbero ipso facto fuori della comunione cattolica. Il problema
enorme è che costoro continuano a definirsi cattolici, e insistono nel dire di
essere in comunione di fede con la Chiesa, quando abbiamo visto che in realtà
spacciano una loro personale dottrina, inventata da loro, che non è quella di
Gesù Cristo. Mettono quindi un dio inventato da loro al posto del Dio della
Rivelazione, e quindi cadono nella scomunica che san Paolo espone chiaramente
nella sua lettera ai Galati: “Orbene, se anche noi stessi o un
angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo
predicato, sia anatema! L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi
predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema! Infatti,
è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello
di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini,
non sarei più servitore di Cristo!” - Galati 1, 8-10
San Giovanni ha parole ancora più
dure: chiama questo genere di persone “anticristi”, senza mezzi termini. Lupi
travestiti da agnelli, vogliono cambiare la dottrina del Salvatore con le loro
invenzioni e le loro sofisticherie, per farsi applaudire dagli uomini e dai
nemici della Chiesa. Non solo, ma vogliono che tutti i cattolici la pensino
come loro, prendendosela con chi li critica, agendo anche per vie legali (ne sa
qualcosa il già citato monsignor Livi).
Il modo migliore per difendersi da
gente come questa è chiedere loro di definire i termini: "la maggior parte della gente crede di pensare perché ignora il
significato dei termini che adopera. Basta presentare una definizione al più loquace di loro perché
ammutolisca" (Nicolas Gomez Davila).
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